mercoledì 27 Settembre 2023

“Richiedi un’ecografia con il contrasto”

Le cose che abbiamo imparato

Il flagello chiamato COVID-19 ci aveva insegnato molte cose. E purtroppo sta provando a reinsegnarcele.

Alcune temo le abbiamo dimenticate troppo presto: provare ad essere medici migliori, l’importanza di una medicina che non sia solo più ospedaliera ma anche territoriale, la necessità di fare squadra, che nessuno di noi è una isola.

Altre sono sicuramente più tecniche: il concetto di sensibilità e specificità di test diagnostici ed i lori valori predittivi, il riconoscimento del “vetro smerigliato” alla lettura delle TAC torace, l’esecuzione del test del cammino, il posizionamento prono dei pazienti in insufficienza respiratoria, l’importanza e l’utilizzo dell’arte dell’ecografia toracica.

Proemio dell’ecografia

Sarà stata la concomitante aria primaverile, ma fra marzo e giugno sono fioriti e moltiplicati maestri e webinar sull’arte dell’ecografia toracica e sul uso utilizzo: principi fisici, significato della perdita di aerazione polmonare, sindrome interstiziale ed addensamenti/consolidamenti, LUS Score.

Tutto bellissimo. Ma quando guardo la schiena di Antonia sullo schermo ecografico, mi chiedo cosa sia quell’addensamento/consolidamento subpleurico basale destro? Un addensamento flogistico batterico? Una neoplasia? Una metastasi polmonare? Un infarto polmonare? Una disventilazione?

Mi chiedo come possa incrementare la specificità di un esame così sensibile come l’ecografia toracica?

I tre mesi che sono sembrati tredici mi ha insegnato anche questo?

In fondo il Covid ci ha insegnato anche a pensare.

Il covid-19 e la complessa eziopatogenesi della sua insufficienza respiratoria (grave ipossia, poca sensazione dispnoica, alta compliance) ha condotto menti brillanti ed illustri a cercare una reale spiegazione: non solo mismatch ventiloperfusivo ma anche shunt polmonare, non solo un danno parenchimatoso-alveolare, ma anche un danno capillare e di microcircolazione.

Per arrivare a possibili e plausibili risposte, degni eredi toscani del genio di Leonardo hanno provato a chiederle all’ecografia toracica. E poi hanno fatto qualcosa in più. Hanno colorato quelle immagini in bianco nero per fare luce sulla questione.

Ed io leggendo quel lavoro ingegnoso mi sono chiesto se lo stesso colore può aiutarci nelle aumentare la specificità dell’ecografia toracica e fare luce sul tipo di lesione consolidativa ecografica.

Cosa sappiamo

Sappiamo che l’ecografia toracica identifica con alta sensibilità lesioni di tipo consolidativo senza tuttavia eguale specificità. Cioè, vediamo che c’è qualcosa, ma non sappiamo cosa.

Sappiamo che alcune caratteristiche o determinati segni ecografici possono aumentare la nostra specificità e farci capire cosa stiamo guardando: il broncogramma aereo statico dinamico, il broncogramma fluido, la morfologia della lesione.

Sappiamo che non eseguiamo ecografie isolate ma ecografie integrate e nell’integrazione fra ecografia, clinica, laboratorio ed anamnesi c’è spesso nascosta la risposta che è celata a chi non sa vedere tutto insieme.

Ma abbiamo altri strumenti? E se usassimo il colore?

Coloriamo il fondo

Colorare le immagini in bianco e nero è qualcosa di estremamente poetico e molto romantico, la cui idea mi ha, da sempre, affascinato. E fin da bambino i disegni colorati mi sembravano più chiari di quelli in bianco e nero

Ma di che colore stiamo parlando?

L’utilizzo del colordoppler per migliorare la specificità della valutazione ecografia non è una idea recente e non potrei dire nulla di più rispetto allo storico e fantastico post di Mauro Cardillo a riguardo. Post tramite cui abbiamo potuto capire che schiacciare il pulsante del colordoppler su un consolidamento polmonare può avere il suo perché.

Possiamo fare altro? Possiamo usare il mezzo di contrasto in ecografia?

