domenica 6 Ottobre 2024

Prono a Provare

Pronare o non pronare?

La fanno gli intubati, folks

La pronazione (prone position, PP) prevede prevede il posizionamento del paziente con il lato ventrale verso il basso e il lato dorsale verso l’alto. La PP è utilizzata fin dal 1970 per trattare la severa ipossiemia nel pz con ARDS in ventilazione invasiva. Il presupposto fisiologico alla base di tale strategia terapeutica è un reclutamento alveolare delle aeree dorsobasali polmonari non aereate e non reclutate (che sono fra l’altro le aree polmonari più grandi e funzionalmente più importanti rispetto alle zone anteriori), una diminuzione della eterogeneità della compliance, una più omogenea inflazione e ventilazione polmonare, un miglioramento del accoppiamento ventilazione/perfusione, una distribuzione più uniforme delle forze meccaniche di ventilazione, un incremento del volume polmonare telespiratorio, una prevenzione del danno polmonare indotto dal ventilatore (VILI – ventilatore induced lung injury) tramite una distribuzione più uniforme del volume corrente.

Quindi perché dovrebbe funzionare?

In modo intellegibile, possiamo considerate che il mismatch ventilatorio perfusivo è migliorato in posizione prona, per riduzione dello shunt ed aumento della quota di polmone in cui vi è sia perfusione che ventilazione Tre meccanismi fisiologici sono all base di ciò:

  1. La perfusione polmonare dominante dorsale e diaframmatica nella posizione supina non è modificata in posizione prona.
  2. La formazione di atelettasia è ridotta in posizione prona. In posizione supina la infiammazione/ patologia e la ventilazione a pressione positiva aumentano la formazione di di atelettasia nelle porzioni polmonari dipendenti, a causa di una minore pressione pleurica negativa e del peso delle strutture toraciche. In PP la formazione di atelettasia è meno pronunciata nelle porzioni anteriori a causa di una pressione pleurica più negativa, di una ridistribuzione per gravità dei liquidi e perché il peso del cuore convoglia sullo sterno e non più su zone polmonari.
  3. La posizione prona devia la ventilazione su regione più perfuse. Nei polmoni malati o ventilati meccanicamente con atelettasie delle porzioni polmonari dipendenti, la ventilazione si sposta sulle regioni ventrali, dovuto anche al peso dei visceri addominali ed al lavoro inficiato del diaframma. In posiziona prona la formazione delle atelettasie è ridotta e la ventilazione è parzialmente spostata sulle regioni dorsali meglio perfuse.

In sintesi, la posizione prona quindi provvede una più uniforme perfusione e sposta la ventilazione a segmenti polmonari meglio perfusivi. La stessa posizione dovrebbe facilitare un miglioramento del drenaggio delle secrezioni. La pronazione è un utile strumento protettivo del VILI. Pronando il paziente le aree polmonari possono essere reclutate a pressione minore senza danno al polmone.

Ma funziona davvero?

La letteratura degli ultimi anni ha dimostrato come la PP nella ventilazione invasiva con sessioni di circa 12-16 ore, in pazienti con ARDS moderata severa migliora la ossigenazione, espressa come rapporto P/F (pressione di ossigeno arterioso / frazione di ossigeno inspirato) (incrementi riferiti in letteratura di 12 – 35 mmHg) e riduca il tasso di mortalità. I benefici appaiono tanto maggiori quanto i pazienti sono maggiormente ipossici e quanto più duratura è tale applicazione.

Il posizionamento prono dei pazienti, pertanto, dovrebbe essere una strategia terapeutica da iniziare, nel paziente giusto, precocemente ed alla durata / tempistiche corrette.

No, la fanno anche i ventilati in modalità non invasiva

Le forme di moderata-severa insufficienza respiratoria ipossica possono anche essere gestite con NIV e CPAP (o eventualmente con HFNC). Con il sempre valido principio di non ritardare l’intubazione quando indicato, le seguenti possono essere indicazioni alla ventilazione non invasiva:

  • ARDS lievi e moderate (P/F > 150) emodinamicamente stabili, che non abbiano immediate indicazioni a IOT o controindicazioni a NIV/CPAP, senza nessun segno di esaurimento
  • Pazienti senza indicazione a IOT (se le risorse, in tempo di pandemia, lo consentono)

Gli stessi benefici della PP in ventilazione invasiva potrebbero essere presenti anche nei pazienti non intubati, risultando in migliori effetti fisiologici sul mismatch ventilo-perfusivo, un migliore drenaggio per le secrezioni purulente, ed una maggiore omogeneità di distribuzione di pressioni positive polmonari.

