E’ mattina e un equipaggio del 118 arriva direttamente in area rossa. “E’ un cardiopatico ischemico, ha avuto una sincope e ha una ferita trapassante al labbro.Si lamenta di un intenso dolore addominale”.
Queste, in estrema sintesi, le informazioni ottenute al passaggio di consegne.
Il paziente appare in effetti molto sofferente. Cominciamo a visitarlo.
Mario è un uomo di 65 anni e una storia di ipertensione, sindrome depressiva e cardiopatia ischemica con uno STEMI anteriore circa 1 anno prima sottoposto a PTCA primaria.
Nella mattinata comparsa di dolore addominale successivo episodio sincopale al passaggio dal clino all’ortostatismo con trauma cranio facciale secondario.
I parametri vitali sono comunque stabili. L’ECG invariato rispetto ad uno precedente di un anno prima.Il ritmo è sinusale. La ferita del labbro attualmente non sta sanguinando e non sono presenti lesioni dentarie.
L’esame neurologico indifferente
Alla visita il problema principale risulta essere senza dubbio quello addominale
L’addome infatti è teso meteorico con un accenno al peritonismo. L’aia di ottusità epatica è conservata
Lo guardiamo con l’eco.
E’presente intenso sbarramento acustico e una peristalsi torpida ma nessuna evidenza di liquido libero , l’aorta è regolare.
“Ieri ho mangiato un sacco di uva, sarà quella che mi ha fatto male?” chiede, sorridiamo “Penso proprio di no” la nostra risposta e dopo aver somministrato del fentanyl lo accompagnamo in TAC.
Il radiologo al nostro arrivo ci chiede: “Qual è il sospetto diagnostico?” Non possiamo che essere generici: “ha un addome acuto , non sembra perforato ”
Guardando il monitor il radiologo commenta A una prima valutazione vedo solo una grossa ernia jatale, non vedo altro, adesso comunque me la guardo con calma..”
Certo un ernia jatale non può essere responsabile di quell’addome.
Chiediamo il parere del chirurgo.
Intanto arriva il referto del radiologo
Gli ematochimici non dimostrano nulla di rilevante , a parte una leucocitosi neutrofila. Il chirurgo decide per la laparatomia esplorativa.
Questo il referto dell’atto operatorio: …A circa 1 mt dall’ultima ansa ileale si evidenza tratto di ileo di circa 20 cm che presenta multiple aree necrotiche puntiformi. A monte presenza di corpo estraneo riferibile a chicco d’uva. Il restante ileo è nella norma. Colon normotrofico con coprostasi. Sezione del tratto necrotico…
Questo invece il referto del patologo: diffuso infarcimento ematico, necrosi e infiltrazione granulocitaria transmurale in segmento di parete intestinale (sede di infarto). Peritonite ad impronta fibrinogranulocitaria e congestione sottosierosa in tratti di piccolo intestino (margini di resezione)
Mario ha avuto un decorso post operatorio regolare ed è stato successivamente dimesso.
Considerazioni personali
Il caso clinico è sicuramente interessante per il reperto del corpo estraneo che peraltro sembrerebbe essere del tutto innocente nella genesi delle lesioni intestinali. E’ vero che il paziente era certamente un “arteriopatico” ma colpisce la discrepanza tra quadro clinico e povertà dei reperti TC e in particolare l’assenza di lesioni vascolari.
La presenza di corpi estranei come reperto occasionale peraltro non risulta cosi infrequente nelle patologie intestinali, come dimostrato anche in un altro paziente dove a un quadro di occlusione intestinale si associava il reperto di un nocciolo di prugna…
Vi sono mai capitati casi simili?
