No, non è una rivelazione a effetto. Solo una riflessione sulla discrepanza tra le malie dei social media e la polverosa realtà lavorativa. Sono un sostenitore dell’innovazione culturale rappresentata dalla free open access meducation (#FOAMed). Certo è che ne riconosco i limiti. Non sono in grado di predirne la reale portata sulla formazione e, ancora meno, quella sulla pratica clinica, ammesso che ve ne sia una. Ciononostante l’attenzione che suscita, anche nelle fonti canoniche di aggiornamento e formazione, è molta ed io ne rimango appassionato. Uno degli aspetti potenzialmente problematici che si appalesa della FOAM è l’autoreferenzialità. Strettamente correlato a questo limite esiste il possibile effetto di edulcorazione della realtà professionale. La copertina patinata di internet poco ha che vedere con la pratica quotidiana. Questo contrasto stridente riguarda anche me. Al di fuori della “ribalta” dell’etere rimango pur sempre un medico di Pronto Soccorso, non particolarmente blasonato.
È per tale motivo che ho intenzione di seguire l’esempio tracciato da Carlo con alcuni dei suoi post. Un esempio particolarmente raro nella realtà italiana: difficilmente un medico espone con tanta onestà intellettuale e trasparenza i propri vissuti professionali. Vi parlerò pertanto di un caso clinico in cui probabilmente il mio alter ego virtuale avrebbe compreso tutto, quando nella realtà io ho fatto fatica a raccapezzarmi. Non so se capiti anche a voi, ma ci sono giorni in cui l’area rossa ha un sottofondo frusciante che ricorda in piccolo quello di una galleria del vento. È il suono delle CPAP e dei ventilatori NIV che funzionano contemporaneamente. Con mia stessa sorpresa, non è poi un’eventualità infrequente. Il turno notturno è iniziato da poche ore e, sebbene si siano pressoché saturati i posti disponibili, tutto procede senza troppi intoppi. Abbiamo pazienti anziani e prevalentemente sono giunti in difficoltà respiratoria. Due edemi polmonari, una BPCO, un’alterazione del sensorio, come dicono i famigliari, più alterata del solito, qualche dolore toracico. Normale routine. È rimasto, come da consuetudine, un posto al centro dell’area rossa per l’eventuale criticità che si dovesse presentare. Puntualmente squilla il telefono della centrale del 118. Ci avvisano di una centralizzazione. Si tratta di una paziente che ha sviluppato un disturbo neurologico acuto. Le informazioni sono un po’ frammentarie: deficit di forza e disartria. Sappiamo che si tratta di una giovane donna. Allerto il neurologo di guardia per una possibile trombolisi, sebbene data l’età, tra me e me, penso sia più probabile un accidente cerebrale emorragico. Con questa convinzione ordinaria nella testa proseguo a lavorare sino a quando l’ambulanza medicalizzata non arriva in PS. Il colpo d’occhio sulla signora che si presenta, però, mi lascia piuttosto basito. La paziente per cui siamo stati allertati, una donna di circa 40 anni, ha un pessimo aspetto. È marezzata, tachipnoica e obnubilata. Tanto che il primo commento, un po’ seccato, che mi scappa di bocca, mentre il collega fa un breve resoconto del caso, è che vedo gran poco di neurologico in questa presentazione. L’equipaggio del SUEM è intervenuto perché poco dopo cena Angela ha iniziato ad accusare nausea seguita da vomito alimentare, rigidità muscolare, ipostenia agli arti e intensa dispnea. Inoltre ha manifestato disartria.
La spO2 con il reservoir a 15 L/min è 79%. Il distress è evidente: i muscoli accessori sono impegnati, la frequenza è attorno ai 40 atti/min. Quello che colpisce è inoltre una spiccata midriasi simmetrica. Nonostante le luci del PS le pupille sono incredibilmente dilatate. La marezzatura della cute è cosi marcata e diffusa che la pelle ha un aspetto leopardato. È lievemente ipertesa ed intensamente tachicardica. La scarica catecolaminergica che caratterizza il quadro è considerevole. Mentre ci affaccendiamo attorno a questa giovane donna, le idee sulle possibili cause si affollano nella mia testa. Imposto una NIV a pressione di supporto con volume garantito (500ml, Pinsp 12 mBar, PEEP 5) anche nella speranza di guadagnare una finestra per valutare il quadro neurologico e, possibilmente, risolvere la discrepanza tra ciò che vedo ed il motivo del dispatch. La saturazione sale oltre il 90%. Anche Angela migliora il suo stato di coscienza: adesso è vigile e, sebbene con fatica, riesco a parlarci. Conferma che il disturbo è insorto in pieno benessere ed è stato ingravescente e repentino. La dispnea è il suo principale sintomo, non ha avuto cefalea, dolore toracico né addominale. Riferisce difficoltà a parlare ma solo in relazione alla fatica respiratoria ed ha un eloquio sicuramente impastato, ma non francamente disartrico. Non riesco ad evidenziare alcun grossolano deficit motorio. Tutto però mi sembra compatibile con il suo primo EGA.
È presente un’acidosi metabolica severa, con un anion gap aumentato. La compensazione respiratoria è comunque inadeguata (Winter’s formula= 20). L’emoglobina elevata sembra essere un segno di emoconcentrazione. L’acido lattico è di 16,9 mmol/L. La glicemia è 256 mg/dl. Vi è una lieve iperpotessiemia tutto sommato modesta, considerato il pH, ed una lieve ipercalcemia. Avvio l’infusione lenta, un po’ a malincuore, di 100mEq/l di bicarbonato. All’auscultazione sono presenti rantoli espiratori diffusi. I toni cardiaci tachicardici sono validi, le pause per quel che è possibile apprezzare libere. L’addome è trattabile. Non ci sono edemi agli arti inferiori. La scelta della NIV mi ha permesso anche di porre mano all’ecografo, mentre tutto viene approntato per una gestione avanzata delle vie aeree. Parto dai polmoni: la paziente ha un quadro compatibile con un problema infiammatorio. C’è una sindrome interstiziale focale alla base del polmone sinistro anteriormente e lateralmente con interposte aree di risparmio piuttosto nette. Altre piccole aeree limitate di sindrome interstiziale sono apprezzabili anteriormente sull’emitorace controlaterale anche se sono estremamente focalizzate. Sembra essere una polmonite bilaterale o, più propriamente, considerata la situazione respiratoria una ARDS. Si è vero non è stata ancora eseguita la radiografia del torace per poter porre una diagnosi canonica (ARDS Berlin definition). Tuttavia l’ecografia del torace ha la capacità di differenziare un quadro di edema infiammatorio da uno di natura cardiogena (e nella mia modesta opinione nel futuro troverà un ruolo ufficiale anche nella diagnosi precoce). Aumento la PEEP a 8 mBar. L’ipossiemia è migliorata nettamente.
Una valutazione della funzione cardiaca a questo punto è fondamentale. Un quick look all’ecocardio mostra un reperto che non mi aspetto.
