I diuretici dell’ansa (in particolare la furosemide), per la capacità di ridurre il precarico mediante diuresi, sono a tutt’oggi considerati tra i cardini della terapia dell’Edema Polmonare Acuto (EPA). Tuttavia, sin dal 1776 “evidenze sperimentali” suggerivano che fosse la digitale (foxglove) a risolvere l’ “idropsia” [1], e non certamente, sappiamo oggi, per le proprietà diuretiche che venivano ad essa attribuite…
Dopo studi controversi condotti negli anno’70, circa la proprietà della furosemide di risolvere i sintomi dell’EPA prima dei 15’ necessari ad indurre diuresi, per diretta riduzione della Pressione di incuneamento capillare (PCWP), nel 1990 viene pubblicato su CHEST un lavoro in cui mediante PAC (Pulmonary Artery Catheter) veniva dimostrato che la PCWP si riduceva immediatamente in pazienti trattati con Diuretici e Nitroderivati ad alte dosi (o Nitroderivati a basse dosi+ Captopril; riduzione pre e postcarico), mentre aumentava in chi riceveva Diuretico e Nitroderivato a basse dosi (riduzione precarico) [2]. Inoltre, in pazienti con EPA, Isosorbide dinitrato ad alte dosi (3 mg ogni 5 min) + Furosemide a basse dosi (max 40-50 mg) risultava superiore in termini di ricorso a IOT , risoluzione della dispnea e incidenza di IMA, rispetto a Furosemide ad alte dosi (80 mg ogni 15’) + Isosorbide dinitrato a basse dosi (1 mg/h) [3].
I nitroderivati a basse dosi inducono venodilatazione entro 5’ (riduzione precarico) e ad alte dosi agiscono da coronaro ed arteriolodilatatori, riducendo il postcarico, interrompendo, dunque, il circolo vizioso a monte dell’EPA, riportando il cuore in un punto più vantaggioso della curva di Starling.
La furosemide ad alte dosi, pur riducendo il precarico per diuresi entro 15-30’ (picco a 1-2 h), attiva direttamente il sistema RAA, aumenta la produzione di vasopressina e norepinefrina, peggiorando la performance cardiaca causa vasocostrizione periferica; inoltre peggiora gli outcome a sei mesi, la funzione renale e la mortalità [4-5].
Consideriamo, poi, che in buona parte degli EPA non sussiste un reale sovraccarico di volume, bensì una maldistribuzione di esso
Immaginiamo il quadro ecografico:
White lung, FE Ventricolo sinistro conservata, VCI con collassabilità inspiratoria 50%, corrispondente a PVC<10 cmH2O, con i diuretici potremmo peggiorare la dispnea…per aumento del postcarico da disidratazione!!!
Obiettivi nell’EPA: ridurre il precarico, spiazzare i liquidi dall’interstizio/alveoli, ridurre il postcarico…
Messaggio: evitare assolutamente furosemide ad alte dosi e ricordare che potrebbe non solo non essere utile, ma addirittura deleteria; prediligere dunque adeguate dosi di nitroderivati e ACE-I e…CPAP [6]!
References
- Marik PE, Flemmer M. Narrative Review: The Management of Acute Decompensated Heart Failure. J Intensive Care Med published online 26 May 2011. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21616957
- Kraus PA, Lipman J, Becker PJ. Acute preload effect of furosemide. Chest 1990; 98:124-28. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=2361377
- Cotter G, Metzkor E, Kaluski E, et al. Randomized trial of high-dose isosorbide dinitrate plus low-dose furosemide versus high-dose furosemide plus low-dose isosorbide dinitrate in severe pulmonary oedema. The Lancet 1998; 351: 389-93. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=9482291
- Peacock WF, Costanzo MR, De MT, et al. Impact of intravenous loop diuretics on outcomes of patients hospitalized with acute decompensated heart failure: insights from the ADHERE registry. Cardiology. 2009;113(5):12-19. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=18931492
- Hasselblad V, Gattis SW, Shah MR, et al. Relation between dose of loop diuretics and outcomes in a heart failure population: results of the ESCAPE trial. Eur J Heart Fail. 2007; 9(10): 1064-1069. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=17719273
- Crane SD, Elliott MV, Gilligan P, et al. Randomised controlled comparison of continuous positive airways pressure, bilevel non-invasive ventilation, and standard treatment in emergency department patients with acute cardiogenic pulmonary oedema. Emerg Med J 2004; 21:155–161. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=14988338
ottimo post, i miei conplimenti
Grazie!
