lunedì 25 Settembre 2023

Una rianimazione evidence-based dell’arresto cardiaco – Parte prima

Turnando tra 118 e Pronto Soccorso qualche anno fa ho iniziato a vedere le prime rianimazioni degli arresti cardiaci, terminate molto spesso senza un ROSC. Consideravo quindi un enorme successo quelle poche occasioni in cui il paziente fortunatamente riprendeva un circolo spontaneo. Dopo diverse esperienze, letture e riflessioni guidate da chi con l’argomento si è scontrato prima di me e dopo aver toccato la realtà della terapia intensiva ho cambiato il modo di vedere il successo di una rianimazione. Ora se penso ad una rianimazione di successo mi vengono in mente quei casi in cui è stato possible restituire alla comunità una persona in grado proseguire la propria vita come prima dell’evento, in altre parole con un buon outcome neurologico, in quanto molto spesso è possibile salvare il cuore ma non il cervello.

La comunità scientifica che studia la scienza alla base della rianimazione dell’arresto cardiaco fatica a trovare interventi o procedure avanzate in grado di determinare un beneficio in termini di mortalità e, soprattutto, sopravvivenza con un buon esito neurologico.

Mi sono appassionato all’argomento e in questi anni ho raccolto appunti da vari paper che ho deciso di riassumere in questo articolo. Questo articolo non è altro che un riassunto dei lavori più interessanti per una migliore gestione evidence-based del paziente in arresto cardiaco in un’ottica di migliorare sempre di più la sopravvivenza dopo l’arresto cardiaco extra-ospedaliero.

Le domande a cui andremo a rispondere in questa prima parte sono:

  1. Una coronarografia immediata è utile nei pazienti rianimati da arresto cardiaco senza STEMI?
  2. Funziona veramente la Double Sequence Defibrillation?
  3. Esmololo nella fibrillazione ventricolare refrattaria?
  4. Come gestisco le vie aeree?
  5. Think ECMO: chi e quando?
  6. Quando preferire una RCP meccanica?
  7. Adrenalina nell’arresto cardiaco extra-ospedaliero?
  8. Cosa sono la True-PEA e la Pseudo-PEA?
  9. Massaggiamo l’arresto cardiaco traumatico?

Alla fine di ogni risposta sono disponibili tutti i riferimenti bibliografici per approfondire questi argomenti.


1. Una coronarografia immediata è utile nei pazienti rianimati da arresto cardiaco senza STEMI?

Questo studio (COACT trial) randomizzato e multicentrico ha arruolato 552 pazienti rianimati con successo nel territorio (ROSC) dopo un arresto cardiaco con ritmo defibrillabile (VF/TVsp) e all’ECG a 12 derivazioni post-ROSC non presentavano segni evidenti di STEMI o era palese la causa non coronarica dell’arresto. Questi pazienti (>18 anni, età media 65 anni) sono stati randomizzati a ricevere una coronarografia immediata (il prima possibile, nello studio il tempo medio dall’arresto alla coronarografia è stato di 2,3 h) oppure una coronarografia posticipata dopo il recupero neurologico (mediamente 5 giorni circa). Per entrambi i gruppi anche PCI se indicata.

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Nei pazienti rianimati (ROSC) da arresto cardiaco extra-ospedaliero con ritmo defibrillabile (FV/TV) che non presentano segni di STEMI all’ECG una coronarografia immediata non porta a migliori outcome (sopravvivenza a 90 giorni) rispetto ad una coronarografia ritardata. È consigliabile comunque un trasporto verso un centro dotato di emodinamica H24.

Bibliografia
  • Lemkes, Jorrit S., Gladys N. Janssens, Nina W. van der Hoeven, Lucia S.D. Jewbali, Eric A. Dubois, Martijn Meuwissen, Tom A. Rijpstra, et al. “Coronary Angiography after Cardiac Arrest without ST-Segment Elevation.” New England Journal of Medicine 380, no. 15 (April 11, 2019): 1397–1407. https://doi.org/10.1056/NEJMoa1816897.

2. Funziona veramente la Double Sequence Defibrillation?

La Double Sequential Defibrillation (DSD) sarebbe pensata per terminare una FV refrattaria alla defibrillazione normale applicando una seconda coppia di placche per erogare due scariche in contemporanea.

La letteratura riguardo l’argomento è veramente scarsa e attualmente non si può affermare che ci siano evidenze sulla sua efficacia. Da quanto si può leggere sembrerebbe funzionare ma molto probabilmente non perché viene erogata una doppia quantità di energia ma perché la seconda coppia di placche è in una posizione più corretta per intercettare il miocardio ed interrompere la FV. Bisogna anche ricordare che l’energia erogata da due scariche potrebbe seriamente danneggiare il miocardio ed è veramente difficile erogare due scariche in contemporanea.

