Di sicuro è cosa nota, e molti di voi la considereranno situazione banale e di facile gestione, ma un piccolo ripasso ed aggiornamento non può che essere d’aiuto e magari sollevare qualche dubbio sul nostro operato o evidenziare la nostra corretta gestione.
Neutropenia febbrile
Febbre della durata > 1 h, con T > 38 in pazienti che presentano una riduzione del numero assoluto dei leucociti neutrofili < 500.
Il rischio in questi pazienti di sviluppare complicanze (es. Insufficienza renale acuta, insufficienza respiratoria acuta e ipotensione) è molto alta (30%) e il rischio di morte, se non trattata in maniera adeguata, è’ di circa 1 paziente su dieci.
Allora, vista la loro fragilità, vanno ricoverati e trattati con terapia antibiotica TUTTI i pazienti con neutropenia febbrile?
Beh, spesso la tentazione è forte, ma secondo le ultime linee guida dell’American Society of Clincal Oncology (ASCO), pubblicate nel 2018, la corretta selezione del paziente e la sua °categorizzazione” in alto e basso rischio, evita il sovra-trattamento ed il ricovero indiscriminato di tutti coloro che si presentano neutropenici con febbre nei pronto soccorsi o negli ambulatori del Day Hospital.
Il ricovero selvaggio, oltre ad essere inappropriato, può risultare estremamente dannoso nei pazienti definiti a basso rischio.
Facciamo quindi un rapido check sulle indicazioni ASCO al trattamento ed al ricovero dei pazienti con neutropenia febbrile, cercando di riassumere il tutto in alcuni punti fondamentali.
Quali approfondimenti eseguire nel paziente che si presenta alla visita con evidenza di neutropenia febbrile?
-in assenza di evidenze differenti: sempre considerare la febbre come di origine infettiva
-eseguire accurata anamnesi ed esame obiettivo
–esami ematici completi comprendenti coagulazione, emocromo con formula, funzione epatica e renale
–emocolture: almeno due set da differenti accessi. Se presente un CVC eseguire colture da periferico e CVC allo stesso tempo al fine di poter valutare l’accesso centrale come sospetta fonte di infezione
(P.S. time to positivity < 120 rispetto al periferico permette di sospettare una maggiore carica batterica sul CVC e la più rapida positivizzazione delle colture rispetto al sangue periferico, permette di sospettare il CVC come fonte di infezione)
– esami colturali di urine, espettorato o altra sede (se sintomi)
–Rx torace (se sintomi)
– tampone per ricerca influenza (in stagione) ed eventuale ricerca di virus respiratori (esempio quest’anno vi è stata una vera e propria “epidemia” di virus respiratorio sinciziale a fianco di quello influenzale che ha colpito soprattutto pazienti fortemente immunocompromessi come riceventi di trapianto di cellule staminali e pazienti in induzione e consolidamento per leucemia acuta, causando non pochi danni…)
Fondamentale in tutto questo è il TIMING.
Deve essere rapido il passaggio da triage a sala visita se si presenta un paziente con febbre con storia di immunocompromissione o recente chemioterapia
Il clinical assessment e gli esami andrebbero eseguiti entro 1 ORA dall’accesso in PS /ambulatorio, così come la prima dose di antibiotico andrebbe infusa subito, in attesa di avere esiti degli esami richiesti
Quale antibiotico?
-meglio un antibiotico beta-lattamico che copra anche lo Pseudomonas Aeruginosa, es ceftazime 2 gr ev, piperacillina-Tazobactam 4.5 gr ev o Meropenem 1 grammo ev.
- se è sospettata l’origine da CVC meglio aggiungere un farmaco che copra lo Staphilo MRSA come Vancomicina o Linezolid ev.
- se è invece nota storia di colonizzazione meglio :
> MRSA > Vanco 1 gr ev , Linezolid 800 ev Daptomicina ev
>ESBL > considero Meropenem in quanto spesso i Gram negativi ESBL+ (nuova piaga per I nostri ospedali nell’ultimo anno), presentano MIC Intermedie o direttamente Resistenza a cefalosporine di terza generazione e Pipera-Tazobactam. Questi germi sono ALERT in quanto possono rapidamente diventare resistenti ai nuovi farmaci beta-lattamici (quali Zerbaxa e Zavicefta ) che sono gli unici attivi contro i Gram meno KPC produttori.
>KPC> è indicata l’associazione con Amikacina 1 gr ev o con Tigeciclina o Fosfomicina ev. Non vengono menzionati nella linea guida i nuovi farmaci diretti contro i microorgsanismi KPC produttori (Zavicefta/Zerbaxa..)
>VRE> direttamente Linezolid e Daptomicina ev
Per il trattamento è quindi importante che l’anamnesi, quando possibile, verta anche sulla storia di colonizzazioni, recenti infezioni e recente utilizzo di antibiotici (che dovrebbe comparire nella scheda o lettera del paziente all’interno dell’ospedale o dalla relazione di accompagnamento se il paziente e’ seguito presso altro centro).
