Consegna del mattino:”… c’è poi la signora Carla, è in NIV che però non tollera per niente, è stato così messo del Midazolam in infusione. Non funzionava, e poi a me non piace, così l’ho sedata con piccoli boli di morfina…”.
Non è infrequente sentire parole come queste, sopratutto in un campo dove le evidenze scarseggiano e prevale, diciamolo pure, l’esperienza personale.
Abbiamo già parlato in questo blog di sedazione durante la ventilazione meccanica non invasiva, e in più occasioni abbiamo scritto della sedazione procedurale; quello che vorrei fare oggi è allargare il discorso, focalizzando l’attenzione sui farmaci più che sulle indicazioni, nell’intento di avere un vademecum da utilizzare al letto del paziente e soprattutto di avere il vostro feedback.
Gli ambiti di intervento, come sappiamo, sono molti, ma la letteratura su questo tema è sostanzialmente rivolta alla sedazione in terapia intensiva del paziente intubato, una realtà che immagino, al momento coinvolga una minima parte di chi opera nei dipartimenti di emergenza. Ciò non di meno penso sia utile avere anche in questo campo delle conoscenze di base. La mia esperienza personale è limitata per cui sin d’ora invito i più esperti a dire la loro.
Quali sono le situazioni cliniche in cui è richiesta una sedazione in pronto soccorso al fine di ottimizare un trattamento sanitario?
– sedazione procedurale
– paziente violento o agitato
– sedazione durante la ventilazione meccanica invasiva e non invasiva
– sedazione/analgesia in previsione di una intubazione tracheale
Quali i farmaci prevalentemente utilizzati?
– Midazolam
– Propofol
– Ketamina
– Fentanil
– Remifentanil
– Morfina
– Dexmedetomidina
Ho volutamente tralasciato gli antipsicotici, che pure sono largamente usati, nella gestione del paziente agitato.
Dove ho reperito le informazioni?
– Pubmed –
– Google Scholar
– Foglietti illustrativi dei singoli farmaci –
– Roberts & Hedges Clinical Procedures in Emergency Medicine sixth edition
– Dynamed
– The ICU drug manual su LITFL
– EMCrit
Per fare i calcoli delle infusioni dei farmaci ho invece utilizzato MedCalc
I dosaggi fanno riferimento alla popolazione adulta
Cominciamo dal MIDAZOLAM Nel foglietto illustrativo del farmaco leggiamo: Il midazolam è un potente agente sedativo che richiede un aggiustamento del dosaggio e una somministrazione lenta. L’aggiustamento del dosaggio è fortemente raccomandato per ottenere con sicurezza il livello di sedazione desiderato in base alla necessità clinica, lo stato fisico, l’età e concomitante somministrazione di farmaci. In adulti sopra i 60 anni, debilitati o in pazienti con malattie croniche e pazienti pediatrici, la dose deve essere determinata con cautela e devono essere considerati i fattori di rischio per ciascun paziente.
Nella sedazione conscia il midazolam deve essere somministrato lentamente per via endovenosa ad una velocità di circa 1 mg ogni 30 secondi.
Negli adulti di età inferiore ai 60 anni la dose iniziale è di circa 2-2,5 mg somministrati da 5 a 10 minuti prima dell’inizio dell’intervento. Ulteriori dosi di 1 mg possono essere somministrate in caso di necessità. La dose totale media è risultata essere compresa tra 3,5 e 7,5 mg. Generalmente non è necessaria una dose totale superiore ai 5 mg.
Negli adulti di età superiore ai 60 anni, debilitati o con malattie croniche, la dose iniziale deve essere ridotta a 0,5-1,0 mg e somministrata 5-10 minuti prima dell’inizio della procedura. Successive dosi di 0,5-1 mg possono essere somministrate in caso di necessità. In questi pazienti può accadere che l’effetto massimo sia raggiunto meno rapidamente, per cui la somministrazione di ulteriore midazolam deve essere effettuata molto lentamente e con cautela. Generalmente non è necessaria una dose totale superiore ai 3,5 mg.
Nella sedazione in terapia intensiva
Dose carico endovenosa: da 0,03 a 0,3 mg/kg deve essere aumentata lentamente. Ciascun aumento da 1 a 2,5 mg deve essere iniettato in 20-30 secondi con un intervallo di almeno 2 minuti fra due incrementi successivi. In pazienti ipovolemici, vasocostretti o ipotermici la dose da carico deve essere ridotta o evitata.
Quando il midazolam viene somministrato con analgesici maggiori, questi devono essere somministrati per primi in modo tale che l’effetto sedativo del midazolam venga regolato con sicurezza sulla base della massima sedazione provocata dall’analgesico.
Dose di mantenimento endovenosa: il dosaggio può oscillare da 0,03 a 0,2 mg/kg/h. In pazienti ipovolemici, vasocostretti o ipotermici la dose di mantenimento deve essere ridotta. Il livello di sedazione deve essere controllato regolarmente. Per sedazioni prolungate, si può sviluppare tolleranza. In questo caso la dose può essere aumentata.
Un cenno merita il comportamento da tenere nei pazienti affetti da insufficienza renale severa, Sebbene la farmacocinetica non sia dissimile si è notato che la durata dell’effetto sedativo in questi pazienti è di gran lunga superiore, probabilmente a causa dell’accumulo di un metabolita del midazolam, e di questo è bene tenere conto
– Nell’infusione continua una volta ottenuta la sedazione è bene ogni qualche ora ridurre il dosaggio del 10-25% al fine di ottenere l’effetto voluto con il minimo dosaggio – Nei pazienti agitati a causa di uno stimolo doloroso, ma che risultano adeguatamente sedati, è sempre bene aggiungere degli oppiacei, in modo da ridurre ulteriormente il dosaggio del midazolam Roche Laboratories. Versed® (midazolam hydrochloride) prescribing information. Nutley, NJ; 2000 Jun.