Le sezioni destre sono piccole con una buona cinetica della parete libera. Il ventricolo sinistro si presenta di normali dimensioni. Ha, però, una funzione d’eiezione globale severamente depressa. L’apice è ipercinetico mentre le porzioni medio basali del ventricolo sinistro sono circonferenzialmente ipocinetiche, una distribuzione difficilmente compatibile con un problema di vascolarizzazione coronarica acuta. Il quadro ecocardiografico è suggestivo di un Takotsubo inverso. Non vi è, inoltre, versamento pericardico. La vena cava inferiore è collabita durante tutto il ciclo respiratorio. Non vi è versamento endoperitoneale, solo una raccolta cistica al polo superiore di destra. Sono molte le informazioni che ho ottenuto per il poco tempo speso con la sonda. Sulla scorta di questi dati, inizio un’espansione volemica. Il quadro complessivo sembra quello di una sepsi, ed è possibile che il polmone ne sia la sede d’origine. Tuttavia è possibile vi sia un contributo all’insufficienza respiratoria da parte del Takotsubo data la severità della disfunzione ventricolare sinistra.
La pressione arteriosa è scesa e oscilla attorno ai 100 di sistolica. La pressione arteriosa media è attorno ai 70mmHg, ma ho il timore fondato che nel tempo possa calare ulteriormente, soprattutto nell’ottica di una RSI: la paziente è clinicamente “vuota”.
Intanto arriva arriva la radiografia del torace.
Il parenchima polmonare è addensato in maniera disomogenea nei due terzi inferiori del campo polmonare di sinistra e al terzo inferiore di destra mediamente. Le strutture ilari sembrano ingrossate con accentuazione del disegno vasale ili perilare. Il cuore e l’aorta sono nei limiti.
La paziente rimane intensamente tachicardia. Questo il suo ECG.
Dagli esami ematochimici non ottengo ulteriori notizie. La funzionalità renale è normale. La PCR non è neppure mossa. C’è una lieve leucocitosi per quanto in un quadro di emoconcentrazione come dicevo. La procalcitonina è anch’essa entro i limiti di riferimento. La cosa mi sorprende sino ad un certo punto considerando la rapidità di insorgenza del problema. Come spesso accade questi parametri si muovono in ritardo rispetto ad un quadro clinico iperacuto e non sono in alcun modo un sostituto del giudizio clinico.
Dopo circa mezz’ora dall’ingresso Angela, altrettanto rapidamente come si era adattata, inizia a mostrare segni d’insofferenza per la NIV. è stanca ed insofferente. La dinamica respiratoria precipitosamente torna ad essere inadeguata. Il compenso respiratorio già parzialmente inefficace si deteriora ulteriormente. Ma come mettere insieme tutti questi elementi: disartria, insufficienza respiratoria con un quadro di ARDS insorto nel giro di due ore ed inoltre un Taskotsubo?
Cosa fareste adesso? E soprattutto come?
Nell’articolo non è segnalato ma è stato fatto un emocromo in urgenza? La rapida insorgenza dei sintomi, i sintomi stessi (soprattutto la disartria) e la giovane età della paziente mi farebbero propendere per una sospetta Moskowitz, però più che una marezzatura cutanea mi aspetterei di vedere ematomi o lesioni purpuriche. La tako-tsubo però sarebbe compatibile.
Ovviamente si: come puoi vedere dagli EGA l’emoglobina all’arrivo era ai 18 g/dl. Piastrine normali.
Il caso è veramente affascinante e delicato…Visti i sintomi, dolore addominale e ipotensione mi verrebbe da pensare: Sepsi, Chetoacidosi diabetica e Crisi Addisoniana (ma la glicemia è alta!). La tako-tzubo può essere solo legata alla forte disidratazione. Ma la temperatura corporea? La più quotata è la pancreatite che però non sembra avere senso con la funzionalità renale normale. Vista caduta dei parametri vitali…infarto instestinale? Sembra difficile in una donna così giovane.
Spero di non avere scritto male, ma la paziente non lamentava dolore né toracico né addominale. Le amilasi e le transaminasi erano nella norma. La temperatura corporea normale. A nessuno interessa la disartria?
No, mi scusi, ho letto male…..avevo pensato però che visto il vomito e la FE depressa ci potesse essere una pancreatite vista anche l’acidosi! Ricontrollerei pure la procalcitonina visto che in fase precoce di sepsi è negativa! Quindi?
Io non sono un amante della procalcitonina come di altri marker (vedi BNP!). L’incertezza del quadro mi ha spinto a chiederla mettendo in luce la mia personale incertezza nell’interpretarlo. Ripeterla è una possibilità ma perché la cosa abbia senso è necessario aspettare qualche ora quando i buoi sono ormai scappati dalla stalla. Rovesciando la prospettiva: se anche la procalcitonina fosse negativa la clinica sarebbe o non sarebbe comunque quella di una sepsi?
Ciao Squartadoc, davvero bel caso! Non ti invidio per niente! Credo che al punto in cui sei arrivato a raccontarci l intubazione sia obbligartoria! Continuerei con l espansione volemica nonstante la FE… Non credo che l imaging possa aggiungere molto al quadro clinico generale… Nonstante non capisca l ipovolemia, credo che una spiegazione del quadro clinico generale possa darla una overdose di cocaina, magari ev… Che dici?
Sono d’accordo su tutti i punti. Anche io data la rapidità dei sintomi ho pensato a una intossicazione, compresa quella da cocaina. L’espansione volemica sicuramente è da fare, il problema è piuttosto monitorarne gli effetti data la FE. Riguardo al l’intubazione è direi quasi inevitabile per quanto si tratti di una procedura ad alto rischio di arresto: il problema piuttosto è come arrivarci, come eseguirla.
Solo un chiarimento. I valori di glicemia della signora sono espressi in mmol/L nell’emogas . Corrisponderebbero ad una glicemia di oltre 450 mg/dL, o sbaglio?
Si assolutamente. Tuttavia la paziente ha una emoglobina elevata e l’ematocrito che non ho riportato era del 60%. A mio modo di vedere la iperglicemia era in buona parte dovuta a quello o, quanto meno, un possibile spunto diagnostico ma non un problema urgente da trattare se non con il ripristino volemico, almeno all’inizio.
Sono completamente in accordo con te. Le priorità sono in quella paziente perfondere ossigenare e ventilare in modo adeguato e ciò richiede una iot nel caso specifico. Tu hai adottato la strategia della DSI che a me pare molto condivisibile. Sono sicuro che hai intubato la paziente facendo uso della ketamina nonostante la controindicazione della scarica catecolaminergica in atto e la tako tzubo ( sono anche io un lettore di emcrit….). Ho solo fatto un appunto sulla glicemia …che penso sia un refuso. Anche io avrei gestito la paziente come hai fatto tu. Non avrei utilizzato il bicarbonato. Sul tipo di ventilazione… Avrei scelto una assistita controllata a volume con un tidal adeguato al peso della paziente ( 6 ml kg) Il punto critico sta nell’ottenere la best peep per la paziente che va fatta ricercando il punto di flesso inferiore con le manovre di occlusione a fine inspirazione ed espirazione. Ma in questo gli anestesisti sono in genere mooolto più bravi di me. Sulla diagnosi…mi astengo. Mi reputo molto meno bravo di te. Penso che una chetoacidosi diabetica sia in atto. Scaturita da che cosa non so.
