Questo lo scenario: è sera, una donna di 90 anni affetta da Alzheimer di media gravità, cardiopatia ipocinetica e poli-artrosi residente in una casa di riposo, comincia ad essere agitata ed insofferente. Il personale in servizio, che non conosce bene la paziente, riscontra febbre elevata e tosse e chiama la guardia medica la quale dispone il trasposto presso il più vicino pronto soccorso. Questo, con qualche adattamento alla realtà italiana, quanto descritto in un articolo pubblicato la scorsa settimana sul NEJM dal titolo: “Reducing Unnecessary Hospitalazizations of Nursing Home Residents”
La donna arriva in DEA, i parametri vitali sono stabili , esegue test ematici che risultano sostanzialmente a posto e una radiografia del torace che pone il sospetto di un focolaio broncopneumonico per cui viene ricoverata e viene iniziata una terapia con liquidi ed antibiotici ev.
L’ospedale però, si sa, disorienta gli anziani, per cui la notte successiva al ricovero la paziente cade dal letto e si rompe il bacino. Dopo una settimana ritorna nella casa di riposo . Spesa stimata per Medicare: 10.000 dollari.
L’autore propone uno scenario alternativo; nella stessa situazione il personale di servizio chiama l’infermiere reperibile che conosce la paziente che, sentita la situazione, stabilisce l’osservazione della paziente. Il mattino successivo visitata la paziente e consultatasi con la figlia di questa, decide di iniziare una terapia con antibiotici orali e abbondante idratazione per os. Costo per Medicare 200 dollari. e niente bacino rotto per la paziente.
L’articolo poi si dilunga in problematiche tutte americane di disallineamento tra Medicare e Medicaid che a noi credo interessino poco. Le ospedalizzazioni non necessarie da parte di persone che risiedono in casa di riposo sono un fenomeno comune anche in Italia con poche soluzioni concrete a mio modo di vedere, almeno in tempi brevi e considerata la penuria di risorse.
Quello che ho trovato interessante è l’idea di un approccio totalmente diverso al paziente anziano pluripatologico da parte di figure professionali diverse dal medico.
La professione infermieristica, con l’avvento dell’università, è cambiata radicalmente e lo è ancora maggiormente nei paesi anglosassoni dove, in alcuni casi, svolge mansioni tipiche della classe medica . In Inghilterra ad esempio la “clincal nurse” ha le stesse mansioni dei junior doctors : anamnesi, esame fisico, prescrizione degli esami diagnostici e come i juniors necessita di supervisione, almeno questa è stata la mia esperienza.
E in Italia? Non credo si possa generalizzare, ogni posto è un po’ diverso dall’altro, ma anche qui le cose stanno cambiando e quanto descritto penso possa rappresentare un possibile scenario futuro anche da noi.
Credo che ci sia veramente tanta materia di cui discutere: aspetto i vostri commenti….
In una puntata di Scrubs (l’unica serie sugli ospedali veritiera!) uno dei protagonisti spiega all’altro è che il vecchietto della casa di riposo deve essere sfebbrato e rispedito in dietro, in modo che dopo 12 ore possa essere di nuovo mandato in ospedale con la febbre!
Considerando la situazione assurda della ns Medicina (credo che sia mesi che non si ricovera in reparto un paziente in un letto senza un purgatorio di 3-4 gg di barella) ci si trova spesso a rimandare in dietro il paziente, con la terapia. I risultati sono scarsi perchè il più delle volte il paziente torna, decisamente peggiorato, dopo qualche giorno o a volte qualche ora.
Ho avuto modo di girare per le case di riposo della zona, con il 118.
Be’, fatte alcune eccezioni, la realtà è piuttosto desolante. Sono spesso strutture obsolete, spesso nemmeno tanto pulite. Soprattutto di notte sono lasciate a personale di cooperative, spesso a persone che a stento parlano l’italiano e che, obiettivamente, non sono in grado o non vogliono gestire alcun tipo di problematica.
Come pensare che in casa di riposo possano/vogliano gestire una polmonite se da tempo, di notte, a Chivasso riceviamo i pazienti provenienti dall’Ospedale di Settimo (una lungo degenza) dove di guardia, nella maggior parte delle notti, c’è un anestesista?
Luca,
le tue osservazioni sono giuste. Lo stesso autore cita l’elevata incidenza di ri-ospedalizzazioni dopo la dimissione dall’ospedale e la necessità che il personale che si prende cura dei pazienti nelle nursing home abbia determinati requisiti.
Noi però, dobbiamo sperare in un futuro migliore e non peggiore e poi, vista la scarsità di risorse, un infermiere debitamente formato penso possa svolgere quel ruolo meglio e soprattutto a minor costo di un anestesista.