Il midazolam è largamente usato in area critica nel paziente agitato e il suo profilo di rischio sembra essere soddisfacente almeno quanto quello del propofol, rispetto al quale causa meno ipotensione, ma ha un azione più erratica per quanto riguarda l’inizio e la fine della sedazione, per questo viene raccomandato un uso non superiore alle 24 ore
Il midazolam al dosaggio di 0.03 mg/kg ev sembrerebbe inoltre ridurre l’incidenza delle reazioni di risveglio indotte dalla ketamina usata per la sedazione alla dose di 1,5 mg/kg ev – Ketamine with and without midazolam for emergency department sedation in adults: a randomized controlled trial. Ann Emerg Med 2011
Nonostante sia opinione condivisa che i pazienti sottoposti a NIV che non tollerano la terapia ed in cui si ritiene invece che questa possa essere di aiuto possano giovarsi di una qualche forma di sedazione gli studi in letteratura, per quello che mi è dato di sapere, certo non abbondano – Sedation during non invasive ventilation Minerva Anestesiol 2012 – Survey of sedation practices during noninvasive positive-pressure ventilation to treat acute respiratory failure. Crit Care Med 2007 – Sedation during noninvasive mechanical ventilation with dexmedetomidine or midazolam: A randomized, double-blind, prospective study Curr Ther Resp Clin Exp 2010
Da questi lavori viene fuori che la sedazione non è poi cosi usata nella gestione dei pazienti IN NIV che le benzodiazepine sono preferite agli oppiacei come farmaco singolo in USA, l’opposto succede in Europa.
I farmaci usati per la sedazione vengono per lo più somminsitrati in boli piuttosto che secondo protocolli definiti mentre forse sta trovando spazio anche in questo ambito la dexmetomidina
Nel complesso la sedazione nei pazienti in NIV viene considerata una pratica sicura ed efficace, ma che al momento manca di studi di conferma. E’ estremamente importante utilizzare score di sedazione come la Ramsay Sedation Scale o il Richmond Agitation Sedation Score
Il Midazolam può venire utilizzato anche nella sedazione che precede l’intubazione nella RSI (Rapid Sequence Intubation) In genere la sua efficacia non è ottimale se utilizzato da solo, gli viene quindi spesso associato il fentanyl.
Come il propofol è in grado di indurre ipotensione, per cui andrebbe evitato nei pazienti ipotesi. La dose abituale utilizzata per la RSI è 0,1-0,3 mg(kg ev – Pharmacologic Adjunct to Intubation Roberts & Hedges Clinical Procedures in Emergency Medicine sixth edition
Esso può essere somministrato anche per via orale, intramuscolare, rettale e endonasale ma con altre indicazioni
PROPOFOL E’ sicuramente il farmaco più utilizzato nella sedazione dei pazienti in terapia intensiva, molti men dati ci sono per la sedazione in altre situazioni critiche come la sedazione del paziente in NIV o quella del paziente agitato, anche se penso che talvolta venga utilizzato in queste situazioni cliniche In commercio esistono flaconi da 20-50-100 ml a concentrazioni del 1 e 2%
Queste le indicazioni da scheda tecnica:
- per l’induzione ed il mantenimento dell’anestesia generale in adulti e bambini di età superiore ad un mese.
- per la sedazione di pazienti di età superiore ai 16 anni ventilati artificialmente nelle Unità di Terapia Intensiva.
Sedazione procedurale : 0,5-1 mg Kg ev
Induzione anestesia nella RSI 2 mg/kg – cautela nei pazienti ipotesi
- Per i pazienti adulti, di età inferiore ai 55 anni, sono richieste dosi comprese tra 1,5 e 2,5 mg/kg. In pazienti adulti in buona condizione di salute è richiesta una velocità di somministrazione di 2-4 ml (20 – 40 mg) per dieci secondi, approssimativamente.
- Nei pazienti ad elevato rischio, appartenenti alle classi 3 e 4 della classificazione ASA (American Society of Anaesthesiologists), la velocità di somministrazione deve essere di 2 ml (20 mg) per 10 secondi.
Mantenimento dell’anestesia generale
- negli adulti: 4 – 12 mg/kg/h.
- negli anziani, pazienti defedati, pazienti ipovolemici e pazienti di gradi ASA III e IV: 4 mg/kg/h.
Sedazione in terapia intensiva Dipende dalla profondità di sedazione richiesta. Abitualmente le dosi utilizzate variano tra 0,3 e 4/mg/kg/h
Veniamo alla KETAMINA E’ certamente, almeno in Italia, un farmaco poco utilizzato nella sedazione, pur avendo, se utilizzato correttamente, alcuni indubbi vantaggi, quali l’associato potere analgesico, il mantenimento dei riflessi e del drive respiratorio e un’azione terapeutica secondo alcuni autori nei pazienti con reattività delle vie aeree come ad esempio gli asmatici. – Roberts and Hedges 6ed 2014.