E’ inoltre fondamentale per i medici avere una idea del report della propria infettivologia, se nel proprio ospedale esistono outbreak di resistenza, oltre alla conoscenza della propria epidemiologi delle infezioni, al fine di ed avere chiaro come poter trattare al meglio il paziente.
Dopo aver inquadrato il paziente ed aver avviato la terapia, chi posso dimettere e chi devo trattenere per il ricovero?
Spesso, quando si inizia la terapia antibiotica endovenosa, si presuppone che il paziente rimanga ricoverato, ma le linee guida sostengono che in alcuni casi selezionati, si può dimettere il paziente e proseguire il trattamento con terapia orale al domicilio.
Ma come scegliere??
>clinical judgment (è messo al vertice della piramide decisionale) : il paziente asintomatico, in assenza di segni specifici o sintomi, con parametri stabili e possibilità di assumere terapia orale (non nausea, vomito, o diarrea, segni di mucositi che possono bloccare ed inficiare l’assorbimento della terapia orale) può essere un papabile candidato alla dimissione.
>i pazienti che presentino uno SCORE MASCC o TALCOTT tali da definirli a basso rischio (vedi tabelle) (MASCC score maggiore o uguale a 21 e TALCOTT gruppo 4)
Le linee guida sottolineano come per i low risk MASCC > o = a 21, il rischio di complicanze sia presente in 1 pz su 10 (11%) , mentre per i TALCOTT gruppo 4 , esso è inferiore ad 1 su 10 (7%) .
In queste analisi è da considerare che nel pool di pazienti analizzati, erano presenti non solo pazienti affetti da tumori solidi , ma anche pazienti post trapianto di staminali e post induzione per leucemia, che sono notoriamente a maggior rischio di complicanze.
Probabilmente eliminando questa popolazione dal pool di pazienti in analisi, il rischio di complicanze per i low risk si abbasserebbe ulteriormente.
>pazienti con score CISNE (Clinical index of stable Febrile Neutropenia) (vedi sotto) che li consideri a basso rischio (0 punti su score di 8).
Il CISNE è uno score nuovo, validato recentemente in uno studio multicentrico di 1133 pazienti (esclusi trapianti, leucemie acute e linfomi trattati con terapia ad alta dose).
Tale score si è dimostrato più accurato del MASCC e TALCOTT nella definizione dei pazienti a basso rischio di complicanze correlate alla neutropenia febbrile( ipotensione, insufficienza renale, insufficienza respiratoria e cardiaca, aritmie, sanguinamenti maggiori, delirium, addome acuto e C.I.D.)
>coloro che non presentino i criteri di disfunzione d’organo nella tabella che segue (allegata alle linee guida) . Tale elenco permette di passare in rassegna eventuali aspetti “infettivi e non” che magari non avevamo considerato
>coloro che non sono affetti da germi (o colonizzati) ESBL/KPC oppure MRSA o VRE o Xantomonas maltophilia, in quanto questi ultimi non possono essere trattati con terapia orale alla luce della loro necessità di trattamento endovenoso specifico (qui di nuovo è fondamentale che sia ben specificata la storia infettivologica pregressa ed eventuali colonizzazioni e che questa sia facilmente deducibile dalla anamnesi del paziente)
Certo che cosi la cerchia dei dimissibili si restringe!!
Ma lo sforzo di tenere fuori dall’ospedale coloro che sono a basso rischio e che non necessitano in realtà di ricovero è cosa buona e giusta per noi (con minori attese in osservazione o OBI per ricovero in reparto di pazienti potenzialmente più al sicuro a casa loro) e per loro (minore stress da ricovero, minor uso di farmaci con potenziali effetti collaterali e tossicità, minor rischio di colonizzazione dei pazienti da parte dei tanti temuti microorganismi ALERT, minore depressione , delirium o rischio di co-infezione).
Identificato il dimissibile a basso rischio , lo posso dimettere subito o meglio osservarlo? E se si per quanto?
Il quesito non ha risposte definitive dalla letteratura presente, per cui il panel of experts consiglia una osservazione di almeno 4 ore, con stabilità clinica, dopo la somministrazione della prima dose di antibiotico, al fine di poter avere a mano tutti i dati significativi e poter predisporre in sicurezza la dimissione del paziente low risk.
Oltre alle categorie di rischio , agli score, alla sensazione “di pancia” ed alla storia infettivologica, devo ancora valutare altri aspetti prima di considerare dimissibile il mio paziente a BASSO rischio?
Certo che si! Devo considerare il paziente come persona!
-ha un caregiver presente o è solo?
-vive vicino o lontano dall’ospedale?
-può logisticamente venire a visita tutti i giorni se necessario per i controlli richiesti post dimissione e le visite con l’oncologo/ematologo?
-riesce a prendere le pastiglie oppure ha nausea, vomito, diarrea che possono inficiarne l’assorbimento?