Per chi cercasse la letteratura e trovasse case report a supporto di questa tecnica non deve dimenticare il pubblication bias che colpisce: è molto meno probabile che si scriva un articolo dei casi in cui la DSD non ha portato al risultato sperato (interruzione FV refrattaria/ROSC) rispetto ai casi in cui ha avuto successo.

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Attualmente non sono presenti evidenze che provino l’utilità della Double Sequence Defibrillation, l’utilizzo di elevati livelli di energia potrebbero inoltre danneggiare il miocardio. In caso di FV resistente alla defibrillazione standard è ragionevole controllare ed eventualmente riprovare a posizionare la coppia di placche. Se non avete accesso ad altre terapie (E-CPR, Esmololo) e l’alternativa è interrompere i tentativi di rianimazione la DSD è considerabile.

Bibliografia
  • Cheskes, Sheldon, Alie Wudwud, Linda Turner, Shelley McLeod, Jim Summers, Laurie J. Morrison, and P. Richard Verbeek. “The Impact of Double Sequential External Defibrillation on Termination of Refractory Ventricular Fibrillation during Out-of-Hospital Cardiac Arrest.” Resuscitation 139 (June 2019): 275–81. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2019.04.038.

3. Esmololo nella fibrillazione ventricolare refrattaria?

La definizione di FV refrattaria è variabile nella letteratura. In questo post la definiremo come resistente ad almeno 3 defibrillazioni, 3 mg di adrenalina e 300 mg di amiodarone in corso di RCP di alta qualità per almeno 10 minuti.

Si ritiene che l’esmololo aiuti a contrastare l’enorme quantità di catecolamine circolanti (endogene e adrenalina somministrata). Infatti, l’adrenalina agisce principalmente migliorando il flusso coronarico ma porta con sé alcuni effetti indesiderati come l’aumento della domanda di ossigeno al cuore (dovuto alla stimolazione dei recettori beta) e conseguente squilibrio tra la domanda e l’offerta. L’adrenalina causa anche un afflusso di Ca2+ nelle cellule del miocardio e una maggiore instabilità elettrica. La somministrazione di beta-bloccanti può proteggere il miocardio da questi effetti e aumentare la possibilità di una defibrillazione efficace e conversione del ritmo.

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L’esmololo rappresenta un possibile trattamento aggiuntivo per i pazienti in arresto cardico con FV refrattaria. La letteratura disponibile non dimostra un miglioramento nell’outcome neurologico ma un promettente aumento dei ROSC. Sulla base dei dati disponibili non è possibile raccomandare l’uso di routine in caso di FV refrattaria.

Bibliografia
  • Lee, Young Hwan, Kui Ja Lee, Yong Hun Min, Hee Cheol Ahn, You Dong Sohn, Won Woong Lee, Young Taeck Oh, et al. “Refractory Ventricular Fibrillation Treated with Esmolol.” Resuscitation 107 (October 2016): 150–55. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2016.07.243
  • Driver, Brian E., Guillaume Debaty, David W. Plummer, and Stephen W. Smith. “Use of Esmolol after Failure of Standard Cardiopulmonary Resuscitation to Treat Patients with Refractory Ventricular Fibrillation.” Resuscitation 85, no. 10 (October 2014): 1337–41. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2014.06.032

4. Come gestisco le vie aeree?

Ci aiutano a rispondere a questa domanda 3 importanti trial randomizzati pubblicati su JAMA nel 2018. Nel primo hanno randomizzato IOT vs. ventilazione AMBU, nel secondo IOT vs. i-Gel e nel terzo IOT vs. tubo laringeo. Da notare che il personale coinvolto in questi 3 trial è solo personale non medico, quindi per le realtà in cui si sono svolti ad eseguire l’intubazione erano paramedici.

Tutti e tre hanno concluso che l’intubazione orotracheale non porta ad un aumento della sopravvivenza o un miglioramento dell’outcome neurologico rispetto all’utilizzo di un dispositivo sopraglottico (i-Gel, tubo laringeo) o ventilazione in AMBU.

Indipendentemente dalla scelta di come gestire le vie aeree, l’obiettivo nell’arresto cardiaco è quello di eseguire un massaggio cardiaco di alta qualità, una defibrillazione precocese indicato, e un’adeguata ossigenazione e ventilazione senza inutili interruzioni delle compressioni toraciche. Ciò richiede un operatore o, meglio ancora, un team con grande esperienza in grado di determinare la strategia più appropriata in base alle migliori evidenze disponibili, lo scenario in cui ci si trova ad operare e le condizioni del paziente. Non da meno identificare chi del team può gestire le vie aeree con la modalità scelta in modo tempestivo. Anche la migliore gestione delle vie aeree eseguita senza interruzioni del massaggio cardiaco può distrarre dallo svolgere al meglio altri interventi importanti, compressioni toraciche e defibrillazione, che hanno il maggiore impatto sulla sopravvivenza del paziente.