Complicanze?

Possibili complicanze riportate dalla letteratura comprendono la dislocazione dei presidi (catetere vari/drenaggi/tubo endotracheale/cannule venose o arteriose), edema facciale, lesioni e ulcerazioni corneali, lesioni e neuropatie da pressione, lesioni articolari, compressione di vasi e nervi retinici, vomito ed intolleranza alla manovra. Nell’ultimo caso, l’utilizzo di terapia sedativa può favorire la sopportazione della manovra.

La letteratura ci ricorda anche come la posizione prona possa determinare una riduzione del precarico con conseguente disfunzione ventricolare destro e sinistro e successivo shock cardiogeno. Risulta pertanto fondamentale il monitoraggio emodinamico.

Ma funziona anche qui?

Uno studio su 20 pazienti sani ha dimostrato (tramite studi di impedenziometria polmonare) un incremento del volume teleespiratorio ed una sua maggiore uniforme distribuzione durante l’uso di HFNC in posizione prona. Risultati simili sono stati dimostrati da Riedel durante ventilazione meccanica non invasiva.

Tuttavia dati forti dalla letteratura sull’utilizzo di tale strategia terapeutica in ventilazione non invasiva mancano .

Illuminaci, letteratura.

Un recente studio di gennaio 2020 ha valutato l’effetto della assunzione della posizione prona in aggiunta a HFNC o NIV in pazienti con ARDS moderata severa in termine di sicurezza e di efficacia (riduzione del tasso di intubazione e miglioramento della ossigenazione, espresso come rapporto P/F).

Lo studio ha reclutato 20 pazienti con ARDS moderato-severa, il 55% dei casi da polmonite virale . Dopo la diagnosi di ARDS, tutti i pazienti venivano gestiti con HFNC; nel caso in cui i valori di saturimetria risultassero inferiore a 90%, il paziente veniva pronato; se persistevano valori di desaturazione, il paziente veniva supportato con NIV, prima in posizione supina, poi eventualmente associato a PP. La posizione prona era assunta due volte al giorno, per un tempo minimo di 30 minuti, per un tempo massimo diverso a seconda della massima tolleranza del paziente, in media due ore ciclo. Non era stata necessario eseguire nessuna terapia sedativa volta a migliorare la tolleranza del paziente alla posizione prona assunta

Il 55% dei pazienti evitava l’intubazione. Fra i pazienti intubati, L’80% presentavano ARDS iniziali di grado severo. Il P/F, indice della capacità ossigenata dei pazienti, mostra va un trend in miglioramento una volta associata la PP alla modalità ventilatoria in oggetto.

Tale studio sembra dimostrare che una precoce assunzione di posizione prona insieme ad un supporto respiratorio o ventilatorio non invasivo è ben tollerato senza alcun effetto avverso e possa evitare la necessità di intubazione nel 50% dei casi di una popolazione di pazienti con ARDS moderata severa, con un incremento di rapporto P/F di 25 – 35 mmHg. Tali risultati sembrano di maggior rilevanza clinica nel setting di un ARDS moderata dove una precoce assunzione di postura prona può effettivamente massimizzare i risultati di una modalità ventilatoria non invasiva.

Tutto qui?

La letteratura dispone di pochi altri studi ma sempre su esigue casistiche. Il gruppo di Pesenti, in uno studio del 2015, ha dimostrato su un gruppo di 15 pazienti con ARF non intubati la sicurezza della procedura di pronazione. 43 procedure senza nessuna complicanza, senza nessuna alterazione dei parametri emodinamici, con un solo 4% di procedure interrotte per intolleranza. La coorte di Pesenti comprendeva 15 pazienti non intubati con un insufficienza respiratoria con P/F < 300, nel 90% circa dei casi da infezione polmonare. La durata media della posizione prona era di circa 3 ore, con una durata massima di 8 ore. La figura sottostante riassume l’effetto della posizione prona sulla capacità ossigenativa del polmone.

Interessante la dimostrazione che il miglioramento ottenuto con il posionamento prono non persisteva dopo il riposizionamento supino del paziente: a sei ore dalla resupinazione, gli scambi arteriosi erano di nuovo parimenti a quelli prima della pronazione. Questo probabilmente a causa del non persistente reclutamento delle regione dorsali.

Vi sono pochi altri studi, la maggior parte case reports di uso anedottico della strategia terapeutica in letteratura. La tabella sottostante li prova riassumere.