Bino grazie per il commento. Più che di un refuso si tratta di una discrepanza. Il valore riportato nel testo è quello del laboratorio che come spesso capita si discosta da quello dell’EGA.
No: non sono così bravo e il seguito lo proverà. Per il resto le tue previsioni sono molto azzeccate.
A proposito di Takotsubo e Ketamina. Le opinioni della FOAM sono discordanti. Ho chiesto a Weingart una opinione a riguardo tramite G+ ed è favorevole ad un uso a boli frazionati (cosa che sono solito fare). Mentre altri sono più propensi all’uso del midazolam.
Grazie della risposta. Avevo letto la risposta di Weingart circa il tuo quesito. Penso comunque che tu sia un grande urgentista e il fatto di esporre pubblicamente i tuoi limiti ti rende ancora più degno di stima da parte mia. Ho imparato molto dai tuoi post e di questo ti ringrazio sentitamente.
Una discrepanza così notevole tra valori emogasanalitici point of care e quelli di laboratorio non è accettabile . A questo punto permettimi di dubitare di ogni risultato prodotto dalla tua macchina…. meglio assaggiare le urine come si faceva un tempo,più attendibile. Spero e penso che i valori di glicemia così discordanti siano dovuti al fatto che l’epansione volemica sia stata praticata prima del prelievo ematico per il laboratorio.
Bino ti ringrazio per la stima. Credo in realtà di poter vantare solo una grande passione per il mio lavoro più che grandi doti di urgentista ed il post vuole ristabilire esattamente questa dimensione di realtà.
Sono convinto che per la medicina d’urgenza italiana ancora così variegata e in evoluzione sia importante discutere di questi casi. La presa di responsabilità dell’emergenza è difficile nella sua interezza. Sarà più facile per i nuovi specialisti, purché si garantisca loro la possibilità di operare. I ragazzi che ho visto e vedo formarsi in questi anni sono molte spanne più avanti di me…
Io penso che avrei intubato subito (un EGA del genere + la clinica descritta a mio avviso gridava molto di più IOT che NIV) e avrei o chiamato cardiologo per eco con particolare attenzione all-aorta-tronchi sovraortici oppure l’avrei portata in TAC se immediatamente disponibile per fare cranio-torace con mdc sempre per escludere dissezione aorta, oltre che visionare il resto. (Considerato il quadro neuro/ipostenia arti sup/acidosi metabolica severa/acidosi lattica/dispnea/tachicardia). (Nell’ambito della veloce visita appena arrivata avrei anche sentito i polsi arti sup e inf )
Buongiorno Mattia.
Molto schematicamente.
1. apprezzamento incondizionato al preambolo.
L’umiltà ti fa onore e aumenta il tuo indiscutibile valore. Umano e professionale.
2. azzardo un’ipotesi: noto nell’Rx una notevole deviazione della trachea a destra che mi spiego solo parzialmente. C’è “forse” un’opacità sul lato sx appena sotto il manubrio dello sterno: massa tiroidea plongeant? quindi, di conseguenza, quello che sta accadendo alla giovane donna può essere una Tempesta Tiroidea? Vi sono molti elementi “clinici” che la richiamano alla mente (almeno alla mia).
Se ciò fosse, questo spiegherebbe molto (non tutto) della sintomatologia e delle alterazioni delle funzioni vitali. La “Thyroid storm” simula molti aspetti delle sindromi da te considerate.
3. anch’io, come Mauro, immagino che, a questo punto, lo step sia l’RSI.
4. non mi resta altro che attendere il prossimo post…
Cordialmente, Mauro.
Anch’io ho pensato alla tempesta tiroidea infatti ho chiesto la temperatura che però era normale, insomma qualcosa di ormonale…..pure il feocromocitoma. In effetti in letteratura esistono casi di Tako-tsubo associata a feocromocitoma (anche se in stato di ipotensione!).
Sono decisamente d’accordo con te Arianna. Su tutti i punti. Il primo istinto è stato quello di intubare la paziente. La scelta della NIV infatti è stata sofferta, ma va vista nella prospettiva, forse non condivisibile, che mi accingo a spiegarti.
Non ho pensato che la NIV potesse essere un sostituto della ventilazione invasiva ma un bridge temporaneo. Non a caso era stata preventivata con gli infermieri anche quale scaletta sarebbe stata seguita per la procedura e tutto era già pronto. La mia idea, come in altre occasioni, è stata di guadagnare la migliore ossigenazione possibile contemporaneamente supportando la ventilazione per giungere alla IOT nelle migliori condizioni e minimizzare il rischio di un arresto peri procedurale. Inoltre come ho detto in questo modo ho avuto una finestra per valutare lo stato neurologico del paziente e verificare la congruità del quadro clinico con il motivo del dispatch. I polsi c’erano, non l’ho scritto. Ma è anche vero che non aveva dolore toracico né addominale, né versamento pericardico e l’aorta addominale in eco era a posto.
Tuttavia la tua osservazione è sacrosanta. Piuttosto approfitto del tuo interesse al caso e della tua competenza per chiederti come avresti materialmente proceduto dall’induzione sino all’impostazione del ventilatore per uno scenario così delicato. Sul come si gioca buona parte della riuscita. Per i posteri: la conclusine del caso è già scritta, chissà che il seguito non sia più in linea con il tuo pensiero.
In effetti che ci potesse essere un problema endocrinologico mi era balenato. Per quanto avevo anche considerato un’altra tempesta, quella da feocromocitoma. Confesso però che l’ipotesi della tempesta tiroidea non l’ho perseguita.
Vedo che tutti si indirizzano giustamente verso l’RSI. Assolutamente in sintonia. Come dicevo ad Arianna il processo in realtà è già iniziato. Anziché essere una RSI è una SI…. dilazionata.
il botulino? la midriasi spiccata, la disartria, il distress..
Veronica sebbene alcuni degli aspetti neurologici come la disartria e le pupille dilatate siano calzanti, difficilemente si spiegherebbe la ARDS nonchè il takotsubo. La midriasi di questa paziente era veramente notevole. Fosse stata in coma avrebbe fatto presupporre un brutto outcome per capirci. Credo tuttavia fosse innanzitutto dovuta ad una forte risposta catecolaminergica. Ma sarebbe stato un buono spunto all’inizio che in tutta onestà non ho avuto.
Botulino?
Ma una banalissima infezione fulminante tipo Legionella? Mi pare che la signora abbia un grave problema di B e che ipossia e acidosi possano rendere conto dei disturbi neurologici (benche non siano rari in corso di legionellosi) e del quadro di takotsubo inversa. Credo la IOT sia mandatoria sin da principio per la severità dell’ipossia e la fatica respiratoria (tachipnoica ma normocapnica) ma ammetto che la NIV ci garantisce qualche minuto per riflettere. Cocaina: sì per infiltrati e quadro clinico, ma crisi ipertensiva? Forse altre droghe. Non ci avrei pensato subito, male!
Direi tubo, drug test, ag Legionella, TC torace.