Se non si possiedono adeguate skills per posizionare un tubo endotracheale senza interrompere le compressioni toraciche o se si lavora in un setting con un basso success rate nell’intubazione orotracheale, secondo le evidenze attuali, è preferibile utilizzare un dispositivo sopraglottico (i-Gel, tubo laringeo) per gestire la via aerea.

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In un setting con un basso success rate nell’intubazione orotracheale è preferibile utilizzare un dispositivo sopraglottico per gestire la via aerea rispetto al posizionamento di routine di un tubo endotracheale, in particolare se comporterebbe un’interruzione delle compressioni toraciche. Quando la causa dell’arresto cardiaco è respiratoria è preferibile velocizzare la gestione delle vie aeree per ripristinare ossigenazione e ventilazione in modo adeguato al più presto.

Bibliografia
  • Jabre, Patricia, Andrea Penaloza, David Pinero, Francois-Xavier Duchateau, Stephen W. Borron, Francois Javaudin, Olivier Richard, et al. “Effect of Bag-Mask Ventilation vs Endotracheal Intubation During Cardiopulmonary Resuscitation on Neurological Outcome After Out-of-Hospital Cardiorespiratory Arrest.” JAMA 319, no. 8 (February 27, 2018): 779. https://doi.org/10.1001/jama.2018.0156
  • Benger, Jonathan R, Kim Kirby, Sarah Black, Stephen J Brett, Madeleine Clout, Michelle J Lazaroo, Jerry P Nolan, et al. “Effect of a Strategy of a Supraglottic Airway Device vs Tracheal Intubation During Out-of-Hospital Cardiac Arrest on Functional Outcome The AIRWAYS-2 Randomized Clinical Trial.” Jama 320, no. 8 (2018): 779–91 https://doi.org/10.1001/jama.2018.11597
  • Wang, Henry E., Robert H. Schmicker, Mohamud R. Daya, Shannon W. Stephens, Ahamed H. Idris, Jestin N. Carlson, M. Riccardo Colella, et al. “Effect of a Strategy of Initial Laryngeal Tube Insertion vs Endotracheal Intubation on 72-Hour Survival in Adults With Out-of-Hospital Cardiac Arrest.” JAMA 320, no. 8 (August 28, 2018): 769 https://doi.org/10.1001/jama.2018.7044

5. Think ECMO: chi e quando?

La sopravvivenza neurologicamente ottimale rimane bassa dopo un arresto cardiaco extra-ospedaliero e solo il 5-15% sopravvive alla dimissione dall’ospedale. Quando le manovre di rianimazione iniziali non portano ad un ROSC normalmente vengono ripetute in loop senza concreti benefici. I pazienti senza un rapido ROSC in genere non sopravvivono con buoni esiti neurologici. La probabilità di sopravvivenza alla dimissione ospedaliera neurologicamente favorevole (scala di Rankin modificata da 0 a 3) diminuisce rapidamente dopo ogni minuto di rianimazione. Nuovi approcci per il trattamento dell’arresto cardiaco extra-ospedaliero, come i supporti circolatori extracorporei (E-CPR), hanno portato ad aumento della sopravvivenza neurologicamente favorevole in pazienti selezionati nei quali la rianimazione tradizionale fallisce.

La rianimazione standard è la più efficace nei primi 10-15 minuti, intervallo in cui il 75% dei pazienti ha ottenuto un rapido ROSC e un recupero neurologico favorevole. Oltre questo intervallo la probabilità di una ripresa neurologicamente favorevole è scesa al 2%. Strategie alternative alla rianimazione tradizionale dovrebbero essere eseguite immediatamente dopo l’arresto cardiaco (o questo intervallo di tempo), piuttosto che dopo il fallimento della rianimazione cardiopolmonare tradizionale.

Quando Think ECMO?

La presenza di segni di vita (respiro, gasping, movimenti, miosi) durante la RCP potrebbe essere il miglior criterio di selezione per E-CPR indipendentemente dal ritmo di presentazione. Nonostante il tempo di no-flow molto spesso sia difficile da stimare è il miglior indicatore di un outcome negativo. I criteri generali (variano da centro a centro) da considerare:

  • Età < 75 aa (relativa)
  • Arresto cardiaco testimoniato refrattario al trattamento standard per 15 minuti
  • No flow < 6 min con RCP da parte di astanti
  • Ritmo di presentazione del primo mezzo sul posto defibrillabile (FV/TVsp)
  • EtCO2> 10 mmHg dopo 20 min di RCP
  • Tempo collassoàospedale ≤ 45 min
  • Trasporto con RCP meccanica
  • Assenza di comorbitità (es.: malattia terminale/alettato/DNR, dissezione aortica, arteriopatia periferica severa, scompenso cardiaco grave senza indicazioni al trapianto, insufficienza aortica severa)

Nei pazienti di età < 50 anni (relativo) l’ECMO team valuta la candidabilità ad E-CPR anche se fuori protocollo. 

