lunedì 17 Febbraio 2025

Quando ti “blocchi” su una Dispnea

1-callasE’ sabato sera la Sig.ra Maria di 50 anni è la nostra prossima paziente da chiamare. Al triage le è stato dato un codice verde.

Il sintomo riferito è dispnea da sforzo presente da qualche settimana.

I parametri sono assolutamente normali: PAO 130/70 mmHg, FC 85 bpm, SaO2 in aria 99%, FR 15 apm. Una bella, elegante e distinta cinquantenne entra camminando normalmente accompagnata dalla figlia.  La prima cosa che dice è: “Dottore, guardi che io non ho nulla, è mia figlia che ha insistito”. Effettivamente tutto sembra darle ragione. La paziente ha un’anamnesi assolutamente negativa e si presenta in perfette condizioni generali. All’esame obiettivo nulla di patologico. ECG normale. Tuttavia una dispnea da sforzo come sintomo ci impone qualche accertamento in più. Richiediamo degli esami di routine ed un Rx torace, ma anche qui nulla di patologico.

Tutto sembra tranquillo, ma il nostro pensiero è sempre rivolto alle patologie subdole che rischiamo di non riconoscere.

Embolia polmonare?

Con Score di Wells a bassa probabilità e d-dimero negativo ci sentiamo di escludere l’embolia, evitiamo la TC. E’ finito il reattivo del p-BNP ma la mancanza di segni clinici, l’ECG e l’RX del torace normale dovrebbero essere sufficienti per escludere un sottostante scompenso cardiaco.

Ma alla fine l’ecocardiogramma non è certo un esame invasivo e, poiché  la paziente ancora  non mi convince, richiedo l’ecocardio. Naturalmente il cuore è perfetto, così pure le due troponine richieste. La paziente continua a sostenere di essere sana come un pesce ma la figlia continua a dire che ha visto la madre dispnoica per sforzi di modica entità e che ha di sicuro ci sta sfuggendo qualcosa. E se fosse un equivalente anginoso? Propongo al cardiologo e alla paziente di trattenerla in OBI per poter eseguire l’indomani un test da sforzo. La paziente ritiene che già è stato fatto tanto, è stanca e vuole andare a casa. Tuttavia, non avendo capito da dove viene il sintomo, insisto ottenendo però soltanto la promessa che tornerà per eseguire il test ergometrico prenotato lunedì mattina…

Lunedì mattina sono libero e nonostante il sabato sera abbia riservato tanti altri casi, il pensiero va alla sig.ra Maria. Chissà se la figlia aveva poi ragione? Chiamo i colleghi dell’ergometria e ricevo la risposta che non vorresti mai sentire quando mandi una paziente a casa:

“Ciao, come è andato il test ergometrico della signora Maria”

“Guarda, non so come dirtelo, ma la paziente è in UTIC”.

Mi cade quasi la cornetta di mano! Con grande sorpresa apprendo che la paziente è stata trasferita in terapia intensiva coronarica!

Cosa è successo??

Ecco i fatti. Al 1° minuto del test da sforzo comparsa di dispnea e sviluppo di BAV 3:1 (fig.1). Durante il recupero il BAV regredisce, ma si evince un lieve sottoslivellamento del tratto ST da V3 a V6 (fig.2).

 

2-sforzo

 Fig 1

3 recupero

Fig 2

Nell’ipotesi che tutto abbia una genesi ischemica la paziente viene direttamente inviata in sala di emodinamica. Risultato: coronarie esenti da lesioni significative e spasmo dell’ostio della coronaria destra, probabilmente secondario alla manipolazione del catetere guida. Viene ipotizzato che il BAV possa essere secondario allo spasmo della coronaria destra (da cui deriva l’arteria del nodo atrio-ventricolare).

Angina da vasospasmo o blocco A-V puro?