Si è un’ipotesi plausibile. I quadri di interessamento polmonare da legionella sono alle volte estremamente rapidi. Che la sepsi possa far quadrare buona parte del quadro è vero. Rimangono due aspetti che mi lasciavano un po’ perplesso. Ancora una volta la disartria è la rapidità dell’evoluzione senza peraltro sintomi prodromici. Nel contesto di un quadro così fare delle scelte è indispensabile ma non è facile. Gestire il problema come una sepsi mi sembra più che corretto. Nuovamente però si tratta di una gestione che rispetto alla canonica GDT deve tenere conto fino da subito di una FE depressa.
Riguardo alla IOT non ci sono voci fuori dal coro a quanto pare. Difficile darvi torto. La NIV se posso permettermi di farlo notare però non ha, EGA alla mano, un effetto cosmetico. La PEEP introdotta ha consentito di portare la spO2 da 76 a 96, cosa che non era in alcun modo ottenibile con la maschera con reservoir. Iniziare una intubazione con quella spO2 anziché da 76 dà un grande margine di sicurezza. Inoltre il supporto pressorio solleva il paziente da una parte del lavoro respiratorio aiutando a conservare l’eucapnia.
Ma ancora una volta per quanto ci si voglia sbilanciare nelle ipotesi diagnostiche il problema di come praticamente procedere alla IOT rimane un punto di ampia discussione e non del tutto scontato. Fatemi sapere come avreste fatto.
Egregio Dr Mattia,
Innanzitutto le porgo i miei più sinceri complimenti per le vostre ” Pills”,
Inoltre vorrei sottolineare come la vostra Preparazione ed Umiltà rappresentino uno stimolo ed un monito nel mio operato quotidiano!!
Lei pone il sospetto di tako-tsubo ( sinceramente non ne ho ancora visti di persona) ma non vedo sopraslivellamenti ne’ l’aspetto classico descritto ad apical balloning e comunque credo che una coronarografia se la meriti!
Mi sembra giusto e doveroso sottolineare che non so cosa abbia la paziente e che ragionare a casa e’ bello e ” Semplice”..
Ma sul campo con una pz giovane ed instabile Probabilmente vedendo quell’ega e l’eco avrei pensato al KUSMALERP di Schiraldi ( perché nei momenti di tensione almeno l’acronimo delle cause di gap anionico aumentato lo ricordo), così avrei ipotizzato una fase iniziale di shock cardiogeno l’avrei riempita, avrei fatto anche meno di bicarbonati perché ” da consumo” con lattati aumentati, ed avrei chiamato anestesista e cardiologo per intubarla e valutare coronarografia..
Se poi sia una intossicazione da anfetamine, da cocaina, tireotossicosi o altro saranno i colleghi a dirmelo, ma intanto la priorità l’avrei assoluta l’avrei data all’intubazione valutazione del cardiologo per coronarografia!!
Con Ammirazione e Sincerità
Mirko
Mirko grazie per l’apprezzamento. Direi che l’umiltà in questo caso è indispensabile come potrai valutare con il seguito.
Ci sono tre aspetti molto interessanti nel tuo commento.
Primo l’uso dell’acronimo per la diagnostica differenziale dell’acidosi. Penso che anche chi ha dimestichezza con questi quadri si giovi di un approccio sistematico. Ridurre il carico cognitivo quando ci si trova a gestire pazienti che ci spremono le budella e ci offuscano la ragione è fondamentale. C’è un lato istintivo che spesso è estremamente efficace nell’approcciare i quadri urgenti, ma che può fallire in caso di eventi rari.
Punto secondo: il bicarbonato. La tentazione di curare i numeri è sempre forte. Giustamente quello che sottolinei è che sia necessario trattare la causa del l’acidosi ancorché la sua manifestazione numerica. Quello dei bicarbonati rimane un problema controverso. Credo che nella pratica clinica ancora imperi l’uso di correggere comunque il pH come numero a se. Non ho fatto eccezione, sebbene come dicevo a malincuore. L’acidosi a quei livelli può essere un importante contributore all’arresto cardiaco del paziente. Ho somministrato il bicarbonato lentamente per cercare di non far calare ulteriormente il pH. L’effetto collaterale non irrilevante di questa terapia è che tutto si converte in CO2. Quest’ultima tende ad accumularsi nel paziente che ha già la pompa respiratoria utilizzata al massimo delle capacità. Conseguentemente si può creare una acidosi intracellulare dal momento che la CO2 si sposta rapidamente attraverso la membrana plasmatica. Nella fattispecie la mia speranza era di salvare capra e cavoli. Evitare bruschi cali ulteriori del pH utilizzando la NIV per impedire un viraggio verso l’ipercapnia.
Tre il Takotsubo. In questo caso sembra una forma di takotsubo invertito. L’apicale balloning non è presente ma al contrario la punta è iper cinetica, mentre le porzioni medio basali sono sfiancate. L’ECG non mostra alterazioni della ripolarozzazione ma non è una evenienza impossibile. Una delle tipiche presentazioni della cardiomiopatia da stress è l’insufficienza cardiaca acuta. A questo proposito se si volesse essere pignoli bisogna capire quanto del quadro respiratorio è dovuto al fenomeno infiammatorio e quanto al l’insufficienza ventricolare sinistra.
Ciao Mattia,il caso e’davvero interessante e offre molti spunti di riflessione. credo tu ti riferissi ai farmaci da usare per l’induzione nel quesito “come?” o verosimilmente alla possibilita’di cominciare prima dell’intubazione un supporto vasopressorio/inotropo,data la severa ipoperfusione determinante acidosi lattica e la scarsa finestra terapeutica dei fluidi,essendo il polmone comunque poco compliante e il cuore compromesso…io non so cosa sarebbe stato meglio,forse supportare l’emodinamica prima di intubare, indurre con dosaggio ridotto di propofol,come in un paziente in shock cardiogeno, non saprei dire sulla ketamina,data la tempesta catecolaminergica in corso(anzi ti giro il quesito),poi ventilazione a volumi protettivi evitando,cosi’,di gravare sull’emodinamica…per la tako-tsubo,forse migliorando la perfusione e limitando la scarica adrenergica che ne deriva si potrebbe ottenere qualcosa. Attendo le tue considerazioni.
Ciao Imma. Sì il mio riferimento era proprio in relazione a questi aspetti. Ci sono almeno tre problemi da tenere in considerazione contemporaneamente: metabolico (l’acidosi), cardiovascolare (duplice: cardiaco e vascolare) e infine quello respiratorio (l’ARDS). è una di quelle situazioni in cui si tira la coperta da un lato per coprire i piedi e ci si scopre la testa. Ancora più facilmente quando il tempo per le ponderazioni è limitato.
Non credo esista una risposta assoluta. Nel caso specifico scegliere un supporto pressorio è una possibile scelta: l’arresto cardiocircolatorio in corso di induzione è più che possibile dato il contesto. Da un lato è auspicabile, dall’altro si vorrebbe evitare una eccessiva stimolazione per via del Takostubo, ma è realmente fattibile? Inoltre la procedura deve più che in altri casi essere efficiente e rapida.
