martedì 26 Settembre 2023

Non risponde alla chiamata…

Emergency department“Scusa Carlo, puoi chiudere la scheda di questo paziente che se ne è andato…”, con queste parole l’infermiera al triage ci avverte che uno dei pazienti in attesa della visita si è stancato di aspettare e ha deciso di allontanarsi dal pronto soccorso. In questi casi credo la maggior parte di noi, io per primo, si sente sollevata ” solo solo più 18 in coda… ” in una assurda gara mentale nel tentativo di azzerare una lista che in realtà non si azzera mai se non forse nel cuore dell notte.
Quando qualcuno va via, il temporaneo sollievo di avere un paziente in meno da visitare non è l’unico sentimento che provo. Sento anche un fastidio, un certo senso di inadeguatezza, perché è ovvio se una persona è venuta a chiedere una qualche forma di aiuto e non l’ha ricevuta, qualcosa non ha funzionato, anche se in molti pensiamo che il ricorso alla struttura ospedaliera non sempre è correttamente motivato.

Come si sa conoscere ed approfondire  un problema rappresenta il primo passo per cercare di risolverlo. Quanti sono, ma soprattuto chi sono quindi i pazienti che si allontanano dal pronto soccorso prima di essere visitati? E’ stato recentemente pubblicato un articolo su The European Journal of Emergency medicine che ha affrontato questo argomento: Patients who leave before being seen in an urgent care setting. che ha affronta questo tema, guardiamolo insieme.

Numerosi studi hanno riportato che la quota di abbandoni di pazienti in pronto soccorso prima della visita medica si aggira intorno al 5% (0,1-15%).

Nonostante che le conseguenze di questo comportamento non siano state analizzate in modo approfondito, alcuni studi hanno documentato una significativa morbidità in questa classe di pazienti.

I pazienti che si allontanano dal pronto soccorso prima della visita sembrano avere alcune caratterisiche in comune:

  • condizione clinica di bassa acuita
  • giovane età
  • sesso maschile
  • passaggio di pronto soccorso nelle ore notturne
  • e comprensibilmente le lunghe attese

Gli Urgent Care Centers (UCC) sono dei centri di cura presenti sul territorio degli Stati Uniti  e di Israele che si occupano della gestione di patologie che non sono minacciose per la vita, ma che, al tempo stesso, non possono aspettare il giorno dopo la valutazione del medico di fiducia. In questi centri le attese per questo tipo di patologie sono abitualmente minori e cosi dovrebbero essere anche inferiori il numero di abbandoni. Questo infatti è stato l’obiettivo primario di questo studio.

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 Lo studio

Nel periodo compreso tra il 1Maggio 2008 e il 31 marzo 2010 sono stati valutati i pazienti che hanno abbandonato i 5 centri per cure urgenti che hanno partecipato allo studio , di cui quattro localizzati negli Stati Uniti e 1 in Isralele

Le variabili considerate sono state: il sesso, l’età, il tempo della visita e il problema medico principale

La motivazioni dell’abbandono sono state raccolte dagli impiegati degli UCC in circa il 50% dei casi

L’obiettivo ovviamente caratterizzare  e quantificare i pazienti che si allontanano proima della visita medica in questo particolare setting

Risultati

Il 2.0% di  378 332 pazienti si è allontantato prima della valutazione del medico. La maggioranza di essi era :

  • di sesso maschile  (P < 0.0001)
  • di mezza età (P < 0.0001)
  • stata visitata sia nei turni notturni che diurni e una parte minore nei week end (P< 0.0001)

Dei 409 pazienti che hanno motivato le scelte del loro abbandono, il 43% ha sottolineato che la motivazione era stata un’attesa troppo lunga, mentre il 39% affermo di non voler pagare la copay, una sorta di ticket assicurativo.

Nel gruppo in cui i tempi vennero registrati, il 92,3% venne registrato in triage entro 30 minuti, ma , nonostante ciò, il 60% motivo l’abbondano a causa di un attesa troppo lunga.