In questi lavori la PP era applicata con cicli di 2-8 ore. L’ incremento significativo del P/F durante PP in NIV/CPAP non persisteva oltre 6 ore dalla resupinazione. In una discreta percentuale di casi si evitava l’intubazione orotracheale (considerano solo le “serie” e non i case reports, 26 volte su 41). E’ ragionevole pensare che nella sua applicazione ci si possa anche far guidare dal comfort del paziente ma tale procedura in respiro spontaneo sembra ben tollerata senza significative complicanze, neanche emodinamiche.

E poi arriva Tonino

Tonino ha 80 anni è un fisico segnato da una vita quanto mai dura e perigliosa. I suoi polmoni sono gravemente compromessi dalla malattia del momento, ma non il suo spirito. Tonino conosce l’ospedale, la sanità e la realtà italiana. Mi dice che non vuole occupare nessun posto in terapia intensiva o in terapia sunbintensiva. Non vuole nessun presidio di cui si potrebbe poi sentirne una eventuale carenza. Non vuole togliere un posto a chi più giovane di lui ritiene maggiormente meritevole di cure intensive. E soprattutto Tonino è irremovibile, ostinato, saldo e felice nella sua decisione.

Tonino è il nostro eroe silenzioso. Nessuno quotidiano parlerà di lui, nessuno intitolerà piazza o strade alla sua memoria, la storia non ricorderà il suo nome. Eppure ci ha regalato le lacrime più dolci di questi tempi e la dimostrazione reale e tangibile che si può essere migliori. Lo guardo stupito ed ammirato con la voglia di diventare un uomo meritevole di un miracolo come Tonino.

Tonino è ora nella degenza del pronto Soccorso con una maschera resorvoir sulla faccia. I dati saturimetrici non inducono buoni propositi. L’infermiere gli chiede di mettersi a riposare a pancia in giù. Dopo un paio di minuti, al massimo cinque, la sua saturazione risale di 11 punti. Sorridiamo anche se non sappiamo se è un risultato che porterà a qualcosa.

La stessa cosa la facciamo con Maria, la sua vicina, che con una maschera venturi al 35% mantiene una buona cinetica respiratoria ma con una saturimetria ai limiti inferiori di soddisfazione – 94%. Maria copia Tonino nella posizione ed anche la sua saturazione risale al 98%. Cosa pensare?

Ma allora possono farla tutti?

La fisiopatologia del miglioramento dell’accoppiamento ventilo-perfusivo può essere applicabile anche a pazienti in respiro spontaneo in ossigenoterapia standard senza alcun supporto ventilatorio non invasivo.

Nel sovracitato studio del gruppo di Pesenti del 2015, 16 cicli di pronazione erano eseguiti su pazienti con solo supporto ossigenatorio standard. la figura sottostante riassumere i risultati in termine di ossigenazione all’interno di questa coorte di pazienti.

Forse non proprio a tutti

Dalla letteratura della PP in ventilazione invasiva si possono trarre alcune controindicazioni all’utilizzo di tale strategia terapeutica che possono essere generalizzate. Controindicazioni assolute comprendono: l’instabilità emodinamica, un sanguinamento acuto in atto, fratture instabili ed un’ instabilità spinale, severe lesioni facciali, la gravidanza, un incremento della pressione intracranica o endoaddominale, una recente sternotomia o chirurgia tracheale < 2 settimane, un addome aperto, l’infarto intestinale, una tracheotomia recente. Controindicazioni relative includono: una severa obesità, una TVP recente (diagnosi nelle 48 h precedenti), la presenza di un drenaggio toracico anteriore, una recente chirurgia addominale, un recente arresto cardiaco o un recente impianto di PM e la presenza di ustioni.

Ma il target è solo ossigenazione?

Tutti gli studi citati mostrano come l’obiettivo fosse sempre un incremento della ossigenazione. Nessuno studia valuta approfonditamente l’andamento della anidride carbonica come indicatore di miglioramento della ventilazione. Potrebbe essere un altro elemento utile da valutare?

Ho capito tutto. Ma funziona per la polmonite SARS-CoV-2 associata?

Sun ha riportato dati dell’utilizzo della posizione prona (in associazione all’utilizzo di NIV o HFNC e di strategia restrittiva di fluidoterapia) in pazienti con polmonite COVID19 con una riferita riduzione di mortalità e di necessità di intubazione orotracheale. La figura sottostante riporta la loro flow chart terapeutica.