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Una rianimazione convenzionale prolungata non funziona, quindi NON prolungare per più di 20 minuti i tentativi di rianimazione negli arresti cardiaci refrattari candidabili ad una terapia E-CPR (se disponibile). Per essere pronti ad un eventuale trasporto per E-CPR preparare il paziente nei primi 20 minuti con compressioni toraciche meccaniche (es. LUCAS), intubazione orotracheale, accesso venoso o intraosseo e identificazione di criteri di inclusione/esclusione. Attivare precocemente l’ECMO Team.

Bibliografia
  • Reynolds, Joshua C., Adam Frisch, Jon C. Rittenberger, and Clifton W. Callaway. “Duration of Resuscitation Efforts and Functional Outcome After Out-of-Hospital Cardiac Arrest.” Circulation 128, no. 23 (December 2013): 2488–94. https://doi.org/10.1161/CIRCULATIONAHA.113.002408
  • Hutin, Alice, Mamoun Abu-Habsa, Brian Burns, Steve Bernard, Joe Bellezzo, Zack Shinar, Ervigio Corral Torres, Pierre-Yves Gueugniaud, Pierre Carli, and Lionel Lamhaut. “Early ECPR for Out-of-Hospital Cardiac Arrest: Best Practice in 2018 Early ECPR for out-of-Hospital Cardiac Arrest: Best Practice in 2018.” Resuscitation, 2018. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2018.05.004

6. Quando preferire una RCP meccanica?

In caso di arresto cardiaco, una RCP di alta qualità è il fattore determinante per la sopravvivenza del paziente ma questo obiettivo non è sempre raggiungibile.

I dispositivi per la RCP meccanica forniscono in modo automatico compressioni toraciche di alta qualità. Tuttavia, 5 studi randomizzati controllati pubblicati negli ultimi anni ci aiutano a fare luce sull’evidenza alla base dell’uso dei massaggiatori meccanici: ASPIRE (2006), Smekal et al. (2011), LINC (2014), CIRC (2014), PARAMEDIC (2015).

Questi trial condotti in ambito extra-ospedaliero non sono riusciti a dimostrare un miglioramento in termini di sopravvivenza nell’uso di routine di dispositivi meccanici rispetto alla RCP manuale (risultati simili alle compressioni manuali, ma non è superiore).

Nonostante un’assenza generale di superiorità per questi dispositivi, ci sono sottogruppi di pazienti (arresto cardiaco refrattario) e circostanze (ambienti impervi e durante il trasporto) in cui potrebbero fare la differenza.

Un altro punto non chiaro è quale sia il momento migliore per passare ad una RCP meccanica, in particolare nei pazienti con ritmo di presentazione defibrillabile. Il posizionamento del massaggiatore meccanico provoca interruzioni più o meno lunghe (in base all’abilità del team) nelle compressioni toraciche, altamente pericolose se prolungate. È raccomandato l’uso di dispositivi meccanici solo nelle realtà in cui è possibile monitorare la qualità per verificare se l’uso di questi dispositivi aumenti le pause.

Uno studio condotto da Koster et al. non ha mostrato alcuna differenza in termini di danni viscerla gravi o potenzialmente letali nella rianimazione con LUCAS rispetto alla RCP manuale [4].

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I massaggiatori meccanici non dovrebbero essere usati di routine ma solo quando i benefici superano i rischi derivati dal loro uso (danni fisici, eccessive interruzioni dovute al posizionamento, dislocazione). È considerabile l’uso in ambulanza o durante un trasferimento intra-ospedaliero permettendo una RCP di alta qualità e minor rischio per gli operatori sanitari, quando lo spazio è limitato, scarsità di personale, tentativi di rianimazione prolungati, cognitive offload o per permettere l’esecuzione di procedure (sala di emodinamica, E-CPR). Assicurarsi sempre che il massaggiatore sia posizionato correttamente (e che non si dislochi) e funzioni correttamente in tutte le fasi della rianimazione.

