Con queste parole pronunciate o sentite cominciamo o finiamo ogni turno di lavoro. In genere, almeno attualmente , il computer ci aiuta a memorizzare riassumere e sintetizzare le notizie dei pazienti che abbiamo visitato. Come in ogni comunicazione umana però è possibile, per motivi diversi, commettere degli errori che possono avere ripercussioni anche serie sulla salute dei nostri pazienti. Qualcuno h pensato di analizzare questo percorso e identificare le possibili fonti e cause di errore: vediamo.
Nel numero di giugno 2011 dell’American Journal of Emergency Medicine è stato pubblicato uno studio riguardante questo argomento: ED handoffs: observed practices and communication errors
Premessa
Studi hanno evidenziato che a problemi di comunicazione si deve una parte consistente degli errori che portano a morte i pazienti all’interno dell’ospedale .e che una parte di essi è conseguenza di errori od omissione nel passaggio di consegne trai medici , gli infermieri o il personale ausiliario.
Al tempo stesso non vi è area dell’ospedale in cui il passaggio di consegne sia cosi frequente e che coinvolga spesso pazienti instabili come il dipartimento di emergenza. Nonostante ciò, nella maggior parte degli ospedali americani, non è esistono direttive precise in merito, almeno questo è quanto emerge da una recente indagine. Di qui la necessità di approfondire l’argomento.
Metodologia
Lo studio è stato condotto presso un ospedale universitario americano con oltre 90.000 passaggi anno di pronto soccorso in un periodo di 8 settimane, nei mesi di settembre ed ottobre 2007.
Prima di iniziare la ricerca gli autori hanno somministrato al personale medico un questionario basato su un’ analisi della letteratura e l’opinione dei medici d’urgenza più esperti sulla base del quale è stata costruita una griglia su cui valutare eventuali disturbi nella comunicazione al momento della consegna.
Sono stati presi in considerazione , l’ora della visita, l’esame fisico diviso in 12 componenti, la sintesi della visita e del suo esito ( diagnosi , trattamento, ricovero, dimissione etc), le indagini radiografiche e di laboratorio.
Due studenti dopo un training di 5 settimane hanno poi raccolto le informazioni partecipando essi stessi alle consegne, mentre i medici “osservati” non erano a conoscenza del reale scopo della ricerca svolta dagli studenti.
Obiettivo dello studio era verificare la discrepanza tra quanto registrato nei database e quanto trasmesso durante la consegna segnatamente per quanto riguarda gli errori o le omissioni di comunicazione.
Risultati
– Sono state valutate 110 sessioni di consegna per complessivi 992 pazienti
– Sono stati rilevati 130 errori (13,1%) e 447 omissioni (45,1%) nella comunicazione sull’esame fisico, più lungo il tempo di consegna per paziente maggiore il numero di errori in questo ambito mentre meno omissioni sono state rilevate quando la consegna era scritta o basata su record informatici
– 37 errori (3,7%) e 290 omissioni (29,2%) nella trasmissione delle informazioni sugli esami di laboratorio, meno errori sono stati anche qui riscontrati con l’uso di supporti informatici mentre le omissioni aumentavano con la permanenza del paziente nel dipartimento di emergenza.
Alcuni dati interessanti si desumono poi dall’analisi dei singoli parametri studiati, ad esempio:
– nel 10,2 % delle consegne vi è stata almeno un’interruzione, ( 9,7% da parte di personale dello staff, 1,7 %dal telefono e 0 da necessità di assistere i pazienti)
– Il 72,1% dei medici che finivano il turno utilizzavano per la consegna il database informatico mentre il 43,3% appunti scritti a mano, i medici che invece la ricevevano il 57,8% e 61,9% rispettivamente.
Le conclusioni degli autori sono scontate auspicando che nuovi studi possano indicare la strada per ridurre il numero di errori di comunicazione in modo da colmare la differenza tra quanto registrato nei record informatici e quanto detto o scritto nella pratica clinica.
Una proposta in questo senso viene da uno studio recentemente pubblicato su Emergency Medicine Journal : The ABC of handover: a qualitative study to develop a new tool for handover in the emergency department
Alcuni anni fa impostai la consegna seguendo le indicazioni di un prestampato da me ideato che riportava:
– Nome paziente
– Patologia presunta (Sospetta SCA, sicuro AAA, verosimile colica renale, possibile BPN eccetera…)
– Evoluzione presunta (Ricovero, Dimissione, Osservazione)
– esami (eseguiti/in corso/programmati)
– Terapia in corso/eseguita
Preparare la consegna scritta impegnava – ovviamente – alcuni minuti, ma permetteva di riflettere sui pazienti che si stavano “lasciando in consegna”.
Orbene, questa mia iniziativa non piacque, non piacque affatto; dissero che ingenerava confusione e che non aiutava affatto…
Vista la diffidenza, anzi, l’ostilità con cui fu accolta la mia idea (e potresti chiederne al responsabile), pian piano la abbandonai…e questo è uno dei motivi per cui mi sono pian piano disamorato del (mio) DEA, pur continuando a lavorare con scrupolo…
Auguro agli altri miglior fortuna.
PG,
quando abbiamo iniziato a mettere sul computer le nostre consegne più di uno ha storto il naso ed io ero tra quelli, vedendolo come un lavoro in più da fare. Ora senza consegne ci sentiamo persi. Premesso che ogni realtà è un pochino diversa e che quindi non si possa generalizzare rimango convinto che si crede veramente in un progetto bisogna fare di tutto per realizzarlo anche se non sempre ci si riesce.
