Recentemente mi sono trovata a dover prescrivere del Blu di Metilene, farmaco che avevo saltuariamente visto usare e che non aveva ai tempi attratto la mia curiosità.
Ma al momento fatidico di necessità di doverlo prescrivere di mio pugno, mi sono trovata socraticamente in uno stato di “ignoranza” in quanto, si sapevo che avrei dovuto usarlo, ma ignoravo generalmente il perchè, la dose, la schedula ed i possibili effetti collaterali.
Per cui, tirandomi su le maniche (in maniera figurata, visto che con i 30 gradi all’ombra che ci sono, le maniche proprio non le ho..) e mi sono messa alla ricerca delle risposte alle mie domande.
Che cos’è il Blu di Metilene?
Il blu di Metilene è un eterociclo aromatico, nome chimico 3,7 bis dimetilammino fenazationo (C16H18C1N3S).
Trattasi di un composto che, sciolto in acqua, presenta un bel color blu scuro. Può essere somministrato oralmente o endovena, con assorbimento nettamente maggiore se infuso endovena, poichè la sua biodisponibilità scende attraverso il passaggio gastrico ed intestinale.
Viene diluito in Soluzione Fisioologica ed infuso endovena rapidamente. Il composto viene per lo più metabolizzato e ridotto a leucometilene nei tessuti periferici e solo una piccola % escreta con le urine, che si tingono di blu intenso.
La dose classica in diverse patologie è di 1-2 mg/kg di soluzione al 1%, diluita in fisiologica 100, ed infusa in 15-20 minuti, ripetibile più volte al di.
Sono segnalati eventi avversi per dosi maggiori di 5-7 mg/kg , come anomalie ECG (inversione delle T, riduzione della progressione dell’onda R), dispnea, dolore toracico, nausea, vomito, diarrea, dolore addominale ed, a dosi superiori, effetto paradosso con peggioramento dei sintomi e emolisi.
Quando usarlo?
Nella sua storia, che inizia nel 1891, il Blu di Metilene è stato utilizzato come farmaco antimalarico. Successivamente come coloranti per definire la compliance di farmaci antipsichiatrici, come composto principe per lo sviluppo di clorpromazina ed antidepressivi triciclici e come trattamento della intossicazione da cianati , con conseguente inibizione dei processi di fosforilazione ossidativa e della catena di trasporto di elettroni.
Ad oggi i suoi usi sono i più diversi:
–in biologia : può essere usato in tecniche di colorazione , come quella di Wright. Utile inoltre il conteggio delle cellule vitali, in quanto quelle morte non possono attivare i processi di riduzione a leucometilene e si colorano di blu intenso.
-in medicina come marcatore in procedure come la ricerca di linfonodo sentinella, nella colorazione di bordi di exeresi endoscopica, per rendere riconoscibile la zona successivamente se necessaria seconda resezione.
-come trattamento per :
–tossiciità neurologica da ifosfamide
–trattamento della metaemoglobinemia
–recentemente è stato inoltre studiato come approccio integrativo terapeutico nello shock refrattario
Tossicità neurologica da Ifosfamide
L‘Ifosfamide è un agente chemioterapico alchilante che viene usato in oncologia e in onco-ematologia da solo o in regimi composti da più farmaci. Esso è un pro-farmaco, attivato dagli enzimi epatici in farmaco attivo. È un agente alchilante che crea alterazioni e rotture nel DNA cellulare portando ad apoptosi e morte. Le principali tossicità sono ematologiche , nefrologiche e nel 10-12% dei casi può causare neurotossicità, che spazia da semplice sonnolenza e confusione, a letargia e coma.
L’ipotesi più probabile riguardo allo sviluppo di encefalopatia è connessa alla produzione, durante il metabolismo del pro-farmaco, di cloroacetaldeide, che passa la barriera ematoencefalica, causando probabilmente danno tossico diretto, deplezione di glutatione e inibizione della fosforilazione ossidativa mitocondriale con conseguente alterato metabolismo di acidi grassi.
Altro possibile meccanismo risiede in un altro metabolita, S-carbossimetilcisteina, implicata anch’essa in meccanismi di neurotossicità.
Pochi giorni dopo la somministrazione si possono evidenziare confusione, sonnolenza, allucinazioni, i sintomi più frequenti, mentre sintomi extrapiramidali , convulsioni, alterazioni dei nervi cranici sono più rari. Raramente si assiste a sviluppo di coma e morte.
La sintomatologia è solitamente reversibile interamente, anche se, in casi pediatrici, sembra che alcune sequele neurologiche possano permanere nel tempo.
