giovedì 21 Settembre 2023

Rivaroxaban in monoterapia per l’embolia polmonare sintomatica?

Sembra ieri che i pazienti con embolia polmonare venivano trattati con infusione di eparina endovenosa seguita ed embricata con antagonisti della vitamina K quali warfarin e acenocumarolo. Sia l’eparina non frazionata che gli antagonisti della vitamina k richiedono e periodici controlli ematici per aggiustare la dose che non solo rappresentano un fastidio per i pazienti, ma inflluiscono in maniera importante anche sui costi.

L’eparina a basso peso  molecolare, più pratica e sicuramente meglio accettata dal paziente e nel contempo altrettanto efficace, nel tempo ha soppiantato quella ev. Sia le eparine a basso peso molecolare che gli antagonisti della vitamina k sembra debbano però lasciare spazio a nuove molecole dotate di maggiore praticità e, almeno dai primi dati, pari efficacia e sicurezza. Questo è quanto emerge da diversi studi che hanno preso in esame farmaci dotati di attività contro la trombina o contro il fattore X attivato, l’ultimo dei quali è stato recentemente pubblicato sul New England proprio la scorsa settimana. Sto parlando dell’ EINSTEIN-PE trial che ha messo a confronto un inibitore del fattore Xa, il rivaroxaban, e warfarin nel trattamento a lungo termine dell’embolia polmonare.

Lo studio dal titolo: Oral Rivaroxaban for the Treatment of Symptomatic Pulmonary Embolism ha messo a confronto una dose biquotidiana di 15 mg di Riavaroxaban da solo per 3 settimane seguita da una dose quotidiana di 20 mg con la terapia standard costituita da enoxaparina seguita da warfarin per un periodo di 3-6 e 12 mesi in 4832 pazienti affetti da embolia polmonare con o senza trombosi venosa profonda.

Caratteristiche
Lo studio,  condotto in 38 paesi dal marzo 2007 al marzo 2011, è uno studio randomizzato di non inferiorità ed è stato sponsorizzato da Bayer Healthcare e Janssen Pharmaceuticals.

Obiettivi principali erano rappresentati da:
– recidiva di episodi di tromboembolismo venoso sintomatico
– sanguinamenti maggiori e sanguinamenti minori clinicamente rilevanti

Sanguinamento maggiore era definito quello che comportava la perdita di almeno 2 punti di emoglobina o che aveva richiesto almeno 2 unità di globuli rossi o avvenuto in sede intracranica o endoperitoneale o in altre sedi critiche o che aveva contribuito al decesso.

Risultati
– Il gruppo dei pazienti trattati con rivaroxaban è andato incontro a 40 eventi tromboembolici (2,1%) contro 44 (1,8%) del gruppo sottoposto a trattamento standard
– Sanguinamenti maggiori e senguinamenti minori clinicamente rilevanti si sono verificati nel 10,3% dei pazienti trattati con rivaroxaban e nel 11,4% di quelli sottoposti a terapia standard, se limitati ai sanguinamenti maggiori il gruppo rivaroxaban ha registrato eventi nel 1,1% dei casi contro il 2,2% del trattamento standard

Conclusioni
Gli autori concludono che il rivaroxaban in monoterapia non è inferiore alla terapia standard costituita da enoxaparina e antagonsiti della vitamina K nel trattamento iniziale ed a lungo termine dell’embolia polmonare presentando inoltre  probabilmente anche un potenziale  migliore profilo rischio-beneficio

Alcune considerazioni credo siano d’obbligo.
Il fatto di poter fare a meno dei periodici controlli dell’INR ed in questo caso anche della stessa terapia eparinica, è uno dei vantaggi forniti da tutti i farmaci appartenenti a questa categoria. Fatto che comporterebbe secondo gli esperti di farmacoeconomia, anche un beneficio complessivo di tipo economico. In realtà come menzionato nella discussione dell’articolo del NeW England i pazienti dello studio hanno ricevuto eparina a basso peso molecolare prima della randomizzazione per 1 solo giorno nel 60% dei casi e per 2 giorni in meno del 2%. Trattamento che è stato considerato dagli autori ininfluente sul risultato.
Ben più rilevante credo sia il fatto che lo studio sia uno studio di non inferiorità e sponsorizzato dalle ditte produttrici.
Certamente il numero dei dubbiosi non è piccolo, si veda a questo proposito il post su questo articolo di Ryan Radecki autore di Emergency Medicine Literature of Note: Rivaroxaban and Pulmonary Embolism.
Un argomento non privo di importanza riguarda la gestione delle complicanze emorragiche maggiori. Per questa categoria di farmaci, come è noto e a differenza del warfarin, non ci sono veri e propri antagonisti da utilizzare in questi casi , anche se a onor del vero il rivaroxaban sembrerebbe giovarsi del trattamento con complesso protrombinico.

L’idea personale che mi sono fatto , al di là dell’analisi dei dei singoli studi,è che un modo nuovo di gestire questi pazienti si sta aprendo. A questo riguardo, penso a quanto scetticismo, almeno da chi si occupava di medicina pratica, aveva incontrato l’introduzione della terapia anticoagulante orale nella popolazione di pazienti affetti da fibrillazione atriale che attualmente è ormai considerata ineludibile nella maggior parte dei casi.
L’idea poi di poter gestire pazienti ad alta complessità come quelli affetti da troemboembolismo venoso con la sola terapia orale personalmente mi sembra rivoluzionaria, sempre aspettando, come è giusto, ulteriori studi e conferme.

L’argomento merita senza dubbio una discussione, aspetto i vostri commenti.

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

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