L’induttore secondo me va scelto anche nell’ottica del quadro respiratorio e metabolico. Anche una breve interruzione della PEEP comporta una desaturazione rapida e probabilmente, una sospensione anche modesta della ventilazione, causa un rapido peggioramento del pH per incremento della CO2. Se queste si aggiungono all’acidosi metabolica il rischio di una PEA è molto elevato.
Anche la fase immediatamente post-procedurale è parimenti difficile. Dal punto di vista ventilatorio bisogna impostare una ventilazione protettiva che tuttavia sopperisca alle richieste metaboliche del paziente: bisogna puntare almeno idealmente a qualcosa di più dell’eucapnia.
Mattia non mi è facile risponderti su come avrei intubato qs donna. Perché decido sul momento come e con cosa (farmaci) in base alla clinica che tocco con mano e l’anatomia del viso/collo/vie aeree (leggi criteri predittivi di IOT presumibilmente “tranquilla” o “difficile”). Non uso mai schemi preconfezionati per intubare,ma cerco di valutare ogni volta la situazione e trovare la soluzione a mio avviso migliore e più sicura. Posso provare ad ipotizzare cosa e come avrei fatto,ma allora ti devo chiedere una fotografia precisa della clinica/parametri vitali/eventuali criteri di predittivita’ di vie aeree “normali o difficili”.
Fermo restando che davanti ad una tastiera potrei dire cose , che poi se fossi stata invece coinvolta in prima persona sul caso, non le avrei fatte , decidendo diversamente.
In ogni caso sicuramente come ti ho detto, l’avrei intubata immediatly e mi sarei adoperata ad escludere una dissezione dell’arco dell’aorta (un sospetto il mio , basato sugli aspetti clinici – neurologici respiratori e cardiaci – e ” visivi” della paziente cercando di immaginarla,dispnoica , grigia e marezzata, tanto forte e grave quanto richiedente una rapida diagnostica senza “perder tempo” in altro)
Si comprendo perfettamente. Difficilmente l’esperienza è traducibile in uno schema. Avere il paziente davanti è il miglior metodo possibile per sapere cosa fare, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Ma, per forza di cose, il blog non può riprodurre la realtà. Solo per amore della discussione è inevitabile un minimo di astrazione. La paziente non aveva alcun predittore di vie aree difficili. Considerando questa notizia e tutti i limiti di una descrizione virtuale, sarebbe interessante avere la tua idea ragionata e ovviamente teorica di un possibile approccio all’IOT come procedura nel suo complesso. Ovviamente la realtà è un’altra cosa.
Mattia grazie per la celere e cortese risposta,
Ti ringrazio innanzitutto per la delucidazione sul takotsubo,
Purtroppo la mia ” medicina” e’ sempre un po’ difensiva e per tal motivo avrei richiesto le 2 consulenze!!
Cercando di sintetizzare, ti racconto cosa mi è’ successo Proprio pochi giorni fa: chiamo il chirurgo per un vecchiettino di 92 aa con un’ infarto intestinale, cardiopatico con pregressi ictus: insomma un gioiellino.. Il pz era shockato, con un acidosi metabolica simile alla tua
avevo fatto la Tc, messo sotto inotropi, sondino, cvc in femorale, liquidi, 50 mEq di bicarbonato.
Quando arrivo’ il chirurgo mi disse:” sai Mirko 2 gg fa ho fatto il perito per una caso identico al tuo; il collega del ps ora ha qualche problema perché’ non ha chiamato il rianimatore!!!!
Li’ per li’ pensai: e che deve fare il rianimatore..poi sospirai “chiamiamo il rianimatore.. Il giudice ed i medici legali poco sanno della VERA MEDICINA”..
Nel mio caso i parenti vollero firmare e se lo portarono..al collega del ps ovviamente il pz e’ morto poco dopo!!
Venendo a noi:
il takotsubo e’ sempre una diagnosi di esclusione,
Inoltre il quadro respiratorio era da intubazione.. Tutt’al più avrei messo una boussignac ed “iniziato a preparare inotropi” vedendo quel quadro cardiaco, nell’attesa di una rapida intubazione! L’aumento della Pco2 e’ inevitabile per fatica respiratoria, ma penso che: con un simile ega, torace ed eco.. e per questione temporale non avrei messo la NIV!
Per tutti questi motivi e con estrema franchezza avrei richiesto le sopra dette consulenze!!
Ho già ammesso di non sapere la causa…. Al 99,9% credo non su base ischemica,
E credo neanche infettiva o da tossicodipendente ( visto che stava semplicemente cenando ed era in pieno benessere)..Semmai qualche altro ” tossico” che ha agito sul cuore e da li’ e’ partito il quadro toracico.. Non vedo l’ora di sapere il responso dal tuo prossimo post!
L’ipocinesia e’ chiara e non richiedere una consulenza cardiologica e’ a mio avviso un gran rischio..
cercando di immedesimarmi ti dico che avrei agito così..
Ammiro chi ha più preparazione e più fegato di me,
Ma invito sempre e comunque a tutelarci!!
Caro Mirko, capisco il tuo punto di vista. Ovviamente parlo per me e non a titolo di tutti. Non nascondo che è sempre difficile discutere del proprio lavoro al di fuori della teoria.
Riguardo alla medicina difensiva: comprendo perfettamente la tua cautela e spero che quanto scrivo non voglia sembrare un giudizio. La medicina difensiva è utile, a mio modo di vedere, forse per il medico ma sono convinto non per il paziente. Fare indagini in più per avere dimostrato di avere fatto tutto potrebbe forse tornare comodo ma non è detto che sia privo di conseguenze per il paziente. Almeno fin tanto che siano garantite alcune competenze. Viceversa in assenza di queste tutto deve essere fatto, se pure è necessario ribadirlo, nell’interesse del paziente. Molto di quello che faccio dipende dal contesto in cui lavoro. è uso inveterato da molti anni nel PS di gestire le emergenze in prima persona, soprattutto nelle fasi iniziali di presentazione. Chiamare il rianimatore, il cardiologo nonché intubare il paziente sono tutte scelte condivisibili. Vorrei dare però la dimensione temporale di quanto sino ad ora descritto. Stiamo parlano sostanzialmente della prima mezz’ora di gestione. Come dicevo tutto quello che viene fatto in questo tempo è in vista ed in preparazione di una intubazione e non è mai stata fin dall’inizio una scelta casuale, per quanto poco ortodossa. Spero che il seguito possa chiarire meglio la mia decisione. Vorrei però mantenere la discussione ad un livello estremamente pratico. La paziente va intubata, su questo non c’è da discutere. è molto importante scegliere il come. Avendo voluto avviare la procedura nel momento di ingresso avremmo avuto una paziente che partiva da una saturazione di 76%, depleta di volume e poche o nessuna informazione sull’assetto vascolare. Un approccio ortodosso di RSI per la mia esperienza ed il mio modo di ragionare avrebbe di gran lunga aumentato la probabilità di una PEA periprocedurale. Viceversa un trattamento con la NIV in preparazione della IOT mi ha permesso di rigaudagnare alveoli e ossigenare adeguatamente la paziente, garantire il tempo per una iniziale replezione volemica, dando un margine di sicurezza alla procedura.
