Il paziente di oggi è uno stronzo colossale, lo stronzo per eccellenza, e probabilmente anche un pezzo di merda.
Ma è un paziente e come tale ha una sacralità che deve essere mantenuta sino alla fine. Una sacralità che deve essere tutelata dalla nostra professionalità. Anche se è un caso immaginario, è ricalcato sulla nostra pratica clinica e su quello che vediamo quotidianamente.
Mettiamogli un bel nome intriso di sicilianità ed andiamo avanti.
Rosario
Rosario è una “cardaredda” (recipiente metallico a forma di cono tronco con due manici alle estremità usato solitamente in edilizia) di fattori di rischio cardiovascolare. È uno di quelli che giunge in Area di Emergenza per dolore toracico gettando la sigaretta accesa davanti la porta del Pronto Soccorso. Ne vediamo tanti.
Crea già disordini al Triage saltando tutta la fila e facendo alzare la persona che si stava registrando.
Lamenta un dolore toracico gravativo risoltosi da pochi minuti. Ha sudato e ha avuto mancanza di fiato. Dice che si “scantò”. Lo intravedi mentre sei di passaggio e capisci che la giornata è fatta.
Un tema caldo
Oggi non tratteremo la gestione dei soggetti caratteropatici in Area di Emergenza ma di un argomento a me molto caro: la dimissione contro il parere dei sanitari od il rifiuto delle cure. Cercheremo di affrontare il tema del consenso informato e nello specifico del dissenso informato. È un argomento spinoso, caldo e pieno di insidie, sia per per noi operatori che per il paziente che rischia di andare incontro ad un danno o ad un evento avverso che non riteneva possibile. La tutela del paziente in questo momento delicato risulta essere un nostro dovere, un nostro obbligo non solo morale, ma anche legale.
Se ha firmato che problema c’è…
Sebbene molti sarebbero tentati di esclamare un “macciocapatondiano” (passatemi il termine) “Ma a me che cazzo me ne fotte a me tanto ha messo firma” tentando di eludere il problema, in realtà la situazione non è così semplice e di immediata risoluzione.
Il consenso informato (o il dissenso alle cure mediche)
E’ un elemento cruciale nell’ambito della pratica medica e del rapporto medico-paziente che risulta fondamentale per garantire il rispetto dell’autonomia del paziente, il nostro buon operato e l’etica medica.
Capita spesso di vedere verbali di Pronto Soccorso in cui l’interruzione del percorso di cura è sancito dalla frase “rifiuta osservazione” o “sollecita dimissione contro il parere dei sanitari”. Sono cose che ti fanno sobbalzare sulla sedia.
La documentazione clinica ed il percorso di cura si interrompono bruscamente e non vi è traccia di comunicazione tra medico e paziente, nè il tentativo da parte del sanitario di trattenere il paziente.
In questi verbali non traspare la comunicazione tra medico e paziente, la presa in carico del problema e la tutela del malato. Non si evince cosa il paziente abbia rifiutato e cosa il paziente abbia compreso della propria problematica. Non si capisce se il paziente ha compreso i rischi cui va incontro o se è stato indotto alla firma. Ciò rappresenta un vulnus nel percorso di cura. La mancata tutela del paziente si riflette su una documentazione che non tutela, in caso di contenzioso, il sanitario (lo pone in situazioni davvero pericolose).
Si potrebbe coniare la frase “Non tutelando non ti sei tutelato”.
È un concetto che deve essere differenziato accuratamente dalla medicina difensiva, la quale ha come obiettivo unico e solo il proprio “culo” e non la tutela del paziente.
Il consenso o il dissenso informati sono volti alla tutela del paziente ed hanno come effetto collaterale la tutela del buon operato del sanitario.
Torniamo al nostro sacro paziente.
L’elettrocardiogramma eseguito al Triage mostra solo quelle famose “alterazioni aspecifiche”. Chiede se è tutto a posto e se può andar via. Ha tanti fattori di rischio: l’età, il diabete mellito ed il fumo attivo. Gli viene spiegato che è prudente fare il prelievo per gli “enzimi”. Con reticenza accetta di sottoporsi a tutte ste “minchiate” (come le chiama lui).
Passano i minuti, non tanti, appena una sessantina.
