Questo il titolo dell’editoriale di commento allo studio MAESTRAL in cui è stato messo a confronto un trattamento ambulatoriale con moxiflocacina e amoxicillina-acido clavulanico in pazienti con riacutizzazione di BPCO entrambi recentemente pubblicati su: European Respiratory Journal.Cosa c’entrano gli antibiotici con il “western” di Sergio Leone?
Sappiamo che gli antibiotici sono efficaci nel trattare le infezioni batteriche (il buono),possono avere effeti collaterali e non funzionano nelle infezioni virali (il brutto) e possono essere non privi di rischi come medici e pazienti talora pensano che siano (il cattivo).
Esistono sicuramente problemi derivanti dall’abuso di antibiotici da parte di medici e pazienti con un crescente e preoccupante aumento delle resistenze batteriche.
Premesso che nonostante i due terzi delle riacutizzazioni della malattia cronica polmonare sia conseguente ad un’infezione virale, gli antibiotici sono raccomandati da tutte le linee guida in caso di riacutizzazione di una BPCO. Queste raccomandazioni derivano da diversi studi e metanalisi il più importante è sicuramente quello di Anthonisen: Antibiotic therapy in exacerbations of chronic obstructive pulmonary disease, pubblicato su gli Annals of Internal Medicine nel 1987, che ha classificato la riacutizzazione in 3 tipi a seconda di 3 criteri
– volume dell’escreato
– purulenza dell’escreato
– dispnea
La presenza di tutti e tre i criteri caratterizza il tipo 1, di due il tipo 2 e di uno solo il tipo 3
Il trattamento antibiotico troverebbe indicazione sicuramente in presenza di tutti e 3 i crteri e probabilmente di almeno 2 su 3.
Lo studioE’ stato condotto in pazienti ambulatoriali con riacutizzazione di BPCO uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco di non inferiorità tra moxifloxacina e ampxicilina- clavulanato che ha coinvolto inzialmente 1492 pazienti di 30 paesi diversi, di cui 1372 considerati eligibili per la randomizzazione e 1056 per l’analisi finale dei dati.
La moxifloxacina è stata somministrata alla dose di 1 cp da 400 mg die per 5 giorni mentre l’amoxicillina clavulanico 875/125 mg due volte al dì per 7 giorni. Al momento dell’arruolamento un campione di escreato per l’esame colturale e la colorazione di Gram è stato raccolto in tutti i pazienti.
Criteri di inclusione
– Età maggiore o uguale a 60 anni
– Presenza di tutti e 3 i criteri di riacutizzazione di Anthonisen e ritenuti suscettibili di trattamento antibiotico o steroideo da parte del medico curante partecipante allo studio
– Storia clinica di due o più riacutizzazioni nel precedente anno
– FEV1 dopo broncodilatatori < del 60% del predetto e FEV1/FVC < 70% al momento dell'arruolamento
Obiettivi dello studio
End point primario è stato quello di valutare il fallimento terapeutico, considerato nel caso i pazienti abbiano richiesto un diverso regime antibiotico e/o trattamento steroideo e/o l’ospedalizzazione entro 8 settimane dalla prima visita.
Obiettivo secondario valutare la risposta batteriologica nei pazienti con coltura dell’escreato positiva.
Risultati
– La moxifloxacina non è risultata inferiore alla amoxicillina ac clavulanico per quanto riguarda l’end point primario 20.6% di fallimenti contro 22.0%.
– I pazienti in precedente trattamento steroideo hanno avuto una maggior percentuale di fallimenti
– Nel 49% dei pazienti la coltura dell’escreato ha dato esito positivo ed in quelli in cui è stato isolato un microrganismo l’amoxicillina è risultata superiore all’amoxicillina clavulanato (19.2% vs 26.1%)
– Entrambi i trattamenti sono risultati sicuri e ben tollerati, sebbene siano stati riportati oltre il 30% di eventi avversi in ognuno dei due bracci.
Conclusioni
Gli autori concludono che il trattamento ambulatoriale di pazienti con riacutizzazione di BPCO con moxifloxacina non è inferiore in termini di efficacia a quello a base di amoxicillina acido clavulanico.