A completamento dell’iter è stato eseguito direttamente studio elettrofisiologico endocavitario (SEE) che ha documentato un blocco della conduzione atrio-ventricolare a livello intraHisiano e una ridotta riserva conduttiva del nodo atrio-ventricolare (AV) per frequenze superiori agli 80 bpm.  Nella stessa seduta si è proceduto ad impianto di pacemaker bicamerale definitivo. La figlia aveva proprio ragione, la mamma aveva dei reali episodi di dispnea per sviluppo di BAV parossistici per frequenze cardiache di poco superiori ad 80 bpm, che si traduce con centinaia di parossismi nell’arco delle 24 ore!

Ma cerchiamo di capire: cos’è questo “blocco intraHisiano” e che ce ne facciamo noi urgentisti?

Ripasso di fisiologia

Il sistema di conduzione atrio ventricolare è costituito da nodo del seno atriale, vie di conduzione atriali, nodo atrio ventricolare, fascio di HIS e branche destra e sinistra.

4  sistema di conduzione

Il nodo AV è una struttura a conduzione decrementale posta come filtro tra atri e ventricoli, la cui velocità di conduzione è inversamente proporzionale alla frequenza cardiaca. Con l’incremento della frequenza cardiaca la velocità di conduzione rallenta fino ad un punto in cui l’impulso non viene più condotto. Questo punto è chiamato punto Wenckebach e all’ECG si manifesta come un’onda P “non condotta”. Questo fenomeno comincia a diventare significativo per frequenze superiori a 130 bpm.

Il ritardo nella conduzione dell’impulso cardiaco è estremamente importante in quanto: assicura che i ventricoli si contraggono solo dopo la sistole atriale e protegge i ventricoli da aritmie atriali estremamente rapide.

Nodo del seno e nodo atrio ventricolare, a differenza del fascio di His, sono sensibili al vago, alla digitale, beta-bloccanti e calcio antagonisti.

Il “blocco” può essere localizzato a vari livelli lungo la via di conduzione e distinto in base alla posizione assunta rispetto al fascio di HIS: prossimale, intra e sotto-Hisiano. I blocchi prossimali possono essere intra-atriali e del nodo atrio ventricolare. Nei blocchi sotto-Hisiani il difetto di conduzione è a livello delle branche (lo studio elettrofisiologico evidenzierà allungamento del tempo HV), freccia rossa in figura.

5 Possibili livelli di blocco

Il blocco atrio ventricolare di II grado è dato dal fallimento intermittente della propagazione dello stimolo elettrico dagli atri ai ventricoli. Esistono vari gradi di conduzione: 2:1, 3:1, 4:3, 3:2.

Nel BAV 2:1 si assiste ad una alternanza tra P condotte e P “bloccate”. Quando il BAV 2:1 è associato a QRS stretto solitamente (ma non sempre), la sede del blocco della conduzione è il nodo AV. Se vi è presenza di blocchi intraventricolari o vi è la concomitante evidenza di blocchi AV di secondo grado tipo 2 il livello del blocco è nel fascio di His o nel sistema His-Purkinje.

Agire sul sistema nervoso autonomo (come è stato fatto durante il test ergometrico nel caso della Sig.ra Maria) può aiutare ad ipotizzare la sede del blocco di conduzione. Infatti, se durante esercizio o dopo atropina la conduzione AV migliora, la sede del BAV è di solito localizzata a livello del nodo AV. Il nodo A-V e le strutture sovrastanti sono sensibili ad atropina. Un comportamento opposto si osserva in presenza di BAV intra- o sotto-Hisiani, legato alle differenti proprietà elettrofisiologiche del nodo AV rispetto al sistema His-Purkinje. Questo è il motivo per cui nei blocchi di II grado tipo II e III grado che sono al di fuori del tessuto nodale l’utilizzo dell’atropina non è indicato, potendo peggiorare il grado di blocco.

Nel caso in questione il tracciato ECG di base era normale e durante il test da sforzo già a basso carico si elicitava un BAV 2:1 a QRS “stretto” e brevi fasi di BAV avanzato 3:1, associato a ripresa della sintomatologia dispnoica. Alla luce della traccia ECG registrata durante il test ergometrico non è possibile capire se il blocco è a livello del nodo AV oppure a livello del fascio di His o anche sotto-Hisiano. In questo caso ci può aiutare lo studio elettrofisiologico.