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Conclusioni

La quota di abbandoni negli UCC è paragonabile a quella dei dipartimenti di emergenza e coinvolgono per lo più pazienti in età lavorativa soprattutto nelle ore diurne e sono da mettere in relazione più ad attese troppo lunghe percepite che reali.

Limitazioni

Questo studio ha 3 importanti limitazioni come sottolineato dagli autori

  • La prima e certo più importante è stata la mancanza di un modo per misurare le attese reali dei pazienti
  • La seconda è che lo stato di acuzie dei problemi di salute dei pazienti non è stato quantificato ma solo dedotto in base al sintomo principale riferito
  • Essendo uno studio retrospettico non è stato possibile ottenere un consenso informato dei pazienti da contattare per conoscere le reali motivazioni dell’allontanamento dal pronto soccorso

Commento personale
final-thoughts
La prima considerazione è la più ovvia, le limitazioni di questo studio sono tali da fargli perdere molto dell’interesse che un argomento come questo suscita. Nonostante ciò credo che focalizzi la nostra attenzione su alcune tematiche rilevanti anche in un contesto assai diverso come quello di casa nostra.
Ancora una volta il problema forse più che l’abbandono in se è legato all’attesa, non solo quella reale ma quella percepita dal paziente. E’ esperienza comune l’enfatizzazione del periodo di attesa da parte dei nostri pazienti, ma se ci pensiamo bene questo non riguarda solo le attese in ospedale o in pronto soccorso ma le attese in generale. Quante volte abbiamo avuto l’impressione che sia passato un tempo infinito quando siamo in coda alla posta o al supermercato. A qualcuno è così venuto in mente, non riuscendo a ridurre lo spazio temporale tra triage e visita medica, ma a volte anche quello per accedere al triage, di rendere l’attesa almeno più sopportabile, intrattenendo pazienti e accompagnatori con la visone di film o programmi televisivi. Questa strategia, per quanto mi è dato di sapere, non ha dimostrato alla fine che scarsa efficacia.
Una rete di strutture di cura intermedie poste tra il medico di medicina generale e il pronto soccorso, sembra poter rappresentare una possibile soluzione, almeno cosi viene proclamato in alcuni paesi come ad esempio la Finlandia dove questo sistema vige da anni. I dati di questo studio però sembrerebbero dire il contrario. Le attese dei centri intermedi di cura per acuti non sono così dissimili da quelli dei pronto soccorso.
Quale la possibile soluzione? Non lo so, ma l’educazione civica ad un uso consapevole delle risorse e del bene comune penso sia l’unica possibilità.
Come sempre in attesa, oops scusate la ripetizione,  del vostro punto di vista.

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

18 Commenti

  1. Io credo che la Medicina di Base e di Territorio sia un fallimento, in Italia.
    Il discorso è lungo e non si può rendere qui.
    La cosa, però, che mi urta violentemente è che le persone vengono in DEA, impegnano l’IP di Triage, facendo aspettare (giustamente) altre persone…poi vanno via, e – in caso di Codice Bianco – non pagano alcun ticket perché “la prestazione medica non è stata erogata”.
    Il lavoro dell’Infermiere non conta una mazza.
    E le persone credono che venire in DEA sia come andare in panetteria, dove se anche fai la coda ma poi non compri il pane, non devi pagare il conto.
    No, io sono il tipo che ogni tanto guarda la Lista e decide di parlare con l’IP di Triage per vedere se sia il caso di chiamare prima qualcuno “a rischio”. Ma quando uno se ne va, dopo aver fatto lavorare l’Infermiere, e magari è venuto in PS perché – come i 7/8 di coloro che si allontanano – non aveva voglia di andare dal suo MMG, allora è un essere che dovrebbe dare il suo apporto economico.
    Altro che “inadeguatezza”.
    Se non fosse per i centomila codici inutili, saremmo (quasi) adeguati al carico di lavoro.
    E nessuno si allontanerebbe dal DEA.
    Perché sarebbero veri malati.

