Sono perplesso. Il quadro non mi è famigliare: non ho mai assistito ad una presentazione così rapida. Tutto sta accadendo ad una persona sana e in un breve arco temporale dall’esordio dei sintomi. Tuttavia è proprio l’evoluzione così rapida che non consente molte dilazioni per arrovellarsi sulla causa. La saturazione è ballerina e sopratutto la CO2 è in salita. Devo assicurare una via aerea definitiva. Già mi rimprovero di non averlo fatto prima. Fortunatamente è tutto pronto.
Decido per un’induzione con una bassa dose di Ketamina (0.5mg/kg). Come per altri anestetici anche la Ketamina dà i suoi effetti a dosaggi minori quando il sistema nervoso centrale è ipoperfuso. Non è una scelta scontata dato il quadro cardiologico. Il mio intento è di mantenere il drive respiratorio in modo da sfruttare la NIV sino all’ultimo momento. Sul piatto della bilancia devo mettere il possibile effetto cardiomiodeprimente e l’effetto adrenergico. Quest’ultimo potrebbe essere utile a evitare bruschi cali di pressione quanto controproducente dato la cardiomiopatia da stress. Mettendo sul piatto della bilancia gli effetti del farmaco, per il mio giudizio, i vantaggi sopravanzano gli svantaggi. La Ketamina viene somministrata a boli refratti da 10mg in modo da saggiarne l’effetto. In tutto vengono somministrati 30mg.La NIV viene rimossa solo dopo avere somministrata la succinilcolina: data l’acidosi l’intento è quello di avere la minore interruzione possibile della ventilazione per non rischiare un arresto cardiorespiratorio da un ulteriore peggioramento del pH. Più che una RSI si tratta di una breve DSI. L’intubazione avviene rapidamente senza particolari difficoltà. Il Cormack è 1. Il ventilatore è già settato per una ventilazione mandatoria a volume controllato. Ho volutamente impostato una FR iniziale di 30 atti/min per un breve periodo post intubazione, affinché l’acidosi non peggiori considerato l’EGA di partenza e le richieste metaboliche della paziente. Viene dopo poco scalata a 24 atti/min. Il Vt è di 7cc/kg per un peso ideale stimato in base all’altezza. Attenendomi al protocollo ARDSnet ottengo una buona saturazione con una FiO2 attorno al 50% e una PEEP di 8 mBar. I risultati dopo un po’ sono buoni.
Anche l’acidosi metabolica si sta correggendo. Faccio partire emocolture ed urinocolture. Avvio una terapia antibiotica empirica con levofloxacina e ceftriaxone. Posiziono un CVC giugulare destro ecoguidato.
Nonostante l’iniziale miglioramento compaiono episodi ipotensivi, che rispondono tuttavia ai cristalloidi.
E adesso? Il primo dubbio che mi attanaglia è se dare peso o meno alla disartria riportata. Sono convinto che la disartria sia in gran parte imputabile alla compromissione respiratoria e all’acidosi. Tuttavia la stranezza del quadro mi spinge a proseguire con gli accertamenti. Richiedo una TC cerebrale e anche una angio TC toraco addominale. Lo faccio a torto dei miei riscontri e del mio stesso ragionamento clinico: non credo che la paziente possa avere un accidente cerebrale ischemico. Sono intimamente convinto che tutto sia riconducibile ad un problema respiratorio primitivamente infiammatorio cui si aggiunge il contributo dell’insufficienza ventricolare sinistra. Un’emorragia cerebrale potrebbe anche presentarsi con un problema di edema polmonare neurogeno, ma l’obiettività neurologica sarebbe stata ben diversa. La dissecazione dell’aorta anch’essa è improbabile. Il quadro ecografico non è indicativo, i tratti esplorabili dell’aorta toraco addominale non mostrano dilatazioni né flap. E poi perché mai il coinvolgimento polmonare? Infatti la Tc cerebrale è negativa. L’aorta non è dissecata. Le uniche informazioni che giungono dall’angioTC toraco addominale sono quelle di un quadro di impegno polmonare compatibile con una ARDS.
Tutto ciò che sapevo già. Se fossi stato più convinto dei miei riscontri avrei forse proceduto più coerentemente. Alla tac addominale risulta anche una formazione ipodensa a livello del polo renale di destra con valori densitometrici non francamente di tipo liquido come da cisti a contenuto corpuscolato di circa 7 cm di diametro e sepimentata anteriormente. Non si impregna di mdc alle scansioni eseguite per valutare la fase arteriosa. Il radiologo consiglia un’eventuale correlazione ecografica.
