L’innalzamento delle temperature del pianeta e l’apertura del canale di Suez (datata 17 Novembre 1869) sono stati responsabili di lente e costanti modifiche della fauna e della flora presente all’interno del Mar Mediterraneo.
Nicchie ecologiche presenti nelle regioni più orientali del Mediterraneo sono state occupate da specie alloctone, aliene che con il passare degli anni si sono distribuite progressivamente verso le regioni più occidentali.
Tra i tanti nuovi inquilini del Mar Mediterraneo ve ne sono alcuni che risultano velenosi. Tra loro risulta doveroso ricordare il pesce palla (velenoso solo al consumo) ed il pesce leone o pesce scorpione.
Tra questi, una specie con cui probabilmente, per la sua invasività e l’assenza di predatori naturali, potremmo avere rapidamente a che fare è il pesce scorpione o pesce leone orientale (Pterois Volitans). Appartiene alla famiglia delle Scorpaenidae di cui fanno parte i più famosi Scorfani nostrani ed i meno noti Pesci Pietra (presenti in Oceania).
È una specie tipicamente diffusa nel Mar Rosso e nell’Oceano Pacifico, dal Sud-Est asiatico fino all’Australia e dal Giappone sino alla Polinesia.
È considerata tra le specie ittiche più invasive al mondo essendo in grado di produrre covate di ben quindicimila uova ogni 2 settimane.
L’introduzione accidentale sulle coste della Florida negli ultimi decenni è stata responsabile di una ridistribuzione dello stesso in tutto il Mar dei Caraibi. Analoga situazione potrebbe avvenire nel Mar Mediterraneo dove il pesce si è diffuso nel Mediterrano orientale. Numerose sono le segnalazioni lungo le coste Turchia, Grecia ed in Sicilia (già da qualche anno).
Perchè potrebbe interessarci come Urgentisti?
Perchè la possibilità di un paziente che si presenti in Area di Emergenza con una puntura di questo pesce potrebbe non essere un evento così assurdo e raro. Non solo bagnanti ma anche pescatori (sportivi o professionisti) potrebbero andare incontro ad una puntura di questo particolare abitante dei nostri mari.
Oltre all’incontro in natura, è un pesce estremamente diffuso tra i proprietari di acquari. Questa condizione ne facilita l’interazione con l’uomo.
Descrizione
È un pesce molto particolare e facilmente riconoscibile. Il suo aspetto e le dimensioni contenute (lunghezza massima 40 cm) lo ha reso molto diffuso tra i proprietari di acquari marini.
Ha un aspetto generale simile a quello di uno scorfano ma caratterizzato da lunghe (paragonabili a vele) pinne dorsali e pettorali.
Presenta una caratteristica colorazione con strisce verticali marroni che interessano il corpo e le lunghe pinne dorsali e pettorali.
L’apparato velenifero consiste di ben 13 aculei sulla pinna dorsale e 3 in quella anale. Questi aculei sono cavi e collegati a una ghiandola velenifera. Le pinne pettorali pur presentando aculei non presentano apparato velenifero (gli aculei sono pieni e non cavi).
Il Veleno
I pesci appartenenti alla famiglia Scorpaenidae producono un veleno a scopo difensivo costituito da proteine ad alto peso molecolare, non dializzabile ma termo-labile. I veleni sono tutti molto simili come composizione e presentano comunemente: ialuronidasi, molecole ad azione dolorifera e molecole in grado di incrementare la permeabilità capillare. Ogni specie presenta poi alcune molecole specifiche nel proprio veleno.
All’interno del gruppo Scorpaenidae il veleno più potente e pericoloso è certamente quello del pesce pietra (potenzialmente letale).
Tale specie di Scorpenidae non è presente nel Mar Mediterraneo ed è diffuso sulle coste Australiane. Come pericolosità il veleno dello scorfano si può inserire in posizione intermedia mentre quello del pesce leone è certamente il meno potente e pericoloso (presenta una letalità nulla).
Tornando al Pesce Leone, il veleno mantiene le sue caratteristiche di tossicità sino a 48h dopo la morte del pesce.
Gli effetti del veleno sono quasi tutti locali e risulta molto rara la possibilità di eventi sistemici che includono: cefalea, nausea, vomito, dolori crampiformi addominali, ipotensione, difficoltà respiratoria, diaforesi. Sono stati documentati rari casi di decesso, possibilmente correlati a reazioni anafilattiche più che agli effetti del veleno stesso.
Tra i sintomi risulta chiaramente predominante il dolore che è ovviamente spoporzionato all’entità della ferita. Il dolore cresce rapidamente nell’arco di minuti raggiungendo il picco nell’arco di 90 minuti. Sebbene in rari casi possa durare per giorni il sintomo si risolve solitamente nell’arco di 6-12 h.