Se la risposta è no ad uno o più domande, ecco che il paziente non è più dimissibile…
Nel caso che si riuscisse a dimettere ma il paziente si ripresenta con …
- persistenza di febbre in corso di terapia orale empirica ad ampio spettro
- la ricomparsa di febbre dopo iniziale defervescenza
- colture positive per un microorganismo copribile solo con atb endovena
- scadimento o una impossibilità alla assunzione della terapia orale
Allora si DEVE ricoverare per modificare il trattamento in corso.
Una volta dimesso , con quale trattamento lo rimando al domicilio?
Il trattamento di elezione per le neutropenie febbrili in regime domiciliare comprendono la copertura con un fluorochinolonico (levo, moxi o ciprofloxacina) e amoxicillina-acido clavulanico ( o Clindamicina se allergico alle penicilline)
In letteratura ad oggi si dimostra ancora la accoppiata migliore (in assenza di tutte quelle clausole su cui abbiamo ragionato prima , epidemiologia, colonizzazione e compliance alla terapia ed ai successivi controlli appropriata).
E’ fondamentale dimettere il paziente con una schedula ben organizzata di controlli
Egli dovrà eseguire tali controlli c/o l’oncologia/ematologia ed il medico curante. Se le condizioni si modificano durante questi controlli sarà compito di chi segue il follow up del trattamento, ripercorrere la vicenda e identificarne variazioni ed eventuale necessita’ di ricovero.
Attenzione ai pazienti pluri-patologici!
Purtroppo i pazienti di cui ci occupiamo, sempre più spesso presentano anamnesi patologiche remote particolarmente corpose per concomitanza di più patologie.
Tali fragilità al momento non fanno ancora parte strutturata di linee guida, ed in questo la sensibilità e la capacità del clinico sono fondamentali , insieme ad una valutazione pluri-specialistica e collegiale.
Ultima ma non meno importante questione…
Inserire o meno il Fattore di Crescita per il trattamento della neutropenia febbrile? (GCSF)
Secondo le linee guida ASCO 2015 (le ultime disponibili) l’aggiunta routinaria di GCSF non è utile e non è raccomandata.
Esistono però dei pazienti in cui è consigliabile l’aggiunta di GCSF:
-rischio di neutropenia profonda (< 100) prolungata (post trapianto allogenico, post induzione di leucemia, post cicli ad alta dose per linfomi..)
-età > 65 anni
-malattia neoplastica non sotto controllo
-polmonite
-infezione fungina invasiva (candidosi/aspergillosi) nota
-paziente già ospedalizzato al momento della comparsa di febbre
Come al termine di ogni linea guida, il take home message è che questa è, appunto, una GUIDA e non una LEGGE e che gli SCORE sono AIUTI non la BIBBIA.
Il senso clinico, la capacità medica ed empatica del medico, la corretta lettura di tutti i segni, sintomi e la conoscenza di casa propria e dei “bagarozzi” che la infestano, è fondamentale per la corretta gestione di una banale, ma complessa, neutropenia febbrile.
bibliografia:
>Outpatient Management of Fever and Neutropenia in Adults
Treated for Malignancy: American Society of Clinical
Oncology and Infectious Diseases Society of America Clinical
Practice Guideline Update. JCO 2018, MAy, 36(14) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29461916
>Recommendations for the Use of WBC Growth Factors:
American Society of Clinical Oncology Clinical Practice
Guideline Update. JCO Oct 2015 33(28) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29424584
Bellissimo post e molto esaustivo.
Grazie mille Michela del feedback e del tuo commento!
Il testo dovrebbe chiarire che il punteggio CISNE è valido solo per i pazienti “apparentemente stabili”. Nella stesura attuale, il testo suggerisce che CISNE potrebbe essere utilizzato in qualsiasi tipo di paziente con tumore solido, ma questo non è corretto e alquanto pericoloso. Suggerisco di chiarire quella parte del testo, per una migliore comprensione dei lettori.
Ciao Alberto, grazie del tuo commento. Ti rispondo segnalando che il primissimo punto che ho considerato nel testo e’ che lo score / gli score non sostituiscono in alcun modo il senso medico e la valutazione clinica. considera che anche solo per fare lo score CISNE devi segnalare se il paziente e’ con ECO > o = 2 (per chi non lo sa>> Ambulatory and capable of all selfcare but unable to carry out any work activities; up and about more than 50% of waking hours). Se un paziente che ho davanti non lo visito, non gli parlo, non lo interrogo sui quesiti e le questioni che possono essermi utili per comprendere se la situazione e’ “apparentemente stabile” o meno, non riesco nemmeno realmente a fare lo score per quello stesso paziente. Il senso clinico e il nostro istinto potrebbe tranquillamente non concerderci la dimissione del paziente benche’ con SCORE “tranquilli”. Grazie della tua lettura attenta e della precisazione. Susanna