  2. Scusate… Il messaggio è partito prima di scrivere il mio pensiero.
    Sono d’accordo anche io che la medicina di base proprio non funziona e che chi si allontana meriterebbe di pagare il ticket comunque ma dovremmo farlo pagare a tutti a questo punto indistintamente. Il problema principale è che secondo me dovremmo avere la possibilità definitiva si applicare il see and treat in triage con annesso ticket….. Altra cosa è che si possa indirizzare il paziente verso percorsi assistenziali adatti dicendogli anche che il suo medico di base deve farsi carico del problema. Bisognerebbe fornire le guardie mediche di attrezzature per poter assistere i codici bianchi la notte e festivi nei quali sono funzionanti. Il problema è che siamo investiti dal terrore delle denunce da parte dei pazienti e i loro familiari per cui siamo tenuti a registrare tutti i passanti in pronto soccorso, anche quelli che come oggi sono arrivati perchè gli si è rotto un capillare sul palmo della mano. Occorre dare responsabilità all’infermiere come il sostema inglese insegna, istituendo i centri di trattamento per i traumi minori gestiti da soli colleghi adeguatamente preparati ma non con i propri soldi come succede in italia, ma dando l’opportunità da parte delle asl per le quali lavoriamo di poterci aggiornare con obbligo di frequenza. Ma questa è un’altra storia…….che ci porterebbe a non perdere tempo e soprattutto a non far perdere tempo ai pazienti che si recano inutilmente in pronto soccorso. Cordiali saluti.

  3. Io credo invece che la medicina di famiglia (ben fatta chiaramente) sia il futuro del nostro SSN e che l’eccessivo ricorso ad indagini e a visite specialistiche, dovuto soprattutto al clima diffuso di “patofobia” del giorno d’oggi, non procuri alcun beneficio ma porti solamente ad un’eccessiva medicalizzazione di condizioni che si potrebbero risolvere in 10 minuti di ambulatorio. Dico questo perché, seppur consapevole dei limiti intrinseci ai quali la medicina generale territoriale é sottoposta, trovo che spesso riesca ad essere più operativa e diretta rispetto all’approccio plurispecialistico tanto in voga oggi. Credo che si dovrebbe recuperare la fiducia tra medico e paziente per limitare il ricorso ad un eccesso di esami e visite inutili per far funzionare il tutto.. Credo altresì che continuare a prendersela con il territorio, quando spesso e volentieri lo si conosce poco o niente, non migliorerà certo le cose. Saluti e complimenti per il blog.

    • E’ bello credere in qualcosa, ma ricorda che “chi vive sperando, disperato muore”.
      Io sono diverso: credo a quel che vedo.
      E la Medicina di Territorio e/o ambulatoriale funziona poco o niente, basta cercare di prenotare una visita ORL o una TC…
      Non nascondiamoci dietro un dito: l’ossatura del SSN è a cura di medici privati convenzionati: già questa stortura pregiudica tutto il sistema.

  4. Si dovrebbe fare uno studio per verificare che il paziente che viene insistentemente a chiedere in Triage quando sarà il suo turno è in genere… quello che sta meglio di tutti in sala d’attesa! (per non dire che non ha un beato nulla…)
    E’ la stessa persona che ha fretta per aspettare il suo turno dal MMG (che magari non visita tutti i giorni, sigh!)ed ha fretta anche in ps. Ha fretta perchè stà davvero male? In questo caso il valido IP in Triage lo avrebbe già “tirato dentro”… In genere ha fretta perchè ha *un’alterata percezione del tempo di attesa*… perciò prima si spazientisce e poi… se ne va!

  5. Sfortunatamente “la Medicina di Base” in Italia non esiste. Nel senso che, anche nella stessa regione, assistiamo ad impostazioni diametralmente opposte nella fornitura del servizio e le norme che la regolano sono tanto puntigliose nel cercare di inquadrarne l’efficienza economica quanto farraginose o addirittura assenti quando si tratta di standardizzare (verso l’alto, si spera) la qualità del servizio, dove anche quest’ultima sia valutata dal punto di vista medico-sanitario e non, come oggi è d’abitudine fare, prendendo come indici di qualità i dati di spesa o, peggio, il solo parere degli assistiti sulla loro soddisfazione.
    Per un medico, vedersi arrivare a casa la lettera che lo accusa di buttare soldi pubblici perché prescrive “più della media dei suoi colleghi” un determinato principio attivo è uno sputo alla propria professionalità. E sì, succede anche a chi ha assistiti con malattie rare. Guarda caso la media di prescrizione non è molto rappresentativa in quei casi.