Se il tuo responsabile ti cassa un progetto, non puoi far altro che abbozzare…magari l’intraprendenza di qualcuno è vissuta come una minaccia al proprio ego? Mi è stato detto che bisogna creare le cose facendo credere al tuo responsabile che l’idea sia venuta in mente a lui. 🙂 ma io non sono così ipocrita.
Io adotto un altro sistema: dico a qualcuno che sta simpatico al responsabile cosa si potrebbe creare e fare e magari lo aiuto a farle…Ti assicuro che sto avendo maggior successo ;-)…Ma sono deluso lo stesso da quanto accaduto in passato. Le consegne scritte mi sembravano un’ottima idea, quando cominciai ad attuarle, ben prima del 2007 :-))) Quanto mi secca cercare di non essere presuntuoso (Ahahahahah!!!) Buon lavoro. Ribadisco che il tuo blog è una cosa bella e preziosa. Anche se talvolta, come stavolta, mi fa stare male…
Non posso esimermi ormai…Io penso che la consegna scritta sia tra gli elementi fondamentali del nostro lavoro: genera ordine a chi arriva soprattutto se l’eredità è pesante e se vi è il caos. Aggiungerei tra le informazioni ove è collocato fisicamente il paziente…a volte chiamiamo i pazienti urlando nei corridoi dimenticando che esistono i sordi e i dementi e sono tanti. Quindi concordo ma non con l’eccesso. Il nostro lavoro soprattutto in DEA ci costringe per ore alla solitudine e allo scarso confronto (che io detesto). Il momento della consegna va assolutamente sublimato con lo scambio e la discussione reciproca, magari mostrando fisicamente la diagnostica o la nostra impressione.
Perderi due parole anche sulla modalità. Sarò impopolare, detesto il fuggi fuggi generale all’ora di chiusura del turno. Ancor più la frase “ha tutto manca solo l’eco op tutto ok ma lo terrei ancora un pò…ecc.” Penso che a volte ci si impegna poco in questo o meglio non si ha l’onestà di dire la magica frase leggittima talvolta del “non ho capito nulla o l’ho visto quando ero troppo stanco o in questo non ho ancora le competenze o ancora ho paura”.
Quindi le due cose non vanno disgiunte anzi vanno implementate…con un “magari ce lo rivediamo insieme?”.
Per Pg, scusami non ti conosco, ma essere responsabile (e dobbiamo impararlo tutti) non è un’etichetta immutabile. La responsabilità è un ruolo che deve essere prima di tutto riconosciuto sul campo e dal gruppo. Un responsabile che “cassa” idee buone e non ascolta le idee altrui perchè minato nel proprio ego non è un responsabile autorevole e pertanto va perseguito e ostinatamente marcato. Come diceva Neruda…lentamente muore chi non ascolta gli altri o chi non dice agli altri le cose che conosce…Responsabilità vuol dire autorità in parte ma soprattutto autorevolezza e quella si guadagna con il duro lavoro. Sicuramente a fronte di un responsabile così è una buona strategia passare dal gruppo e condividere i progetti che permettono di migliorare…ma anche per questo bisogna avere responsabilità, duro lavoro, autorevolezza. Quindi ben venga scrivere ma più ancora parlarsi e condividere. Abbozzare MAI se ci crediamo!!!
Sante parole, cara Marina Civita, sante parole.
Responsabilità senza Autorità è inutile, ma Autorità senza Responsabilità è obbrobrioso…Io parlavo proprio del Responsabile dell’area medica del DEA (il vecchio “Aiuto” di Reparto).
Le consegne frettolose, siano esse scritte o verbali, sono sempre sbagliate…quelle scritte possono aiutare a fare il punto a chi le lascia, integrate dalla visualizzazione al computer.
Ma, ripeto, se il “gruppo” non è fatto di persone che pensano a migliorare il proprio lavoro (oserei dire che ad alcuni – ma credo sia statisticamente normale – non gliene frega assolutamente niente) e – soprattutto – se il Responsabile non approva idee nuove (intendiamoci, mica tutte sono da approvare…ma questa che io presentai – e ben prima del 2007 – mi pare sia condivisibile)…be’, allora c’è ben poco da fare…E’ per cose come questa che dopo 12 anni di DEA mi sono cominciato a disamorare di questo lavoro… 🙂 o anche 🙁
Caro PG…lavoriamo entrambi da 12 anni. Condivido in genere i responsabili non lo sono. Ma credo anche che questo a persone come “noi” non debba produrre effetti di disamore per il nostro lavoro. Noi lavoriamo per i pazienti e poi anche perchè crediamo in questo lavoro, faticosissimo ma grande. Sembra una visione romantica ma io mi sento estremamente fortunata a fare questo lavoro. Pochi hanno una visione tale del dolore e una possibilità di sviluppare il senso di umanità ed empatia dando valore alle cose importanti come noi. Ma io sono fortunata lavoro in un posto dove vi è accordo e condivisione, dove si esprimono le proprie opinioni e idee, dove c’è entusiasmo e dove si è capaci di sostegno reciproco…lo so sono fortunata. Niente 🙁 prima o dopo i nodi vengono al pettine io ci credo!!:-)))
C’è un posto libero dove lavori, Marina? 😉
PG tutto si può fare nella vita…se uno vuole..io romanticamente ci credo ancora! Lavoro a Pinerolo!:-)