La storia
Margherita è un donna di circa 35 anni. E’ sempre stata bene. Da alcuni giorni ha iniziato ad avere stranguria e pollachiuria e poi è arrivata la febbre e un fastidioso dolore lombare.
La diagnosi di peilonefrite acuta è quasi ovvia e viene supportata da un’esame urine compatibile con un’infezione delle vie urinarie e dall’ecografia che evidenzia una lesione ipoecogena renale.
Gli ematici dimostrano una leucocitosi neutrofila, i GB infatti sfiorano i 20.000 e una PCR stellare di quasi 300.
Le condizoni generali sono discrete, anche se Margherita sembra provata da giorni di febbre.
I parametri vitali sono normali e all’EGA venoso anche i lattati sono in limiti di norma.
L’ecografia non mostra idronefrosi.
Iniziamo una terapia antidolorifica e una antibiotica empirica endovenosa, non prima di aver raccolto campioni per uro ed emocolture.
La domanda che mi fa subito Margherita é:”devo rimanere in ospedale?”
La risposta non è semplice. Ammetto di avere visto in un paio di occasioni, pazienti apparentemente “tranquilli” virare rapidamente verso la sepsi e lo shock settico, per cui in genere sono piuttosto prudente.
Questo atteggiamento è però supportato da dati di letteratura? Trattenere questi pazienti in ospedale fa veramente il loro bene?
Sono così andato a vedere, facendo una piccola ricerca su Pubmed, Dynamed Plus e UpToDate.
Vediamo cosa ho trovato.
Definizione
La pielonefrite è spesso definita dagli autori anglosassoni come un’infezione delle vie urinarie complicata, per differenziarla dalla cistite ( infezione delle vie urinarie non complicata), dove la malattia risulta confinata alla sola vescica.
Qualsiasi dei seguenti sintomi e segni rappresenta un’estensione dell’infezione oltre la vescica: (1)
- Febbre (>99.9°F/37.7°C) – Questa soglia non deve essere interpretata come assoluta, ma andrebbe individualizzata.
- Altri segni e sintomi di una malattia sistemica come ad esempio brividi e tremori
- Dolore al fianco
- Dolorabilità dell’angolo costo-vertebrale
- Dolore pelvico o perineale nell’uomo che può suggerire una prostatite di accompagnamento.
Sul New England è stata recentemente pubblicata una revisione sull’argomento dal titolo Acute pyelonefritis in Adults (2) e per quanto riguarda la definzione e i criteri diagnostici le cose sembrano un pochino più complicate.
E’ infatti opinione comune avanzare il sospetto diagnostico di peielonefrite acuta in presenza di sintomi di infezione delle vie urinarie e febbre indipendentemente dalla presenza di dolore al fianco o dolorabilità, ma non vi è accordo riguardo ai criteri diagnostici.
Sino al 20% dei pazienti infatti non presenta sintomi urinari e alcuni neanche la febbre (3)
Alcuni studi poi non hanno incluso pazienti con dolore al fianco o la dolorabilità in sede costovertebrale
La percentuale di pazienti che sviluppano una batteriemia è variabile ( <10 to >50% ) dipendendo da diversi fattori: (4 5)
- gravità della malattia
- ostruzione delle vie urinarie
- immunodepressione
- età ≥ 65 anni
Fattori di rischio
Ci sono una serie di fattori di rischio che predispongono alla pielonefrite
- fattori di rischio per la cistite
- attività sessuale
- nuovo partner sessuale
- uso di spermcidi
- storia personale o materna di infezione delle vie urinarie
Al riguardo è bene sottolineare però che solo il 3% delle pazienti che sviluppano una cistite o una batteriuria poi sviluppano una pielonefrite
- Fattori che impediscono il deflusso dell’urina
- gravidanza
- ostruzione meccanica
- Altre cause
- Predisposizione genetica come si osserva nella bassa espressività del gene CXCR1
- alta carica microbica
- alta virulenza del patogeno responsabile dell’infezione
- forse il diabete mellito
Patogenesi e decorso clinico
La pielonefrite è di solito secondaria alla colonizzazione della vescica da parte di eneterobatteri che successivamente risalgono sino al rene.
