…Dove eravamo rimasti?
Ah, sì: perché il paziente (quello dell’ultima puntata) se respira in aria ambiente non può avere una PO2 maggiore di 50 mmHg?
L’EGA era questo (FiO2 21%; FR 24):
pH 7.39
PCO2 76.7 mm Hg
PO2 48 mm Hg
HCO3 45.6 mEq/L
Il motivo è che Ossigeno e Anidride Carbonica “condividono” uno spazio comune a livello polmonare, per cui se uno dei due gas aumenta, l’altro si riduce (e viceversa).
Questo concetto è ben espresso dalla “Equazione de Gas Alveolari” (applicazione della Fisica dei Gas):
PAO2 = FiO2 × Palv – (PaCO2/R)
dove:
- Palv è la pressione barometrica a livello degli alveoli: essa non è identica alla pressione atmosferica (Patm) ma leggermente inferiore; infatti l’aria inspirata viene umidificata nelle prime vie aeree generando vapore acqueo, la cui pressione è stata stimata essere 47 mm Hg. Pertanto la pressione alveolare sarà data dalla Patm – 47 mm Hg. Se siamo a livello del mare (Patm=760 mm Hg): Palv = 760 – 47 = 713 mm Hg
- PAO2 (A maiuscola) è la pressione Alveolare di O2
- PaCO2 è la pressione parziale di CO2 arteriosa
- R è il quoziente respiratorio, cioè il rapporto tra CO2 prodotta e O2 consumato nei processi di ossido-riduzione a livello mitocondriale; esso è stimato in un valore medio di 0.8 (vale a dire che, mediamente, il nostro metabolismo cellulare consuma un po’ più Ossigeno rispetto alla CO2 prodotta)
Se siamo in aria ambiente (FiO2 0.21) e a livello del mare (Patm 760) e vogliamo calcolare la Pressione Alveolare di un soggetto, sarà sufficiente conoscere la PaCO2 (cioè fare un’EGA). Se la PaCO2 è 40 mm Hg (cioè normale), l’equazione diventa:
PAO2 = 0.21 × 713 – (40/0.8)
Fermiamoci un attimo. Vi sembrerà fuori dalla portata del Medico d’Urgenza “perdere” tempo a fare calcoli (esistono comode “app” che ce lo fanno in pochi secondi…che senso ha?). In realtà:
- il calcolo –vedremo tra un attimo- è più semplice di quello che sembra
- il concetto è estremamente importante ai fini clinico-diagnostici, soprattutto per capire e trattare le ipossiemie in urgenza
Torniamo all’equazione:
PAO2 = 0.21 × 713 – (40/0.8)
0.21 × 713 = 150 (per l’esattezza farebbe 149.73, ma si può approssimare)
Ora devo dividere la PCO2 per 0.8. Piccolo aiuto: anziché dividere per 0.8 -potrebbe risultare complicato a mente- è più semplice moltiplicare per 1.25 (1/0.8 = 1.25), cioè aggiungere ¼ del valore di partenza.
Mi spiego meglio:
40 × 1.25 = 50
60 × 1.25 = 75
80 × 1.25 = 100 e così via…
Ricapitolando, la PAO2 di un soggetto in aria, a livello del mare, con una PaCO2 di 40 mm Hg sarà:
PA= 150 – (40 × 1.25) = 150 – 50 = 100 mm Hg
Come avrete notato non abbiamo tenuto conto della pressione arteriosa di O2 (PaO2- a minuscola), cioè di quella letta sull’EGA. L’equazione infatti serve proprio a calcolare quanto O2 c’e a livello degli alveoli (non del sangue) e per farlo ha bisogno solo della PaCO2 (e delle altre variabili che abbiamo detto).
Torniamo al nostro EGA # 1 dove la PaCO2 è 76.7 e la FiO2 è 0.21; quanto sarà la PAO2?
PAO2 = 150 – (77 × 1.25) = 150 – 96.25 = 53.75
Quindi un paziente che respira aria e ha una PaCO2 di 77 avrà a disposizione negli alveoli una PAO2 pari a circa 54 mm Hg, pertanto, se gli scambi gassosi a livello alveolare sono perfettamente conservati, sul sangue arterioso difficilmente troveremo una PaO2 superiore a 50 mm Hg…a meno che non venga somministrato ossigeno!
In pratica:
- Tutti i soggetti “ipercapnici” sono per forza anche “ipossici” se respirano aria; per esempio:
– se la PaCO2 è 60 mm Hg:
PAO2 = 150 – (60 × 1.25) = 50 – 75 = 75 mm H (la PaO2 potrà essere al massimo 70 mm Hg, comunque sufficiente a garantire una SaO2>90% in assenza si patologie respiratorie acute)
– se la PaCO2 è 80 mm Hg:
PAO2 = 150 – (80 × 1.25) = 150 – 100 = 50 mm Hg (il paziente sarà, anche clinicamente, ipossico e avrà necessità di O2, oltre che di NIV o altro).
