Su questo blog si è spesso ed esaustivamente scritto a proposito di anticoagulanti (vecchi e nuovi) e delle strategie da adottare per il “reversal” dell’effetto farmacologico.
L’inibitore diretto della trombina Dabigatran e gli agenti anti Xa (Rivaroxaban, Edoxaban e Apixaban) costituiscono una nuova generazione di anticoagulanti orali (NAO, NOAC): il vantaggio da essi proposto, rispetto agli storici antagonisti della vitamina K, è la non necessità di monitoraggio e il conseguente aggiustamento della posologia… Ma come per ogni cosa, il rovescio della medaglia è tangibile ed è rappresentato dalla assenza di uno specifico “reversal agent”.
Tre nuove molecole (Idarucizumab per il Dabigatran, Andexanet per il Rivaroxaban e PER 977 per gli agenti anti Xa e Dabigatran) potranno forse rappresentare l’imminente frontiera degli antidoti dei NOAC, costituendo il modo più efficace e sicuro per antagonizzarli; questi agenti sono al momento in una fase di studio premarketing.
Recentemente sul NEJM è stato pubblicato un articolo che discute proprio del promettente idarucizumab: si tratta di un frammento di anticorpo monoclonale umanizzato , o Fab, in grado di legare il dabigatran, in maniera specifica, con affinità di circa 350 volte più elevata di quanto osservato con la trombina. Di conseguenza l’idarucizumab lega sia il dabigatran free che quello thrombin-bound, neutralizzandone l’attività.
In soggetti volontari giovani ed in salute senza alterazione della funzionalità renale, in persone tra 45 e 80 anni con lieve o moderata insufficienza renale, la somministrazione di idarucizumab ha prodotto un immediato e completo effetto antagonizzante del dabigatran, senza favorire fenomeni pro coagulanti; con tali risultati, è stato deciso di condurre uno studio di coorte prospettico, multicentrico per testare l’efficacia e la sicurezza dell’idarucizumab in pazienti con severi sanguinamenti o che richiedevano intervento chirurgico urgente. Lo scopo di questo studio multinazionale di fase III (RE-VERSE AD: Reversal Effects of Idarucizumab on Active Dabigatran) è di reclutare 300 pazienti tra maggio 2014 e giugno 2017.
METODI
Lo studio in corso , in cui gli Autori hanno pianificato di arruolare fino a 300 pazienti in 400 centri in 38 paesi (con 10 centri in Italia), includeva due gruppi di adulti, dai 18 anni in su, che assumevano dabigatran . Lo studio è stato condotto per determinare la sicurezza di 5 gr di Idarucizumab per via endovenosa (somministrato in due boli da 2,5 gr a distanza di non più di 15 minuti tra loro) e la sua capacità di revertire gli effetti anticoagulanti del dabigatran in pazienti che avevano sanguinamenti evidenti, incontrollabili o minacciosi per la vita, giudicati di necessitare un reversal agent, dal medico che li aveva in carico (gruppo A) e in pazienti (gruppo B) che, sanguinanti o meno, richiedevano procedure chirurgiche o invasive che non potevano essere ritardate per più di 8 ore e per effettuare le quali era richiesta una emostasi normale.
L’end point primario era la massima percentuale revertita dell’effetto anticoagulante del dabigatran entro 4 ore dalla ultima somministrazione dell’idarucizumab, sulla base della determinazione , presso un laboratorio centrale, del tempo di trombina diluito (dTT) o del tempo di ecarina (Ecarin clotting time, ECT).
Da sottolineare che l’inversione percentuale massima dell’effetto anticoagulante veniva calcolato mediante una equazione e che il tempo di trombina diluito e l’ECT erano scelti perché sono strettamente correlati con le concentrazioni del dabigatran non legato.
L’end point secondario includeva invece la proporzione dei pazienti che riportavano una completa normalizzazione del tempo di trombina diluita e dell’ecarin clotting time nelle prime 4 ore e la riduzione nella concentrazione del dabigatran non legato, traducendosi il tutto in un ripristino dell’emostasi.
Caratteristiche dei pazienti
Da giugno 2014 fino a febbraio 2015 sono stati arruolati 90 pazienti in totale (51 nel gruppo A e 39 nel gruppo B) in 35 paesi. Più del 90% dei pazienti assumeva dabigatran per la prevenzione cardioembolica nel contesto di una fibrillazione atriale; l’età media era 76,5 anni e i valori medi di clearance della creatinina erano 58 ml/minuto. Le emorragie più frequenti nel gruppo A erano quelle intracraniche, gastrointestinali o secondarie a trauma (inoltre un paziente aveva sanguinamento pericardico e un altro aveva sanguinamento retroperitoneale).