con i diuretici potremmo peggiorare la dispnea…per aumento del postcarico da disidratazione!!!
Non ho compreso bene questa affermazione, se è citata in uno degli articoli riportati in bibliografia potresti indicarmi di quale si tratta.
grazie.
Nei lavori 1 e 2 della bibliografia questo concetto è spiegato in maniera abbastanza esaustiva: si tratta di un’aumento del postcarico indotto dall’attivazione del sistema RAA dovuto all’effetto diuretico e dall’incremento dei livelli di norepinefrina e AVP. Se preferisci posso inviarteli via email,ma avrei bisogno dell’indirizzo…
Grazie del commento
Ok, anche se poi nell’Epa spesso si va a ” muzzo” come si dice…..se non si dispone dei parametri emodinamici precisi.
Ciao
Complimenti! Frequente argomento di discussioni con i cardiologi che puntano sempre su boli di alte dosi di diuretico. Io sono d’accordo con te tenendo la furore mie al terzo posto dei farmaci che prendo in mano x EPA. Ovviamente prima la Niv e poi nitrati. Usi anche ACEi? In che modo? Da noi in PS e i cardiologi stessi non lo uusano. grazie
Francesco
Ciao Francesco.
Ho fatto una breve ricerca: questo articolo potrebbe interessarti: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8673775 Gli outcome sono deboli e lo studio ha pochi pazienti ma non ho trovato altro su ACE-i ed edema polmonare. Invito altri che abbiano altre citazioni a condividerle.
Per il resto, un paziente con linee B diffuse + vena cava inf collassabile, durante la valutazione primaria, mi farebbe sorgere il sospetto di ARDS più che di edema polmonare cardiogeno. si vedano a proposito: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23210515 o http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19041537. L’ipertensione polmonare è quasi sempre presente nella scompenso cardiaco acuto (Eur Heart J 2005; 26: 384) e secondo me è possibile che si correli molto spesso con un certo grado di riduzione della collassabilità della VCI.
Guarda, ti dico che neanche da noi vengono granchè utilizzati ACE-I in fase acuta…
In letteratura,a dire la verità, eccetto lo studio citato (n°2), che ha una valenza in ambito fisiopatologico, non ho trovato evidenze (vedi linee guida ESC o AHA, nonche’ review tipo la citazione 1) in cui sia raccomandato l’utilizzo di ACE-I in acuto. Si legge che eventualmente potrebbero essere utilizzati in pz con PA elevata, non ev, quindi essenzialmente parliamo di Captopril, ma comunque da abbinare ai nitroderivati…
Quindi, concludendo, ti ringrazio per la domanda, in quanto, ha consentito un’importante precisazione, d’altronde si sa che il ragionamento fisiopatologico non sempre trova applicazione per mancanza di evidenze a supporto.
Ciao, il post è su un argomento davvero hot: diuretici in una delle forme peggiori di scompenso cardiaco. Io purtroppo sono pro-diuretico… e ne faccio a dosaggio pieno (sempre e solo in soluzione salina ipertonica) …lo so, nessuno è perfetto. Concordo che nell’EPA la furosemide venga dopo CPAP/NIV e nitrati (che solitamente faccio a boli refratti da 2 o 3 mg). Non si può ritenere terapia principe dell’EPA (che ha una prognosi a 20 minuti di schifo) un farmaco che ti comincia ad agire dopo 30 minuti (la furosemide). Inoltre l’azione vasodilatatrice della furosemide è uguale al nitrato solo nel versante venoso (non conosco dati sul distretto arterioso e quindi sul post-carico) e sappiamo quanto sia utile la riduzione del post-carico in corso di edema polmonare.