Al rientro dalla Tc l’ipotensione diventa persistente, nonostante la replezione di volume. Avvio un’infusione di noradrenalina (0.1 mcg/kg/min) . Aspirando il tubo endotracheale è presente un escreato rosato come spesso si vede nell’edema polmonare. A questo punto si insinua sempre più forte il dubbio che l’insufficienza ventricolare sinistra contribuisca al quadro respiratorio ed emodinamico, in modo più rilevante di quanto non immaginassi. Richiedo un ecocardiogramma urgente. Il cardiologo conferma la depressione della FE sinistra e il pattern potrebbe essere effettivamente quello di una cardiomiopatia da stress, ma non esclude una possibile miocardite con decorso iperacuto. Questa eventualità non l’avevo contemplata. L’ECG è normale, la troponina è negativa. La miocardite può essere anche focale ma il quadro ecografico sarebbe insolito. Quello che ci potrebbe stare con questa diagnosi è la rapidità d’instaurazione del quadro clinico in una paziente così giovane. L’anamnesi redatta con l’ausilio dei famigliari non ci aiuta: la signora stava bene; non aveva avuto sintomi di virosi intercorrenti e l’anamnesi remota non è rilevante.a pressione continua a scendere. Avvio,a malincuore, anche un’infusione di dobutamina. Ciononostante l’ipotensione persiste e, nonostante un incremento dell’infusione delle amine, la pressione arteriosa media oscilla attorno ai 60 mmHg. Dal sondino nasogastrico non esce sangue. Il calcio ionizzato è appena al di sotto della soglia di riferimento. (1.04 vn 1.1 mmol/l), troppo poco per giustificare la situazione. C’è qualcosa che mi sfugge, ma non capisco cosa. Le misurazioni della pressione sembrano corrette. Ricontrollo il torace con l’ecografo. Nessun pneumotorace, la situazione è invariata anche in termini di impegno dell’edema interstiziale. La pressione di plateau è attorno ai 20mmHg e non si riduce ulteriormente dopo una espirazione prolungata. Le pressioni di picco sono al di sotto del limite impostato (30 cmH2O). Non ci sono segni indicatori di autopeep che riesca ad apprezzare nella curva flusso/tempo, nonostante la frequenza respiratoria elevata. Disconnettendo il ventilatore e ventilando con l’ambu non apprezzo resistenza. Aspirando il tubo endotracheale si evacuano modesti secreti sempre rosati.
L’ultimo EGA è buono.
Mostra però una ipoglicemia importante. Il riscontro mi lascia dubbioso tuttavia. La glicemia era alta quando già l’ipotensione era presente. Due controlli estemporanei della glicemia non confermano il riscontro. Qualche volte l’EGA non è attendibile sulla lettura della chimica ed ho imparato a non adottare provvedimenti precipitosi solo in base ad un singolo riscontro. Per lo stesso motivo non dò peso all’ulteriore calo del valore della calcemia, anche perché inizialmente era elevata e parimenti era ancora pressoché nella norma a ipotensione già presente. Mi convinco che anche quello è un errore di lettura della macchina: lo depenno dalla lista automaticamente. Non ho posizionato un monitoraggio arterioso invasivo, ma il letto intensivo è pronto. Ho parlato con i famigliari prospettando la possibilità di un esito infausto.
I pazienti continuano ad arrivare in area rossa con la solita disarmante processione di ambulanze. Le risorse che ho a disposizione sono saturate. Dispongo il trasferimento, anche se perplesso, perché l’assetto emodinamico permane compromesso. Sono convinto che lo shock sia dovuto alla sepsi ed all’insufficienza cardiaca con un contributo preponderante di quest’ultima all’ipotensione.
Per fortuna, nel solito affaccendato trambusto, la notte passa. Rimane nell’anticamera dei mie pensieri una voce che mi dice che è sfuggito qualcosa. Prima che il cambio arrivi, contatto i colleghi che hanno preso in carico la paziente. Sì ha un ARDS, l’ipotensione si è risolta somministrando calcio-cloruro. Anzi la paziente è divenuta intensamente ipertesa tanto da richiedere la somministrazione di nitrati.