Esami radiologici , ematochimici (con evidenza di ipoNa+, ipoalbuminemia, insufficienza renale) e nei casi più gravi EEG, sono utilizzati per fare diagnosi.
Terapia
Il sospetto clinico ed il riconoscimento precoce fanno parte del management della encefalopatia.
Il farmaco ad oggi più utilizzato è proprio il Blu di Metilene.
Kupfer e colleghi hanno studiato come in pazienti con encefalopatia da Ifosfamide vi sia una aumentata escrezione urinaria di acido glutarico, similmente ai pazienti con una sindrome genetica chiamata aciduria glutarica di tipo 2, in cui il Blu di Metilene è farmaco attivo. Questa sindrome è legata ad un deficit genetico di flavoproiteine trasportatrici di elettroni. In questo caso il blu di metilene funge da trasportatore di elettroni, al posto delle flavoproteine.
Nella tossicità da ifosfamide si pensa che vi sia un deficit di proteine trasportatrici di elettroni, con conseguente razionale al suo utilizzo.
Inoltre il composto tossico cloroacetaldeide, viene prodotto durante il metabolismo del farmaco grazie a monoamino ossidasi. Il Blu di Metilene è inibitore di monoaminoossidasi, con riduzione delle formazione di questo metabolita tossico.
Altre azioni a livello epatico sono state investigate.
Al momento non si hanno delle certezze riguardo il reale meccanismo alla base del suo uso.
Studi in letteratura dimostrano come la ripresa spontanea dalla neurotossicità sia tra i 2 ed il 29 giorni, mentre con avvio di trattamento con Blu di metilene il range si accorcia tra 10 minuti e 8 giorni massimo. Le dosi utilizzate negli studi vanno da 50-60 mg (da 1-2mg/kg) di soluzione all’1 % infusa dopo diluizione in 100 SF in 5 -10 minuti ogni 4-6 ore.
Il farmaco è utilizzato nella gestione della sindrome e nella prevenzione in pazienti che hanno precedentemente sperimentato neurotossicità.
Per curiosità: altri trattamenti studiati sono stati albumina ev, emodialisi con rimozione dalla circolazione del farmaco e dei suoi metaboliti. Alcuni studiosi hanno sperimentato la tiamina (100mg in SF 100 in 10 minuti ogni 4 ore) considerando alcune caratteristiche della encefalopatia affini alla sindrome di Wernicke. Diazepam nel caso di convulsioni.
Metaemoglobinemia
è chiamata metaemoglobina una molecola di emoglobina il cui atomo di ferro sia ossidato da ferroso (Fe2+) a ferrico (Fe3+). Tale stato non permette alla emoglobina di legare O2.
La metaemoglobinemia può essere legata a deficit genetici (metaemoglobinemia ereditaria), causata da farmaci quali anestetici locali (procaina e benzocaina), antibiotici quali il Dapsone, e nitrati, quali ossido nitrico e nitrogliceriana, antimalarici quali Primachina. Inoltre può essere legata a deficit genetici associati ad ingestione di farmaci o alimenti (es. fave nei pz con deficit di G6PDH).
I sintomi dipendono dal livello di metaemoglobina.
10-20% – 1.5 e 3 g/dl – cianosi e decolorazione della cute
20-30% – 3-4.5 g/dl –ansietà,cefalea, tachicardia e letargia
30-50% – 4.5 -7.5 g/dl –fatigue, confusione, tachipnea, tachicardia e vertigine
50-70% – 7.5-10.5g/dl – come, convulsioni, aritmie ed acidosi
superiore 70% (10.5g/dl) morte
Spesso vi è un ritardo diagnostico dovuto alla scarsa frequenza di queste sindromi.
Il trattamento consiste principalmente in
-interruzione del possibile fattore scatenante
-infusione ev di Blu di Metilene, 1-2 mg/kg soluzione 1%, più volte al giorno, che agisce come cofattore per l’enzima NADPH MetHb riduttasi. Esso agisce accettando elettroni dal NADPH e, nella forma di leucometilene, riduce il Fe ferrico in ferroso, consentendo quindi alla emoglobina il trasporto di O2. Va posta attenzione nel non superare la dose di 7ml/k, in quanto per effetto paradosso può aggravare la metaemoglobinemia e causare emolisi, soprattutto nei pazienti con deficit di G6PDH.
Effetti collaterali quali nausea, dispnea, vomito, tremori, diaforesi sono da monitorare.
I casi resistenti al trattamento possono giovare di emotrasfusioni o somministrazione di ascorbato di sodio (500 mg PO o IV).