    Spesso mi è capitato di sentirmi dire in PS che il paziente non era stato dal suo medico, né in precedenza né in quell’occasione, perché “non si fida” o perché “c’era da aspettare”. Follia. Un paziente privo di determinati requisiti nel pronto soccorso non ci dovrebbe nemmeno entrare, così come non dovrebbe esistere un medico di famiglia (e non) di cui “non ci si fida”, soprattutto al punto da consegnarsi nelle mani di perfetti sconosciuti (che al 5° passaggio del paziente X cominciano a non essere più tali, ma tant’è…) in una struttura ospedaliera.

    Sfortunatamente non è con la formazione continua dei medici di base, con la spinta verso l’associazionismo al limite della depersonalizzazione, con la burocratizzazione del rapporto di fiducia che si ottiene una maggiore efficacia della medicina sul territorio, se mai valorizzandone la qualità di servizio alla persona, anche attraverso una rieducazione degli assistiti, oltre che incoraggiando l’abitudine al confronto e all’equiparazione tra colleghi. Chi lavora in ospedale non è più o meno medico di chi lavora fuori, ma se tocca ad entrambe le categorie rinunciare al campanilismo e corroborare questa affermazione attuando una collaborazione vera, poi bisogna trovare il modo di farla interiorizzare ai pazienti. Un primo passo potrebbe essere nell’assumersi ciascuno le proprie responsabilità: spesso ho avuto a che fare con MMG che pur lamentandosene parevano crogiolarsi nel fare il passacarte senza contribuire al percorso diagnostico/terapeutico, medici di guardia medica che indirizzavano a PS o MMG per il giorno successivo quando avrebbero potuto sprecarsi con una prescrizione banale, così come ho visto specialisti e medici strutturati uscirsene con l’infelice “Si faccia prescrivere questo e questo dal suo medico.”, come se la prescrizione non la potessero fare loro stessi, anzi, non la dovessero fare loro stessi. Poi che il paziente voglia mostrarla al proprio medico di famiglia, ben venga, ma mai che in un verso o l’altro ci sia tempo per una telefonata o per due righe al seguito del paziente del tipo: “Ho visto il tuo paziente X, gli ho prescritto le tali cose, con consiglio di fare così e cosà. Se vuoi parlarne, o hai dubbi, chiamami. Buon lavoro!”

    Parere ed esperienze sono personali, ma capite che spesso il paziente è al contempo causa e doppiamente vittima delle sue peripezie.

  6. La problematica dei tempi “soggettivi” di attesa é enorme. Episodio fresco fresco di ieri sera : mi telefona ex Direttore della nostra rianimazione (per cui persona che ha lavorato a strettissimo contatto con noi) per lamentarsi (educatamente) dell’attesa subita dalla figlia con flc sopracciglio da verosimile episodio vaso vagale. Telefono al collega che mi dice “é appena entrata”. Ritelefonata dopo una oretta per tempi risultati esami laboratorio e per 1 consulenza da eseguire. Spengo il cellulare. Controllo i tempi stamattina : triage – visita 16 min . In PS sutura ECG prelievo ematico somministrazione farmaci per flebo (il movens era una colica addominale) eco fast . Tempo totale di permanenza 3 ore e 11 minuti. Penso che il tutto renda ben conto della prevalenza della soggettività sulla oggettività nei nostri DEA . Per la medicina del territorio…….faccio calare un velo pietoso