A differenza di altri farmaci usati per la sedazione non causa ipotensione anzi tende a innalzare la pressione arteriosa e può quindi rappresentare una buona opzione nel paziente in shock, mentre risulta controindicato come si legge ne foglietto illustrativo , in caso di:
– eclampsia o pre–eclampsia
– nei soggetti nei quali un aumento della pressione sanguigna può rappresentare un grave rischio
– nei pazienti soggetti a disturbi cerebrovascolari o a traumi cerebrali
– in caso di gravi disturbi del miocardio e nell’insufficienza cardiaca grave
Le linee guida ACEP a questo riguardo sembra essere meno rigide:
Assolute
- età inferiore a 3 mesi
- scizofrenia nota o sospetta anche se stabil o controllata dai farmaci
Relative
- Procedure come l’endoscopia in grado si stimolare il faringe posteriore, aumentando il rischio di laringospasmo
- Anamnesi di instabilità delle vie aeree, chirurgia o stenosi tracheale
- Infezioni polmonari attive o malattie delle alte vie aeree o asma per un maggior rischio di laringospasmo
- Malattie cardiovascolari note o sospette come angina pectoris, scompenso cardiaco o ipertensione
- Anormalità o masse del S.N.C o idrocefalo
- Glaucoma o lesioni del globo oculare
- Porfiria
- Disturbi tiroidei per azione simpaticomemetica
Molto dibattito esiste riguardo all’uso di questo farmaco nei pazienti con trauma cranico, che attualmente non sembrerebbe rappresentare una controindicazione, come ben argomentato in uno dei commenti di questo post
La dose di induzione all’anestesia inclusa nei protocolli RSI come si legge nel Roberts and Hedges è di 1-2 mg/kg La ketamina può essere somministrata anche per via intramuscolare alla dose di 4-5 mg/kg
In caso di necessità di prolungare la sedazione la ketamina può essere somministrata nuovamente dopo alcuni minuti al dosaggio di 0.5-1 mg /Kg
Non è comune l’utilizzo della Ketamina in infusione continua, uno schema riportato sempre sul Roberts and Hedges in un paziente asmatico sottoposto a ventilazione meccanica è di 1 mg/kg/h per un numero limitato di ore.
Gli studi al riguardo non sono molti e con un numero limitato di pazienti come si legge in questa revisione di letteratura: Remifentanil, ketamine, and fospropofol: a review of alterative continuous infusion agents for sedation in the critically ill. Crit Care Nurs Q Apr 2014.e per lo più condotti in pazienti intubati: Continuous Intravenous Infusion of Ketamine for Maintenance Sedation Minerva Anestesiol 2011
La ketamina talora viene utilizzata in infusione continua nella terapia del dolore
Uno schema di utilizzo della ketamina a dosi sub-dissociative potrebbe quindi essere questo:
– 20 mg in 10 minuti poi 20 mg/ora, titolata sull’effetto
In pratica ketamina 50 mg/l – fiala 100 mg 2 ml aggiungere 5 cc di ketamina(250 mg = 2 +1/2 fiala) a 250 ml di soluzione fisiologica ottenendo una concentrazione di 1 mg/mL
Bolo: 20 cc – 120 ml/ora per 10 minuti- poi 20 ml/ora in infusione continua
Per pazienti di peso elevato o con dolore molto importante possono essere usati dosaggi più elevati come 30 ml in 10 minuti seguiti da 30 ml/h
Dose basata sul peso 0.3 mg/kg in 10 minuti poi 0.3 mg/kg/h
L’effetto dissociativo del farmaco raramente si presenterà per dosi inferiori a 100 mg/h in un adulto di taglia normale.
Sempre su EM Updates troviamo spiegato esaurientemente l’effetto della Ketamina quando utilizzata a diversi dosaggi The Ketamine Brain Continuum
Al fine di ridurre l’incidenza delle reazioni deliranti di risveglio nell’adulto è consigliabile associare del midazolam alla dose di 0.07 mg/kg, anche se i dati e le opinioni al riguardo sono contrastanti. Molti infatti considerano le reazioni di risveglio un problema più dei sanitari che si occupano del paziente o dei famigliari eventualmente presenti, che del paziente e preferiscono somministrare solo in quei casi il midazolam.
Considerazioni personali
Quando si usano questi farmaci alcune considerazioni vanno sempre tenute a mente:
– organizzare una checklist che ci consenta di prevedere in anticipo eventuali problemi
– anche per farmaci ritenuti a basso rischio, come ad esempio la ketamina, l’evento apnea è sempre possibile, soprattutto quando il farmaco viene iniettato troppo velocemente. E’ quindi imperativo essere in grado di gestire le vie aeree
– Il monitoraggio è fondamentale. Tutti i pazienti trattati con midazolam, propofol e ketamina, ma vedremo anche quelli sottoposti a protocolli di sedazione con gli oppiacei, vanno strettamente monitorati in modo da poter intervenire in tempo utile.
– I dati in letteratura non sono molti e a volte contraddittori, si veda ad esempio l’ uso della ketamina nell’asma
E’ quindi auspicabile che vengano eseguiti quanto prima studi che utilizzino questi protocolli al di fuori della terapia intensiva, in pazienti non ventilati meccanicamente, che possano darci quindi maggiori precisazioni sulle loro indicazioni e sul loro profilo di sicurezza.
E voi utilizzate questi farmaci? E in quale contesto? Come sempre in attesa dei vostri commenti.
Carlo tanti complimenti per questo bel post davvero molto pratico. In questi giorni stavo appunto rivedendo e approfondendo i farmaci per la sedo-analgesia in urgenza e le tue “pills” mi tornano utilissime! Grazie 🙂
Grazie Roberta. In effetti anche io sono partito come te dal rivedere questo tipo di argomenti. Ho pensato che il mio lavoro potesse essere utile anche ad altri, ma sopratutto spero che i lettori del blog condividano le loro esperienza su un tema credo piuttosto ostico per molti medici e infermieri che lavorano in pronto soccorso e su cui la letteratura è ancora abbastanza scarna. In particolare spero di avere un feedback per quanto riguardo l’utilizzo di questi farmaci nei pazienti sottoposti a ventilazione non invasiva.
Io credo che al di là di tutto, per chi non utilizza quotidianamente questi farmaci, sia meglio usare quello o quelli con cui ha più confidenza e si sente più sicuro.
E, come giustamente ha alla fine sottolineato Carlo, la sedazione va praticata con il necessario per gestione avanzata vie aeree a disposizione e un monitoraggio in continuo del Paz.