Bibliografia
  • Hallstrom, Al, Thomas D. Rea, Michael R. Sayre, James Christenson, Andy R. Anton, Vince N. Mosesso, Lois Van Ottingham, et al. “Manual Chest Compression vs Use of an Automated Chest Compression Device During Resuscitation Following Out-of-Hospital Cardiac Arrest.” JAMA 295, no. 22 (June 14, 2006) https://doi.org/10.1001/jama.295.22.2620
  • Smekal, David, Jakob Johansson, Tibor Huzevka, and Sten Rubertsson. “A Pilot Study of Mechanical Chest Compressions with the LUCASTM Device in Cardiopulmonary Resuscitation.” Resuscitation 82, no. 6 (June 2011): 702–6 https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2011.01.032
  • Perkins, Gavin D, Ranjit Lall, Tom Quinn, Charles D Deakin, Matthew W Cooke, Jessica Horton, Sarah E Lamb, et al. “Mechanical versus Manual Chest Compression for Out-of-Hospital Cardiac Arrest (PARAMEDIC): A Pragmatic, Cluster Randomised Controlled Trial.” The Lancet 385, no. 9972 (March 2015): 947–55. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(14)61886-9
  • Rubertsson, Sten, Erik Lindgren, David Smekal, Ollie Östlund, Johan Silfverstolpe, Robert A. Lichtveld, Rene Boomars, et al. “Mechanical Chest Compressions and Simultaneous Defibrillation vs Conventional Cardiopulmonary Resuscitation in Out-of-Hospital Cardiac Arrest.” JAMA 311, no. 1 (January 1, 2014): 53. https://doi.org/10.1001/jama.2013.282538
  • Wik, Lars, Jan-Aage Olsen, David Persse, Fritz Sterz, Michael Lozano, Marc A. Brouwer, Mark Westfall, et al. “Manual vs. Integrated Automatic Load-Distributing Band CPR with Equal Survival after out of Hospital Cardiac Arrest. The Randomized CIRC Trial.” Resuscitation 85, no. 6 (June 2014): 741–48. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2014.03.005

7. Adrenalina nell’arresto cardiaco extra-ospedaliero?

Da sempre l’adrenalina è il farmaco di prima scelta per la rianimazione degli arresti cardiaci con ritmo defibrillabile e non nonostante le povere evidenze di letteratura dimostranti l’efficacia di questo farmaco. Anche se la somministrazione di adrenalina rimane uno degli interventi ALS più comuni e sembri aumentare il ROSC, il suo effetto sugli outcome a lungo termine è molto meno certo.

I due principali trial che forniscono la maggior parte delle evidenze disponibili sono quello di Jacob et al. (2011) e soprattutto il PARAMEDIC-2 (2018).

Semplificando i dati di quest’ultimo, se prendiamo 1000 pazienti in arresto cardiaco e somministriamo l’adrenalina otterremo 246 ROSC e 158 ricoveri in più. Tradotto in termini di sopravvivenza ne avremmo 8 in più di cui 5 con severi danni neurologici.

Quindi l’adrenalina nell’arresto cardiaco provoca un aumento:

  • dei sopravvissuti (+)
  • dei pazienti con outcome neurologici favorevoli (+)
  • dei pazienti con danni neurologici severi (-)

Le uniche certezze che abbiamo è che se vogliamo avere più sopravvivenza tra le persone colpite da arresto cardiaco dobbiamo lavorare fortemente sulle istruzioni pre-arrivo durante il dispatch telefonico ed educazione alla rianimazione cardiopolmonare e defibrillazione precoce tramite programmi PAD considerato che in termini di NNT (Number Needed to Treat, in parole semplici quanti pazienti trattare perché uno di essi ne tragga beneficio) siamo rispettivamente a 15 e 5 contro i 112 per l’adrenalina.

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Abbiamo 2 outcome favorevoli (+) contro 1 outcome negativo (-) e di conseguenza l’adrenalina rimarrà ancora nelle linee guide per la rianimazione dell’arresto cardiaco in attesa di scoprire se ci sia un dosaggio o una modalità di somministrazione migliore (infusione, titolata in base all’emodinamica del paziente). L’adrenalina aumenta il ROSC e la sopravvivenza generale ma non la sopravvivenza con buoni outcome neurologici. Nel frattempo focalizziamoci sulle  istruzioni pre-arrivo, educazione alla rianimazione cardiopolmonare e defibrillazione precoce e su un massaggio cardiaco di alta qualità.

Bibliografia
  • Jacobs, Ian G., Judith C. Finn, George A. Jelinek, Harry F. Oxer, and Peter L. Thompson. “Effect of Adrenaline on Survival in Out-of-Hospital Cardiac Arrest: A Randomised Double-Blind Placebo-Controlled Trial.” Resuscitation 82, no. 9 (2011): 1138–43. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2011.06.029
  • Perkins, Gavin D., Chen Ji, Charles D. Deakin, Tom Quinn, Jerry P. Nolan, Charlotte Scomparin, Scott Regan, et al. “A Randomized Trial of Epinephrine in Out-of-Hospital Cardiac Arrest.” New England Journal of Medicine, 2018, NEJMoa1806842. https://doi.org/10.1056/NEJMoa1806842
  • Perkins, Gavin D, Ranjit Lall, Tom Quinn, Charles D Deakin, Matthew W Cooke, Jessica Horton, Sarah E Lamb, et al. “Mechanical versus Manual Chest Compression for Out-of-Hospital Cardiac Arrest (PARAMEDIC): A Pragmatic, Cluster Randomised Controlled Trial.” The Lancet 385, no. 9972 (March 2015): 947–55. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(14)61886-9