Già mi mangio le mani. L’ipocalcemia l’avevo liquidata così rapidamente da averla addirittura rimossa dai miei pensieri, letteralmente. L’ipocalcemia in un paziente critico può avere spiegazioni molto differenti. Certo un livello di Ca2+ di 1 mmol/L non è eccessivamente basso. Evidentemente va corretto in un paziente con una compromissione del circolo, prima di poter affermare che non sia corresponsabile. L’iniziale valore aumentato della calcemia dovuto all’emoconcentrazione, assieme al falso riscontro di ipoglicemia, mi ha portato fuori strada ed ho commesso l’errore di non considerarlo come possibile problema attivo. Riguardo alle possibili cause di ipocalcemia acuta, le spiegazioni sono molte:
– ipomagnesemia
– iperfosfatemia
– pancreatite acuta
– farmaci: cinacalcet, bifosfonati, denosumab
– etilene glicole
– ustioni acido idrofluoridrico
– trasfusioni ripetute di emazie e/o plasma
– rabdomilisi
– metastasi osteolbastiche (cancro della mammella o della prostata)
– sindrome da lisi tumorale
– insufficienza renale acuta
Anche la sepsi da gram negativi si può associare a riduzioni del calcio ionizzato probabilmente attraverso multipli meccanismi (elevati livelli di citochine, ipoparatiroidismo, resistenza alla vitamina D o carenza di quest’ultima). Per altro le sepsi che si presentano con ipocalcemia sono associate ad una prognosi peggiore, sebbene, come spesso accade per altri epifenomeni, la correzione dei livelli di calcio non comporti, apparentemente, una migliore prognosi.
Rimango perplesso. Mi sembra strano che la spiegazione dell’instabilità emodinamica potesse ridursi a questa sola spiegazione. Nella mia testa il quadro di sepsi e d’insufficienza ventricolare sinistra erano sufficienti a spiegare l’ipotensione persistente: a questo pensiero mi sono rassegnato ed inoltre ho attribuito probabilmente un peso eccessivo al problema cardiologico.
Tuttavia nell’arco della giornata successiva l’ipotensione è ricomparsa sebbene transitoriamente ma associata questa volta ad anemizzazione. E qui il secondo intoppo. La fonte del sanguinamento era retroperitoneale. In altre parole l’insolita formazione cistica era un ematoma retroperitoneale, al suo esordio. La cosa ancora più strana è che fosse dovuto ad una dissecazione spontanea di due arterie surrenaliche destre che venivano embolizzate con successo.
Nei pazienti non anticoagulanti e non sottoposti a procedure invasive di tipo angiografico è una evenienza estremamente rara. Più spesso associata a preesistente anomalie dei vasi, particolarmente aneurismi, o formazioni neoplastiche delle ghiandole surrenaliche. Non sempre però è possibile riscontacciare una causa. Certo era l’ultimo dei miei pensieri.
Tutti i dottori sono degli asini per citare Chris Nickson che ha tenuto una memorabile presentazione sulla matacognizione in emergenza. Evidentemente non faccio eccezione.
Dovendo fare una disamina sul mio ragionamento clinico sono almeno due i problemi cognitivi nell’interpretazione dello scenario.
Primo un bias di ancoraggio: la tendenza ad essere vincolati alle caratteristiche incontrate nelle fasi precoci della valutazione. Nel caso specifico il fatto di avere un quadro di sepsi, con un un contributo cardiogeno allo shock secondario alla cardiomiopatia da stress, sono state considerate cause sufficienti a spiegare lo scenario complessivo.
Secondariamente un bias di ricerca soddisfacente: in altre parole accontentarsi delle informazioni a disposizione senza ricercare ulteriori spiegazioni. A questo proposito devo dire che vi erano tuttavia molteplici cause che concorrevano ed il fatto di averne identificate da subito almeno due era abbastanza fuorviante considerato anche il relativo tempo trascorso in pronto soccorso (poco più di tre ore).
L’altro aspetto che trovo rilevante è il fatto che sia mancata una adeguata pausa cognitiva per mettere ordine al problema dell’ipotensione in maniera più razionale. Lo stesso uso della dobutamina ne è la riprova, per quanto anche il cardiologo considerato lo scenario non fosse contrario. Una ipotensione refrattaria in un paziente ventilato meccanicamente richiede un approccio di sistematica esclusione di alcune cause correggibili. Al riguardo del quale consiglio il podcast di Emcrit.
Ho riflettuto a lungo sul caso, con un tormentoso risentimento. Pensare ad una emorragia spontanea in un paziente non anticoagulato quando c’è già un quadro settico e con una insufficienza ventricolare sinistra acuta peraltro in un arco temporale di alcune ore non era scontato. La presenza di una disartria era un ulteriore elemento distraente. Già appunto la disartria: qual’è stato l’evoluzione del caso?