Premesso questo se analizziamo il registro ADHERE più del 90% di pazienti con scompenso cardiaco acuto sono in sovraccarico di volume, come vogliamo riportarli al compenso una volta risolto l’edema polmonare se non con i diuretici? E se io già comincio in corso di EPA che male dovrei arrecare al paziente?
La VCI, da molti ingiustamente considerata la “sorella scema dell’ecotorace”, in corso di EPA può non essere veritiera. Sono davvero pochi i pazienti in EPA realmente vuoti. La stima della PVC tramite la VCI è stata studiata durante quiet respiration e non durante la grande negativizzazione della pressione intra-pleurica che hai in corso di EPA durante l’inspirio.
Concordo sulla relativa validita’della CI dell VCI nel distress respiratorio e sulla utilita’certa dei diuretici…solo che il dosaggio “pieno”e’ in letteratura piu’basso di quello che io abitualmente vedo usare (basti citare http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1005419 che poi apre un altro discorso sulle modalita’di somministrazione…).
Il senso e’semplicemente modulare la terapia sullo stato emodinamico del pz…cosa in cui l’eco mirata ci aiuta…quindi si diuretici, quando servono,insieme ai presidi che agiscono dove serve e in tempi piu’rapidi…non metterei nulla nella “Devil Bag”…
Innanzitutto grazie a Concetta per il post: richiama in effetti un argomento su cui abbiamo discusso molto nel recente passato.
Nello studio ADHERE circa il 90% dei pazienti hanno ricevuto diuretici mentre, se non ricordo male, la percentuale di pazienti che si presentavano con segni clinici di ritenzione idrica era minore. Sempre dai dati dello studio ADHERE si è visto che il peggioramento della funzionalità renale era associato ad un outcome peggiore e all’utilizzo di dosi elevate di diuretici. Non credo sia possibile stabilire un nesso causale tra peggioramento laboratoristico della funzione renale e utilizzo dei diuretici. Credo nella maggior parte dei casi la funzione renale sia solo una spia della gravità dell’insufficienza cardiaca. Non in tutti però e su questo credo sia necessario una riflessione.
Al di là delle convinzioni personali penso sia importante operare una distinzione salomonica, non tanto per ragioni ideologiche, quanto pratiche e di utilità del paziente, tra lo scompenso cardiaco e l’edema polmonare acuto cardiogeno.
Come giustamente hai detto tu il paziente che si presenta in distress respiratorio in EPA ha un prognosi pessima a beve giro di posta. Lo sforzo pertanto deve essere mirato a ridurre velocemente l’impegno respiratorio ed evitare che si arrivi ad una forma di insufficienza respiratoria tale da richiedere la ventilazione meccanica invasiva. Da quando l’utilizzo della CPAP(/NIV) si è diffuso questa eventualità si è ridotta. Tuttavia anche disponendo di questo sopporto l’obiettivo è quello di ridurre il più rapidamente possibile la fatica respiratoria.
Avendo questo come target il diuretico nella fase del distress respiratorio dal mio punto di vista non trova spazio. Non che il diuretico non serva nel trattamento dello scompenso cardiaco per carità. Ciò che si può utilizzare del farmaco in acuto è l’effetto di aumento della capacitanza venosa (se crediamo davvero che l’evidenza dietro questo effetto sia sufficientemente forte). Vi sono altresì indicazioni che come contropartita si abbia spesso un effetto di vasocostrizione con aumento del post-carico che l’esatto opposto di ciò che si vuole ottenere. Gli effetti vasoattivi sul versante arteriolare della furosemide sono variabili in relazione allo stato di deplezione del sodio. In questo senso trovo interessante l’utilizzo della furosemide con ipertonica sul quale non ho esperienza.