Mi permetto solo di aggiungere che in caso di sedazione in corso di NIV, bisogna fare attenzione allo stomaco pieno/riduzione riflessi/vomito…..
Arianna, grazie come sempre del tuo contributo alla discussione. Sarei interessato a sapere quali farmaci abitualmente utilizzi per la sedazione nel paziente non ventilato meccanicamente, soprattuto nei pazienti in NIV, qualora una qualche forma di sedazione si renda necessaria. E poi con quale modalità: preferisci l’uso dei farmaci in bolo o l’infusione continua?
Inoltre 1. una adeguata informazione data al Paz e ai parenti sulle modalità della NIV/motivi di questa terapia/riduzione rischio IOT ,
2.Applicazione della maschera con una certa tranquillita/delicatezza , sempre spiegando tutto bene
e 3. la richiesta contestuale di collaborazione anche ai parenti (quando possono stare accanto),
A mio avviso, sono i presupposti che aumentano molto la compliance e permettono di avviare la NIV , evitando una sedazione in diversi casi.
Vi chiedo scusa se sottolineo queste banalità, ma forse nella vita clinica frenetica e abitudinaria, non sono poi sempre così scontate.
Giustissimo Arianna. Hai fatto bene a enfatizzare lo sforzo che noi operatori dobbiamo fare per ottenere la giusta compliance del paziente alla terapia. Solo nei casi di fallimento di questi ultimi, è giustificato ricorrere alla sedazione,
Sono d’accordo con Arianna e le sue non sono affatto considerazioni banali e scontate. Indubbiamente le spiegazioni al pz da avviare in NIMV sono fondamentali per avere la sua collaborazione come la scelta della maschera, che deve essere il più confortevole per lui ( noi spesso ne cambiamo varie prima di arrivare a quella meglio tollerata). Se tutto questo viene fatto la sedazione spesso non è necessaria. Inoltre se non lavori in posti dove è possibile un buon monitoraggio del pz o non si ha una buona capacità di gestione delle vie aeree meglio lasciar perdere. Nel reparto di pneumologia con Utsir utilizziamo , se costretti, il Midazolam , anchè perchè all’occorrenza ê spiazzabile. Grazie Carlo per i tuoi post sempre molto interessanti
Valentina, grazie del tuo commento. Siamo tutti d’accordo che è necessario ogni sforzo per cercare di rendere “accettabile” la NIV ai nostri pazienti. Non sempre è possibile. In questi casi anche gli esperti concordano che la sedazione possa offrire loro un’ulteriore chance. Tra i farmaci utilizzati il midazolam è certo quello più usato, penso semplicemente perché considerato meno rischioso per la possibilità di utilizzare il flumazenil come antagonista. Questo non sembra essere vero, almeno così sostengono alcuni. http://emupdates.com/2013/11/28/the-procedural-sedation-screencast-trilogy/
La domanda che dovremmo farci quindi non è solo qual è il miglior farmaco per la sedazione di quel paziente in quella situazione clinica, ma se siamo in grado di gestire in modo avanzato le vie aeree o di monitorare in modo adeguato il paziente?
Grazie dei complimenti e di seguire il blog.
In TI usiamo propofol, midazolam, fentanest e remifentanyl in infusione continua. Ovviamente o uno solo di questi (mid o propofol) o in associazione con oppioide. Questo soprattutto nei pazienti intubati.
È rarissimo , anzi direi eccezionale, il ricorso alla sedazione in corso di NIV.
Capita di dover sedare solo durante la notte per far dormire il Paz ed evitare l’inversione sonno veglia (spesso con solo lorazepam, ora purtroppo solo cpr, una volta avevamo le fiale; quando non basta mettiamo un filo di propofol in infusione )
Qualche volta associamo anche la clonidina in infusione continua, quando abbiamo bisogno di controllare meglio la pressione arteriosa e comunque di tenere sedato il Paz (avendo la clonidina anche un effetto sedativo). Quasi mai( è eccezionale) curarizziamo : solo in casi ben selezionati, e per in genere non più di 24 ore (salvo anche qua casi ultraparticolari)
Se qualcuno mi chiedesse quale farmaco usiamo più frequentemente per sedare , beh
direi il propofol. A seguire il mid. Sia usati in Boli che in infusione.
La dexmetomidina non abbiamo. La ketamina in TI non usiamo e nemmeno per fare sedazioni altrove. La morfina solo per i posti operati . Gli oppioidi che usiamo sono il fentanyl e il remifentanyl. Se opportuno e indicato controlliamo determinati dolori con analgesie peridurali.
Già la sedazione conscia.
Credo che il target debba essere più spesso una sedazione profonda particolarmente nelle procedure dolorose e prolungate. Penso al paziente con politrauma cui bisogna ridurre una frattura o la lussazione di un’articolazione maggiore, mentre altra diagnostica e altra terapia sono ancora in corso.
Nella mia realtà le procedure ortopediche nei politraumi sono le occasioni in cui più spesso è necessario provvedere una sedazione profonda ed una analgesia al contempo, al di là dei pazienti indotti per la gestione avanzata delle vie aeree.
Nella maggior parte dei casi il midazolam è il farmaco che viene utilizzato, almeno nei PS italiani che ho visto. In effetti, il suo relativamente modesto impatto cardiocircolatorio e il fatto che possa essere antagonizzato lo rendono una scelta comune.
Tuttavia, non per questo più sicura, date le possibili ripercussioni sulle vie aeree.
Uno degli errori più comuni è di utilizzare questo farmaco pensando che il suo effetto sia da misurare in base all’assenza di risposte del paziente, il che è invariabilmente troppo. Inoltre l’incremento dei dosaggi è spesso repentino rispetto al picco plasmatico che avviene nel giro di qualche minuto. La conseguenza è che il paziente è ancora combattivo all’avvio della procedura e poi profondamente in coma ed apneico subito dopo.