In questo frangente ha pungolato più volte per l’esito dei test chiunque abbia una divisa (dalla donna delle pulizie al primario) perché vuole andare a casa e perché ora non avverte più quella brutta sensazione e perché “avi chiffari”. Per ammazzare “a lui” ce ne vuole.
Sei stanco perchè il turno non è dei più leggeri ed gli atteggiamenti insistenti sono un elemento distrattivo importante. Questo continuo supplizio logora anche te. Gli enzimi sono finalmente arrivati e sono per fortuna negativi.
Quando comunichi la necessità di un secondo controllo enzimatico, la labile pazienza di Rosario va in frantumi. Vi è un piccolo alterco, tendenzialmente monolaterale. Il paziente conclude il suo monologo esclamando “rammi sti carte che metto firma”.
Potremmo commentare (facile con il senno del poi) sottolineando che il problema di comunicazione è partito sin dall’inizio (dal primo contatto con il paziente) in quanto non è stato spiegato il programma diagnostico terapeutico che prevedeva elettrocardiogrammi e dosaggi enzimatici seriati.
Siamo comunque oltre e quello che richiede il paziente è di andare a casa.
In questi casi spesso il rapporto con il paziente non è dei più sereni ed il confronto è inficiato da rabbia ed ostilità. I casi di dimissione contro il parere dei sanitari caratterizzati da sereno dialogo non sono proprio la regola dato che nella maggior parte dei casi vi è stato un elemento che è stato in grado di turbare il rapporto (la cosiddetta alleanza) medico-paziente che ha decretato la fine del percorso in modo brusco e violento.
In molti casi il confronto porta con se offese ed insulti tanto che la tentazione del “firmi qui e se ne vada senza farsi più rivedere” è forte. Più è forte, più è fortemente errata.
È proprio a questo punto che dobbiamo prendere nuovamente in carico il paziente avviando nel miglior modo possibile una chiara e distesa comunicazione, cosa non sempre facile.
Se, come accennato, da un lato risulta facile ed istintivo concludere rapidamente il percorso di cura ed il verbale con un secco “prego firmi qui” sotto un superficiale “rifiuta osservazione” o “si dimette contro il parere dei sanitari” questo certamente non è un meccanismo di tutela del paziente né un percorso che permetta al paziente una sua corretta e consapevole autodeterminazione.
Il “prego firmi qui” non tutela il paziente e certamente non tutela il sanitario in alcun modo.
È un concetto che dobbiamo fissare per bene nelle nostre menti. Spesso i più giovani chiedono consiglio ai più grandi e la risposta è sempre la stessa: “Ha messo firma? Basta, è stata una scelta sua. Tu sei a posto”
È realmente così?
Bisogna porsi alcune domande:
- Cosa ha compreso il paziente della sua situazione clinica?
- Cosa ha rifiutato?
- Cosa ha compreso dei rischi cui va incontro?
- Aveva degli strumenti per poter comprendere la sua situazione?
- Se avesse saputo o capito, se gli avessimo fornito gli strumenti adeguati, avrebbe effettuato la stessa scelta?
- In caso di contenzioso o di richiesta di risarcimento la documentazione clinica è in grado di tutelare il sanitario?
- Il paziente è stato indotto a firmare o manipolato nella scelta?
- Si evince una corretta informazione del paziente ed un supporto del paziente nella scelta oppure una sbrigativa e superficiale dimissione intrisa di negligenza?
- Cosa verrebbe percepito da chi analizza la documentazione clinica?
Queste sono tutte domande che siamo tenuti a fare nel momento in cui il paziente richiede una dimissione contro il nostro parere.
Ma quali sono le caratteristiche di un buon consenso o dissenso informato?
Quali sono gli elementi imprescindibili che il medico (o il sanitario in generale) deve fornire?
I criteri
Un buon consenso informato deve soddisfare alcuni criteri per essere valido sia da un punto di vista etico che legale (in questi contesti spesso ciò che etico e morale risulta legale).