Colore e Contrasto

Gli articoli sopracitatati usavano altro. Usavano mezzi di contrasto ecografico per far parlare il polmone e chiedergli più informazioni. Usavano il mezzo di contrasto per interrogare il microcircolo.

Ecografia con contrasto?

La contrast enhanced US (CEUS) – ossia l’ecografia con mezzo di contrasto ecoamplificatori – è un esame ecografico realtime con basso indice meccanico (<0.04) che valuta la perfusione tessutale usando un mezzo di contrasto ultrasonografico (2.4 – 4.8 cc di UCA – ultrasuond contrast agent – il più noto “SonoVue” – iniezione in 2 secondi seguito da 5 – 10 cc di SF). La sospensione (microbolle riempite di gas stabilizzato di dimensioni simili a quelle eritrocitaria con la capacità di attraversare il letto capillare polmonare) iniettata in una vena periferica rende l’aspetto della vascolarizzazione più chiara ed evidente (fase vascolare) ed amplifica il segnale di fondo tessutale parenchimale (fase parenchimale).

E’ pertanto altamente efficace per definire aree avascolari ed il tipo di vascolarizzazione delle diverse altre lesioni.

Il timing fra l’iniezione endovenosa del contrasto e l’enhancement prima vascolare e poi parenchimale, la durata di quest’ultima ed il modello di distribuzione di tale intensificazione parenchimale sono elementi teoricamente utili alla diversa tipizzazione dei consolidamenti parenchimali.

Solitamente le lesioni con una vascolarizzazione dall’arteria polmonare sono caratterizzate da un tempo di esordio dell’enhancemente breve (< 8 – 10 secondi) tipicamente intenso ed iperecogeno. Le lesioni vascolarizzate dal sistema bronchiale sono caratterizzate, al contrario, da un tempo di esordio più lungo e da un’enhancement di tipo iso – ipoecogeno.

L’applicazione di questa metodica all’ecografia toracica è sicura, ripetibile, economica, radiation-free e complementare alla tecnica di base.

Quindi contrastiamo e contraSTIMIAMO.

Contrastiamo e capiamo

La tabella sottostante riassume le caratteristiche CEUS indotte dei diversi consolidamenti. Il grigio di alcune caselle ci fa già capire come non tutti i dati in letteratura siano certi o condivisi e su alcune situazioni ci siano più dubbi che verità.

Normalmente i processi flogistici sono riccamente vascolarizzati, specialmente in fase acuta. La vascolarizzazione prevalente è attraverso l’arteria polmonare; i flussi sono altamente “arborizzati” di tipo trifasico. La vascolarizzazione prevalentemente polmonare determina una comparsa dell’enhancement rapida, (in media meno di 10 secondi), tipicamente omogenea ed iperecogena.

Tale aspetti sono comuni alle atelettasie compressive. Le atelettasie ostruttive mostrano invece comportamenti diversi non univoci.

Al contrario gli addensamenti pleurici di natura embolica mostrano vascolarizzazione assente o scarsa di tipo periferico

Le neoplasie hanno una vascolarizzazione prevalentemente bronchiale, a resistenza bassa, o circoli irregolari e periferici. La vascolarizzazione tramite arteria bronchiale giustifica un più tardiva comparsa del mezzo di contrasto nella sede della lesione polmonare.

E la letteratura?

Pochi studi, poca concordanza. Gli studi più datati (in sintesi gli studi di Gorg dei primi anni duemila) erano concordi nell’evidenziare un possibile ruolo diagnostico nella diagnosi differenziali delle lesioni toraciche periferiche. Uno studio italiano più recente (2017) del gruppo di Sperandeo era fortemente scettico nell’identificare una possibile ricaduta diagnostica per la differenziazione delle lesioni periferiche benigne e maligne.

Le raccomandazioni EFSUMB 2017 sull’utilizzo della CEUS conferma un possibile ruolo nella diagnosi differenziale di processi flogistici versus embolici.

Altri Lavori recenti confermano effettivamente la capacità della CEUS di identificare correttamente i consolidamenti periferici polmonari embolici, anche a fronte di TAC negative, utilizzando come gold standard la validazione istologica.

E penso che in questi due ultimi campi possa trovarsi il vero possibile ruolo della CEUS polmonare.

In conclusione?