L’unica possibile azione che vogliamo ottenere dal midazolam è l’amnesia, ed è già presente quando ancora il paziente ancora apre gli occhi alla chiamata verbale ma ritorna subito incosciente.
Particolarmente quando si associa agli oppiacei, come è giusto che sia per provvedere analgesia, è bene tenere conto che gli effetti combinati comportano apnea pressoché invariabilmente anche nei pazienti giovani.
Pertanto si dovrebbe innanzitutto somministrare l’oppiaceo ben prima della somministrazione del midazolam e titolare l’effetto di quest’ultimo con incrementi dilazionati in un arco temporale adeguato al suo profilo farmacocinetico. Non esiste una regola assoluta che permetta di predire la risposta del singolo paziente, anche di quello giovane ed atletico, se non forse la tanto vituperata esperienza.
Io personalmente adotto la strategia di dare ¼ della dose di 0.1mg/kg e dopo 1 minuto un altro quarto, spingendomi raramente oltre gli 0.05 mg/kg per le sedazioni procedurali di breve durata, come per la cardioversione elettrica.
Non è sempre così e dosaggi più elevati mi permetto di farli solo ed esclusivamente perché per tutte le sedazioni la logistica che si appronta è la stessa di quella che si utilizza per la gestione avanzata delle vie aeree. In altre parole tutto deve essere pronto e a disposizione per un’eventuale intubazione. Questo deve includere sempre la disposizione dei pazienti per il miglior possibile accesso alle vie aeree e possibilmente l’utilizzo della capnografia. Non ultimo deve essere stata fatta una valutazione delle vie aeree del paziente e del suo rischio clinico.
Discorso appena un po’ differente per il propofol, anch’esso gravato dall’apnea con una certa predicibilità e dall’ipotensione. Data la sua rapidità d’azione e la velocità con cui scompare è più tollerabile somministrare boli di 0.5 mg/kg senza dilazioni ed effettuare la procedura proprio sfruttando immediatamente la finestra temporale offerta.
Direi che tutto questo vale per le procedure di breve durata e in pazienti per così dire “elettivi” (come ad esempio i paziente che devono essere sottoposti a cardioversione elettrica per aritmie stabili da un punto di vista emodinamico).
La verità e che non esistono pazienti elettivi in PS e non sempre le procedure sono di breve durata. Qui entra in campo la ketamina.
Un articolo di alcuni anni orsono, redatto da uno dei ricercatori più illustri sul farmaco, era giustamente intitolato “domando la tigre Ketamina”. Bisogna conoscerla per poterla utilizzare con manegevolezza e si deve avere un ragionevole timore dei suoi possibili effetti indesiderati.
Mentre l’uso nel paziente pediatrico è consolidato e la letteratura ne ha evidenziata la sicurezza, per l’utilizzo nell’adulto rimangono ancora molte perplessità e alcuni tabù.
Tra quelli più comuni sicuramente ci sono:
– l’effetto tachicardizzante ed ipertensivo
– i possibili fenomeni di emergenza
– il laringospasmo
– l’induzione del vomito.
Ovviamente devono essere messi tutti in conto, qualora lo scenario clinico lo permetta, cosa che non sempre è possibile in PS.
L’azione simpaticominergica non è prolungata salvo che non si usino dosaggi particolarmente elevati superiori ai 2 mg/kg oltre ai quali gli effetti dissociativi già ampiamente raggiunti vengono semplicemente prolungati nel tempo così come quelli sul circolo.
Che questi ultimi possano avere un impatto sull’outcome del paziente è poco probabile. Fatti salvi i pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta, oppure affetti da forme severe di coronaropatia e le catastrofi ipertensive in cui nessuno si sognerebbe di somministrarla, l’effetto d’incremento della pressione arteriosa è spesso auspicabile nei pazienti del PS e sicuramente più tollerato di quello ipotensivo di midazolam e propofol.
I fenomeni di emergenza cui assisto non sono mai stati un problema severo anche se sicuramente piuttosto impressionante. Si risolvono invariabilmente con 1-2mg di midazolam. Data la loro rarità io non uso una premedicazione con benzodiazepine.
Viceversa, e io penso che più spesso da questo derivi la sua ingiusta nomea, dosaggi intermedi subdissociativi compresi tra gli 0.5 e gli 0.75mg/kg spesso lasciano il paziente in uno stato di intrappolamento a metà tra la realtà e la dissociazione che assomigliano ai problemi di emergenza e che probabilmente hanno la stessa genesi. Quando le concentrazioni plasmatiche del farmaco hanno valori intermedi non dissociativi, sia nella fase d’induzione che in quella di lavaggio, il paziente è incapace di gestire l’esperienza sensoriale e può esserne terrorizzato. C’è da dire che nella maggior parte dei casi l’effetto amnesico della stessa ketamina non ne lascia ricordo.
Qualora possibile (non spesso) avere preventivato al paziente le possibili esperienze sensoriali cui andrà incontro, aiuta a prevenire i fenomeni di emergenza, così come chiedere di concentrarsi su pensieri piacevoli.
Mi sono capitati solo due episodi di laringospasmo con la Ketamina. Uno durante una sedazione procedurale ed uno durante una RSI. Ovviamente nell’ultimo caso il problema è stato relativo dato il contesto. L’altro si è risolto apparentemente con l’applicazione della manovra di Larson o almeno così è sembrato.
Il vomito indotto dalla ketamina a cui ho assistito è sempre stato post-procedurale. Ma personalmente non premedico i pazienti per questa possibile evenienza.
Ma veniamo ai vantaggi che danno a questa molecola un profilo particolarmente proficuo per il paziente in PS.
È un ottimo analgesico e la sua peculiare forma di anestesia dissociativa che conserva i riflessi delle vie aeree lo rendono particolarmente sicuro, specificamente in PS ove le risorse per singolo paziente sono sicuramente inferiori rispetto a quelle di un reparto intensivo.