La paziente, sebbene dopo un ricovero prolungato e complesso, è stata dimessa neurologicamente indenne. La sepsi è divenuta conclamata, una partenza polmonare è stata considerata la causa scatenante del quadro clinico. Quest’ultima è rimasta senza un patogeno identificato. Nel corso del ricovero è stata effettuata una angioRMN cerebrale che evidenziava un marcato atteggiamento in spasmo arterioso delle arterie vertebrali, dell’arteria basilare così come delle arterie cerebrali medie, senza evidenze di lesioni ischemiche. Anche questo reperto rimane di difficile inquadramento anche perché eseguito a distanza dalla fase acuta. Potrebbe avere contribuito alla presenza dei disturbi neurologici lamentati all’esordio, sebbene credo non se ne avrà mai la certezza.
Caro Mattia, letta la felice conclusione, mi sfugge l’atteggiamento di sconfitta che manifesti.
Era nel preambolo e riappare nell’epilogo.
Francamente non immaginavo un esito così positivo.
Quindi, di che rammaricarsi? Della teoria metacognitiva di Chris Nickson?
La Pz. era, nell’ordine, ipossica/ipossiemica e l’hai fatta respirare.
Hai assicurato la via aerea e senza ulteriori danni.
Hai impostato al meglio la ventilazione meccanica.
Hai ristabilito un adeguato EAB.
Hai avuto conferme sulla coesistenza (o, almeno, di un rapporto di causa-effetto) di più fattori scatenanti lo shock: settico – cardiogeno – (ipovolemico).
Li avevi già diagnosticati con gli US bed-side.
(Che ulteriori informazioni potevi trarre dall’immagine “cistica” – retroperitoneale – del polo renale? Neppure la TC ha dato una risposta…).
Com’era “immaginabile” una dissecazione spontanea delle arterie surrenaliche con ematoma retroperitoneale con un tacchista che referta “utile follow-up ecografico”?
(è veramente pleonastico dire – a te! – quanto siano inadeguati nel retroperitoneo gli US)
Hai cercato spiegazioni su possibili problemi cerebrali e neppure la RM ha dato risposte definitive.
(neppure è stato trovato il microrganismo responsabile del focolaio settico, tra l’altro)
Pensavi ad un “anello mancante” nella catena degli eventi. Non l’hai mai, di fatto, trascurato (il sanguinamento occulto).
Ne hai avuto conferma in un tempo che non è stato quello della e.r.. Ma che responsabilità hai di questa mancanza?
E questo non ha mai inficiato i corretti atti valutativi e terapeutici che, passo dopo passo, hanno impedito alla Giovane Donna di morire.
Ti pare che questo risultato possa essere sminuito da valori di calcio non correttamente interpretati in un contesto di così alta criticità? Non credo proprio.
(Non considerarmi superficiale, solo concreto, la Tua Paziente è Viva!)
Che significa quindi il “non essere @squartadoc”?
Congratulazioni Mattia! quanto descritto non è frutto di fortunate coincidenze, ma di grande conoscenza e padronanza dell’Arte-quasiScienza Medica e, consentimelo, checché ne dica Chris Nickson, non tutti i dottori sono somari e con grande rispetto per questo nobile, intelligente, infaticabile quanto bistrattato animale!
Con sincera ammirazione! [e “invidia” 🙂 ]
Mauro.
Mauro grazie per l’apprezzamento ma non condivido l’entusiasmo perché sebbene si siano associati problemi molto diversi fra loro ho dato troppo peso ad alcuni ed in particolare a quello cardiologico il cui impatto era evidentemente minore rispetto alla mia valutazione. L’aggiunta di una seconda amina deve essere sempre ponderata. In questo caso la paziente era ancora vuota vista l’emorragia in corso e oltretutto le amine avevano poca efficacia per il calcio basso a cui non ho creduto con un automatismo eccessivo. Certo non era un caso semplice, ma tutto sommato credo che la notizia data dall’ecocardio fatto da me in PS hanno eccessivamente focalizzato la mia attenzione. Piuttosto credo che ancorché la gestione pratica dell’insufficienza respiratoria posso dire di non rimpiangere la decisione di gestione delle priorità e le scelte di tempistica del l’imaging e della consulenza specialistica. Non ultimo l’esclusione del coinvolgimento del neurologo. Partiamo pur sempre dal fatto che la paziente veniva centralizzata per una possibile trombolisi e che, almeno sulla carta, quella neurologica era la valutazione per cui accedeva la nostro PS. La scelta di non coinvolgere il neurologo può sembrare scontata dato il contesto ma ha richiesto comunque una scelta di cui mi sono assunto la responsabilità che poteva teoricamente precluderle una terapia. Ho testualmente detto al collega di guardia avvisandolo di non venire in PS che qualora anche avessi trovato un accidente ischemico vascolare mai avrei autorizzato un trattamento per la mia paziente in quel quadro cardiovascolare. Questo è buona parte del ruolo del medico urgentista a mio avviso: sapere operare delle scelte anche quando le risorse disponibili sono molte come nel caso del mio Ospedale. Con il senno di poi ho fatto bene. Parimenti il coinvolgimento del cardiologo è stato richiesto solo dopo la ragionevole esclusione di cause non di sua competenza (dissecazione,emorragia cerebrale). Penso che questo sia l’aspetto della gestione che mi lascia più soddisfatto. Il resto no.