Due casi Clinici: un anno addietro, uomo 74 anni diabetico obeso modesta insufficienza renale dolore addominaale acuto e febbre da tre giorni, addome piuttosto teso meteorico non chiaramente peritonico, alla TAC raccolta liquida con aree gassose all’interno di non chiara interpretazione, alla laparotomia ultima porzione duodenale perforata da stuzzicadenti! Un mese addietro circa una donna, dolore addominale acuto, leucocitosi, alla TAC distensione aspecifica di alcune anse del tenue, addome nell’arco du alcune ore chiaramente peritonico, sala operatoria: ansa intestinale perforata da lisca di pesce! Un abbraccio e3 buon lavoro
Nicola,
grazie del tuo commento. L’aspetto interessante di questo caso clinico penso sia rappresentato proprio dal fatto che, a differenza di quelli da te riportati, il chicco d’uva sia stato uno “spettatore innocente” e non la causa dell’infarto intestinale.
Carissimo, la riflessione che mi hai indotto è soprattutto relativa al “timing laparotomico” ed alla “sorprendente (?) a-specificità” della TAC. Mi spiego: circa una settimana fa giunge in PS un uomo di 70 aa con dolore addominale da due giorni, ABCD “ancora” sostanzialmente indenni, no nausea, no vomito, febbricola, alvo chiuso a feci e gas, con peristalsi torbida. Addome globoso, assolutamente non trattabile, con dolore e dolorabilità diffusa tale da non poter neppure appoggiare la sonda dell’eco. Dopo Fentanest, SNG, IPP e salina “epicriticità” del dolore e della difesa ai quadranti di destra, non evidenze patologiche percepibili all’ecografia clinica integrata. La diagnosi di addome acuto è comunque indiscutibile. Segnalo in apr diagnosi di M. di Bechet ed abbondante assunzione di cortisonici, niente altro di significativo sia medico che chirurgico.
Per ragioni “organizzative” (4 del mattino) posso “solo” eseguire una TC addome senza mdc (diagnosticata a distanza dal radiolo). Il referto indica area “sospetta” n.a.s. in sede ileale terminale senza altri reperti (pneumoperitoneo e/o fludi liberi). Giunge il chirurgo reperibile che conferma la diagnosi clinica di addome acuto, ma dopo un “calvario telefonico” esige una TAC con mdc per escludere, testuale “una possibile eziologia ischemica della lesione”.
In sostanza passano altre due ore. Il nuovo referto TC “in telemetria” non aggiunge granché e i dubbi rimangono… ma quali dubbi?
La sede (anche “protopatica clinica”) è praticamente certa, quale differenza può fare conoscere una causa ischemica vs settica? Il chirurgo sostiene che “un’ileite terminale” in un Pz. con quell’anamnesi (v. sopra) può avere più implicazioni mediche che chirurgiche e che “timing” e procedure chirurgiche possono differire… Mah…!!!??? (espresso nella mia mente con molte eco)… Nel frattempo ho applicato (visto che il Pz. era ancora “tutto mio” le l.g. della EGDT, perché molti (troppi) erano gli indicatori di un iniziale viraggio dalla sepsi grave ad una severa ed il mio timore per la caduta libera nello shock era più che fondato.
Concludo: il Pz. è andato in sala intorno alle 8. E’ stato sottoposto a emicolectomia destra con resezione di porzione di ansa ileale… non c’erano chicchi d’uva, ma una considerevole quantità di pus insaccato dal peritoneo sotto una perforazione ciecale…
Penso che dalla descrizione del caso clinico si evincano le ragioni del quesito iniziale.
Grazie per l’ospitalità e spero nella “pertinenza” del caso proposto.
Docmac,
il paziente del post è andato in sala operatoria dopo circa 6 ore dall’arrivo in DEA in quanto la sala era occupata con un’altra urgenza.
Concordo che il quadro TC fosse tutt’altro che illuminante spetta comunque al chirurgo decidere se e quando un paziente debba essere operato. E’ giusto discuterne con loro ma alla fine è giusto che la decisione la prendano loro.
Ancora grazie per il tuo intervento e la presentazione del caso.