Le possibili somministrazioni per via IM, nasale e ev ne fanno un farmaco particolarmente duttile.
Specificamente per le procedure lunghe e dolorose penso sia la molecola che offre i maggiori benefici nell’ambito del pronto soccorso.
Ricollegandomi all’incipit del post penso che talune procedure anche in PS richiedano una sedazione profonda ed una analgesia importante. Se, e solo se, si possa garantire una gestione avanzata delle vie aeree, l’anestesia deve essere perseguita, con modalità appropriate. La ketamina e il suo particolare effetto di anestesia dissociativa si presta più di ogni altra molecola a questo scopo nella nostra realtà.
Mattia grazie di questo tuo commento che integra esperienza e cultura e fa luce su un argomento così complesso e per certi versi poco conosciuto.
Anche grazie a te ho iniziato ad usare la ketamina. Concordo che possa essere il farmaco per la sedazione in medicina d’urgenza e abitualmente la uso per la sedazione prolungata come quella richiesta da alcune procedure ortopediche, non dimenticandone mai, i potenziali rischi. Nessuna esperienza nei pazienti in NIV, dove forse una limitazione potrebbe essere data dalla capacità di indurre il vomito. Ostacolo superabile da alcuni attraverso la somministrazione di un antimetico come l’ondansetron come si legge nel bellissimo post da te citato su emupdates http://emupdates.com/2011/01/27/taming-the-ketamine-tiger/
In realtà il riferimento è all’articolo ( http://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/20693870/) cui quel bellissimo post di Strayer si ispira. L’autore di questa pubblicazione è uno dei principali farmacologi che hanno sviluppato e studiato l’utilizzo della Ketamina. Nell’articolo è riportato anche un curioso aneddoto sulle circostanze a seguito delle quali è stato coniato il termine di “anestesia dissociativa”.
Per quanto riguarda la NIV siamo tutti concordi richieda una dedizione al paziente particolare che è parte integrante del trattamento e del suo successo.
Detto questo non tutti pazienti che hanno le credenziali per beneficiare della NIV si adattano ad essa, nonostante gli sforzi o perché essi sono inadeguati, come accade in PS ove i rapporti tra risorse infermieristiche e mediche sono insufficienti.
È altresì vero che alcuni di questi malati hanno una riserva funzionale ridotta e peggiorano rapidamente senza il supporto della NIV tanto da necessitare poi di una ventilazione invasiva.
In questa prospettiva un tentativo di adattamento farmaco indotto è una scelta possibile: ovvero la strategia iniziale della delayed sequence intubation promossa da Weingart.
Le radici teoriche di questo approccio sono state brillantemente espresse in una sua citatissima pubblicazione (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/20378297/).
In attesa che l’evidenza ne dimostri la sicurezza e i potenziali benefici, sono convinto che alcuni pazienti selezionati possano beneficiarne.
La sedazione prevista in questi casi è con la Ketamina o con il dexmetomidine. Non ho alcuna esperienza di quest’ultimo farmaco. Le evidenze riguardo al suo utilizzo per la sedazione in corso di NIV, sono scarse (e non tutte favorevoli: http://journal.publications.chestnet.org/Mobile/article.aspx?articleID=1837952).
Parimenti per la Ketamina non abbiamo alcuna prova provata. Sappiamo tuttavia che, se adeguatamente perseguita, l’anestesia dissociativa preserva la ventilazione spontanea del paziente e pertanto offre la possibilità di proseguire la NIV. Questa finestra temporale può consentire di raggiungere una condizione respiratoria sufficiente affinché il paziente si adatti al trattamento o quanto meno raggiunga il migliore assetto di ossigenazione pre intubazione riducendo il rischio di arresto peri-procedurale.
Ovviamente da questo approccio basato sulla Ketamina sono esclusi i pazienti con edema polmonare cardiogeno su base ipertensiva o affetti da SCA.
In effetti le situazioni in cui l’ho utilizzato si limitano ai distress respiratori in corso di BPCO riacuizzate e polmoniti/ARDS, con pazienti non collaboranti.
È difficile dire dall’esperienza aneddotica quali siano i vantaggi di questo approccio. Posso quanto meno dire che sino ad oggi mi è parso sicuro, anche se richiede una sorveglianza ininterrotta del paziente.
Un’altra strategia che ho utilizzato per smorzare gli effetti della Ketamina è di utilizzare dosi sub dissociative (0.25 mg/kg) combinate a piccoli boli, anche ripetuti, da 25 mcg di fentanyl.
L’utilizzo dei due è apparentemente un controsenso dal momento che la Ketamina è già di per sé analgesica. Tuttavia l’effetto analgesico combinato dei due è sinergico e si autopotenzia, riducendo di gran lunga la sofferenza e la combattività del paziente, senza dover incappare negli effetti collaterali della Ketamina. Un po’ come per il Ketofol l’idea è di sfruttare le azioni delle singole molecole in modo che una attenui gli effetti indesiderati dell’altra. Differentemente da quest’ultimo la farmacodinamica dei due farmaci è sovrapponibile come rapidità d’azione e abbastanza simile nella durata, garantendone la sinergia degli effetti.
Carlo, grazie del post. Sempre interessante e utile argomentare questo tema.
Tra i farmaci da te elencati, personalmente ne utilizzo solo tre (fentanyl, midazolam e propofol).
Il fentanyl in larga scala, ogni qualvolta ho bisogno di analgesia e sempre più spesso sta sostituendo i FANS anche in prima battuta, e sempre con ottimi risultati (dose pro kg diluita in 100 di fisiologica in bolo rapido).
