Il “giro” in OBI è da poco finito, Ciro, l’infermiere che mi ha fatto la visita con me, commenta:” Carlo, hai visto quanti pazienti stanno prendendo antibiotici in reparto, e da quanto tempo? Secondo te è normale? Ogni giorno ci arrivano dal laboratorio notifiche di pazienti con germi multiresistenti? Cosa possiamo fare per ottimizzare la terapia?”
Queste breve cappello introduttivo, per simulare una situazione che ahimè penso sia diventata molto comune all’interno dei nostri ospedali, non solo in pronto soccorso.
E’ da poco uscita una Cochrane che ha fatto il punto su come implementare una migliore aderenza prescrittiva degli antibiotici in ospedale da parte dei medici.
Sebbene credo che diversi di voi abbiano letto il post su Evidently Cochrane “il bastone e la carota”, l’argomento è troppo importante per non offrire uno spunto di discussione anche su EMpills.
E’ noto che l’antibiotico resistenza rappresenta un problema nodale per la salute pubblica.
Prescrizione diffusa e inadeguata di antibiotici, sia per quanto le indicazioni che per la durata, ha portato a selezionare germi non più contrastabili cion l’attuale armamentario terapeutico.
Il risultato? Un diffuso aumento della mortalità e della durata del ricovero ospedaliero.
Diversi studi hanno dimostrato che in circa la metà dei casi i medici ospedalieri non prescrivono antibiotici in modo adeguato.
Lo studio
- interventi restrittivi che obbligavano i medici a seguire determinate regole prescrittive
- tecniche basate su consigli e feedback volte a una prescrizione più consapevole
In entrambi i casi l’obiettivo era aumentare l’adeguatezza prescrittiva degli antibiotici da parte del medico, in modo da limitarne la somministrazione ai pazienti che ne avevano veramente bisogno.
L’analisi e i risultati
Sono stati così considerati 29 studi randomizzati per complessivi 23.394 pazienti.
L’analisi dei dati ha evidenziato che quando almeno un’intervento veniva messo in campo si verificava una maggiore aderenza prescrittiva alle linee guida.
Vi era infatti un incremento del 15% di adeguatezza prescrittiva, passando dal 43% del trattamento standard al 58% in cui il trattamento era uniforme alle linee guida.
Gli interventi poi erano in grado di ridurre:
- la durata della terapia antibiotica per ogni paziente da 11 a 9 giorni
- probabilmente anche quella della degenza ospedaliera da 13 a 12 giorni.
La qualità dell’evidenza è stata considerata molto alta – high certainty-
L’analisi di 28 studi randomizzati ha poi evidenziato un rischio di morte dell’11% in entrambi i gruppi, suggerendo che una riduzione della terapia antibiotica non ne aumentava la mortalità.
La valutazione di 26 studi randomizzati ha dimostrato solo una limitata evidenza nel ridurre le infezioni ospedaliere.
Quale tecnica è migliore?
Interventi restrittivi sono costantemente risultati più efficaci che la semplice educazione come quella che deriva da incontri con distribuzione di linee guida.
L’aggiunta di tecniche basate su consigli e feedback miglioravano i risultati quando aggiunte a quelle restrittive sebbene solo nel 10% dei casi venissero utilizzate nella loro veste migliore (goal-setting, feedback, and action planning.)
Le conclusioni del autore principale della revisione Peter Davey dell’università di Dundee sono state:“This Cochrane Review shows that a wide variety of different interventions have been successful in safely reducing unnecessary antibiotic use in hospitals… e ancora
…“We do not need more studies to answer the question of whether these interventions reduce unnecessary antibiotic use, but we do need more research to understand why the most effective behaviour change techniques are not more widely adopted within hospital setting…”
Al riguardo non perder anche l’editoriale di accompagnamento Antimicrobial stewardship: we know it works; time to make sure it is in place everywhere
Considerazioni personali
La prima riflessione che viene da fare è che quaesta Cochrane sembra scoprire l’acqua calda riguardo all’uso inappropriato degli antibiotici in ospedale e sulla necessità di prendere provvedimenti per correggere questa bib buona pratica clinica. Meno scontato è ovviamente quale tecnica utilizzare per ottenere il risultato.
Col tempo mi sono persuso chein questo ambito il bastone, ovvero uno stretto controllo da chi ha il mandato in ospedale si sovraintendere all’applicazione delle linee guida sia meglio della carota, basata su un diffcile e talvolta inattuabile feedback da parte degli operatori.
Pronto a ricredermi e Interessato a sentire il vostro punto di vista.
Nel mio ospedale da un paio d’anni a questa parte gli infettivologi hanno organizzato un progetto per cui, una volta a settimana, passano nei vari reparti (non credo ancora proprio tutti i reparti) e si discutono TUTTE le terapie antibiotiche in atto: il consumo di antibiotici si è ridotto, così come la durata delle terapie, l’utilizzo di carbapenemi e la spesa antibiotica (si parla di cifre nell’ordine di tipo 100.000 euro/annui risparmiati).
Tra l’altro questo ha portato ad una maggior formazione dei medici sulla gestione della terapia antibiotica (a forza di confrontarsi settimanalmente con l’infettivologo).
Questo, affiancato a massicce campagne di educazione degli operatori sul lavaggio delle mani, sta riducendo il numero di germi MDR/XDR.
Per cui anche io sono per il bastone, in questo caso.
Chiara,
grazie di evere condiviso la tua esperienza.
Un corretto modo di procedere che andrebbe sicuramente diffuso.