- Se un soggetto, in aria, ha una SpO2 ≥ 90% certamente non avrà una ipercapnia importante:
una SpO2 ≥ 90% corrisponde infatti ad una PaO2 ≥ 60 mm Hg per ottenere la quale a livello Alveolare dovrà esserci una PAO2 ≥ 65 mm Hg (circa). Per l’Equazione dei Gas la PaCO2 dovrà essere minore di 70 mm Hg, valore accettabile anche in termini di pH se il compenso renale è ottimale
(Il calcolo è: PAO2 = 150 – (70 × 1.25) = 150 – 87.5 = 62.5 mm Hg)
- Se il paziente ha una PaCO2 alta e una PaO2 normale (o alta) significa che l’EGA è stato fatto durante somministrazione di O2.
- Se la PaCO2 è bassa, a livello alveolare ci sarà più spazio per l’ossigeno e quindi, se la membrana alveolo-capillare è integra, troveremo PaO2 alte (questo il motivo per cui in caso di ipossia + alcalosi respiratoria è immediato immaginare un problema di “scambio” a livello polmonare: embolia polmonare, polmonite, ARDS, ecc..)
NB: la differenza tra la PAO2 (Alveolare) e la PaO2 (arteriosa) è il famoso Gradiente Alveolo-arteriolare di O2 (V.N. in aria : età/4 ± 4) che rappresenta la capacità di scambio a livello della membrana alveolo-capillare, alterata in caso di insufficienza respiratoria primitivamente ipossica (“lung failure”) e conservata in caso di ipossiemia secondaria ad ipercapnia (“pump failure”).
E il P/F dove lo metto? Tutti lo conosciamo, tutti lo usiamo perchè è un valore semplice e rapido da calcolare. Tuttavia, come tutte le cose semplici, non ci aiuta a fare diagnosi; ci dice “solo” se e quanto un soggetto è ipossico. Non ci dice, da solo, perchè.
Se 3 pazienti hanno stessa PaO2 (p.e. 48 mm Hg) e la stessa FiO2 (p.e. 21%) avranno ovviamente lo stesso P/F (230). Ma se, come accade nella vita reale, questi 3 pazienti hanno PaCO2 diverse, il discorso cambia.
Il paziente con PaCO2 alta ha una ipossiemia secondaria all’ipercapnia (ipoventila) il secondo, e ancora di più il terzo, hanno una PAO2 normale – o addirittura alta- ma non scambiano, e quindi avranno un Δ A-a di O2 alterato.
Dunque, a parità di ipossiemia, i meccanismi che la determinano possono essere completamente differenti, e solo tenendo in considerazione la PCO2 (cioè -di fatto- calcolando la PAO2 e quindi il Δ A-a di O2) potrò approcciare e trattare adeguatamente il paziente (NIV, CPAP, trombolisi nell’EP, ecc..).
So che sono concetti un po’ ostici, ma tutti i giorni vediamo e trattiamo, spesso con successo, pazienti con insufficienza respiratoria. Lo facciamo grazie all’esperienza clinica, alle competenze acquisite ma anche – tanto- al nostro “sapere”.
Sono convinta che, proprio perchè la fisiopatologia respiratoria è un argomento così complesso (e bellissimo) l’approccio sistematico e ragionato dell’EGA rappresenta per il Medico d’Urgenza uno strumento irrinunciabile.
Un abbraccio.
Giovanna
grazie per l’ottimo articolo. e’ un’ occasione per ricordare il testo ” EQUILIBRIO ACIDO-BASE. OSSIGENO. FLUIDI ED ELETTROLITI. ” SCHIRALDI. GUIOTTO.
insieme all’altro testo, ACQUA E SALE. ACIDI E BASI,. CASAGRANDA. GUARIGLIA.SBROJAVACCA.TARANTINO. i due testi sono per me le pietre miliari sull’argomento
Ottimo articolo, chiaro e completo. Lo studio dell’emogasalisi dovrebbe far parte del bagaglio culturale e professionale di ogni medico d’urgenza e non solo.
Grazie e complimenti
P/F CI AIUTA A CLASSIFICARE LA INSUFF. RESP. COME SEGUE
400-300 IPOSSIEMIA LIEVE
300-200 IPOSSIEMIA MODERATA
<200 IPOSSIEMIA SEVERA ALTRO AIUTO LO FORNISCE IL A-a DO2
A-a DO2 < 35 IPOSSIEMIA LIEVE
A-a DO2 35 IPOSSIEMIA MODERATA
A-a DO2 > 45 IPOSSIEMIA SEVERA
IL P/F E’ CALCOLABILE DALL’APPARECCHIO EGA SOLO SE COMUNICHIAMO LA FiO2, ALTRIMENTI LO STESSO DA’ PER SCONTATO CHE IL PZ RESPIRA IN ARIA AMBIENTE.
P/F ANCHE DETTO INDICE DI CARRICO ANDREBBE UTILIZZATO NELLA PRATICA CLINICA PIU’ FREQUENTEMENTE
Rileggo l articolo dopo 6 anni.
Covid purtroppo ha dato onore e gloria al P/F….