6 studio elettrofisiologico normale

La registrazione endocavitaria del fascio di His normale mostra 3 onde che corrispondono all’attivazione elettrica di tre strutture (figura 3): onda A (atrio), H (His) e V (ventricolo). Come si può notare, l’onda H è una deflessione singola.

7 segnale elettrico della paziente

 

 

La figura 4 rappresenta la registrazione del segnale elettrico a livello del fascio di His nella nostra paziente. Si nota come l’onda H non è singola, così come di norma, ma divisa in due componenti (H1 e H2) ben distanti tra di loro. Questo fenomeno è definito come “split His” (letteralmente “His diviso”) ed è il segno di un rilevante ritardo di conduzione con prognosi severa per progressione in BAV avanzato.

In questo caso la distanza tra le due componenti dell’onda H è di 47 ms, ovvero il tempo che solitamente l’impulso impiega per passare dal fascio di His al ventricolo in questo caso è impiegato per passare soltanto attraverso il fascio di His.

Nel nostro caso durante lo studio elettrofisiologico è stata fatta eseguire una breve fase di iperventilazione per favorire un lieve incremento della frequenza cardiaca senza agire mediante stimolazione simpatica. Questo ha determinato un incremento della FC intorno agli 80 bpm con comparsa di episodi di BAV di II grado tipo 2 per interruzione della conduzione a livello del fascio di His.

Così, un già bene evidente ritardo di conduzione intraHisiano di base (Split-His) sfociava in un blocco AV di II grado tipo 2. La figura 5 mostra basalmente, prima di qualsiasi test provocativo, ad una frequenza di 80 bpm il blocco intraHisiano: il terzo battito documenta un’onda P non condotta che corrisponde nella registrazione endocavitaria (HBED) all’assenza della seconda componente del segnale Hisiano (prima componente H1 dell’ elettrogramma Hisiano non seguita dalla seconda H2).

L’elevata probabilità di evoluzione del blocco AV intraHisiano in BAV totale e la sintomaticità della paziente hanno imposto l’impianto del pacemaker definitivo endocavitario bicamerale.

8    blocco intrahisiano

Take home message

– La dispnea è un sintomo che in nessun caso può essere sottovalutato.

– Il blocco atrioventricolare 2:1 può essere un fenomeno estremamente  dinamico

– E’ molto spesso importante riprodurre le condizione in cui compare il sintomo.

– Limitare l’uso dell’atropina a bradicardie e blocchi che hanno origine nel tessuto nodale, evitandone l’uso nel Mobitz 2 e BAV di III grado. La risposta nel BAV 2:1 è sempre imprevedibile

– Ascoltare sempre i parenti

Ringrazio il Dr. Mauro Cardillo per l’aiuto nella preparazione del post ed i colleghi dell’elettrofisiologia Gabriele Giannola e Riccardo Torcivia per le spiegazioni sui risultati dello studio elettrofisiologico e delle sue implicazioni cliniche.

Dott. Emanuele Sesti Dirigente Medico del Pronto Soccorso Fondazione Istituto San Raffaele G. Giglio di Cefalù

Emanuele Sesti
Emanuele Sesti
Specialista in Medicina Interna, Dirigente medico presso il Pronto Soccorso dell’Istituto Fondazione San Raffaele G.Giglio di Cefalù. Nutro particolare interesse per i temi della sedazione procedurale e della rianimazione cardiopolmonare. Google+: + EmanueleSesti email: emasesti@gmail.com

9 Commenti

    • Un grazie a tutti per i commenti ricevuti.
      Ho avuto modo di incontrare la paziente qualche settimana dopo la dimissione.
      Stava bene e non aveva avuto più disturbi.
      Ricordava ancora le fasi della turbolenta mattina in cui, nell’arco di poche ore, è passata dal tappeto dell’ergometria al lettino del laboratorio di elettrofisiologia, passando per la sala di emodinamica…

  1. bravo Manu, ti scopro solo oggi in questa veste, ed in questo sito, ma la Tua Brillantezza diagnostica l’avevo gia’ riconosciuta, gia’ da prima che ti laureassi, ricordi bene ? (:(: , e non posso che farTi i complimenti. Bel caso clinico. Alla prossima

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