La nitroglicerina a dosaggi terapeutici, non omeopatici, come spesso vedo fare, ha sicuramente un rapido effetto sia sul precarico che post carico (anche nelle forme si insufficienza sistolica severa ove la dipendenza dal post carico è ancora maggiore).
A mio modo di vedere la combinazione CPAP + nitrati è sufficiente da sola a fare uscire rapidamente dal distress respiratorio. Il diuretico viene in gioco successivamente.
I punti su cui bisognerebbe operare un cambio paradigmatico sono due:
1) Utilizzare esclusivamente o principalmente il diuretico per avere ragione di un EPA con grave distress respiratorio particolarmente quando non vi è un iniziale miglioramento con la CPAP. Somministrare dosi incrementali di diuretici non cambia il quadro in maniera adeguatamente rapida ed espone a complicanze inutili.
2) Considerare che tutti i pazienti con EPA siano in sovraccarico di volume. La stragrande maggioranza dei pazienti con insufficienza cardiaca lo sono, meno frequentemente quelli che si presentano con insufficienza respiratoria acuta da EPA. Particolarmente oggi nei pazienti in terapia cronica che sono euvolemici o lievemente disidratati.
Direi che si puo’mettere un punto sulla questione…non posso che ringraziarti per le preziose precisazioni…
Grazie a tutti per la piacevole discussione venutasi a creare!!!
Ciao Mattia, concordo tantissimo con te sulla gestione dell EPA. Purtroppo è un argomento che mi sta molto a cuore…la gestione della congestione nello scompenso cardiaco è stato ed è ancora uno dei miei crucci. Sebbene dosi crescenti di diuretico dell ansa siano associate a prognosi peggiore, la dose quotidiana del diuretico non è altro che un marker di gravitå di malattia. È ovvio che il paziente che mantiene il compenso con la compressina di furosemide a giorni alterni abbia in linea di massima una prognosi migliore del compagno di sventura che necessita del compressone da 500mg. Come ti dicevo precedentemente inoltre è probabile che vediamo popolazioni diverse di pazienti, perchè, nonostante la VCI possa apparentemente modulare in corso di EPA a causa del tirage inspiratorio, qua alle nostre latitudini un EPA con VCI che modula è una rarità, tanto da farci subito pensare , come giustamente dice Paolo ad una ARDS. Devo confessare che probabilmente nel mio approccio al diuretico ho un BIAS non indifferente, ovvero l’uso monotematico in soluzione salina ipertonica. Non so davvero cosa succede somministrando furosemide ad alte dosi da sola. In circa 8 anni avrò vista una o due sindromi cardiorenali e pochi refrattari. Ti allego due recenti metanalisi:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24682291
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24679680
Concludo ringraziando e complimentandomi con Concetta per il post e la bella discussione che ne è nata.
Quello dell’utilizzo dell’ipertonica è però una differenza rilevante. Non ho alcuna esperienza a riguardo quindi posso solo fare delle supposizioni.
Innanzitutto converrai che non è la terapia standard. Pertanto i dati che riguardano gli effetti della furosemide di cui si è discusso sono difficilmente riferibili alla tua pratica clinica.
Direi che uno dei vantaggi teorici è quello di evitare un eccessivo rimbalzo dell’assetto ormonale in risposta alla diuresi. In questo senso potrebbe prevenire l’effetto di vasocostrizione che è stato notato con l’uso della furosemide da sola.
Per questo lo trovo intrigante.
Guarderò le metanalisi che hai citato, anche per capire quali solo i criteri di reclutamento degli studi analizzati.
Che mi risulti l’utilizzo dell’ipertonica associata alla furosemide è stato sviluppato per aggirare l’ostacolo della resistenza alla terapia diuretica che si verifica nelle forme di scompenso avanzate e generalmente associate ad insufficienza renale. Non sono convinto che questo si applichi al paziente iperteso che giunge in distress respiratorio di brusca insorgenza secondario ad EPA.