Rigaurdo al Takotsubo: è senz’altro vero che è una diagnosi di esclusione. La mia idea fin da subito è stata tuttavia quella di dare delle priorità di gestione ai multipli problemi riscontrati con una presa di responsabilità sulla distribuzione temporale delle cose fare. Vedremo se le scelte fatte nel proseguio saranno da voi più condivise.
Con un gran sospiro devo dire che capita con una certa frequenza di essere chiamati perché il collega reputa che così facendo si para il culo e molla la patata bollente senza nemmeno quasi averla valutata. È vero purtroppo. Come è vero l’opposto : essere chiamati in estremis poco prima di chiamare il prete. Da qui, la mia acrimonia che talvolta esprimo , scusandomi, ma che se vi metteste nei nostri panni, forse alcuni di voi capirebbero. Noi anestesisti/rianimatori non siamo /non dovremmo essere né il paraculo di taluni, né i preti per dare l’estrema unzione. Detto questo, chiudo e chiedo a Mattia per piacere se mi puoi descrivere i parametri vitali della donna .
Come dicevo i parametri di ingresso erano i seguenti: FR attorno ai 40 atti/min, spO2 con maschera con reservoir oscillante tra il 76 ed il 79%, PA 140/80, l’EGA è il primo che hai visto.
Mattia ti ringrazio per la Esaustiva e Cordiale risposta!!
Di nulla e grazie per seguirci.
Mattia, conoscendo già la seconda parte il mio commento ha un bias troppo rilevante per essere onesto. Concordo pienamente sull’uso della NIV, che come abbiamo avuto modo di discutere in altre occasioni e come hai sottolineato consente di guadagnare tempo e di eseguire la procedura di intubazione in maggiore sicurezza. Per l’induzione avrei optato per la ketamina a basse dosi così come avrei impostato bassi volumi sul ventilatore secondo la strategia ARDSnet.
Vorrei però che per una volta la discussione andasse oltre all’eterno dilemma: who owns the airways e ci concentrassimo sui tanti spunti e riflessioni che il caso clinico offre. Certo è che la gestione in autonomia di un caso così critico e complesso non è comune da parte dei medici di pronto soccorso. In questo senso Mattia mi dispiace il titolo non è affatto veritiero, perché @squartadoc è sempre @squartadoc!
Carlo direi che il bias è rilevante. Credo sia giusto lasciare il giudizio a dopo che il caso è completato visto è considerate le sue peculiarità e le falle nel mio ragionamento. Sono certo che @squartadoc è altra cosa. Ci sono oggi fortunatamente molte giovani leve della MEU che hanno l’autonomia di cui parli. Loro a differenza di me e di te hanno le giuste credenziali, formali e pratiche, per impersonare la figura professionale cui noi ambiamo con fatica.
Ok grazie. La frequenza cardiaca? Sui 130-150?Credo avrei intubato poco dopo aver visto la donna e quindi con o senza ecocardio , immaginando di essere il rianimatore chiamato dal collega del ps . Dunque anche senza sapere la FE depressa che tu hai visto facendo eco.
Con 140/80 di pressione avrei , credo, avrei usato forse 1 fiala di fentanest (ma forse no) e propofol quanto basta per raggiungere un piano profondo adeguato per intubare senza curaro. Avrei fatto preparare succinilcina senza avere intenzione di usarla. Avrei fatto preparare probabilmente un’atropina ed un adrenalina, un aspiratore pronto, un tubo 7,5 mandrinato (in elezione quasi mai uso tubo con mandrino, in urgenza invece quasi sempre così non si perde tempo se serve). Avrei fatto un’induzione molto lenta , accompagnando con delicatezza con l’ambu o il va e vieni la graduale e lenta depressione respiratoria e evitando così sia di ipotendere di botto la donna, sia di usare propofol in eccesso. Propofol fino ad un’ipnosi sufficiente per andare ad esplorare le vie aeree con laringo e provare ad intubare senza curaro (che in genere in urgenza uso molto poco ). Dopo di che avrei assistito la donna per qualche minuto col pallone e con estrema delicatezza senza iperventilare e avrei provato a meyterla in pressione di supporto con minimo di peep (partendo da 10 + 5), verificando i parametro vitali e la sua ripresa al respiro spontaneo. Se senza drive respiratorio avrei impostato una SIMV pressometrica , altrimenti l’avrei lasciata se respiro adeguato in psv eventualmente variando le pressioni di supporto. Mi è difficile chiaramente dire esattamente come l’avrei ventilata senza sapere come mi avrebbe risposto. In ogni caso avrei mantenuto una sedazione sufficiente per tollerare il tubo ma permettendole il respiro spontaneo, forse con boletti di midazolam. IN ogni caso probabilmente avrei usato una ventilazione pressometrica e non volumetrica. Se si fosse ipotesa avrei messo noradrenalina in infusione continua tanto da garantire una pressione decorosa ( pensando sempre che ad una dissecazione – mia ipotesi – va meglio una pressione più bassa che alta).
Se avessi avuto il dato della FE depressa forse avrei indotto sempre molto lentamente con un cocktail di un po’ di ketamina e un po’ di propofol.
Sì frequenza sui 150. Grazie della tua risposta esauriente. Alcune domande sulle tue scelte solo per comprenderne meglio il razionale, rimanendo ovviamente nell’ambito di una semplificata astrazione.
Perché non usare il curaro e massimizzare il primo tentativo? Ovviamente data la semplicità delle vie aeree prospettata sarà solo un parziale ostacolo per un operatore esperto. Mi chiedo se la scelta sia motivata dalla necessità di evitare situazioni di apnea prolungata in caso di difficoltà impreviste o da un’altra ragione.
Come mai la tua preferenza per una ventilazione con pressione come variabile controllata (di supporto o SIMV)? La scelta di una ventilazione pressometrica per un paziente critico richiede, almeno all’inizio, un controllo molto ravvicinato e continuativo e un po’ meno di garanzia sulla costanza dei volumi erogati. Visto il quadro di acidosi metabolica severa avere dei volumi costanti darebbe maggiori certezze di mantenere l’eucapnia.
Considerato il problema di ossigenazione una PEEP per così dire fisiologica è solo una scelta temporanea nella fase periprocedurale?
Interessante comunque la scelta del Ketofol. Non esistono che mi risulti studi sul suo utilizzo nell’induzione. é una associazione che ho usato spesso ma in situazioni differenti. Qual’è la tua esperienza con queste molecole usate congiuntamente?
Concordo appieno sulla noradrenalina, l’avresti avviata preventivamente?
Mah, in genere in urgenza (riferendomi ad ambienti extra sala operatoria), io ma devo dire anche gli altri miei colleghi non intubiamo quasi mai con curaro, e se lo facciamo usiamo solo sch . 1. Per evitare problemi con una curaro ed eventuali problemi di iot soprattutto in ambienti meno “protetti” della sala dove non ci sono i nurse di anestesia (la cui preparazione e formazione sull’assistenza nelle iot è superiore a qualunque infermiere), 2. Perché ormai da molti anni è stato ampiamente dimostrato che la curarizzazione nel paziente critico è da evitare salvo casi eccezionali per motivi di varia natura.