Questo caso è rimasto praticamente irrisolto (senza una chiara diagnosi) e senz’altro ti fa rodere il fegato.
Guardando gli EGA ci sono alcune cose che non capisco. In 3 ore l’ HB passa da 16.9 a 12,5.
4,5 punti in meno! E con essi un calo degli elettroliti (tra cui il calcio). Inoltre gli scambi respiratori peggiorano di brutto durante la VAM passando la PAO2 (immagino con la stessa FiO2) da 117 a 80, quindi da un rapporto FiO2/PaO2 da 240 a 160 (se 50% ossigeno).
Allora mi sto chiedendo quanti liquidi hai fatto in 3 ore? Il peggioramento degli scambi e’ dovuto piu’ ad edema per troppo riempimento, con un’insuff ventricolare sn o da polmonite? – peraltro non meglio identificata.
Come erano PCR bianchi procalcotonina proBnp
? Hai fatto successivamente un prelievo? O sai i valori del giorno dopo?febbre?
L’ultimo EGA che hai pubblicato , che dimostra il peggioramento degli scambi respiratori e l’ulteriore riduz dell’EGA è temporalmente contemporaneo all’ ipotensione e successiva diagnosi di ematoma retroperitoneale (la cui entità però a occhio non mi pare possa giustificare un calo di 4,5 di Hb , ) oppure è precedente e poi si è ulteriormente anemizzata?
Capisco le tue perplessità e sono il centro della problematica gestione della rianimazione. Il calo dell’emoglobina per me era secondario all’espansione volemica e non ha ricevuto ulteriori attenzione. Complessivamente la paziente ha ricevuto meno liquidi di quelli che meritava. Sono stati infusi poco meno di 30cc/kg proprio per il mio timore di peggiorare la situazione respiratoria dato lo stato del cuore. La presenza clinica di un edema polmonare possibilmente cardiogeno come suggerivano i secreti rosati che aspiravo dal tubo mi hanno fatto pensare che in effetti il polmone si stesse allagando. Questo contrariamente a quanto osservavo in ecografia toracica. La situazione ecografica polmonare non è variata durante il trattamento e neppure il pattern di distribuzione che era fi ARDS. Paradossalmente non ho creduto proprio alle informazioni sulle quali sono più esperto. Riguardo all’EGA: l’ultimo è sicuramente nel pieno dell’ipotensione. Non l’ho riportato ma almeno in parte il calo della pO2 è dovuto al fatto che avevo abbssato la FiO2 a 40%. In effetti il quadro polmonare non è peggiorato consistentemente durante la degenza. La procalcitonina che era nella norma come dicevo nel primo post è andata alle stelle ed è comparsa la febbre. Certo ci sono molti aspetti oscuri… tranne l’emorragia e l’ipocalcemia.
Dimenticavo: si la paziente nel corso delle successive 24 ore si è ulteriormente anemizzata. Probabilmente credo che la TC in PS è stata effettuata all’esordio dell’emorragia retriperitoneale quando ancora non era clinicamente significativa. Sicuramente era ben più rappresentata al momento del trattamento angiografico. Anche se a riguardo posso solo speculare.
Mattia scusa non ho capito bene. Liquidi fatti : 30 cc/kg? 30 x quanti kg? 60? = 1800ml?
Se così 1800 non può giustificare una diluizione tale da abbassare di 4,5 punti l’Hb.
E allora come si spiega?
E ancora non capisco.
la paCo2 non varia se non di massimo 2 punti in tutti gli EGA fatti, dal primo all’ultimo.
Non varia dunque tra il primo in respiro spontaneo, il secondo in NIV e i successivi due in ventilazione invasiva. Ciò che varia è il Ph , i bicarbonati , BE. Tra i vari Ega , cosa è cambiato (oltre alla ventilazione che però non ha spostato la PCo2?).