8. Cosa sono la True PEA e la Pseudo-PEA?

L’attività elettrica senza polso (PEA) è un’attività elettrica organizzata senza un polso palpabile. Un terzo degli arresti cardiaci sono in PEA e l’outcome di questi pazienti è peggiore rispetto ai pazienti con ritmi defibrillabili (FV o TVsp). Tentare di percepire un polso centrale non è solo difficile in caso di arresto cardiaco ma non è né sensibile né specifico. L’uso dell’ecografia point-of-care potrebbe aiutare a dividere i pazienti in PEA in due sottogruppi:

  • Pseudo-PEA: attività cardiaca all’ecocardio, ciò significa che il paziente ha un cuore funzionante ma non è in grado di produrre un polso palpabile (= shock profondo), PREM (Pulseless with a Rhythm and Echocardiographic Motion)
  • True-PEA: assenza di attività cardiaca all’ecocardio, PRES (Pulseless with a Rhythm and Echocardiographic Standstill)

Littman et al. hanno pubblicato nel 2014 un nuovo approccio alla PEA con l’uso dell’ecografia per determinare l’eziologia dell’arresto. Dividevano gli arresti secondo la durata del QRS (≥ 0,12 rispetto vs <0,12). Sostenevano che la PEA a complessi stretti è generalmente dovuta a problemi meccanici causati dall’ostruzione di deflusso o deflusso del ventricolo destro e il PEA a complessi larghi è tipicamente dovuto a problemi metabolici, o ischemia e insufficienza ventricolare sinistra. Successivamente è uscito un nuovo studio dove la larghezza del QRS non era un predittore efficace della causa della PEA.

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L’ecografia point-of-care è uno strumento importante per distinguere la pseudo-PEA (shock profondo) dalla vera PEA, in quanto distinguere le due in base alla rilevazione del polso centrale non è efficace. Se disponibile, è consigliabile utilizzare sempre l’ecografo (non fidarsi della rilevazione del polso centrale) per determinare la presenza o meno dell’attività cardiaca durante l’arresto cardiaco e per cercare cause reversibili. Continuare il massaggio cardiaco in caso di Pseudo-PEA con scarsa perfusione (ECG con bradicardia a complessi larghi, livelli di EtCO2 < 20 mmHg, no/scarsa curva pletismografica SpO2) oppure preferire l’uso di vasopressori nelle pseudo-PEA con una buona perfusione tissutale (ECG a complessi regolari normofrequente, EtCO2 > 35 mmHg, ottima curva pletismografica SpO2). Mai ritardare per nessun motivo un massaggio cardiaco di alta qualità, utilizzare l’ecografo durante le pause per non più di 10 secondi.

Nessun pattern ECG è risultato essere unicamente associato alla causa della PEA, questa teoria non deve essere più considerata in quanto non universalmente valida).

Bibliografia
  • Littmann, Laszlo, Devin J. Bustin, and Michael W. Haley. “A Simplified and Structured Teaching Tool for the Evaluation and Management of Pulseless Electrical Activity.” Medical Principles and Practice 23, no. 1 (2014): 1–6 https://doi.org/10.1159/000354195
  • Wu, Chunshuang, Zhongjun Zheng, Libing Jiang, Yuzhi Gao, Jiefeng Xu, Xiaohong Jin, Qijiang Chen, and Mao Zhang. “The Predictive Value of Bedside Ultrasound to Restore Spontaneous Circulation in Patients with Pulseless Electrical Activity: A Systematic Review and Meta-Analysis.” Edited by Gabor Erdoes. PLOS ONE 13, no. 1 (January 24, 2018): e0191636 https://doi.org/10.1371/journal.pone.0191636
  • Bergum, Daniel, Gunnar Waage Skjeflo, Trond Nordseth, Ole Christian Mjølstad, Bjørn Olav Haugen, Eirik Skogvoll, and Jan Pål Loennechen. “ECG Patterns in Early Pulseless Electrical Activity-Associations with Aetiology and Survival of in-Hospital Cardiac Arrest.” Resuscitation 104 (July 2016): 34–39. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2016.03.029

9. Massaggiamo l’arresto cardiaco traumatico?

Sono poche le evidenze disponibili in letteratura sull’argomento ma da un mero punto di vista fisiopatologico e di logica massaggiare (compressioni toraciche esterne) un paziente che non ha volume circolante è palesemente inutile e di poco senso. Perché le compressioni toraciche funzionino il paziente non deve essere ipovolemico in modo tale da generare un circolo. 

Recentemente è uscito un articolo su Resuscitation in cui hanno studiato 39 maiali con shock emorragico indotto.

In sintesi, il gruppo di maiali non massaggiati e trasfusi con sangue hanno ottenuto i migliori outcome. Inoltre, mentre il sangue è risultato meglio della fisiologica, quest’ultima riusciva da sola ad ottenere un ROSC parziale (aggravato dall’aggiunta delle compressioni toraciche).