Il Covid-19 ci ha insegnato a pensare. A porci domande di cui non sappiamo la risposta ma a cercarla ugualmente. La ricerca della eziopatogenesi della sua insufficienza respiratoria ci ha spinto verso l’oceano in bianco e nero di una ecografia toracica dove un colpo di colore può fornire un aiuto diagnostico. Negli studi citati, l’utilizzo del mezzo di contrasto illuminava il microcircolo e ha suggerito ed indicato chiaramente come l’eziopatogenesi della insufficienza respiratoria del Covid-19 possa essere legato a fenomeni tromboembolici. Portando ad una eziopatogenesi di danno polmonare di immunotrombosi piuttosto che virale.

Ho provato a capire se, ugualmente, l’ecografia con mezzo di contrasto potesse illuminare il macrocircolo ed aiutarci nel capire la natura dei consolidamenti e degli addensamenti identificati durante il nostro esame ecografico standard.

Capire la tipologia di un consolidamento e l’eziopatogenesi di una malattia non è un puro esercizio di stile ma determina una ricaduta terapeutica e ventilatoria. E capire, come nel caso del flagello chiamato covid, che magari non è solo il polmone interessato ma anche i vasi. E modificare la terapia impostata in base alle nostre scoperte per cambiare l’outcome di quel paziente. Quindi si può fare?

La risposta a questa ultima domanda, lo confesso, non è semplice. Leggendo la letteratura e provando personalmente, temo che non siamo ancora in grado di “illuminare” ed “illuminarci”.

Considerazioni personali

E’ la CEUS polmonare il deux ex machina che aspettavano?

La CEUS polmonare non è niente altro che l’applicazione del mezzo di contrasto al torace che altre ecografie distrettuali (ecocardiografia; epatica; ecografia della ghiandola mammaria) utilizzano già routinariamente. Quindi forse non qualcosa di così irraggiungibile, né certamente di così nuovo.

Penso che la CEUS possa rientrare in quelle abilità, non di base ma ugualmente preziose, da tenere a mente per poterle utilizzare quando altre lingue non ci parlano e non forniscono le risposte che stiamo cercando.

Tuttavia, temo che la risposta continui ad essere di no.

La letteratura non è concorde sul suo effettivo ruolo diagnostico nonostante un razionale fisiopatologico forte e la metodica stessa non è scevra di limitazioni (tempo, costo, risorse umane e tecnologiche, software dedicato, possibili effetti avversi all’utilizzo del materiale “contrastante” – basso ma non zero rischio di reazioni anafilattoidi, necessità di almeno due operatori…). I dati in letteratura sono piuttosto scarni: campo ancora da approfondire o campo che non merita ulteriore approfondimento?

I limiti sono evidenti. Il gradienti pressori intrapleurici, lo stato di chiusura o apertura delle anastomosi fra circolazione polmonare e bronchiale, le differenze relative alla gravità nel flusso sanguineo fra apice e base, i potenziali effetti sulla vascolarizzazione polmonare di concomitanti malattie polmonari così come dell’ipossia e dell’acidosi possono facilmente influenzare l’esito della CEUS.

Tuttavia.

Per diventare esperti di determinate metodiche bisogna approfondire. Studiare, apprendere nuove capacità, capirle e comprendere perchè eventualmente non hanno ancora un ruolo e se mai lo potranno avere.

Forse siamo poi però a chiedere alla sonda delle domanda sbagliata. Magari non può dirci cosa sono tutti i diversi consolidamenti. Però ci può dire con buona certezza quali sono quelli embolici/infartuali (e farci scoprire embolia polmonari periferiche con studi tomografici negativi) e forse quali sono quelli flogistici. E questo sarebbe già una bella risposta.

Ma temo che bisognerà ancora studiare, questa volta, per averne altre.

E poi, diciamolo, possiamo e dobbiamo continuare a studiare anche per un minimo di vanità ed orgoglio professionale. Io sogno il giorno in cui prendendo in mano la cornetta del telefono del DEA che squilla, un radiologo mi chiederà una ecografia toracica con mezzo di contrasto.

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Davide Tizzani
Davide Tizzani
Specialista in Medicina Interna, ma specializzando ancora nell'anima. Esperto di Niente. Interessato a Tutto. Appassionato delle tre E: ecg, ega, ecografia. @DavideTizzani |

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