Gennaro è un uomo di 83 anni e nella sua vita, per sua fortuna, ha avuto poco a che fare con medici e ospedali. “Ieri sera ho iniziato ad avere mal di pancia. Questa mattina il dolore è diventato insopportabile e adesso sembra essere diminuito un pochino…” Lo visitiamo rapidamente. “E’ un addome acuto, sembra perforato” il mio breve commento e rivolto a Nadia, l’infermiera con cui sto lavorando, suggerisco. ” mentre tu prendi la vena, io preparo la morfina…” A quel punto Gennaro, sgrana gli occhi e dice ” addirittura la morfina, dottore non sarà troppo forte?” Sentire commenti come questo non è infrequente in pronto soccorso, almeno tra coloro che usano gli oppiacei in modo liberale nel trattamento del dolore.
E’ stato recentemente pubblicato come Epub ahead of print su Academic Emergency Medicine un articolo dal titolo: Rising Opioid Prescribing in Adult U.S.Emergency Department Visits: 2001–2010 in cui vengono prese in esame le prescrizioni di antidolorifici negli adulti nei pronto soccorso degli Stati Uniti nella decade compresa tra il 2001 e il 2010. L’argomento è certamente interessante perché ci da un’idea di come il dolore viene gestito nei dipartimenti di emergenza d’oltreoceano nella popolazione adulta e può offrire uno spunto di discussione su quello che invece viene abitualmente fatto alle nostre latitudini.
Obiettivo dello studio
Obiettivo di questa ricerca è stato valutare il trend della prescrizioni di antidolorifici nella popolazione adulta di età ≥18 anni nei dipartimenti di emergenza americani nel periodo di tempo considerato. per fare questo è stato consultato il National Hospital Ambulatory Care Survey (NHAMCS)che raccoglie annualmente un campione probabilistico di tutte le visite eseguite nei pronto soccorso degli USA.
Lo studio
E’stata focalizzata l’attenzione su sei tipi di oppoidi abitualmente utilizzati in pronto soccorso:
- idromorfone
- meperidina
- morfina
- ossicodone
- idrocodone
- codeina
sia da soli che in combinazione con paracetamolo. Per morfina e ossicodone sono state incluse anche le preparazioni a rilascio prolungato.
Nella valutazione vennero presi in esame anche il paracetamolo e i farmaci antinfiammatori non steroidei e vennero analizzati separatamente i dati della prescrizione ospedaliera rispetto a quelli della dimissione, questi ultimi limitatamente al periodo 2005-2010.
Nello studio vennero studiate alcune caratteristiche demografiche come il sesso, la razza, l’età maggiore di 65 anni, nonché il tipo di assicurazione e le caratteristiche dell’ospedale sede della prescrizione.
Risultati
- Nel periodo considerato la prescrizione di oppiodi sia a scopo antalgico che con altre indicazioni è aumentato considerevolmente passando dal 20.8% al 31.0% (95% confidence interval [CI] = 7.0% to 13.4%)
- l’uso dei farmaci di classe II secondo la Drug Enforcement Agency (DEA) come morfina, ossicodone, idromorfone, meperidina è passato dal 7.6% nel 2001 al 14.5% nel 2010, (95%CI = 5.2% to 8.5%), mentre quello di classe III-IV e V comprendenti codeina e idrocodone sono passati dal 12.6% nel 2001 al 15.6% in 2010, (95% CI = 2.0% to 5.7%). A questo riguardo è bene precisare che a fronte di un aumento prescrittivo di idrocodone, idromorfone, ossicodone e morfina, codeina e meperidina hanno subito invece una riduzione
- I farmaci analgesici non oppiodi non hanno subito sostanziali variazioni passando da 26.2% nel 2001 al 27.3% in 2010 (95% CI = –1.0% to 3.4%), nè vi è stato un aumento della loro prescrizone alla dimissione dal pronto sosccorso.
- Tra il 2005 e il 2010 idromorfone ed ossicodone sono stati quelli maggiormente prescritti in pronto soccorso, mentre ossicodone e idrocodone quelli maggiormente prescritti alla dimissione
- Nonostante un notevole incremento prescrittivo degli oppioidi si è registrato un incremento relativamente inferiore di accessi in pronto soccorso per condizioni morbose caratterizzate dal dolore come sintomo rilevante. Queste infatti sono passate da 47.1% nel 2001 a 51.1% nel 2010, (95% CI = 2.3% to 5.8%).
Limitazioni
Questo studio ha diverse limitazioni come si legge chiaramente nell’articolo, la più importante delle quali è rappresentata dal fatto che non è stato possibile discriminare all’interno del NHAMCS in che misura nel periodo antecedente il 2005 la prescrizione di oppiacei fosse avvenuta in pronto soccorso o alla dimissione.
Conclusioni
Le conclusioni degli autori sono allineate con i risultati: in particolare viene enfatizzato un aumento considerevole nella prescrizione di farmaci oppioidi sia in pronto soccorso che alla dimissione pur in assenza di un incremento numerico degli accessi nei dipartimenti di emergenza. Per converso la prescrizione dei farmaci non oppioidi è rimasta costante. Questo aumento prescrittivo potrebbe essere collegato ad un abuso da parte dei pazienti di questi medicamenti con un conseguente incremento degli effetti avversi e della mortalità, ma ulteriori studi di conferma sono necessari.
Considerazioni personali
Ho pensato di scrivere un post su questo tema, non tanto per sottolineare i rischi della prescrizione di oppiacei sia all”interno del dipartimento di emergenza che alla dimissione, ma per enfatizzare la sostanziale differenza di atteggiamento nell’uso di questi farmaci tra noi e i colleghi di oltreoceano.