- Informazione completa ed esaustiva
devono essere fornite informazioni chiare, accurate e complete sulla situazione clinica. Le informazioni devono comprendere:
- la scelta di trattamento
- rischi e benefici (che devono essere citati) di ciascuna opzione
- le alternative terapeutiche
- le conseguenze del rifiuto del trattamento
- possibili scenari in caso di rifiuto
Anche in presenza di un paziente sanitario o di soggetti con elevato livello culturale le informazioni devono essere date in modo completo e non date per scontate. Questa superficialità risulta purtroppo essere un errore comune (“paziente medico, sa a cosa va incontro rifiutando l’osservazione”)
Comprensibilità
Le informazioni devono essere comunicate in un linguaggio comprensibile ed adatto al paziente in oggetto, tutore o genitore cercando in tutti i modi di evitare laddove possibile termini eccessivamente tecnici che potrebbero risultare inaccessibili.
È importante non modificare eccessivamente questo atteggiamento anche in presenza di soggetti con elevato livello culturale o in sanitari. Il linguaggio deve essere adatto al ricevente. Se in un paziente specialista in cardiologia possiamo scrivere nel consenso che la troponinemia è negativa in un soggetto non sanitario risulta più corretto utilizzare termini quali ad esempio “indici di laboratorio di danno cardiaco risultano normali o nella norma” o “gli esami di laboratorio risultano negativi per danno cardiaco”. Ciò avvicina il dissenso a quello che dovrebbe essere: “informato”.
Valutare la capacità decisionale
Deve essere accertato che il paziente sia in grado di comprendere le informazioni fornite e di prendere decisioni autonome ed adeguate. Se il paziente non è in quel momento in grado di comprendere le informazioni a causa di problemi cognitivi o di comunicazione, il consenso o il dissenso deve essere ottenuto da un tutore legale o da una persona autorizzata a prendere decisioni per conto del paziente.
Se il paziente non è in grado di prendere decisioni ed il tutore non è presente o non esiste, nessun dissenso o consenso può essere ottenuto.
In caso di scelte tempo-dipendenti è chiaro che bisogna valutare il procedere in urgenza.
Assoluta volontarietà del paziente o del tutore
Il paziente deve dare il consenso in modo volontario, senza costrizioni o pressioni esterne. Non deve essere soggetto a coercizione o induzione da parte del personale medico o di terzi.
Libera scelta senza imposizioni e senza induzioni.
Possibilità di revoca del consenso o del dissenso
Il paziente deve essere informato della possibilità di revocare il dissenso in qualsiasi momento.
Il paziente deve sapere che può andare via e automaticamente ripensarci prima di salire in macchina e registrarsi nuovamente al Triage. Questa evenienza deve trasparire dal dissenso.
Documentazione clinica
Il consenso informato dovrebbe essere documentato per iscritto.
Deve contenere l’anagrafica del paziente, data e ora, le informazioni fornite al paziente, la firma riconoscibile del paziente (o del suo tutore legale, se applicabile) e la firma e timbro del professionista sanitario che ha fornito le informazioni.
E’ previsto che il consenso o il dissenso possano essere effettuati in formati alternativi (quali audio e video) in casi specifici. Il consenso o il dissenso del paziente dovranno comunque risultare ineccepibili e non interpretabili.
Cosiddetta comunicazione continua
Nel contesto del consenso e del dissenso informato la comunicazione tra il paziente e il professionista sanitario deve essere continua e aperta, consentendo al paziente di porre ulteriori domande o discutere adeguatamente ulteriori preoccupazioni o incertezze.
Dal dissenso si deve evincere che il paziente ha avuto modo e tempo di chiedere informazioni sul suo stato di salute.
Registro e conservazione
Il consenso informato dovrebbe essere registrato nei documenti clinici del paziente e conservato in modo sicuro per scopi legali e medici.
Alla luce di quanto esposto vediamo due scenari possibili (agli estremi) di dissenso dell’auto-dimissione del nostro Rosario.
Ripassiamo il caso:
Dolore tipico con accesso precoce in Area di Emergenza. Tanti fattori di rischio. ECG e Prima troponina negativa. Situazione a chiaro rischio evolutivo.
Scenario 1.
“Il paziente sollecita la dimissione contro il parere dei sanitari”.
Scenario 2.
“Rosario Russo nato il 16/09/1975 a Palermo ed ivi residente.
Verbale di Pronto Soccorso Numero Ventordici milioni 703.