  7. Grazie per i vostri commenti. Sapevo che il tema avrebbe suscitato reazioni di insofferenza e irritazione, ma vorrei invitare tutti a cercare di liberarsi del quotidiano, dove i pazienti sono molti e gli operatori pochi e talora con scarse risorse,cercando di andare oltre la sensazione di essere i “difensori del fortino”.
    Lo dico senza retorica: noi siamo lì perché ci sono i pazienti. Spesso i dimentichiamo di questo concetto di base. Non dobbiamo difenderci da essi, ma lavorare per loro.
    Il punto centrale oltre che organizzativo: costruire una rete di assistenza che razionalizzi le risorse, dove ognuno deve avere un ruolo ben preciso, è l’educazione.
    Non ci stupiamo se non so quanti pedoni al giorno vengono investiti sulle strisce pedonali o di quanti reagiscono a torti insignificanti in modo spropositato. perché dovremmo meravigliarci se nessuno o pochi badano al bene comune e pensano solo a loro stessi. Il problema è imparare a rispettare gli altri e questo è un ruolo che solo scuola può svolgere. Non parlo dell’università, ma dell’educazione civica che bisognerebbe insegnare alle elementari.Guardare ai bisogni di tutti e non solo al nostro piccolo tornaconto certo consentirebbe un miglior utilizzo delle risorse, considerando che quelle sono le risorse di tutti, quindi anche le nostre.
    Se non andiamo oltre la diatriba, medico di famiglia, servizi territoriali, ospedale non credo che andremo lontano. Tutti attualmente stiamo subendo una situazione iniqua e paradossale, i pazienti prima di tutti.

  8. Se il paziente va in PS e non dal suo medico di MMG non é quasi mai perché non si fida (e se così fosse può benissimo cambiare medico), bensì perché deve attendere un secolo per fare eventuali accertamenti e deve pagarci pure il ticket. In PS diverse indagini vengono fatte subito (spesso anche più di quelle sterttamente necessarie) e gratuitamente. Vogliamo davvero ridurre gli accessi inappropriati in PS?l’unico modo é far pagare il ticket a tutti i codici bianchi e verdi.Nel mio ospedale di zona ad es. i medici danno puntualmente codice verde pure ai codici bianchi solo per non avere discussioni con i pazienti, che, a loro volta, scambiano il DEA per un erogatore quasi “self service”di accertamenti diagnostici

    • Sono perfettamente d’accordo con te monte83 è necessario far pagare il ticket ai codici bianchi aggiungerei anche se esenti ticket .Per quanto riguarda il fallimento della medicina territoriale che qualcuno ha sottolineato aggiungerei anche l’inutilità di tanti servizi di carattere specialistico che qualcuno si ritaglia creando un proprio spazio di visibilità. E’ senz’altro demagogico evidenziare tanti aspetti fallimentari del SSN ,ospedali,cliniche,subspecializzazioni territoriali ,medicina generale senza parlare del gotha universitario che si autoalimenta e si autoincensa, tutti potenziali premi nobel per la medicina a cui manca l’assegno. Comunque il discorso è lungo e non si può rendere qui come ha scritto qualcuno. Vorrei solo ripetere a me stesso cosa sia un accesso improprio in PS soprattutto per quanto riguarda i pz inviati dal MMG o dalla CA . Il codice bianco dovrebbe essere assegnato al pz che non è sottoposto a esami laboratoristici,consulenze specialistiche,esami strumentali,ma visitato a “mani nude ” come avviene sul territorio e inviato a casa appena terminata la visita.E a chi potrebbe asserire che esami di routine ed ecg non si nega a nessuno ricordo che anche se eseguiti in PS hanno pur sempre un costo. In tempi in cui si tende sempre più a evidenziare la medicina generale come panacea a un sistema sanitario che non può garantire tutto a tutti sostengo di potenziare i dipartimenti di emergenza ,dare più risorse sia umane che economiche e poi pensare ad un riequilibrio di responsabilità nella medicna territoriale .