Quanti oppioidi prescriviamo in acuto e quanti alla dimissione in Italia? Non credo si possa generalizzare, ma la risposta credo sia:pochi, almeno questo è la mia impressione. Per quanto di mia conoscenza, non ci sono dati al riguardo se non quelli derivanti da uno indagine condotta dalla SIMEU (Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza) nel 2010 sui registri oppiacei relativi al 2009 e coordinata da Fabio De Iaco che ringrazio per avermene fornito una sintesi.
A quella indagine presero parte una cinquantina di pronto soccorso per complessivi quasi 3 milioni di accessi.
L’indice fiale oppiacei/accessi è stato 0,98%. Il che significava che il numero di pazienti trattati è stato di gran lunga inferiore al 1%, poiché , come prevedibile, spesso i pazienti vengono trattati con più fiale di oppiacei. Il farmaco più usato la morfina con il circa 70% delle prescrizoni.
Possiamo trarre conclusioni o generalizzazioni da quanto riportato sopra? Ovviamente no (aspettiamo al riguardo una loro definitiva e dettagliata pubblicazione, ma la sensazione è che la prescrizione di questi farmaci in acuto sia veramente scarsa. In linea generale penso che nella maggior parte dei nostri dipartimenti di emergenza venga fatto largo uso di FANS,e in particolare del ketorolac, spesso in modo off label, e che alla morfina o al fentanil venga preferito il tramadolo, farmaco meno maneggevole e con importanti effetti collaterali, soprattutto nell’anziano. Come sempre interessato a conoscere la vostra esperienza e le vostre opinioni al riguardo.
Infine torniamo a Gennaro. Dopo due boli da 4 mg di morfina il dolore è quasi completamente scomparso; di li a poco sarebbe stato operato per un’ulcera duodenale perforata.
Sono da poco diventato specializzando in chirurgia, e dove lavoro (svizzera francese) ci fanno spesso fare rotazioni in PS. Non so per esperienza diretta come siano le cose in Italia, ma le ssicuro che dove siamo noi, prescriviamo senza troppi problemi oppioidi sia in PS che in post-op. Mi ricollego ad un altro suo post: gli infermieri danno una grossa mano, soprattutto a chi come me non ha esperienza. Dove sono io, spesso, prima ancora di aver visitato il paziente, l’infermiere ha già iniziato con il protocollo analgesico che lo autorizza nelle NRS > 5 anche a somministrare Fentanyl o Boli da 5 mg di morfina senza l’autorizzazione preventiva del medico. E devo dire che i pazienti di solito sono abbastanza contenti di questa presa in carico.
Guglielmo grazie di avere condiviso la tua esperienza. Per quanto mi è dato di sapere, in Italia non ci sono esperienze simili. In genere in triage viene somministrato, ai pazienti con dolore lieve-moderato, paracetamolo o l’associazione paracetamolo codeina .
Carlo usate da voi il MAD?
Da qualche tempo anche da noi c’è la possibilità di somministrare farmaci per via intranasale. Al momento però esperienza è alquanto limitata, ma l’impressione è favorevole.
Carissimo, credo che il proporre l’argomento dell’analgesia (e dell’oligoanalgesia o dell’analgesia impropria) in ps sia sempre estremamente utile ed attuale. E’ uno step fondamentale nella gestione del paziente “critico” (anche solo per una colica renale!).
“Addirittura la morfina!” l’ho sentito dire molte volte. Non solo dai pazienti…
Quando iniziai questa “avventura” nella medicina d’urgenza (allora extra-ospedaliera, il secolo scorso!) utilizzavo “l’autoprescrizione per uso professionale” compilando il farraginoso libretto giallo in triplice copia, figlio di una legislazione estremamente restrittiva (qualcuno sicuramente se lo ricorda). L’azienda dove lavoravo non forniva oppiodi, ma consideravo disumano soccorrere (ad es.) un traumatizzato senza avere a disposizione un farmaco in grado di lenire velocemente ed efficacemente il dolore.
Alcuni colleghi commentavano quella scelta dicendomi: “sarai assalito da orde di tossici che, conoscendo la tua “dotazione”, faranno di tutto per appropriarsene!”. Mai avuto questi problemi.
Sono passati molti lustri da allora. Il commento dell’assalto dei “tossici” non mi è stato più proposto, per fortuna. Ma ancora oggi molti colleghi, forti utilizzatori dei fans (off-label) o peggio (v. il famigerato buscopan) mi guardano di sbieco quando dispongo per “fentanest in 100/SN in infusione rapida” e, commentano, sempre di sbieco: “il solito esagerato… poi chiamerà il rianimatore perché il pz. gli va in arresto respiratorio”. Mai successo!
E’ successo invece di vedere le smorfie di dolore scomparire dal volto delle Persone delle quali ci prendiamo cura: la loro primaria preoccupazione non è, quasi mai, sapere subito “perché”, ma il “non fatemi soffrire!”. Questa è la mia esperienza.
Cordialmente – mauro
Mauro, grazie per avere condiviso la tua esperienza. Credo che atteggiamenti come quello che tu hai citato siano ancora molto diffusi. Speriamo che pian pianino le cose possano cambiare.
Bel post e bella discussione
Ci sono scuole di pensiero che dicono di alleviare il dolore e non di eliminarlo fino alla diagnosi presunta.mi spiego…un chirurgo che palpa un addome dolente riceve una risposta diversa da uno che non ha dolore per l’oppiacei.sottolineo che sono “pensieri”.
Massimo, il problema che il trattamento con oppioidi possa mascherare i segni clinici di un addome acuto, direi che è da tempo superato. Esso si riferiva infatti a quando il trattamento analgesico prevedeva l’uso di morfina a dosaggi dieci volte superiori a quelli attualmente consigliati. Mi auguro che queste “scuole di pensiero” pian pianino smettano di esistere.