11/09/2023 ore 17:30
Il paziente ha più volte manifestato la volontà di dimettersi volontariamente dall’Area di Emergenza contro il fermo parere dei sanitari. Per tale motivo è stato effettuato colloquio con lo stesso per informarlo della situazione clinica e dei rischi correlati alla sua decisione.
Il paziente è stato informato che nonostante la negatività dei test eseguiti (elettrocardiogramma e troponinemia – indice di laboratorio di danno cardiaco) il sospetto clinico di infarto del miocardio o sindrome coronarica acuta (patologie cardiache potenzialmente letali) risulta al momento ancora valido.
Al fine di escludere una problematica cardiaca urgente risulta necessario un secondo dosaggio della troponinemia (il primo dosaggio potrebbe essere falsamente negativo) e nuovo elettrocardiogramma.
Il paziente è stato inoltre informato della presenza di molteplici fattori quali obesità, diabete mellito e fumo di sigaretta che lo pongono ad elevato rischio di infarto del miocardio. La negatività del secondo prelievo non escluderà la necessità di prolungare l’osservazione per effettuare ulteriori approfondimenti o addirittura il ricovero in ambiente cardiologico (probabilmente necessario).
Si informa infine che la mancata diagnosi di infarto del miocardio lo espone ad un rischio estremamente elevato di peggioramento del suo stato di salute per invalidità permanente (sviluppo di insufficienza cardiaca – con possibile sviluppo di difficoltà respiratoria da sforzo o a riposo) ed a rischio di decesso (vi è la possibilità di sviluppo di disturbi del ritmo cardiaca gravi e responsabili di morte improvvisa).
Non vi sono al momento alternative diagnostiche adeguate.
Ciò esposto, è stato fornito al paziente tempo adeguato per prendere in serenità la decisione e per porre domande.
Lo stesso ha compreso quanto esposto e ha ritenuto le informazioni fornite adeguate ed esaustive.
Conscio della propria situazione clinica e consapevoli dei rischi a cui si espone il paziente rifiuta osservazione clinica richiedendo la dimissione al proprio domicilio interrompendo il percorso di cura.
Si informa il paziente che il dissenso alle cure mediche ed al trattamento può essere ritirato in qualsiasi momento. Si resta a disposizione per qualsiasi modifica decisionale. Si consiglia infine valutazione cardiologica a breve e accesso in Area di Emergenza o contattare il 118 se ripresentazione del sintomo”.
Veramente?
Alla lettura di questo dissenso molti storceranno il naso e parleranno di delirio medico-legale sottolineando che in Pronto Soccorso questo tempo non lo si ha, che l’utilizzo del tempo per comunicare con un soggetto del genere è tempo sprecato: tanto basta che firmi. Non è così ed il tempo se non lo si ha bisogna inventarlo.
Un paziente con un sospetto infarto che interrompe un percorso di cura ha il diritto di avere dedicati alcuni minuti del nostro tempo: è un codice rosso! Noi abbiamo il dovere di darglielo.
Quanto descritto non è un episodio di fantascienza, è una evenienza comune e se i tempi delle nostre Aree di Emergenza non consentono di avere tempo di scrivere di getto un consenso o un dissenso informato completo dovremmo avere un archivio con delle basi o delle bozze da poter seguire mentre affrontiamo il colloquio con il paziente e da modificare-adattare al caso specifico. Non è qualcosa di impensabile che un paziente rifiuti osservazione ed il nostro compito è essere lì in modo adeguato e tempestivo, con tutta la nostra professionalità. D’altronde se abbiamo i pre-stampati per il consenso alla toracentesi perché non dovremmo avere i pre-stampati per il dissenso all’osservazione o al ricovero?
Parliamoci chiaro, il consenso informato ed il dissenso informato sono visti come delle seccature, delle pratiche burocratiche che nulla hanno a che vedere con la cura del malato e che inficiano il rapporto medico-paziente. Niente di più falso.
Questi sono dei veri e propri preconcetti che nulla hanno a che vedere con il consenso informato che rappresenta la testimonianza di un patto, di una vera e propria alleanza medico-paziente. È l’attestazione di una presa in carico del malato, l’attestazione della partecipazione attiva del malato al percorso di cura, l’attestazione di una condivisione di informazione, l’attestazione che a quel paziente è stato dedicato del tempo e non vi è stata superficialità o negligenza, è la testimonianza che sono stati presi in esame tutti gli aspetti del percorso di cura.