Appropriatamente trattata ha un’evoluzione favorevole e, negli stati Uniti, solo il 20% dei pazienti viene ricoverato.
la guarigione richiede sino a 5 giorni e se il paziente non migliora o peggiora dopo 24 -48 ore esiste la possibilità che siano insorte delle complicazioni.
- ostruzione associata a
- urolitiasi
- tumori
- drepanocitosi
- diabete
- ascesso renale o perirenale
- pielonefrite enfisematosa
- insufficienza renale
- lieve-moderata in genere legata alla disidratazione
- grave ( rara in assenza di fattori predisponenti quali l’ostruzione
La recidiva della pielonefrite è un evento non comune che interessa meno del 10% dei pazienti e suggerisce la presenza di fattori predisponenti
Diagnosi e trattamento
Vediamo quindi al tema di oggi: chi ricoverare
- febbre persistentemente elevata (>38.4°C/>101°F)
- dolore fortemente debilitante
- impossibilità all’idratazione o all’assunzione dei farmaci
- sospetta ostruzione delle vie urinarie
La maggior parte dei pazienti comunque può essere trattato in modo sicuro ambulatorialmente.
A questo riguardo viene citato uno studio, peraltro alquanto datato, pubblicato su Ann Emerg Med (6), su 44 pazienti trattati per 12 ore in DEA con terapia antibiotica per via parenterale e poi successivamente dinmessi.
- Sepsi o shock settico
- Condizioni di fragilità
- paziente immunodepresso
- Mallattia severa associata
- Debole condizione socio-economica
- impossibilità ad assumere terapia per os
Indicazioni all’osservazione in pronto soccorso
- Ipovolemia clinicamente significativa
- Paziente moderatamente ammalato
- Nausea e vomito
In assenza delle condizioni soperaelencate il paziente può essere dimesso.
La paziente dopo 24 ore di osservazione in DEA era ancora febbrile ed è stata ricoverata in nefrologia.
Considerazioni personali
Risuta del tutto evidente che al di la delle condizioni di criticita, nessuno si sognerebbe mai di dimettere un paziente settico, e di impossibilità ad assumere la terapia per os, la decisione di dimettere o ricoverare è fortemente influenzata dall’impressione clinica che il medico di pronto soccorso si è fatto di quel/quella paziente e del potenziale rischio evolutivo.
Personalmente ho in questi casi un atteggiamento piuttosto prudente, ma la decisione credo vada assolutamente condivisa con il paziente.
Dimettere un paziente a rischio non è certo un bene come, d’altra parte, ricoverare un paziente che potrebbe ricevere le stesse cura nell’ambiente più confortevole di casa propria.
Come quindi inquadrare il paziente e quali farmaci usare? Di questo ovviamente parleremo in un prossimo post.
Bibiografia
- UpToDate Acute complicated urinary tract infection (including pyelonephritis) in adults
- Acute pyelonefritis in adults N Engl J Med 2018 Jan 4;378(1):48-59.
- Antibiotic treatment for acute ‘uncomplicated’ or ‘primary’ pyelonephritis: a systematic, ‘semantic revision’ International Journal of Antimicrobial Agents 28S (2006) S49–S63
- Blood cultures for women with uncomplicated acute pyelonephritis: are they necessary? Clin Infect Dis 2003 Oct 15;37(8):1127-30
- Usefulness of Blood Cultures and Radiologic Imaging Studies in the Management of Patients with Community-Acquired Acute Pyelonephritis. Infect Chemother. 2017 Mar;49(1):22-30. doi: 10.3947/ic.2017.49.1.22.
- Treatment of pyelonephritis in an observation unit .Ann Emerg Med. 1991 Mar;20(3):258-61