Rimango pertanto dubbioso che il trattamento acuto di quest’ultimo tipo di pazienti debba includere i diuretici.
Personalmente non ricorro alla furosemide se non dopo che il paziente è già svezzato dalla CPAP e l’edema è clinicamente (ed ecograficamente) risolto.
Quello è il momento in cui valuto la VCI con più attenzione. Ma il sovraccarico idrico seppure presente non avviene nel giro di ore. Qualora sia in gioco è un evento che precede di settimane l’edema polmonare e non è la causa subitanea del distress respiratorio.
La VCI è una spia della pressione in atrio destro ancorchè dello stato di replezione. Sono troppi i determinanti che l’influenzano per affidarsi pienamente alla sua valutazione, se non per i suoi stati estremi. A questo proposito non condivido pienamente neppure l’idea che un pattern B diffuso associato ad una VCI collabente sia sinonimo di ARDS. È ovvio che le probabilità sono elevate, ma diamo all’ecografia del torace il suo ruolo diagnostico. Tante linee B non significano granché se no si guarda il pattern di distribuzione: una ARDS non assomiglia in nessun modo ad un edema polmonare acuto cardiogeno.
Per questo in caso di insufficienza respiratoria acuta senza shock per avere un indirizzo diagnostico è bene partire dal polmone.
grazie Concetta, e’ sempre interessante la diatriba sui diuretici.
distinguerei pero’ il CHF – in cui e’ stato usato lil diuretico con la fisiologica – dall’EPAc cardiogeno, che mi sembra il vero oggetto della discussione.
Credo che il diuretico nell’EPAc abbia un ruolo nel paziente con chiaro sovraccarico idrico (edemi declivi, VCI non collassabile), mentre sarei più cauto nei pazienti ‘asciutti’, tipicamente i malati con EPAc diastolico, VCI collassabile, che infatti, se trattati con diuretici e nitrati ev, frequentemente si ipotendono perché precarico-dipendenti.
Concordo assolutamente!
Complimenti all’autrice
Perdonami, ma non sono assolutamente d’accordo con te. Chiunque abbia gestito in maniera ragionata un EPA, sa benissimo che i diuretici dell’ansa sono tra i farmaci più utili e maneggevoli. Certo, ogni paziente è un caso a sé, ma affermare “evitare assolutamente furosemide ad alte dosi e ricordare che potrebbe non solo non essere utile, ma addirittura deleteria; prediligere dunque adeguate dosi di nitroderivati e ACE-I e…CPAP” mi sembra un pericolosissimo take-home message!!!
A distanza di tempo sono contenta si crei ancora dibattito sull’argomento di questo post. Nei commenti dei mesi scorsi si era evidenziato come ci sia una sostanziale differenza tra l’EPA e lo scompenso e come nel primo caso il diuretico, essendo un farmaco ad azione non rapidissima, sia utile ma non salva-vita, in quanto non in grado di ridurre nell’immediato il distress respiratorio del paz, a differenza della CPAP e del nitroderivato, e su questo credo non ci siano perplessita’. Sui danni che la furosemide ad alte dosi produce, si puo’discutere, essendo un campo non del tutto esplorato, ma sul fatto che non serva a nulla fare alte dosi di diuretico, mi pare ci sia abbastanza letteratura (uno per tutti citerei questo studio http://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa1005419, in cui si e’visto che nello scompenso cardiaco acuto, non epa peraltro, somministrare oltre la dose abituale non comporta beneficio, anzi tende a peggiorare la funzione renale).
Quindi il senso del post e’sottolineare come sia inutile e potenzialmente dannoso fare lasix in quantita’enormi nell’epa, e che la strategia migliore sia agire sul distress respiratorio con la pressione positiva, combinando le piu’idonee strategie farmacologiche a seconda del singolo caso.
D’accordissmo. Furosemide usata con disinvolta superficialità e troppo spesso a sproposito.