È stata fatta una moderata idratazione , hai somministrato bicarbonati (100 mi pare), hai poi messo le amine.
La diuresi come si è presentata in quelle 3 ore?
Hai somministrato diuretici? (Mi pare di no)
Tu hai detto che hai impostato inizialmente 30 atti/respiratori e poi ….scusa non ricordo..24 (?). Scusa se sono tediosa, che ventilazione esattamente hai impostato? Una SIMV?una CMV? Una BIPAP? Con quali parametri impostati sul ventilatore e con quali invece invece ha risposto la donna nel tempo(frequenza respiratoria totale/spontanea -press di picco e di plateau -so che hai già scritto qlc ma vorrei capire le modifiche dei parametri nel tempo- , il volume corrente…). Ho la sensazione visti gli EGA che l’ago della bilancia nella modifica del Ph, non l’abbia fatta la ventilazione (ovvero l’iperventilazione in sé stessa) vista la staticità della PCO2 , ma un’associazione di altri fattori: la diluizione (con 17 di Hb e la glicemia alta era evidentemente disidratata), i bicarbonati e.v., forse il miglioramento dei parametri emodinamici anche se con supporto di amine, e infine, ma forse soprattutto, la migliore ossigenazione dei tessuti periferici con la ventilazione (= ruolo di espansione campi polmonari e riduzione lavoro respiratorio) , che invece all’inizio era gravemente compromessa e sicuramente responsabile dei lattati alti e dunque difficoltosa estrazione di ossigeno periferica. Sulla base di questa mia riflessione, mi convinco ancora di più che sarebbe stato meglio intubarla subito.
Ciò che non ho capito per niente è il motivo dell’insuff cardiaca , la reale correlazione con i polmoni , la disartria, l’emoconcentrazione così spiccata in una giovane donna sana, il calo così importante di hb nelle prime 3 ore, l’origine della polmonite.
Per il resto dunque non ho capito nulla (compreso l’ematoma spontaneo).
Nessun problema le tue domande sono puntuali e giuste e mi permettono di ripercorrere il quadro in modo differente da come l’ho visto finora. ahimè l’Hb è calata solo parzialmente per l’idratazione (1500) e più per l’anemizzazione, solo che non l’ho capito. Forse un po’ di aumento dello stress volume per effetto della noradrenalina?
Il miglioramento del pH non è dovuto al controllo della pCO2, ma per come la vedo principalmente ai bicarbonati ev, alla migliore ossigenazione tissutale nonchè in parte rilevante all’abolizione del lavoro respiratorio. La paziente è stata curarizzata e la ventilazione impostata era una CMV volumetrica con 420 di Vt. Per fare un po’ di conti a parte il breve periodo di FR a 30 è stata mantenuta un FR di 24 ovvero una ventilazione minuto circa 4 volte quella necessaria a mantenere l’eucapnia di una persona in respiro spontaneo di quel peso (60cc/kg/min per un peso di 60kg). Avere impostato così la ventilazione mi ha garantito di mantenere una CO2 costante. La pressione di plateau è sempre stata attorno ai 20. Le pressioni di picco erano inferiori al limite di 30. La diuresi è stata pressoché nulla e diuretici non sono stati dati. Devo dire che nonostante l’ipotensione l’aspetto cutaneo era di gran lunga migliorato rispetto all’ingresso.
L’insufficienza cariaca era una cardiomiopatia da stress con ogni probabilità e non era certamente il punto di esordio del problema. Riguardo a tutto il resto è difficile mettere insieme i pezzi anche a posteriori. Rimangono molti punti che non mi spiego.
L’anuria con 140 di sistolica e poi cmq una pressione abbastanza ben controllata testimonia la disidratazione e pertando un’insuff pre-renale. Ancora una volta non capisco perché. Immagino che la creatinina sia stata alterata. Le pressioni respiratorie dimostrano una modesta compliance polmonare, una press di picco che sarà stata un po’ meno di 30 (se non ho capito male) è molto alta per una donna di 40 anni non broncopatica e con un volume corrente di 400 . Nel tempo della ventilazione questi valori sono rimasti costanti o sono peggiorati? Hai fatto caso?
La frequenza cardiaca nel tempo si è ridotta (era 150)?
Siamo d’accordo dunque sui fattori che hanno innalzato il Ph.
Un ematoma di 7 cm non giustifica neanche un calo simile di Hb .
1500 di liquidi e.v. ti sposta di 0, “x” punti l’Hb , quindi questo doveva essere un motivo di allarme e di sospetto per un’emorragia.