L’intubazione senza curaro non la ritengo problematica o difficoltosa nella maggior parte delle volte.
Qualsiasi tipo di ventilazione in qualsiasi paz ctitico richiede stretta valutazione con aggiustamenti , a volte anche per diverse ore in quanto lo stesso richiede in realtà un monitoraggio a 360 gradi e una ricerca di equilibrio emodinamico/respiratorio/acido-base/diuresi migliore possibile, ma che nel tempo si può modificare anche in una manciata di minuti. Probabilmente avrei preferito un pressometrica per controllare perfettamente le pressioni massime ed evitare possibili influenze negative sulla dinamica cardiaca. Ma questo l’avrei valutato sul momento, verificando la compliance dei polmoni già nei primi minuti di ventilazione. Se avesse avuto un’ottima compliance , avrei poi convertito in volumetrica, ma avrei puntato comunque sulla PSV e quindi sul respiro spontaneo supportato con un minimo (quanto sarebbe bastato) di pressione. Peep sicuramente durante tutto il periodo di ventilazione.
Il ketofol noi non ce l’abbiamo. Sinceramente neanche mi interesserebbe averlo. I cocktail preferisco farmeli io, ad uso personalizzato (come dosi e modalità di somministrazione) del paziente che ho davanti. Ho usato con un po di fantasia questa combina ieri per intubare una signora shoccata , che però aveva segni di iot forse brutta (artite reumatoide severa con rigidità tale che non si riusciva ad aprirle la bocca di più di 1 cm). Poi il propofol l’ha alla fine “mollata ” (rilassata) e l’intubazione -senza curaro- è stata alla fine agevole.
Con 150 di FC e 140/80 di pressione non avrei assolutamente messo preventivamente noradrenalina. Avrei secondo me rischiato di mandarla a 200 di frequenza e crisi ipertensiva. Assolutamente no.
E’ chiaro che c’è sempre il rischio di determinare una grave ipotensione con i farmaci per l’intubazione, ma devo dire che in genere noi usiamo tranquillamente il propofol anche nei paz con FE depressa sia in elezione che in urgenza e in genere non si vedono pesanti ipotensioni se il paz non è shoccato. Questa donna avendo 140/80 non era shoccata, ma solo tachicardica e dunque delicata . La ketamina io la uso solo ed esclusivamente negli stati di shock (con 70-80 o meno di sistolica).
In ogni caso la manovra dell’intubaz è sempre un momento molto delicato dove è opportuno approdondire in maniera adeguata il paz per evitare scariche di adrenaline endogena che possono contribuire al rischio di un” tuono ” cardiaco, ma al tempo stesso non è esente da conseguenze o complicanze anche pesanti o mortali , soprattutto se fatta in maniera non corretta (ma possono accadere anche se fatta a regola d’arte).
Visto il grado di acidosi avrei ricercato la ventilazione più fisiologica possibile (quindi ne’ iper né ipo). Se poi mi dirai come ti bentilava dopo averla intubata, ne possiamo discutere insieme. Spesso , nella mia esperienza accade, che qs paz hanno bisogno di aggiustamenti frequenti o no della ventilazione. Non si devono mettere in macchina con parametri prefissati secondo schemi e lasciati lì. (Affermo questo perché ahimè l’ho visto fare…..)
(Scusate i molteplici commenti e la lunghezza, spero di non esser stata noiosa)
Grazie per le risposte e per averci dato la tua prospettiva professionale sul caso pur con tutti i limiti derivanti da una descrizione virtuale. Anche io tendo a non usare la succinilcolina di default, sebbene credo che in fin dei conti, salvo particolari situazioni i vantaggi siano più degli svantaggi, per lo meno nel paziente in cui la via aerea non può essere rimandata. Parimenti per la curarizzazione post intubazione, cerco di evitarla.
Certamente la ventilazione meccanica invasiva richiede una sorveglianza intensa e quindi una logistica ed un expertise che in PS sono difficilmente ottenibili per periodi prolungati di permanenza.
C’è un punto in cui mi trovo un po’ distante: la frequenza respiratoria. Solo nelle fasi iniziali, quelle immediatamente post intubazione, per un paziente in acidosi metabolica severa che venga ventilato con volumi protettivi, tendo ad utilizzare FR che possano evitare un ulteriore calo del pH e quindi tendenzialmente alte. Ovviamente è necessario sorvegliare che non si verifichino fenomeni di autopeep.
Quindi riassumiamo… Tutti d’accordo ad una intubazione il più rapidamente possibile (ketamina, mdazolam, testata di nascosto, qualsiasi cosa). TC capo e torace con mdc più o meno tutti d’accordo. Vogliamo l esclusione nero su bianco di emorragia cerebrale e dissezione aortica (benchè non ci sia stato dolore ed ecograficamente normale l aorta è l unica cosa che mette in comunicazione cuore polmone ed encefalo, i tre organi coinvolti)… Espansione volemica modica.
Chiederei inotropo si o no? Antibiotico a largo spettro si o no?
Nella mia idea generale inotropi assolutamente no, le catecolamine grondano già dalle orecchie della paziente (valuterei il beta blocco invece… Ma ci vogliono attributi o un levosimendan) e proverei un antibiotico anche se non credo sia realmente settica…
Il mio aiuto da casa suggerisce questo http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Reverse+takotsubo+serotonine
Suggerimento bibliografico interessante. Vedo comunque che si defila una strategia piuttosto condivisa riguardo alle cose da fare. In questa presentazione sembrava esserci un po’ di tutto dalla sepsi, alla dissecazione, all’intossicazione, all’insufficienza cardiaca. Ognuna di queste con terapie potenzialmente opposte.
Io proverei con basse dosi di Esmololo…ma la FE? L’espansione di volume ci vuole o ci giochiamo i reni visto che ematocrito circa 60%.
La FE era del 30% circa. Beta blocco, esmololo…. Sempre che la pressione regga. In effetti l’esmololo potrebbe essere una scelta. Se questo fosse un quadro di sepsi la letteratura recente ne suggerirebbe l’introduzione nei pazienti in terapia con amine ad alti dosaggi. Però c’è di mezzo una insufficienza cardiaca acuta e anche a questo proposito introdurre liquidi in modo troppo liberale potrebbe peggiorare il quadro polmonare.
Semplificare le cose nella vita è un dono di pochi e un’ambizione di molti, anche se non sempre è la cosa giusta. Un approccio alla ventilazione meccanica che mi aveva affascinato e che cerco di applicare quando ne ho l’occasione è quanto mirabilmente insegnato da Weingart nei suoi due podcast sulla ventilazione meccanica in pronto soccorso: http://emcrit.org/lectures/vent-part-1/ http://emcrit.org/podcasts/vent-part-2/ . Visto che la discussione che si sta sviluppando coinvolge persone certo più esperte di me, mi piacerebbe sapere la vostra opinione al riguardo.