      • Mi aggrego ai vostri commenti, che condivido in linea di massima, per aggiungere un dato che penso ci debba fare riflettere. Se almeno in parte il sovraffollamento in PS è causato da codici bianchi, che se vengono sottoposti ad esami strumentali li subiscono per “scrupolo”, quando non solo per routine, perché assistiamo al tentativo di molte amministrazioni (a livello statale oltre che regionale) di trasformare l’ambulatorio del MMG in un piccolo laboratorio, possibilmente aperto 24 ore al giorno, dotato delle attrezzature per eseguire i suddetti esami, nel tentativo di “sgravare” i PS dai citati codici bianchi? È o non è un controsenso e un dare all’assistito quello che lo accontenta e non ciò di cui ha bisogno dal punto di vista medico?
        Ma soprattutto, anche a livello economico, non è uno spreco di risorse? Senza contare il fatto che le suddette risorse siano pubbliche per quanto riguarda gli ospedali, mentre sarebbero a carico dei MMG quando dovessero eseguire da sé gli accertamenti. Non che i soldi pubblici vadano spesi senza pensarci, ma spostare una spesa superflua nelle tasche di privati, solo perché non si ha il coraggio di negare una prestazione inutile al pubblico, non è una soluzione allo spreco di risorse e non è nemmeno intellettualmente onesto.

  9. Noi abbiamo pochissimi “codici bianchi”, ma da noi anche un ragazzo con 38° vigile cosciente orientato, con magari le “placche alla gola”, che non sia di ritorno da un viaggio tropicale, viene considerato un Codice Verde (!)
    E l’errore è non avere un feedback triage-medico-triage
    Far pagare il pubblico una cifra irrisoria per prestazioni che invece sono costose ((visita medica: 100 euro? Prestazione infermieristica: 50 euro? Esami ematici: 40 euro? Rx: 20 euro? ECG con interpretazione: 80 euro? Consulenza: 100 euro (negli USA è circa 400 dollari)?)) non mi sembra un aggravio.
    Io farei pagare tutti perché (ragazzi, non neghiamo la realtà, accipigna!!) purtroppo quando una cosa è gratuita, la gente (in Italia come altrove, credo, ma in Italia soprattutto) e ne approfitta.
    50 euro per una prestazione DEA, con eventuale ricovero completamente gratuito (costo medio giornaliero Degenza: 500 euro?) non mi sembrano gravose.
    Se un pensionato con 600 euro di pensione viene in DEA per una cretinata risolvibile dal suo MMG, ebbene, anche lui merita di contribuire. Se dovesse essere ricoverato (media di un ricovero per scompenso cardiaco o BPN, cause più frequenti di ricovero nell’anziano: 10 giorni = 5 euro al giorno; media di un ricovero per ictus, più riabilitazione: 20-30 giorni, credo…= 2 euro/die) i 50 euro scomparirebbero.
    Non siete convinti?
    L’ideale sarebbe provare.
    Considerate che già adesso esistono i “ticket”, che sono semplicemente un contributo alla prestazione. Un contributo in DEA non sarebbe male.

    • @pg_tropical_bertucci. Non sono convinto. Ho la sensazione che molte persone con problemi potenzialmente gravi e 600 euro di pensione rinuncerebbero a recarsi in DEA, in quanto non esperti e non in grado di valutare la necessità di una visita urgente. Onestamente non vedo come un anziano (o un giovane senza competenze sanitarie) possa sempre capire se alla visita seguirà un ricovero. A mio parere è una pessima idea che scarica ancora una volta sui cittadini l’incapacità organizzativa dell’Amministrazione.

  10. Nel mio piccolo di studentessa di Medicina al 4° anno, pur essendone ancora per lo più “fuori” è da molto che percepisco un senso di crollo in generale… La mia personale opinione è che si dovrebbe ripartire dalle basi, e che il problema alla radice sia la medicina di famiglia. Più gente è ben trattata qui, meno ne mandi (e va) all’ospedale.

    • D’altra parte chiudere l’esercizio della Medicina di Base ai medici specializzati, per aprirlo solo a chi si sottoponga alle forche caudine di un corso che non dà una qualifica specialistica, spesso organizzato ed erogato malamente, con borse di studio pagate meno della metà rispetto a tutte le specializzazioni post-laurea, non sembra un’ottimo primo passo per ridare linfa a questa nobilissima ed altrettanto bistrattata professione.

  11. Ticket, economia, aziendalismo, listino delle varie prestazioni. Secondo me è un privilegio fare questo lavoro, medico o infermiere che sia. Io chiederei solo più risorse per i dipartimenti di emergenza e accettazione, prima di tutto risorse umane. Le persone si sentono al sicuro sotto quella croce che lampeggia, forse perciò I P.S. sono affollati.

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