Per quanto sia difficile, è di fondamentale importanza comprendere la natura del trauma. È andato in arresto cardiaco e ciò il trauma  

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+++Attenzione è uno studio su modelli animali+++

Per i pazienti traumatizzati in condizioni critiche dove non è disponibile il sangue (immediatamente o nel giro di pochissimo tempo) la soluzione salina è probabilmente meglio di niente. Le compressioni toraciche invece sembrerebbero essere dannose.

Bibliografia
  • Watts, Sarah, Jason E. Smith, Robert Gwyther, and Emrys Kirkman. “Closed Chest Compressions Reduce Survival in an Animal Model of Haemorrhage-Induced Traumatic Cardiac Arrest.” Resuscitation 140 (July 2019): 37–42. https://doi.org/10.1016/j.resuscitation.2019.04.048

La prima parte di questo articolo-update sulla rianimazione dell’arresto cardiaco termina con queste 9 domande-risposte. Nella parte seconda andremo ad analizzare altri argomenti inerenti l’arresto cardiaco come le cure post-arresto, l’ipotermia, la prognosi e l’interruzione della rianimazione.

Se avete suggerimenti su qualche argomento chiave da discutere nella seconda parte o se volete aggiungere qualcosa a quanto discusso in questo articolo lasciate un commento.

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Tommaso Scquizzato
Tommaso Scquizzato
Researcher in the fields of Cardiac Arrest, Resuscitation Medicine and Critical Care at the Center for Intensive Care and Anesthesiology of IRCCS San Raffaele Scientific Institute | Medical student | Software developer

9 Commenti

  1. bel post con recupero di un sacco di letteratura che ha e farà riflettere/discutere.
    apprezzo la capacità espositiva e di sintesi.
    sappiamo ancora poco sull’arresto cardiaco, mi viene da pensare e forse nei prossimi anni ci saranno importanti novità.

    • Grazie mille.
      Sono d’accordo con te, trovare procedure avanzate e farmaci in grado di determinare un beneficio in termini di mortalità e soprattutto sopravvivenza con un buon esito neurologico non è facile. Ad oggi non ci resta che insistere sul massaggio cardiaco immediato di alta qualità e sulla defibrillazione precoce alleandoci con i bystander.

  2. Ciao! Grazie per il post. Si è accennato ai programmi di public access defibrillation (PAD): le linee guida li ritengono strategie essenziali e da implementare. A questo proposito segnalo l’esperienza della città di Busca (CN): qui, oltre alla collocazione di numerosi DAE sul territorio, moltissimi cittadini sono stati formati sulle manovre salvavita. Ne si parla qui:
    http://shc.amegroups.com/article/view/4129/4939
    http://shc.amegroups.com/article/view/5101/pdf

  3. Ciao Tommaso, complimenti come sempre per l’articolo. Tutto vero…. farmaci, trattamento avanzato delle vie aeree, massaggiatori meccanici, ECPR sono poco utili se alla base non c’è un massaggio cardiaco di alta qualità con defibrillazione precoce. Pensa che nella provincia di Pavia, dove sono stati recentemente pubblicati i risultati del registro sugli arresti cardiaci condotti dal Policlinico S.Matteo in collaborazione con Areu, è stato evidenziato come per l’anno 2018 su 506 casi di arresto cardiaco, testimoniato e non da astanti, solamente in 15 casi (2,8% del totale) è stato utilizzato un DAE prima dell’arrivo del Sistema di Emergenza Sanitaria. La percentuale invece di rcp praticata da astanti si attesta al 40.3%. Questi dati sono molto interessanti e ci fanno riflettere su quanto ancora sia necessario lavorare per diffondere la cultura del blsd. Interessante poi la pratica sempre più utile e diffusa della Telephone-CPR. Grazie per aver pubblicato i riferimenti bibliografici.

      • Ottimo articolo! offre un sacco di spunti interessanti su potenziali trattamenti futuri.
        Del PARAMEDIC2 la cosa più interessante secondo me è la figura che mostra sopravvivenza correlata all’ outcome neurologico, immagine che riassume al meglio lo studio.
        Secondo me l’Intelligenza Artificiale potrà dare qualche risposta in più alle domande su dosi e modi di somministrazione
        Articolo 9: potrebbe essere valido anche nell’uomo; non Sarà semplice far approvare uno studio simile sull’uomo