Il midazolam, oltre agli usi più comuni, è quello che utilizzo quando ho necessità (molto raramente) di “facilitare la NIMV”. Sempre con gli occhi più che aperti. Concordo su quanto scritto da Arianna in merito ad ottenere compliance del paziente e aiuto dei familiari come primo step.
Propofol per procedure ultrashort (CVE su tutte) in associazione con mid o fent, in modo da dare bassi dosaggi anche inferiori ad 1 mg/kg…il paz quasi sempre rimane in respiro spontaneo dando O2 periprocedura senza necessità di supporto con ambu (sempre con monitoraggio completo, e tutto il necessario a portata di mano!!)
Sempre in attesa della Ketamina, per la quale, quando sarà, chiederò a Mattia…
Emanuele, al momento il mio modo di approcciare la sedazione è simile al tuo con la sola eccezione di un maggior spazio per la ketamina che utilizzo nelle procedure ortopediche. La mia esperienza dell’associazione fentanil propofol non è così favorevole, soprattutto quando i due farmaci vengono eseguiti in rapida successione, causando frequentemente periodi più o meno prolungati di apnea. Elemento critico la tempistica e le modalità di somministrazione come ha sottolineato anche Mattia. Del resto visto l’uso prevalente del propofol nella cardioversione elettrica, procedura di brevissima durata, e il suo effetto amnesico, da qualche tempo tendo ad omettere la somministrazione di fentanyl, con una notevolissima riduzione degli eventi apneici e nessuna lamentela da parte dei pazienti riguardo al dolore provocato dalla procedura.
J Anesth. 2014 Jan 18. Effects of a simulation-based sedation training course on non-anesthesiologists’ attitudes toward sedation and analgesia. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24442129
Questo articolo fa in effetti paura. Credo (spero) sia esagerato, ma forse porta a riflettere.
(…Of 84 non-anesthesiologists, 81 have encountered patient respiratory suppression. More than 70 % non-anesthesiologists have encountered patient respiratory arrest. All non-anesthesiologists have encountered patient cardiac suppression; 20-30 % of non-anesthesiologists have encountered patient anaphylaxis, asthma attack, and cardiac arrest; and all non-anesthesiologists have encountered patient vomiting and about 80 % aspiration. Non-anesthesiologists largely accepted the guidelines….)
J Bone Joint Surg Am. 2011 Dec 21;93(24):2255-62. doi: 10.2106/JBJS.J.01307.
Procedural sedation with propofol for painful orthopaedic manipulation in the emergency department expedites patient management compared with a midazolam/ketamine regimen: a randomized prospective study.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22258771
(…The use of propofol for an orthopaedic procedure requiring sedation in the emergency department expedites patient management and saves time in comparison with the use of midazolam/ketamine.)Personalmente concordo in base alla mia esperienza sul migliore risultato/rapidità del propofol, ma critico l’assenza di un oppioide , che reputo necessario per trattare il dolore delle manovre ad es di riduzione di lussazione. Il propofol andrebbe associato a fentanest.
Pensiero mio personale
i farmaci principe nelle sedazioni sono il propofol, midaz e se necessario copertura analgesica, associazione con fentanest. No la ketamina. Perché? Per la rapida induzione, la possibilità di fare sedazioni prolungate (proseguendo con bollettino di propofol), la possibilità di ottenere il piano di sedazione che si vuole (quando devono essere fatte delle procedure), e il risveglio e recupero molto rapidi. Inoltre non danno allucinazioni come la ketamina (ne ho viste parecchie nei Paz che hanno ricevuto questo farmaco è sono assai spiacevoli).
È chiaro che bisogna saper usarli, ma tranquillamente si può ottenere anche un piano chirurgico (anestesia generale senza intubazione) con questi farmaci . Ad es per interventi chirurgici come raschiamenti, interruzioni di gravidanza, incisione ascessi perianali, ecc. Senza mai mandare in apnea il Paz , senza quindi doverlo ventilate, anche per 20-30 minuti. E con risveglio immediato. Lo dico perché la vera sedazione profonda è questa, non con la ketamina. Poi, come scritto nel primo commento, è comunque meglio usare il farmaco che si sa usare con più sicurezza.
Grazie Carlo
come sempre i tuoi post sono ricchi di stimoli e informazioni preziose (e il pdf e già’ nel mio evernote …).
Per quanto riguarda la sedazione in NIV, le abitudini sono le più varie e non soltanto in relazione all’esperienza personale e al setting (ICU vs ED vs HDU).
Sintetizzerei cosi’:
– le tre regole generali suggerite da Arianna (informazioni al malato e delicatezza – sinonimi di esperienza – e contesto familiare) sono elementi chiave per il successo
– la checklist deve essere sempre presente, ed una volta di più dobbiamo avere in mente il piano B …
– il farmaco che si conosce meglio e’ quello che funziona di più e da’ meno problemi
– la sicurezza potrebbe aumentare se esiste un antagonista (nella nostra esperienza i più usati sono oppiacei e midazolam)
– questi ultimi, pero’, non sono motivi sufficienti per non cercare altre strade, ad es. ketamina, molto interessante per l’analgesia e il mantenimento di riflessi e drive respiratorio, oppure dexmedetomidina visti i promettenti risultati di che hai già citato (v. anche DeMuro JP et al. Use of dexmedetomidine to facilitate NIV. Int J Crit Illn Inj Sci 2013;3:274-275)
– e’ una piccola fetta di pazienti, ma molto `sfidante`, spt se si tratta di malati ipossiemici che sono di per se’ mine vaganti …
Roberto grazie del tuo commento e per avere offerto il punto di vista dell’esperto di ventilazione non in vasiva. Concordo pienamente con i tuoi suggerimenti e mi aspetto che prima o poi studi di maggiore spessore ed evidenza possano darci risposte alle tante domande che al momento ci assillano.
E’ verosimile però che come accade spesso in medicina, che anche allora in questo campo l’evidenza lascerà spesso il campo all’esperienza e alla pratica dei singoli.