Un miglioramento della ossigenazione dovrebbe essere visto in poche ore. Nella mia personale esperienza anche solo dopo alcuni minuti. In alcuni casi non solo in posizione prona ma anche solamente in posizone laterale. Tuttavia, in assenza di una tale risposta proseguire la pronazione potrebbe non avere alcun beneficio.

Come si fa?

A conclusione inseriamo due video dimostrativi della pratica della pronazione. Il successo dipende dalla compliance del paziente e dalla tolleranza.

La procedura deve essere attentamente ed esaurientemente spiegata.

E’ importante ricordare che un team esperto è essenziale per eseguire correttamente la pronazione, sia nei pazienti intubati che non intubati. Il rapporto tra sicurezza e complicanze è numero-dipendente. Un team di tre persone è sufficiente nel paziente sveglio collaborante mentre deve essere costituito da 5 persone nel paziente con mobilità ridotta.

La valutazione del contenuto gastrico (eventualmente ecoguidato – come insegnato da Giuseppe Sfuncia) è necessario per ridurre il rischio di aspirazione; l’applicazione di appropriate protezioni cutanee è mandatario per evitare lesioni da pressione. Una attenta applicazione di idonei cuscini (a livello pelvico e della porzione superiore del torace per ridurre la pressione addominale) è usata per migliorare la tolleranza del paziente alla manovra. Assicurati che i presidi, quelli ventilatori o anche semplicemente quelli “ossigenatori”, siano ben assicurati ed ancorati al paziente (può essere utile “incollare” le cannule nasali al naso del paziente).

Per Quanto si fa?

Non vi è una indicazione chiara in letteratura sulla durata della PP: maggiore è la durata, maggiore teoricamente dovrebbero essere i benefici, facendosi ovviamente guidare dalla tolleranza del paziente. Idealmente alcuni autori propongo fino a 12-18 ore/die (che è il timing dimostratosi efficace nei pazienti intubati). Come visto in letteratura “real world” i cicli sono spesso necessariamente molto più brevi. Una terapia ansiolitica/ipnoinducente/sedativa può favorire la tolleranza a questa manovra. Probabilmente sedute più corte ma più volte al giorno permettono di ottenere gli stessi benefici con maggiore tolleranza e riduzione di effetti collaterali rispetto ad una singolo ciclo ma di durata maggiore, tuttavia con un maggior impegno assistenziale. Interessante l’utilizzo nel nightime sfruttando le ore solitamente dedicate al riposo.

Be careful! Be conscientious!

Il principale rischio della pronazione nei pazienti non intubati potrebbe essere il ritardo della intubazione. Per evitare ciò è fondamentale una giusta selezione del paziente da pronare ed uno stretto e continuo monitoraggio clinico strumentale.

Il paziente ideale potrebbe essere l’ipossiemico puro, senza sostanziale dispnea, senza MOFS, senza alterazione dello stato mentale, senza una prevista via aeree difficile, con un danno polmonare verosimilmente reversibile. Un secondo candidato potrebbe essere il paziente che rifiuta o senza indicazione ad un’eventuale intubazione orotracheale o nell’attesa di una intubazione non immediatamente disponibile.

Probabilmente in alcuni pazienti non è necessario necessariamente la posizione prona ma ci si potrebbe limitare alla assunzione periodica di posizione laterale destra e sinistra e, quando e se possibile, di posizione sedute. Perché se l’evoluzione ci avrà messo in piedi e non lasciati supini lo avrà fatto per un motivo.

Forse non a tutti ma a qualcuno si

Ha ragione il cappellaio matto?

Non penso in maniera così assoluta.

Probabilmente la medicina basata sull’esperienza e meno sulla evidenza, che va obbligatoriamente di moda in questo periodo, ci induce il sospetto che alcuni pazienti migliorano con decisione pronati mentre altri non modificano la loro traiettoria di malattia. Il segreto sarebbe capire preventivamente chi potrebbe beneficiarne. Probabilmente i reperti ecografici o tomografici potrebbero essere utili a selezionare il giusto tipo di paziente. Ecco che allora il Cappellaio Matto dovrebbe aver ragione.

In alternativa, Gattinoni fornisce delle spiegazioni fisiopatologiche sottostanti a chi effettivamente potrebbe beneficiare della posizione prona, applicabile secondo me anche nella modalità non invasiva.

Ringrazio la mia collega Bosco Francesca per il lavoro eseguito sulla pronazione in CPAP.

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Davide Tizzani
Davide Tizzani
Specialista in Medicina Interna, ma specializzando ancora nell'anima. Esperto di Niente. Interessato a Tutto. Appassionato delle tre E: ecg, ega, ecografia. @DavideTizzani |

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