  4. Tommaso, davvero bravo! Il tuo lavoro non fà una piega, il MCE è davvero essenziale. Tuttavia esso, se non è associato ad una buona ventilazione, non porta grandi risultati… non possiamo negarlo; tu puoi avere la perfusione migliore del mondo, ma se non somministri ossigeno è certo che le cellule con scambiando co2 non godono. Qua hai messo il dito nella piaga… la ventilazione a maschera è immediata e alla portata di tutti ma se devi fare quattro piani con un paziente che magari ha roscato ma in arresto respiratorio… non arrivi al II.
    Giustamente dici che le skill fanno differenza… evidenziando il problema della competenza. Verissimo… un massaggio ininterrotto è ideale ed un sg (qualunque esso sia) permette a chiunque (il tubo laringeo,secondo me, pure al laico) il suo posizionamento.Certo è meno sicuro di una cuffia in trachea… il TET è dichiarato il gold standard non a caso,ma necessita di un abbondante allenamento. Qua, secondo me, è il must; periodici passaggi in sala operatoria o in cadaver lab darebbero migliori prestazioni pure dal punto di vista di blocco mentale.Quindi, prima di giustificare un presidio per la “scarsezza” tecnica (passami il termine… ne ero a corto) dovrebbe essere obbligatorio almeno 100 iot l’ anno.
    Passiamo al discorso adrenalina; questo farmaco, è noto, certamente migliora la percentuale di ROSC ma possiede molteplici effetti collaterali.
    Un cardiologo, con un lavoro che ricerco e posterò, indicava 1mg ogni 3-5 minuti come eccesivo sia per il lavoro benefico che deve fare sia per gli effetti collaterali soprattutto ischemici cerebrali. Lui indica 1mg/10 minuti sufficienti… Personalmente ho il dubbio che lo shot sia limitativo perchè hai una risposta immediata ma di breve durata, con un picco che probabilmente è forse inutile ed una dinamica forse troppo breve. Ti chiedo… ma perchè non prendere in considerazione, dopo il primo shot da 1mg, una infusione continua a 100mcg/min? Hai nel tempo tutto il suo beneficio…Che ne dici?Conosci lavori in merito?
    Grazie e complimenti

    • Grazie, sono d’accordo con te, in particolare sull’apprendimento/mantenimento delle skills per l’intubazione. Non penso di avere ancora tutte le competenze per darti un parere finale ma ti risponderò al meglio delle mie conoscenze. Se non sei mai stato formato e se nel tuo servizio intubi un paio di volte all’anno (oltre al fatto che non dovrebbe essere questa persona il preposto a gestire le vie aeree del critico) dovresti allenarti sui manichini ed in sala a fianco di chi lo sa fare (un po’ come fanno gli specializzandi di A/R e MEU) per poi portare e adattare le skills apprese al contesto in cui lavori, come il preospedaliero o il PS, ambienti sotto certi aspetti diversi dalla SO che chiedono altre specifiche competenze. BECAUSE COMPETENCE MAKES THE DIFFERENCE. Credo che il pz con ROSC o meno dovrebbe “sempre” (eccezioni più che valide esistono, ma non la mancanza di skills, almeno per il medico) raggiungere l’ospedale intubato in VAM con un monitoraggio dell’EtCO2 e con un adeguato supporto dell’emodinamica (se necessario) e per niente non da meno con un team in grado di fare decision-making sul percorso da dedicargli (Hub, spoke senza lab. di emodinamica, senza expertise in PS/Ria), se cioè non avviene c’è un problema nel sistema (paragonabile sotto certi aspetti alle reti per i traumi maggiori).

      Dando una risposta univoca sull’adrenalina rischierei di cadere in errore, la mia idea è che nell’arresto cardiaco non traumatico deve essere variabile in base a
      1) quando la sto somministrando (ovvero, da quanto è in arresto il pz)?
      2) qual’è la causa probabile di arresto?
      3) in che ritmo è il pz? in che ritmo evolve?
      4) cosa mi aspetto di fare a questo paziente? resto sul territorio finché non termino la rianimazione/ROSC o carico con ongoing CPR?
      Sono considerazioni obbligatorie IMHO che un corso ACLS non insegnerà mai. Alternativi dosaggi potrebbero giovare probabilmente ma non penso ci sarà mai (spero di smentirmi) un “one size fits all”. Potrebbe magari essere anche il farmaco sbagliato… magari un alfa-adrenergico puro potrebbe essere meglio? Ottenere un pressione diastolica > 40 mmHg è il target ma sulla strada è impossible da sapere, un associazione di adrenalina (per aumentare la DBP) alla noradrenalina (effetto alfa + un poco di beta) in infusione? Chi lo sa… difficile da studiare sugli umani e non sempre quello che vale sugli animali vale anche sugli umani e poi sono i peggiori malati critici a cui dedichiamo le ns attenzioni e i fattori che entrano in gioco sono diversi da rianimazione a rianimazione e impossibili da controllare e di conseguenza lo sono anche gli interventi da attuare e le risposte da aspettarsi.
      Non sono a conoscenza di nessuna alternative “high-quality evidence” all’adrenalina 1mg q3-5 IV/IO. Se non l’hai già letto ritengo che questo studio http://dx.doi.org/10.1016/j.jacc.2014.09.036 dia un interessante chiave di lettura sull’argomento.

      Ovviamente ti ringrazio per stimolare questa discussione.

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