Ma posso capire che nel vortice di un caso simile molto impegnativo e il resto della catena dei paz che ruotano in un PS, possa aver “distratto” i punti principali del filo del percorso.
Una cute marezzata che si risolve prontamente con l’intubazione dimostra ancora una volta che il problema era la ventilazione e non il trasporto di ossigeno.
Un caso bello ma frustrante. Ma l’importante è che la donna ne sia venuta fuori.
La creatinina inizialmente normale è peggiorata e la paziente ha poi sviluppato una IRA. La FC è rimasta alta a testimonianza del fatto che il volume somministrato non era adeguato.
I parametri sul ventilatore sono rimasti sostanzialmente invariati (sicuramente la pressione di plateau che monitoro frequentemente).
Un punto saliente in effetti è quello delle risorse temporali che si possono dedicare a un paziente così particolare considerando il flusso continuo di pazienti che abbiamo. Anche questo ha sicuramente influito e influisce sempre anche per la continua distrazione che comporta avere accessi continui di nuovi pazienti in area rossa.
Nessuno sarebbe potuto arrivare a questa diagnosi! Hai proceduto con attenzione a tutto e con meticolosità non tralasciando proprio nulla. Direi proprio un ottimo lavoro. Era tutto mascherato da altre situazioni e tutto veniva depistato. Il lavoro in questo caso è proprio da detective ed è questo il bello della medicina. Ottimo l’atteggiamento critico…fa sempre bene.
Quindi se non ho capito male l’emorragia surrenalica ha instaurato una crisi di Addison che ha portato ad un vero shock ipovolemico con probabile massiva liberazione di adrenalina la quale ha creato uno stress tale che il cuore non ha saputo sostenere. Questo meccanismo oltre alla disidratazione potrebbe spiegare la paradossale iperglicemia. L’insufficienza di pompa acuta, responsabile dell’ ARDS, e l’ipovolemia ha causato la disartria e ad aggravare il tutto ci ha pensato la sepsi di verosimile origine polmonare. L’infezione polmonare ha causato invece l’emorragia di partenza? Strano però che una infezione polmonare non abbia in precedenza causato sintomi. La rarissima Sindrome di Waterhouse-Friderichsen, che coinvole i bambini affetti da meningococco, sembra spiegare molte cose.
Per il resto come detto in precedenza, la tua meticolosità fa capire quanto tu sia preparato e non tralasci nulla. Ciao.
Grazie Antonio per il commento. Non saprei dire se ci sia stata una crisi Addisoniana. Non sei l’unico a suggerirlo certo è che nel mentre della gestione proprio non era nei miei pensieri.
Ciao, çsquartadoc… se noi medici di PS fossimo supereroi… tu saresti sicuramente nei 5 AVENGERS (non scherzo!). Gestione impeccabile… L’emorragia retroperitoneale non l’hai diagnosticata perché non si poteva diagnosticare, non c’era, si è sviluppata solo dopo.
La mia idea generale, ‘a bocce ferme’, è che a causa di una anomalia vascolare o del surrene si sia sviluppata una primitiva dissezione delle arteriole surrenaliche con conseguente immissione in circolo di catecolamine (non escluderei anche la presenza di un feocromocitoma andato incontro a necrosi colliquativa). L’intossicazione endogena da catecolamine spiegerebbe il quadro clinico generale (reverse takotsubo, ARDS, vasospasmo cerebrale).
Mi trovo un pelino in disaccordo con la crisi addisoniana per la presenza dell’altro surrene vicariante. Mi chiedo se davvero il calcio sia stato responsabile del miracolo oppure vi sia stata una spontanea regressione della cardiomiopatia da stress che ha solitamente carattere transitorio… che ne pensi?
Quadro di shock settico con s.di waterhouse friderichsen?
Grazie per il commento Daniela. Strano che fosse monolaterale però e mi sarei aspettato una CID conclamata (o almeno una piastrinopenia).
Teoria interessante. Sia io che i colleghi che hanno preso in carico la paziente e gestito (in maniera eccelsa) la paziente abbiamo avuto l’idea del feocromocitoma. Che il colpevole si sia anche eliminato da solo è una possibilità a cui non ho pensato. Le ricerche del feocromocitoma hanno dato esito negativo, così come quelle per le vasculiti. La FEsx a 12 ore dall’accesso era sostanzialmente invariata.
Riguardo all’emorragia direi che sebbene non fosse grande al momento della TC è possibile che si sia sviluppata dopo. Di fatto l’ipotensione importante si è avuta dopo il rientro dall’imaging. Essendo due i focolai arteriosi non escludo che la perdita di volume sia stata molto rapida.
