venerdì 22 Settembre 2023

Sappiamo riconoscere la fascite plantare?

La signora Maria è una delle ultime pazienti del mio turno notturno, quando, per dirla tutta, non sei proprio ben disposto nei confronti di chi apre la porta della sala visita. Si presenta poi per un problema “ortopedico”, ma a quell’ora l’ortopedico non c’è ancora, il che non migliora il mio umore. Entrando dice: ” Lo so, sarei dovuta andare dal mio medico di famiglia, ma sono tre giorni che appena mi alzo al mattino e scendo dal letto, sento un dolore tremendo al tallone del piede destro, non ricordo di aver battuto, ma magari ho bisogno di fare una lastra…” Sono troppo stanco per replicare e comincio a visitarla, anche se mi sono già fatto un’idea della diagnosi.

Dopo aver visto procedure salvavita, oggi torniamo all’ordinario; le emergenze infatti non rappresentano che una minima parte dell nostra attività quotidiana in pronto soccorso Che ci piaccia o meno, questa è la realtà. Prendo quindi spunto da una revisione clinica pubblicata in questi giorni su gli Annals of Internal Medicine che parla della fascite plantare, una patologia di piuttosto comune riscontro in DEA e che ha colpito anche la nostra signora Maria.

E’ un disturbo molto frequente, dà ragione di circa 1 milione di visite all’anno negli Stati Uniti, di cui il 62% dai Primary Care Physicians, da cui deduco che del restante 38 %,  almeno una parte venga effettuata nei dipartimenti di emergenza. Nonostante il termine fascite, è una patologia degenerativa della fascia che parte dal calcagno e sottendente l’arco plantare piuttosto che una infiammazione, per cui secondo alcuni autori sarebbe da preferire il termine fasciosi. Lungi da me l’idea di fare una traduzione dell’articolo ne tanto meno una trattazione approfondita; vediamone quindi i punti salienti.

Quali sono i fattori di rischio?
– Anatomici ( piede piatto, cavo, la sua eccessiva pronazione o della torsione laterale della tibia, l’obesità,  etc.)
– Funzionali  (eccessiva tensione dei muscoli della gamba o del tendine d’Achille)
– Degenerativi (legati all’età ed all’ atrofia della fascia plantare)
– Estrinseci ( uso di scarpe non adatte o il loro scarso ricambio, attività ripetitive come la marcia , la corsa ed il salto etc)

Come facciamo a fare la diagnosi ?

I sintomi:
– Il dolore insorge dopo i primi passi del mattino
– E’ localizzato almeno inizialmente a livello della fascia plantare
– Non deve essere accompagnato da alcun segno neurologico
– E’ aggravato dalla corsa o dal salto

L’esame fisico
–  Il dolore viene evocato dalla palpazione del tubercolo mediale del calcagno e nei casi più severi anche dalla parte anteriore della fascia.
– Il cosidetto “windlass test” o test del verricello; il dolore viene evocato dalla dorsiflessione delle dita. Il test ha una bassa sensibilità che aumenta se si esegue con il paziente in piedi., non superando comunque il 40% e
la sua negatività non esclude la diagnosi.

Quando eseguire la radiografia?

Sebbene il riscontro di una spina calcaneare aumenti la probabilità diagnostica della fascite plantare (sensibilità 85,2%, specificità 77,2% e LR+ 3,74), essa è presente nel 15-25% di pazienti completamente asintomatici. La radiografia  così come la RMN,   di solito non cambia la diagnosi clinica  ed il medico esperto abitualmente no la utilizza.

Diagnosi differnziale
La diagnosi di fascite plantare è di solito agevole lel suo quadro di presentazione classica. Queste alcune diagnosi alternative da considerare nelle forme atipiche
– frattura calcaneale
– rottura acuta della fascia plantare
– tendinite
– borsite
– apofisite calcaneare (negli adolescenti)
– the heel fat pad syndrome
– malattia di Paget dell’osso
– tumori

Non mi dilungo sulla terapia che da sola richiederebbe un intero post.

Borsa del ghiaccio, antinfiammatori esercizi di stretching, oltre ovviamente alla perdita di peso, l’uso di scarpe adatte  e la modifica di errate abitudini di allenamento per gli atleti ,di solito danno buoni risultati ma  spesso sono necessari da 6 mesi ad 1 anno per la completa guarizione. Nei casi resistenti ,infiltrazioni e chirurgia, rappresentano potenziali soluzioni terapeutiche.

Solo una breve considerazione finale:
come in altre situazioni dovremmo ricorrere meno alla radiologia e affidarci di più ad anamnesi ed esame fisico; indicazione ragionevole e supportata dalla letteratura che però la maggior parte di noi, me compreso, di questi tempi fa sempre più fatica a seguire…

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

3 Commenti

  1. A me è capitato una volta dopo aver aumentato considerevolmente i km di corsa. E’ stata una rogna durata 10 giorni risolta con riposo, fascia, ghiaccio, stretching e pazienza al posto dei FANS. E posso confermare che il momento peggiore sono proprio i primi passi appena scesi dal letto. Trovo incomprensibile che la signora in questione si sia presentata al pronto soccorso. Grazie per aver condiviso

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

dal nostro archivio

I più letti