In una serie di circa 100 avvelenamenti da pesci del genere Pterois (che comprendeva pesce leone, pesce zebra, turkey fish e butterfly cod) i sintomi erano così distribuiti:
- Dolore locale 92%
- Edema 60%
- Sintomi sistemici 13%
- Decesso 0%
Il 97% dei soggetti presentava un miglioramento del dolore correlato all’immersione in acqua calda. Nessuno necessitava di somministrazione di siero specifico. In un singolo caso un paziente ha necessitato di prescrizione di terapia antibiotica. Veniva segnalato solo un singolo episodio ipotensivo risoltosi con somministrazione di liquidi.
Gestione
Primo passaggio è quello di identificare il pesce colpevole dell’aggressione, magari mostrando qualche foto online. Identificato il problema risulta importante tranquillizzare il paziente ed i familiari se presenti. La puntura non è letale.
Essendo il sintomo predominante il dolore, risulta chiaro che la gestione deve prevedere un accurato controllo di questo sintomo.
L’immersione del sito di puntura nell’acqua calda è un meccanismo di controllo del dolore ben consolidato ma che presenta dei meccanismi non completamente chiari. Nonostante la tossina sia termolabile risulta abbastanza stabile sino a temperature di 50-60°C, temperatura non tollerabile a lungo dall’organismo umano e con rischio significativo di ustione. Questa è già una differenza con il veleno della tracina che presenta una labilità a temperature più basse.
È noto che l’azione analgesica avvenga già con acqua a temperatura di 40-45°C ed è inoltre nota la ripresa del dolore alla sospensione dell’immersione. Ciò testimonia una mancata denaturazione delle proteine del veleno ma piuttosto una azione analgesica su un percorso parallelo, quale potrebbe essere la vasomotilità della zona coinvolta (alcuni autori suggeriscono una inibizione della vasocostrizione indotta dal veleno).
Alla luce di questi dati è suggerita immersione della parte in acqua a 40-45°C.
In caso di mancata risposta è possibile l’utilizzo di anestesia locale o regionale oppure di analgesici (anche oppiacei) per via sistemica.
È importante ricordare che la spina velenifera, essendo cava, può rompersi all’interno della ferita portando con se tutte quelle problematiche relative alla ritenzione di corpo estraneo.
L’ecografia ha certamente un ruolo principe nella ricerca del corpo estraneo.
Per quanto riguarda la somministrazione di antibiotico questa non è tipicamente raccomandata in prima istanza. La profilassi antitetanica, essendo il Clostridium Tetani presente nelle acque dei litorali, è indicata.
Antidoto
Come accennato all’interno della famiglia degli Scorpenidi ritroviamo Pesce Leone, Scorfano e Pesce Pietra. Tra i tre quello meno pericoloso risulta essere il Pesce Leone.
Essendo il Pesce Pietra un pesce potenzialmente letale esiste un siero specifico contro il suo veleno. Sebbene il siero risulti avere una copertura parziale sul veleno del Pesce Leone, tecnicamente in casi gravi vi è indicazione al trattamento. Attualmente non vi sono reali casi di utilizzo in quanto difficilmente (con l’avvelenamento da Pesce Leone) vi è il rischio di sviluppo di sintomi sistemici.
Proprio per questa motivazione, in caso di deterioramento clinico, particolare attenzione va posta nel comprendere se il peggioramento non sia dovuto allo sviluppo di reazioni allergiche-anafilattiche (Shock anafilattico, Sindrome di Kounis, etc), sempre possibili negli avvelenamenti.
Conclusioni
La diffusione di animali esotici sul nostro territorio (alloctoni, alloctoni invasivi o animali domestici tenuti più o meno legalmente in terrari/acquari, esemplari presenti negli zoo) ci costringerà presto o tardi a confrontarci con condizioni cliniche particolari e peculiari che potrebbero essere caratterizzate da difficilissima gestione (basti pensare ai veleni di serpenti esotici per i quali non vi è immediata disponibilità di antidoto in Italia e per i quali andranno contattati centri oltralpe).
Tra tutte queste condizioni la puntura di Pesce Leone rappresenta una condizione a bassa complessità che risulta gestibile nelle nostre Aree di Emergenza in assoluta sicurezza.
Ringrazio i piccoli Francesco e Giorgia per gli splendidi disegni di Pesce Leone che certamente aiuteranno sia grandi che piccini nel riconoscimento del pescetto colpevole.
Bibliografia
- Marine Scorpaenidae Envenomation in Travelers: Epidemiology, Management, and Prevention. Journal of Travel Medicine. Journal of Travel Medicine 2015; Volume 22 (Issue 4): 251–258.
- LITFL Blog. Lionfish envenoming. Chris Nickson. November 3, 2020. https://litfl.com/lionfish-envenoming/
- Gage Rensch; Heather M. Murphy-Lavoie. Lionfish, Scorpionfish, And Stonefish Toxicity. STAT PEARL. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK482204/
- Scott A Gallagher et al. “Lionfish and Stonefish Envenomation”. Updated: Oct 25, 2021. https://emedicine.medscape.com/article/770764-overview#a2
- Şamil Aktaş and Bengüsu Mirasoğlu. Lionfish envenomation: clinical aspect and management. J. Black Sea/Mediterranean Environment Vol. 23, No. 1: 81-87 (2017)