Il calcio credo sia stato corresponsabile forse non l’attore principale sebbene rimanga nero su bianco che dopo la sua correzione il supporto di amine sia stato sospeso. Se incidentalmente vi sia stata anche una limitazione momentanea dell’emorragia mi piace pensarlo a titolo consolatorio. Grazie per l’entusiasmo e per la stima ma direi proprio che di sovrannaturale c’era solo la presentazione del quadro clinico, io avevo invece degli umanissimi dubbi su dove andare a parare il colpo e una “supereroica” incertezza sulla giusta terapia di supporto al circolo.
La tua compunzione derivata dalla gestione del caso a mio giudizio mi sembra oltremodo eccessiva.
Alcune considerazioni sul caso.
Il settaggio del ventilatore mi sembra ottimale, con l’unico appunto sulla gestione della PEEP: le tabelline dell’ARDS net NON sono EBM a mio modo di vedere ( c’è un bellissimo post su Ventilab che aiuta a ricercare la migliore PEEP per il paziente in ARDS). Per fare una ventilazione mandatoria hai sicuramente utilizzato un curaro, ma credo che il suo utilizzo sia da riservare ai casi di ARDS grave ove ne sussiste una reale utilità. Come ho già scritto avrei utilizzato una assistita/controllata.
Sono scettico sull’effetto miracoloso che la correzione del Ca abbia apportato all’emodinamica, specie in assenza di un valore di albumina che ne comprovi la reale sussistenza. La paziente in reparto di TI avrebbe potuto un iniziale fenomeno emorragico di non cospicua entità compensato da una scarica catecolaminergica
Disponendo di una rianimazione mi sarei adoperato per trasferirla prontamente dopo averla intubata, posto che ci fosse la disponibilità del letto….. In rianimazione dispongono di monitoraggi avanzati dell’emodinamica cui la paziente si sarebbe senz’altro giovata (ad esempio il PiCCO per chi ha la fortuna di usarlo),che consentono di monitorare appunto l’indice cardiaco , le resistenze arteriose periferiche , volume di acqua polmonare extravascolare etc…Da attento lettore di emcrit non ti sarà sfuggito la flow chart proposta da PE Marik sulla gestione emodinamica nella sepsi che mi trova molto in sintonia.
Grazie Bino per i commenti e per l’incoraggiamento. Generalmente non curarizzo i pazienti. Una buona combinazione di analgesia e sedazione mi permette solitamente di gestire anche difficili distress respiratori. In questo caso di acidosi metabolica volevo avere un controllo assoluto della ventilazione per riuscire ad erogare FR elevate, almeno all’inizio. Non sono un lettore di ventilab di cui conosco l’esistenza ed è una mia pecca. Ho sentito molti commenti entusiasti e si dovrebbe puntare di più sulla produzione nostrana. Credo che il tuo riferimento sia alla strategia di selezionare la PEEP al di sopra del punto di flesso inferiore della curva pressione volume. In questo caso il paziente deve essere completamente passivo ovvero curarizzato. Le tabelle ARDSnet certo costituiscono un compromesso per una gestione di massima anche se un po’ rigida che può essere migliorata sulle caratteristiche del singolo paziente. Sul fatto che ci siano alcuni bias in questo studio siamo d’accordo. Tuttavia è uno dei pochi studi che ha dimostrato che una strategia di ventilazione riduce la mortalità e come concetto è stato riprodotto anche successivamente. Ricordo di avere letto almeno uno dei post di Marik sebbene non ricordo il dettaglio della flow chart presentata. Certo Emcrit è un punto di riferimento per tutto ciò che è cutting edge. Riguardo al posto di terapia intensiva hai sicuramente ragione. Al di là di alcune situazioni contingenti che non ne permettevano una immediata disponibilità i nostri intensivisti giustamente non accettano i ricoveri prima del work up diagnostico.
Ciao supereroe, complimenti ,caso difficilissimo da film usa, emergenza clinica, terapia dei sintomi e dei segni condivisibile.Hai salvato una vita. che casino per la dissecazione di due arterie surrenali con emorragia retroperitoneale!!! ma in conclusione ,quale e’ la noxa primaria che ha provocato tutti qs danni multiorgano? Tutto sempre piu’ difficile , da tempo sta emergendo il ruolo dell’infiammazione anche nella patofisiologia della tts ,innescata dalla cascata di (nor)epinefrine in pressenza di eventi stressanti importanti(miglioramento della ef con cortisonici) ,oppure da citochine in era di covid19..buon lavoro.