Caro Carlo,
innanzi tutto complimenti per il grande post: strumenti pratici come i protocolli che riporti sono richiesti tutti i giorni da tanti colleghi. E il blog si rivela ancora una volta uno strumento di lavoro…
Anche durante i corsi le questioni sollevate dal post e dai commenti saltano fuori in continuazione. Continuo a pensare che il vero punto fondamentale in sedazione procedurale sia stabilire un target. Dice bene anche Mattia: che livello di sedazione vogliamo ottenere? Per quanto tempo? In quale paziente? La scelta del farmaco sarà fortemente condizionata dalle risposte a queste domande. Se sia meglio il propofol o l’associazione fentanyl+midazolam continueremo a domandarcelo ancora a lungo (personalmente preferisco una formulazione nella quale l’analgesia con oppiaceo sia ben presente…). E comunque continueremo a confrontarci con la frequente assenza di alcuni farmaci nelle nostre strutture: non molti hanno la ketamina, qualcuno non può usare il propofol, qualcuno addirittura non ha il fentanyl. Continueremo ad adattare alcune necessità nostre (veramente più dei pazienti che nostre!) alle disposizioni regolatorie locali che spesso sono particolarmente miopi, per usare un eufemismo.
E poi c’è il problema della competenza: quell’articolo segnalato da Arianna sull’attitudine dei “non-anestesisti” urla vendetta. Da tempo ho imparato a diffidare di chi (per fortuna non tutti gli anestesisti) divide il mondo in anestesisti e non-anestesisti. Faccio parte dell’ultima categoria, e dunque potrei essere un pediatria, un ortopedico, un chirurgo, magari anche un medico d’emergenza urgenza. Ma i nostri background, come si dice, sono ben diversi. E poi, che senso ha valutare la prevedibilità di eventi avversi maggiori in sedazione procedurale esaminando le risposte di persone che, per il semplice fatto di essere iscritte a un corso, sono evidentemente in fase di formazione e non hanno ancora acquisito una competenza? Ci sono esempi illustri in letteratura di anestesisti che quando spostano il punto di vista da posizioni corporativiste alla realtà dell’outcome di pazienti trattati con criteri corretti devono riconoscere la validità della sedazione procedurale eseguita da altri specialisti.
Certo, questo ci porta ancora una volta al problema dell’acquisizione di specifiche competenze, e su questo dobbiamo ancora lavorare molto.
Confrontare il paziente della Sala Operatoria o della Rianimazione con il paziente del Pronto Soccorso è una manovra un po’ azzardata, per quanto necessaria quando si cercano evidenze sui farmaci. L’esempio più chiaro lo abbiamo dal dibattito sulla ketamina. I comportamenti quotidiani di Anestesisti e Medici d’Emergenza Urgenza iniziano in questi anni a differire profondamente proprio rispetto alla ketamina, che offre dei vantaggi che sono spesso “vitali” nel setting dell’Emergenza rispetto a condizioni che nell’ambito della Rianimazione vengono risolte differentemente. Ancora una volta ci si ritrova a discutere di target differenti: nel Pronto Soccorso ben difficilmente avrò necessità di sedazioni così prolungate come in Rianimazione, e al contempo l’evolutività e l’imprevedilità del mio paziente nelle prime ore (si pensi al trauma) saranno massime. Fatte salve le controindicazioni assolute di cui si è già parlato, la possibilità di utilizzare un farmaco con profilo emodinamico eccellente, curva della CO2 favorevole, e fortemente analgesico e sedativo (meglio dire dissociativo) sembra davvero irrinunciabile in emergenza. E questo accade nel paziente più critico così come in altre situazioni, meno “life-threatening” ma egualmente cruciali in un Pronto Soccorso. Poche settimane fa abbiamo messo circa 80 punti di sutura al capo di una bimba di venti mesi, azzannata da un cane: è stata sedata con ketamina i.m. 5 mg/kg. È stato necessario praticare tre somministrazioni per una procedura che è durata poco meno di un’ora e mezza. L’unica alternativa, almeno in un ospedale come il mio, sarebbe stata portare la bimba in sala operatoria e intubarla.
La verità è che abbiamo a disposizione uno spettro di soluzioni: ci metto dentro anche il protossido d’azoto premiscelato al 50% in associazione con altri farmaci, sedativi o analgesici. Le nostre scelte in questo spettro dipendono da molte considerazioni e dalla disponibilità locale. Ma mi accorgo che quel che voleva essere un breve commento di complimenti sta diventando davvero troppo lungo. Avremo altre occasioni.
Nel frattempo continuate tutti così, per primo tu, Carlo, e poi tutti gli ottimi commentatori. È un piacere leggervi. Resto in attesa della seconda puntata, naturalmente…
Fabio leggere i tuoi commenti è quasi come sentirti parlare. Dico quasi perché dal vivo sei veramente inarrivabile. Lo dico senza alcuna piaggeria. Ti ringrazio molto quindi di avere offerto il punto di vista dell’esperto della sedo-analgesia in medicina d’urgenza.
Hai descritto bene la realtà italiana. Variegata, fatta più di rapporti di forza: fa chi può fare che di competenza: fa chi sa fare. Un primo passo in avanti è stato certo le stesura delle guida condivise sul trattamento del dolore in emergenza.
http://www.siaarti.it/raccomandazioni-intersocietarie-italiane-siaarti-simeu-sis-118-aisd-siared-sicut-irc-sulla-gestione-del-dolore-in-emergenza/
Speriamo che il futuro possa fare in modo che i punti di contatto e di condivisione tra le figure professionali dell’intensivista e del medico di pronto soccorso siano di più di quelli di contrapposizione, come è avvenuto e avviene in altri paesi. Tutti ne beneficerebbero, in primis i pazienti.