È una calda notte d’estate, inspiegabilmente tranquilla, una di quelle notti dove la frase “Forse riuscirò a chiudere un occhio” aleggia nell’aria insieme a quella calda brezza nel nostro PS.
Veniamo però a conoscenza di un incidente stradale accaduto non lontano dal nostro DEA, quindi ci prepariamo ad accogliere i nostri futuri e possibili pazienti.
Per fortuna quasi nessuno dei soggetti rimasti coinvolti nell’incidente ha riportato grosse lesioni, fra tutti però c’è C.D.
C.D. è una donna di 42 anni, sempre stata bene, nulla in anamnesi. Era di rientro a casa dopo una serata in discoteca con il marito. Erano in macchina, lui alla guida e lei seduta lato passeggero. “Forse mio marito ha bevuto un po’ troppo, ma riusciva a guidare”, sono le prime frasi che dice, e poi “Ma no, infermiera, non si preoccupi, è solo una botta, ho solo un po’ di male al fianco”.
Improvvisamente però la situazione appare meno tranquilla di solo qualche minuto prima.
C.D. sostiene di non respirare tanto bene e riferisce che il dolore al fianco sinistro è aumentato, la sua saturazione d’ossigeno periferica raggiunge 80%. C.D. salta la fila, viene scaraventata dentro il box visita, la sua saturazione risulta essere davvero quella che la collega infermiera aveva misurato qualche secondo prima, e la pressione è 60/40, frequenza cardiaca 130 ritmica e frequenza respiratoria 26/min; le cose chiaramente non vanno bene. Cominciamo a capire meglio cosa è successo, C.D. ricorda e riferisce chiaramente che ad un incrocio una macchina era venuta addosso alla loro e che lei aveva sbattuto con il fianco sinistro al bracciolo della macchina, proprio là dove aveva quel dolore.
Riassumendo..
Insomma, C.D. ha subito un trauma ad alta dinamica, le vie aeree sono pervie, è tachipnoica e chiaramente sofferente, all’auscultazione il polmone di sinistra è praticamente fermo, è gravemente ipotesa, ha forte dolore alla palpazione dell’emicostato di sinistra…tutti gli indizi ci portano verso uno pneumotorace iperteso. Come in una catena di montaggio, ci muoviamo rapidamente, le colleghe infermiere reperiscono due accessi venosi e registrano un ECG che mostra un sottoslivellamento in antero-laterale da v2 a v6.
Contemporaneamente, viene sviluppata un’emogasanalisi alla quale si evidenzia acidosi metabolica con lieve ipossiemia, un lieve aumento dei lattati, e un’anemia moderata (Hb 10).
E allo stesso tempo facciamo una POCUS: sliding praticamente assente con evidenza di lung point all’emicostato sinistra, evidenza di fratture costali multiple, almeno 3 ravvicinate, severo versamento pleurico monolaterale a sinistra…è un emotorace massivo. Da bravi didattici diamo una rapida occhiata anche al cuore e all’addome, l’aorta ascendente, così come quella addominale, è di normali dimensioni, non segni di flap, lieve ipocinesia della parete antero-laterale del ventricolo sinistro, non versamento libero in addome e una dubbia lesione anche sulla milza che poi, per fortuna, risulterà negativa alla TC addome
Raccolti tutti i dati utili è il momento del fare, ma c’è solo una cosa da fare: drenare l’emotorace in urgenza, ed è ciò che facciamo. Non appena inseriamo l’ago di Verres nel torace di C.D. al IV spazio intercostale lungo la linea ascellare ed iniziamo a drenare il sangue dal cavo pleurico, i parametri emodinamici di C.D. tornano a livelli accettabili. Intanto chiediamo anche una sacca di emazie concentrate zero negativo, e somministriamo acido tranexamico e fentanyl per il forte dolore. Posizioniamo il drenaggio in aspirazione e mandiamo la paziente ad eseguire la TC torace-addome che poi confermerà tutto quello che clinicamente ed ecograficamente avevamo supposto.
Ecco arriva il cardiologo…
Si, adesso arriva il cardiologo presente quella notte in PS come consulente che ci fa notare quel sottoslivellamento in antero-laterale al primo ECG registrato, cosa notata anche da noi, ma che avevamo correlato alla situazione emodinamica instabile della paziente, al potente trauma sternale che aveva subito o al quadro cardio-respiratorio precario. Di certo era impensabile eseguire una coronarografia e, quindi, un’eventuale anti-aggregazione e anticoagulazione, basandoci solo sul dato dell’ECG e forse anche su quella lieve ipocinesia che avevamo notato all’ecografia bed-side, in un trauma severo come quello e con quasi due litri di sangue che alla fine siamo riusciti a drenare. Ma allora perché quel tracciato era effettivamente così preoccupante? Se solo per assurdo la nostra C.D. fosse stata lei al volante anziché il marito, come avremmo dovuto interpretare quell’ECG?