RISULTATI
Tra 68 pazienti con elevato tempo di trombina diluita e alta ECT basali, la percentuale media massima di effetto reversal del NOAC era pari al 100% (raggiungimento dell’end point primario). L’idarucizumab determinava entro pochi minuti normalizzazione dei test. Le concentrazioni del dabigatran non legato rimanevano al di sotto dei 20 ng/ml a 24 ore nel 79% dei pazienti. Fra 35 pazienti nel gruppo A che potevano essere valutati, l’emostasi veniva ripristinata nella sua normalità entro 11,4 ore. Fra 36 pazienti nel gruppo B, sottoposti a procedure, una normale emostasi intraoperatoria era riportata in 33 soggetti. In pratica, dopo 4 e 12 ore, gli esami di laboratorio hanno riportato livelli normali di coagulazione in quasi il 90% dei pazienti.
Eventi trombotici, classificati come precoci (< 72 ore dopo la somministrazione di idarucizumab) o tardivi (oltre le 72 ore dopo la sua somministrazione) si sono verificati in 5 pazienti: trombosi venosa profonda ed embolia polmonare in un paziente a distanza di due giorni dal trattamento; TVP, TEPA e trombosi atriale sinistra in un paziente, nove giorni dopo la terapia revertiva; TVP da sola in un paziente, sette giorni dopo la somministrazione di idarucizumab; NSTEMI in un paziente, tredici giorni dopo il trattamento e stroke ischemico in un altro paziente ventisei giorni dopo l’antidoto. Da notare che in nessuno di questi soggetti era stata ripresa la terapia anticoagulante quando si sono verificati tali eventi.
La mortalità, entro 96 ore dall’arruolamento nello studio, è apparsa in correlazione al motivo originale del ricovero in regime di emergenza-urgenza in ospedale, mentre gli eventi verificatisi in seguito sono sembrati correlati a patologie concomitanti.
Discussione
I NOAC offrono la possibilità di scoagulare i pazienti senza la necessità di monitoraggio routinario e l’aggiustamento quotidiano della dose, migliorando, sotto questo punto di vista, la qualità di vita del paziente.
Lo studio REVERSE-AD riveste un ruolo molto importante in quanto indaga l’efficacia e la sicurezza dell’idarucizumab, antidoto del dabigatran, in soggetti che hanno sanguinamenti maggiori, gravi o non controllati, traumatizzati o richiedono procedure urgenti chirurgiche non ritardabili, scenari questi molto spesso frequenti nei nostri Pronto Soccorso, mettendone in risalto l’azione rapida e il pieno effetto antagonista sull’anticoagulazione. Il disegno di questo studio comprende, pertanto, dei criteri di inclusione molto ampi, in modo tale da abbracciare il maggior numero di casi della vita reale.
Il limite maggiore è la mancanza di un gruppo controllo; sebbene la maggior parte delle linee guida raccomandino il concentrato di complesso protrombinico per il management dei sanguinamenti severi nei pazienti trattati con dabigatran, mancano evidenze di alta qualità che testimonino questa efficacia.
Concludendo, i risultati emersi dall’analisi ad interim dello studio REVERSE-AD, contestualizzati in spaccati di real life appaiono molto promettenti e incoraggianti e dimostrano che l’Idarucizumab reverte rapidamente e completamente l’attività anticoagulante del dabigatran fin nel 98% dei pazienti cosicchè il suo utilizzo, in un futuro prossimo, rappresenterebbe un bel passo in avanti nella nostra pratica clinica, sicuramente a fronte, però, di enormi costi…Voi cosa ne pensate? Vi lascio la parola…
Bibliografia
– M. Crowther; Antidotes for Novel Oral Anticoagulants-Arterioscler Thromb Vasc Biol; June 2015
– Charles V. Pollack et al; Idarucizumab for Dabigatran Reversal; NEJM, June 2015
– Glund S, Stangier J, Schmohl M et al; Safety , tolerability and efficacy of idarucizumab for the reversal of the anticoagulant effect of dabigatran in healthy male volunteers : a randomised , placebo-controlled , doble -blind phase 1 trial. Lancet 2015 June 15
– Glund S, Stangier J, Schmohl M, Moschetti V, Haazen W, Gansser M, Norris S, Lang B, Reilly P; Idarucizumab, a specific antidote for dabigatran: immediate, complete and sustained reversal of dabigatran induced anticoagulation in elderly and renally impaired subjects. Blood 2014; 124: A 344
Magari! Speriamo che questi farmaci vengano abbastanza rapidamente approvati, se gli studi danno effettivamente buoni risultati, ed entrino presto in commercio. Non è simpatico portare in sala un paz con un’emorragia e in terapia con un NAO. Non è il massimo neppure esser costretto a procedere con un’anestesia generale magari in un paz ASA 3-4, laddove si potrebbe fare una locoregionale, in un intervento non differibile e un paz in NAO
Lo studio mi sembra molto promettente ed il farmaco estremamente efficace in tempi rapidi, anche se bisogna rilevare il numero dei pz arruolati ancora piccolo (da internista valuto l’insorgenza di emorragie interne o cerebrali).
Significativo il problema aperto della ripresa dell’anticoagulazione visti gli episodi embolico/trombotici determinatisi alla sospensione di tali farmaci.