Limitazioni
Per stessa ammissione degli autori lo studio ha alcune limitazioni:
– la presenza di numerosi paesi partecipanti allo studio, ha avuto come risultato che ogni centro ha arruolato pochi pazienti determinando un possibile bias di selezione
– non è stato tenuto conto dele terapie aggiuntive broncoeffettrici al di fuori della trattamento steroideo orale, ma gli autori sottolineano che l’utilizzo di questi presidi teraputici dovrebbe esere distrribuito egaulmente nei due gruppi
– l’amoxicillina clavulanico è stata somministrata due volte al giorno anche se la cinetica di questa molecola ne richiederebbe una somministrazione tri-quotidiana, d’altro canto studi precedenti avevavno doucumentato che due somministrazioni da 850/125 mg erano altrettanto efficaci di 3 somministrazioni di 650mg e meglio tollerate.
Commento personale
Qualcuno potrebbe chiedersi se uno studio di questo tipo sia di una qualche utilità per coloro che operano nell’ambito dell’emergenza. Personalmente penso di sì e per diverse ragioni.
La più scontata: chi lavora in pronto soccorso spesso si trova a gestire pazienti con una riacutizzazione di BPCO che non necessitano di ricovero e a cui molto spesso prescrive un trattamento antibiotico.
Meno scontato è considerare se questo trattamento sia realmente necessario.Se infatti 2/3 delle infezioni responsabili della riacutizzazione sono di natura virale, perchè allora prescrivere degli antibiotici?
E’ vero che vi è una unanimità di opinioni espressa in diverse linee guida, ma forse un atteggiamento di attesa, come consigliato anche dell’editorialista che ha commentato lo studio, sarebbe auspicabile. Un atteggiamento del tipo ” wait and see” potrebbe alla fine essere più produttivo.
Il problema delle resistenze batteriche al trattamento antibiotico è già un’emergenza anche se molti di noi fanno finta di non accorgersene; un argomento che dovremmo tenere a mente ogni volta che prescriviamo o somministriamo un antibiotico.
Generalizzando la domanda che dovremmo porci quindi non è: devo dare la moxifloxacina o l’amocixcillina, ma è proprio necessario che prescriva o somministri un antibiotico in questa situazione clinica?
Come sempre aspettando le vostre opinioni.
Secondo me sulla riacutizzazione di BPCO è importante seguire le linee guida; la possibilità di alternare i due antibiotici, visti i risultati sovrapponibili di questo studio, potrebbe essere utile onde evitare l’insorgenza di resistenze.
saluti
Fabio,
grazie del tuo commento.
Quello che tu dici è giusto e, seguire linee guida è corretto ma non risponde a tutte le nostre domande. Se le riacutizzazioni dipendono per lo più da infezioni virali perché somministrare antibiotici a pioggia? L’evidenza attuale ci dice che i pazienti comunque ne hanno un beneficio, anche se questa evidenza si fonda soprattutto sullo studio di Anthonisen dove uno dei criteri è rappresentato dal colore dell’escreato riferito dai pazienti, dato non ritenuto, anche da studi successivi, così affidabile.
Esaminando quindi il problema da un’altra ottica la domanda che dovremmo farci non credo sia se somministrare o meno antibiotici nella riacutizzazione di una BPCO ma a chi somministrarli. Forse ulteriori studi ci permetteranno di rispondere a questo, secondo me cruciale, quesito.
Carlo, sono perfettamente d’accordo con te. Credi che possa essere utile, nel tentativo di ridurre le inutili ed eccessive ospedalizzazioni, far ritornare a controllo clinico (in post-critico) il pz a cui abbiamo deciso di non somministrare l’antibiotico e valutare se inserirlo in un secondo momento? In quell’occasione potrebbe bastare il solo controllo clinico associato, magari, ad un’EGA? Qualche volta, in pz selezionati, l’ho fatto ed ho avuto feed-back positivi.
Grazie del tuo impegno quotidiano nella divulgazione degli aggiornamenti scientifici.
Vittorio
Vittorio,
grazie del tuo commento.
Far ritornare pazienti in pronto soccorso è una pratica censurata ma che spesso ci consente di gestire situazioni di intermedia gravità clinica, specie nella situazione di cronico overcrowding dei nostri pronto soccorso.
Avere un servizio dedicato del tipo day service con personale ad hoc certamente potrebbe permettere un’adeguata gestione di questi casi. Non so però in quanti se la possano permettere, vista per lo più l’esiguità dei nostri organici.