Sappiamo che la recidiva di una pericardite è un evento comune, colpendo dal 10 al 50% dei pazienti. Da tempo la colchicina è stata impiegata nel tentativo di ridurre le recidive delle pericarditi sulla base dell’effetto favorevole che questo farmaco ha nel trattamento della febbre familiare mediterranea che notoriamente interessa le sierose.
Nel numero di questo mese degli Annals of Internal Medicine, è stato pubblicato il CORP (Cochicne for recurrent pericarditis) trial uno studio randomizzato e multicentrico in doppio cieco che ha messo a confronto colchicina e placebo in aggiunta alla terapia standard nella prevenzione secondaria della pericardite.
Sono stati arruolati 120 pazienti a cui è stata somministrata colchicina al dosaggio di 1 o 2 mg il primo giorno, seguiti da 0,5- 1 mg per 6 mesi.
End point primario è stata la percentuale di recidive a 18 mesi.
Quali sono stati i risultati?
I pazienti che hanno assunto colchicina hanno avuto una percentuale di recidiva del 24% contro il 55% dei controlli ,l’NNT uguale a 3. Lo studio ha inoltre dimostrato la riduzione della persistenza dei sintomi a 72 ore, del numero medio di recidive ed un aumento di remissioni ad 1 settimana che erano stati considerati end point secondari.
Una limitazione del lavoro è stata per ammissione stessa degli autori l’esclusione delle recidive multiple e dei pazienti in cui l’eziologia risultava esser neoplastica o batterica.
Questo studio conferma i dati precedentemente pubblicati dagli stessi autori denominati COPE e CORE compreso il fatto che l’uso degli steroidi può determinare un aumento delle recidive.
Certamente questo studio aggiunge un tassello importante nella gestione dei pazienti con recidiva di pericardite, ma alcune osservazioni , secondo me, sono d’obbligo.
Credo che, sebbene mediamente limitati a disturbi gastrointestinali , bisogna tener conto dei rischi potenziali di eventi avversi di questo trattamento quali la mielo e l’epato-tossicita e la miopatia.
Cautela inoltre va osservata, per i rischi di accumulo, nei pazienti con insufficienza renale e vanno predisposti periodici controlli della funzione renale ed epatica almeno nelle prime fasi della terapia..
Ne conseguono poi alcune domande:
- per quanto tempo estendere la terapia?
- 6 mesi sono un tempo sufficiente?
- per così lunghi periodi quale sarà l’aderenza alla terapia stessa da parte dei pazienti?
L’opinione e l’esperienza in particolare dei cardiologi sono ovviamente benvenute…