È l’infarto che ha causato l’incidente o il contrario?
Contusione Miocardica
La contusione miocardica è una rara complicanza di un trauma toracico ad alto impatto, spesso si verifica a seguito di incidenti automobilistici, a causa della rapida decelerazione tipico della seat-belt syndrome, ma è comune anche a seguito di traumatismi sportivi soprattutto nei giovani, o a seguito di aggressioni fisiche.
Fisiopatologia
Si sa ancora poco su cosa succede dal punto di vista fisiopatologico quando il miocardio subisce un trauma toracico severo. Sappiamo che può condurre ad una varietà di conseguenze diverse, rottura di cuore, danni alle valvole o alle coronarie, aritmie cardiache e contusioni miocardiche. E sappiamo che l’incidenza di una correlazione tra la dissezione acuta coronarica e l’infarto del miocardio è di circa il 2% nel setting del trauma. L’arteria discendente anteriore è l’arteria che viene maggiormente coinvolta (76%), seguita dalla coronaria destra (12%) e dalla circonflessa (6%)[1].
Pochi studi effettuati su modelli sperimentali animali hanno dimostrato che il rapido aumento della pressione intracavitaria determina un’eccitazione dei canali K ATP-dipendenti “stretch-sensitive” dei cardiomiociti, che a sua volta amplifica la dispersione della ripolarizzazione. Questo si verifica nell’ischemia miocardica e in corso di fibrillazione ventricolare, ma è stato dimostrato lo stesso meccanismo nella contusione miocardica. E ciò spiegherebbe l’aumento di rischio di aritmie letali e le alterazioni del tratto ST a seguito di traumi toracici severi. Tanto è vero che i modelli sperimentali pretrattati con bloccanti dei canali K ATP-dipendenti hanno sperimentato una riduzione statisticamente significativa di fibrillazione ventricolare dopo il trauma.[2]
Indicativa anche la concordanza tra il trauma toracico e la ridotta impregnazione contrastrografica dimostrata alla RM in alcuni case report, che testimonia effettivamente la presenza di un danno miocardico anche in assenza di alterazioni elettrocardiografiche ed ecocardiografiche, ma è pur sempre presente un rialzo dei valori di troponina[3].
Diagnosi
L’elettrocardiogramma è considerato test diagnostico di classe I, ma l’estrema variabilità dei reperti non ci aiuta; a seguito di un trauma toracico severo, possiamo avere alterazioni aspecifiche del tratto ST, onde Q patologiche, bradicardie sinusali, blocchi atrio-ventricolari, battiti ectopici prematuri precoci. Tra il 40% e 83% dei pazienti con contusione miocardica avrà un ECG alterato. La fibrillazione ventricolare, causa di decesso più comune in questo setting, si manifesta entro le 24-48h.
Riguardo invece i markers cardiaci, Troponina in particolare, potrebbero risultare alterati nel trauma severo, difficile correlarli solo a quello oppure ad un effettivo danno miocardico in corso. Raggiungono un picco alle 12-48 ore dal trauma e poi tendono a scendere nelle successive ore di osservazione. Sono sicuramente molto specifici per effettuare rule-out, perché se negativi in presenza di un ECG normale il paziente può essere dimesso, ma se positivi ed in presenza di alterazioni elettrocardiografiche, implicano una loro ripetizione a 6-8h ed un monitoraggio del paziente per almeno 24-48h [4].
L’ecocardiogramma è considerato il secondo step qualora ECG e troponina risultino alterati, con quello transesofageo più sensibile rispetto alla versione transtoracica, perché in grado di visualizzare meglio anche una possibile rottura aortica all’istmo, e il tratto di outflow del ventricolo destro [5]. L’ecocardiogramma transtoracico sembra non avere una buona correlazione con ECG e biomarkers di necrosi. È stato altresì dimostrato che circa il 75% dei pazienti, a seguito di un trauma, presenta una disfunzione diastolica valutabile al’ecocardiogramma, e che sia la velocità diastolica di picco sulla valvola mitrale (Em), misurata con il TDI, così come il rapporto E/Em, risultano ridotti, in particolare Em risulta spesso inferiore a 6.0 cm/sec (v.n. >9.6 cm/s), così da testimoniare un alterazioni del rilascio diastolico del ventricolo sinistro[4] .
Il gold-standard è la valutazione istopatologica del tessuto danneggiato post-mortem, ovviamente non sempre applicabile.[6]
Cosa Fare?