Sull’affermazione che la paz. è “normotesa e non in shock” avrei molte riserve…ehm… (la definizione di “shock” non si basa, notoriamente, “solo” su dati dati strumentali e analitici e meno che meno sulla PA che lo “delimita”, semmai, nella sua fase “Hypotensive”, spesso irreversibile/terminale).
Si potrebbero contare sulle dita di una mano (forse) i mitocondri che ancora “lavorano” a sostenere le funzioni degli organi vitali!
La centralizzazione del circolo non è certo supportata da una “pompa” efficiente (che sta massimizzando le risorse disponibile a un limite ormai insuperabile).
L’ambiente è talmente acido che, a parte quel “compenso” respiratorio “tachipnoico” (ma per quanto ancora?), anche la farmacocinetica avrebbe molte variabili imprevedibili, qualunque farmaco da induzione si usi (comunque la keto neppure io la userei).
In effetti sembra ci sia stata una sorta di “esplosione del sistema catecolaminergico” (ancora inspiegabile) e quindi anch’io sono del parere che un tentativo di “betablocco” sarebbe utile.
Per la RSI o “SI dilazionata”, come l’ha definita Mattia, mi giocherei la “carta” del midazolam + fentanest e la miorisoluzione con rocuronio in dosi sub-miorisolutive + succinilcolina con ridotto effetto depolarizzante e minori effetti sull’SNC. La risoluzione muscolare, oltre a consentire un “percorso” migliore nell’ipotesi di una “intubazione difficile imprevista”, secondo me, darebbe più margini di controllo su pressione/volume/frequenze (non scordiamoci che c’è in fieri un danno polmonare).
Anch’io mi sto formando la convinzione che di settico ci sia poco. Gli ino-dilatatori (ammesso che si abbiano a disposizione -mai visti da me, neppure in utic) tipo il Milrinone (“normotensive shock”) potrebbero funzionare… (?)
Concludo: credo che la via aerea definitiva vada garantita per il controllo del drive ventilatorio (prossimo al crash) e degli scambi gassosi e dare un margine temporale accettabile per compiere scelte adeguate su “C” (imaging ad ex.).
Se, a quel punto, si riuscisse a dare una spiegazione alla “tako inversa” e alla condizione iperadrenergica, forse si potrebbe trovare un compromesso “vitale”.
Scusami Mattia.
Da “fuori shock room” si fanno tanti, forse troppi, i voli pindarici, ma è inevitabile, credo, in questo contesto…
Una domanda: avevi fatto un test di gravidanza?
Ciao. Mauro.
Mauro in effetti come spesso dico commentando i casi clinici di Carlo: a bocce ferme le idee si moltiplicano. Diversamente quando il paziente é sulla china di un tracollo cardiovascolare le scelte sul campo sono spesso dettate dall’urgenza di far sopravvivere il paziente e ricadono nella confortante consuetudine. Sono assolutamente in linea con te sul fatto che la paziente era clinicamente in shock già al momento dell’arrivo al di là di qualsiasi valore di pressione. La mia percezione è stata da subito quella e le mie scelte sono state dettate da questa considerazione. Più difficile stabilire a cosa attribuire la responsabilità principale dello shock: settico? cardiogeno? Ipovolemico?
Non credo di avere capito invece l’uso che avresti fatto della succinilcolina e del Rocuronio. In questo caso penso che anche io preferirei curarizzare il paziente per avere un controllo mandatorio della ventilazione.
Dimenticavo: no ho fatto il test di gravidanza
Mah… possiamo farlo rientrare nell’ambito di “volo pindarico a bocce ferme” 😉
Rammenti l’indicazione all’uso del non-depolarizzante titolato al 10-20% della dose-morisolutiva/pc prima della somministrazione del depolarizzante con l’intento di non aumentare la pic?
Ci hai indotto più volte a tener conto della “disartria”, ergo ho fatto 1+1=11… e mi son chiesto se ci fossero cause “centrali” (?) e non solo anche l’SNC come organo bersaglio dello shock (midriasi docet). Aggiungi a questo che ho considerato la succinilcolina poco adatta al contesto metabolico.
In sostanza, sempre “volando” (verosimilmente indotto a compromesso), ho pensato a questo cocktail che è più patrimonio dell’Am.Coll.Surg. e del contesto traumatologico (non chiedermi quanto suffragato dall’ebm, te lo vendo per come me l’hanno sempre venduto i chirurghi americani…).
Diciamo allora: Rocuronio punto, almeno per me.
Anche sulla questione gravidanza puoi immaginare quanti altri “voli acrobatici” si potrebbero fare, ma immagino che sia fuori discussione, per cui “Like a bird on the wire” (cit.), mi fermo qui 🙂
Un caro saluto
Mauro
Adesso ho capito. Un tempo usavo questo stratagemma con il vecuronio. Che mi risulti non è suffragato da EBM. Ho visto edemi polmonari neurogeni, la cui genesi è ancora dibattuta, a metà tra meccanismi da ARDS e insufficienza acuta cardiogena, ma sempre nel contesto di emorragie cerebrali con GCS molto bassi e deficit neurologici palesi. Istintivamente avrei escluso questa possibilità con il quadro clinico della paziente, sebbene ci abbia pensato.
Mi dispiace molto essere fuori dal coro, ma di questo caso clinico ho capito veramente poco e forse, purtroppo, mi e’ rimasto poco.
Probabilmente (anzi sicuramente) e’ un problema mio culturale (non ho esperienza di terapia intensiva), ma anche professionale (da anni lavoro in un ps privo di terapia semintensiva, di letti tecnici e di ventilatori, provvisto di sola OBI e che comunque macina circa 35000 pazienti all’anno).
Forse il post e i commenti hanno preso una piega troppo specialistica che mi ha fatto perdere il filo e, forse, anche un po’ l’interesse per il caso.
Ciò non toglie che continuero’ a seguire il blog con assiduità e curiosità anche in futuro.
Grazie del commento. Il blog copre argomenti di interesse molto differenti e con prospettive differenti. Credo di poter dire che, pur senza obblighi di sorta sul tipo di trattazione scelta, l’esposizione dei post offra una fruibilità a più livelli di lettura. Nella fattispecie si trattava di un caso che ha richiesto una gestione intensiva. Converrai del fatto che lo scenario presentato non esula tuttavia dalle competenze della medicina d’emergenza e urgenza. A questo proposito vorrei fare una riflessione. É una mia personale opinione ma non credo si tratti di una gestione specialistica, anzi la rianimazione iniziale di un paziente critico dovrebbe essere una competenza di sistema. Per quanto la possibilità di un trattamento avanzato dipendano in buona parte anche dalla logistica della propria realtà lavorativa, sono fermamente convinto del fatto che l’ambizione della nostra categoria professionale dovrebbe mirare all’acquisizione di queste capacità. Se non verrà distorta la natura della sua missione la scuola di specialità MEU serve a colmare anche questo gap. Concluderò dicendo anch’io una cosa fuori dal coro: forse dovremmo tutti incominciare a ragionare a livello nazionale un po’ meno di OBI ed un po’ più di critical care.
Letto tutto…e quindi alla fine quale era la diagnosi?
Leggi le conclusioni nel post successivo https://www.empillsblog.com/non-squartadoc-conclusione/