Sono le ore tre di una notte che sta diventano mattino di un giorno di Natale, sempre unico e sempre differente.
Con sguardo sconsolato e scoraggiato, scorro la lista delle persone venute a trovarmi in pronto soccorso, ancora in attesa di entrare in ambulatorio per farmi gli auguri e riferirmi i loro sintomi natalizi.
La guardo e non vedo nomi. Vedo infastiditatori seriali e seccatori professionisti venuti a disturbare la mia quiete di una notte che dovrebbe essere magica. Molesti Portatori di problemi spesso modesti.
Poi supero la stanchezza, recupero un minimo di senno ed assaporo l’acre disgusto dei miei pensieri. Mi fermo. Mi guardo e mi chiedo quando ho cominciato a considerare LORO un disturbo e non più una opportunità, in primis di fare del bene?
Ma da quando siamo diventati così? Da quando abbiamo, o meglio, ho sacrificato la mia vocazione di assistere le persone sull’altare della mia indifferenza e e del mio disinteresse?
In numerose occasioni ho sentito autorevoli colleghi sostenere come i pazienti con codici bianchi o verdi non fossero meritevoli del Pronto Soccorso o di un Soccorso Pronto ed invocare la necessità di una gestione alternativa, in altre modalità ed in altri servizi.
Hanno ragione loro? Dovremmo cercare di nobilitare la nostra specialità nella Medicine delle Emergenze e delle Urgenze in modo più convinto, fiero e consapevole ed inevocabilmente più discriminante?
Ovviamente, non conosco la risposta esatta e non so cosa sia corretto credere o pensare. So cosa sia giusto fare, tuttavia.
Adele
Quella notte ho prima incontrato e poi conosciuto Adele. Mi dice di essere preoccupata “di questo dolore toracico”, che ha due figli e sei nipoti che non passano il giorno di natale con lei ma sono separati da un virus e da due regioni distanza.
E che è la prima notte di Natale che passa senza il marito, portato via dallo stesso virus ma ad una distanza molto maggiore, non percorribile con mezzi di locomozione terreni.
E che forse quel dolore toracico, assolutamente atipico, è la sua tristezza che torna a farsi capolino fra le pieghe di una anima divisa e dimezzata. Dolore toracico risolto da un pianto purificatore su un lettino mezzo scassato di un qualunque pronto soccorso di barriera, in quel momento divenuto ancora di salvezza per un anima qualunque e sola ma sicuramente unica.
E tristezza almeno in parte lenita da una videotelefonata al nipote più piccolo a sorpresa che il cellulare di Adele non è in grado di fare ma il mio si, fatta alle tre di notte per sostituire alle lacrime un sorriso.
Georgios
Non avrei appreso la storia di Georgios e conosciuto il suo coraggio.
In Pronto anche lui per un dolore toracico responsivo al racconto della sua vita e del suo viaggio dalla Turchia in Italia all’età di 18 anni per venire a studiare a Milano ed al suo politecnico.
Il dolore toracico svanisce ricordando a qualcuno, anche se estraneo, la difficoltà di quei giorni, la sveglia alle 3 per scaricare le cassette di frutta e verdure al mercato ortofrutticolo per guadagnare i soldi necessari per pagarsi lezioni universitarie da ascoltare senza addormentarsi, ed il lavoro notturno come cameriere per poter fare tutto senza morire di fame.
Una magia insolita accade nei locali del Pronto Soccorso: un assordante silenzio creatosi per ascoltare e sentire non il resoconto di un sintomo ma la testimonianza della vittoria di chi, nonostante tutto, non si è mai arreso. Silenzio, lacrime e solo un immensa gratitudine per l’insegnamento, Georgios.
Luigi
Non avrei neanche mai sfiorato Luigi.
Lui ha 80 anni, vedovo senza figli, nipoti, cugini ed amici. Solo senza alcuna speranza. Alle sette entra in ambulatorio. Codice bianco.
Condizioni igieniche, sociali e sanitarie precarie. Il tempo di augurare Buon natale e condividere con me ed il mio collega infermiere il pandoro che conservava in una sozza borsa dalla sera precedente.
Un ambulatorio di pronto soccorso diventa un incontro fra amici apparentemente di vecchia data, la scrivania diventa un tavolo dove tagliare il dolce e riempire i bicchieri di plastica di una Coca Cola che facevano compagnia al pandoro nella stessa vecchia e sudicia borsa.
Mi viene il dubbio che o uno o l’altro possano essere scaduti, ma lo scaccia perchè non è un pensiero da notte o meglio da mattina di Natale. Alla diarrea eventualmente ci penserò in seguito. E’ il momento adesso del brindisi, di un abbraccio anche se vietato e di un augurio. To Continue to stay Human. A non perdere la nostra umanità ed il nostro umanesimo, intesa come esaltazione del valore e della dignità dell’uomo.
Esco dall’ospedale alle ore 8.30. 30 pazienti visti, due forse urgenze vere. Ma ringraziando con tutte le fibre del mio corpo di avere scelto un lavoro che sceglierei ancora ogni giorno. Che mi fa uscire dal turno lavorativo sempre più ricco di quanto e di quando sono entrato.
Non dimentichiamoci mai che ogni uomo è uno scrigno che conserva al suo interno un mondo intero di cui abbiamo la fortuna e l’onore di continuare a provare ad esplorare, conoscere e se possibile, consolare. E, come dice uno dei fondatori della medicina d’urgenza italiana, in particolare gli scrigni “degli anziani sono l’ultimo tempo di uno spettacolo bellissimo”.
Per questo penso che sia ora di cambiare i nostri riti.
E le nostre sigle. Oltre l’ABCDE ed alle tre E, è fondamentale ricordarci di chiedere sempre le tre S: oltre ai Sintomi del paziente, anche i propri Sentimenti e le loro Sensazioni.
il mio lavoro , il nostro lavoro , è per me terapeutico, non potrei vivere senza e questo post lo indosso come un vestito che mi fa stare bene !
Collega sei meraviglioso. Sono senza parole.
Grazie per aver condiviso questi tuoi spunti di riflessione.
Per fortuna che ci sono ancora Medici di Urgenza come te …. e come me, che credono nella bellezza di questo lavoro nonostante tutto. Grazie
Davide buon anno e Grazie per le tue testimonianze dal terreno!
Gianpaolo Giacobazzi
Elena, Francesco, Patrizia e Gianpaolo. Grazie per il commento e grazie per continuare a credere nella bellezza di un lavoro unico
Grazie di questo respiro di umanità che mi fa riassaporare la gioia di essere medico. Mi hai fatto del bene. Grazie, buon lavoro
GRAZIE per aver dato voce a tanti come te in un mare di oppositori stanchi e demotivati dal sistema e dai limiti temporali e di risorse; GRAZIE per aver descritto come dovrebbe essere Il MEDICO di EMRGENZA – URGENZA! Che possa essere spunto di riflessione, di cambiamento e stimolo per migliorare l’empatia nei nostri PS! Buon lavoro GRANDE MEDICO