Il trattamento andrebbe iniziato a sintomi, ma anche per valori di meta Hb maggiori del 30% in quanto potrebbero a breve divenire sintomatici, soprattutto in soggetti che potrebbero risentire maggiormente di un calo della saturazione, es.cardiopatici o paziente con broncopneumopatie, malattia vascolare cerebrale e sepsi.
SHOCK
Argomento di cui ignoravo completamente l’esistenza è il possibile ruolo che il blu di metilene può avere nel trattamento dello shock settico o anafilattico, trattato negli ultimi anni e riassunto in una review del 2013 apparsa su Pharmacology in Emergency Medicine.
In questa review sono stati valutati 16 articoli scientifici relativi allo shock settico e 10 case reports relativi al suo uso nello shock anafilattico o farmaco-indotto.
Perchè il Blu di metilene?
Esso sembrerebbe causare un aumento delle resistenze periferiche e revertire la depressione della funzione miocardica. L’effetto sarebbe legato alla capacità del blu di metilene di inibire la sintesi di ossido nitrico e della guanilato ciclasi.
L’ossido nitrico sintasi (NOS) può essere costitutiva o indotta, come avviene per esempio nella sepsi da citochine ed endotossine. Ossido nitrico prodotto dalla NOS indotta nelle cellule miocardiche e nelle cellule della muscolatura liscia vascolare, attiva la guanilato ciclasi, con produzione di guanosin monofosfato ciclico(GMPc). Esso porta a rilascio della muscolatura liscia vascolare e rilassamento delle cellule miocardiche, inducendo inoltre aumento della permeabilità vascolare. La reversione di questo processo da parte del Blu di Metilene, porta ad un aumento delle resistenze periferiche, riduzione della depressione della attività cardiaca e della permeabilità vascolare.
Due studii randomizzati hanno indagato l’utilità del Blu di Metilene nello shock.
1) Kirov et al . : 20 pazienti, infusione di blu di metilene 2 mg/kg bolo e mantenimento in infusione continua, versus soluzione salina isotonica. I pazienti trattati con Blu di Metilene hanno evidenziato una maggiore MAP, riduzione di richiesta di vasopressori, ma non miglioramento in sopravvivenza.
2) Memis et al. : trial randomizzato su 30 pazienti di nuovo blu di metilene 0.5 mg/kg/h in ic vs soluzione salina isotonica. Risultato: aumento della MAP nei pazienti trattati con il farmaco, ma transitoria, senza beneficio in sopravvivenza.
3)Juffermans et al: trial randomizzato su 15 pazienti per valutare l’effetto di differenti dosi di Blu di Metilene 1mg/kg, 3mg/kg e 7 mg/kg in pazienti sottoposti dapprima a trattamento con colloidi, successivamente con amine e blu di metilene a differenti dosi, dimostrando in tutti i casi un aumento della pressione arteriosa media e del riempimento ventricolare proporzionale alla dose infusa.
Altri case report o case series sono presenti in letteratura, tutti con evidenza di un aumento più o meno transitorio della pressione arteriosa media, come elencato nella tabella sottostante.
Al termine della review gli autori sottolineano come le evidenze siano scarse, composte da pochi casi a numerosità campionaria bassa , ma come queste convergano tutte nel risultato di aumento più o meno transiente della pressione arteriosa media, merito dell’attività esercitata dal farmaco sulle resistenze periferiche, mentre l’effetto sul miglioramento della sopravvivenza non si hanno dati significativi.
Le evidenze dell’attività del blu di metilene nello shock anafilattico sono invece troppo scarne, composte da una decina di case reports, con difficoltà ad evidenziare un vero e proprio ruolo del blu di metilene in questo ambito.
Take home message
-trattamento di prima linea nella encefalopatia da ifosfamide e nella metaemoglobinemia
-dosaggio di 1-2 mg/kg ev di soluzione all’1% in SF 100 , ripetibili ogni 6-8 ore è il trattamento
-non superare le dosi di 5-7 mg/kg in quanto vi sono evidenze di peggioramento della sintomatologia per effetto rebound
-può essere utile nel tentativo di incrementare le resistenze periferiche e la contrattilità del muscolo miocardico cardiaca in caso di shock, ma al momento le evidenze sono poche e di difficile interpretazione
buon lavoro a tutti
Bibliografia
The Journal of Emergency Medicine, Vol. 46, No. 5, pp. 670–679, 2014 – link
A review of methylene blue treatment for cardiovascular collapse Jean C. Y. Lo, MD, Michael A. Darracq et al. – link
Ifosfamide Encephalopathy T. Ajithkumar*, C. Parkinson* Clinical Oncology (2007) 19: 108e114 – link