Qui lascio due algoritmi diagnostici che potrebbero tornare utili:
Essenzialmente se il paziente è instabile l’ecografia fa da padrone per rapidità d’esecuzione, in particolare se transesofagea e se questa è anormale, è necessario un monitoraggio stretto del paziente durante la degenza.
Se invece il paziente è emodinamicamente stabile, ECG, RX torace, e Troponina, devono essere considerati i primi step da effettuare, associandoli ai rilievi ecocardiografici, anche qui meglio se transesofagei. Bisognerebbe continuare a monitorare il paziente tramite elementi clinici e strumentali nei giorni degenza, e sarà possibile dimettere il paziente solo a normalizzazione dei livelli dei biomarkers e delle alterazioni elettrocardiografiche che comunque dovrebbero verificarsi gradualmente dopo le 48-72h di osservazione [4][5][6].
Terapia
Il trattamento di un paziente con sospetta contusione miocardica rimane di supporto, è necessaria una terapia antiaritmica nel caso in cui si presentino aritmie, mentre ne è sconsigliata la profilassi, così come è necessaria la prevenzione di tutte le alterazioni elettrolitiche o metaboliche che aumentano l’irritabilità miocardica (acidosi metabolica, disordini elettrolitici…). Migliorare il quadro respiratorio del paziente con una ventilazione assistita può anche essere utile nel ridurre la pressione transtoracica che agisce direttamente sulle pareti miocardiche. In presenza di shock, riempimento volemico seguiti da vasopressori ed inotropi rappresentano come al solito i principali step da seguire [7].
Ma… C.D.?
Dal suo cavo pleurico abbiamo drenato circa 2 litri di sangue, si è mantenuta sempre emodinamicamente stabile, il giorno dopo è stata trasferita in Terapia Intensiva dove ha eseguito alcuni cicli di NIV a bassi volumi e bassa PEEP per il riassorbimento delle contusioni polmonari ed allo stesso tempo evitare che si espandesse una piccola falda di PNX, rimasta qualche giorno e, poi, completamente riassorbita.
Come nei precedenti studi qui riportati, anche la Troponina di C.D. ha avuto un picco dopo 48 ore fino a circa 18000, per poi diminuire nei giorni successivi, così come sono scomparse le alterazioni elettrocardiografiche ed anche l’ipocinesia che avevamo notato al primo ecocardiogramma.
Alla fine è andata bene a C.D., anche grazie ad un Primario appassionato da anni di trauma, e ad uno specializzando al II anno di MEU forse anche un po’ troppo sfacciato nel tentativo di drenare il suo primo emotorace in urgenza…
Bibliografia
[1] S. Shah, S. Huda, and V. Raj, ‘Blunt Chest Wall Trauma and Troponin Elevation: Is It a Cardiac Contusion or a Myocardial Infarction?’, Am J Med, vol. 134, no. 2, pp. e113–e114, Feb. 2021, doi: 10.1016/j.amjmed.2020.06.049.
[2] M. S. Link, ‘Pathophysiology, Prevention, and Treatment of Commotio Cordis’, Curr Cardiol Rep, vol. 16, no. 6, p. 495, Jun. 2014, doi: 10.1007/s11886-014-0495-2.
[3] G. Duclos, U. Scemama, M. Leone, and L. Zieleskiewicz, ‘Concordance of longitudinal strain and MRI in a case of myocardial contusion in a patient with normal conventional 2D echocardiography’, Intensive Care Med, vol. 44, no. 11, pp. 1949–1950, Nov. 2018, doi: 10.1007/s00134-018-5235-4.
[4] P. L. Gautam, ‘Evaluation of Myocardial Injury using Standard Diagnostic Tools and Tissue Doppler Imaging in Blunt Trauma Chest’, JOURNAL OF CLINICAL AND DIAGNOSTIC RESEARCH, 2017, doi: 10.7860/JCDR/2017/22746.10069.
[5] Z. Alborzi et al., ‘Diagnosing Myocardial Contusion after Blunt Chest Trauma’, 2016. [Online]. Available: http://jthc.tums.ac.ir
[6] E. M. M. van Lieshout, M. H. J. Verhofstad, D. J. T. van Silfhout, and E. A. Dubois, ‘Diagnostic approach for myocardial contusion: a retrospective evaluation of patient data and review of the literature’, European Journal of Trauma and Emergency Surgery, vol. 47, no. 4, pp. 1259–1272, Aug. 2021, doi: 10.1007/s00068-020-01305-4.
[7] C. U. Plautz, A. D. Perron, and W. J. Brady, ‘Electrocardiographic ST-segment elevation in the trauma patient: Acute myocardial infarction vs myocardial contusion’, American Journal of Emergency Medicine, vol. 23, no. 4, pp. 510–516, Jul. 2005, doi: 10.1016/j.ajem.2004.03.014.