È la testimonianza che nella confusione dell’Area di Emergenza ci siamo inventati un tempo inesistente per spiegare e per scrivere con dovizia di particolari una specifica situazione clinica, che siamo riusciti a tradurre in parole semplici e comprensibili una situazione complessa, che abbiamo con grande sacrificio fornito al paziente il tempo adeguato per fare domande e rispondere: abbiamo dato modo al paziente modo di scegliere con consapevolezza.
Comunicando abbiamo curato e questo non è solo etica ma anche legge.
“Il tempo di comunicazione è tempo di cura”.
Ma come è finita con il nostro paziente intriso di cotanta sacralità?
Vi siete fatti santo, eremita ed emanuense ed avete comunicato. Avete mostrato tutta la vostra professionalità mentre spiegavate passo per passo gli aspetti più salienti del dissenso. Pur comprendendo quello che dicevate egli vi ha guardato come se foste il Drago di San Giorgio.
Terminato il colloquio chiedete, con il più finto dei sorrisi e con barlumi di empatia, se ha domande e necessità di approfondimento.
La risposta è dura e secca:
“Allora se firmo tutti sti minchiati me ne posso andare?”
“Si”
Riferimenti:
- Nicola Posteraro. La responsabilità del medico nelle prima applicazioni della legge Gelli-Bianco. Dike Giuridica Editrice. 2019
- Sara Del Sordo, Cristina Lombardo, Autori Vari. Responsabilità Sanitaria in 100 domande. Dalla Legge Gelli alla Legge sul consenso e sulle DAT. Maggioli Editore. 2019
Grazie per il post. Trovo comunque triste che il tutto sia condizionato, e pesantemente, dallo spettro delle conseguenze legali. Lavoro attualmente in Francia e qui fanno firmare il consenso solo le gesti molto invasivi (chirurgia, biopsie tc guidate o biopsie epatiche), per me è stato un piccolo shock scoprire che neanche per le trasfusioni lo fanno! Follia in Italia! E questo non riduce in alcun modo il fatto che spieghino ai pazienti i rischi e benefici delle procedure. Detto ciò fanno firmare anche loro per le auto dimissioni, ma senza troppe storie, o perlomeno nel reparto in cui sono io…
Cerco di spiegare sempre i rischi a cui si sottopone il paziente e se presente coinvolgo almeno un parente, o comunico telefonicamente il rifiuto del paziente , presente durante la telefonata, ad un parente stretto. Ciò nonostante i problemi di lavoro alla fine economici prevalgono sulla salute, solo le mamme che hanno più figli da gestire chiedono la dimissione anticipata per motivi famigliari. E poi è necessaria un’informatica per più patologie oltre che per SCA o possibile infarto.
Caro Mauro, grazie per un bel post su un argomento delicato ma troppe volte declinato con troppa superficialità (o addirittura con ignoranza). Mi permetto solo un’osservazione: il tempo dedicato alla comunicazione è tempo di cura, ed il tempo dedicato a spiegare, illustrare, rispiegare non è mai tempo perso ed anzi, di fronte ad un rifiuto delle cure, è parte pienamente integrante del percorso di cura. Il tempo dedicato a dover minuziosamente ed estesamente descrivere quanto detto verbalmente è, quello sì invece, il frutto di un delirio medico-legale di cui siamo purtroppo tutti stati resi schiavi. Ma non ci sono purtroppo alternative per la propria difesa.
Ti ringrazio per il commento. Bisogna mettersi nell’ ottica che non vi sia alcuna differenza tra la scrittura di un consenso (o dissenso) ed un aggiornamento in cartella clinica. Nessuno di noi ometterebbe di scrivere una ecografia in cartella solo perchè negativa o nessuno di noi la scriverebbe solo per potersi difendere. È l’ attestazione di una prestazione e del nostro buon operato.
Allo stesso modo il consenso o il dissenso attestano la nostra attenzione nei confronti del malato e la sua autodeterminazione (é un concetto quest’ divenuto culturalmente e legalmente molto importante, vincolante). Purtroppo non ci sono alternative adatte alla carta o formati audio/video per l’ attestazione di questo evento.