I dati riguardanti la diffusione dell’infezione da SARS-Coronavirus-2 (SARS-COV-2), da alcune settimane a questa parte, sono incoraggianti e sembrerebbero far pensare che il peggio sia ormai alle nostre spalle. Il virus però non è sparito, continuerà a circolare nella popolazione, con la possibilità di una seconda ondata di contagi in autunno.
In questa prospettiva, il Pronto Soccorso avrà un ruolo fondamentale nell’individuazione tempestiva dei pazienti affetti, contribuendo alla ripartenza. Qui su Empills si è parlato approfonditamente di tutti gli strumenti diagnostici a disposizione, compresi il tampone oro/rinofaringeo (qui) e l’ecografia toracica (qui e qui).
L’impiego di qualsiasi strumento diagnostico è giustificato dalla probabilità iniziale che il paziente abbia la malattia che stiamo ipotizzando, ovvero la probabilità pre-test. Ciò vale anche per la COVID-19. Errori nella formulazione iniziale di una probabilità pre-test di malattia, sono frequenti e costituiscono una delle cause principali della richiesta di esami inappropriati, anche in PS (si veda per esempio questo lavoro).
E’ possibile stimare la probabilità pre-test che un paziente abbia il COVID-19? Io vi propongo alcune possibili strategie.
Strategia 1: i grandi numeri della Protezione Civile
Il bollettino quotidiano della Protezione Civile è diventato un appuntamento fisso di questo triste periodo. Una prima modalità di stimare la probabilità pre-test di malattia può basarsi proprio sui dati raccolti in queste tabelle (clicca qui per l’archivio completo). Due colonne ci interessano particolarmente: quella dei nuovi contagi e quella dei “casi testati”, che corrispondo ai tamponi effettuati con fini diagnostici e non di controllo sui pazienti con infezione già nota. In questa prospettiva, la probabilità pre-test di un tampone diagnostico positivo è alla proporzione di nuovi casi diagnosticati rispetto al numero di “casi testati” nella giornata. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza di questa probabilità, nelle tabelle 1 e 2 ho calcolato, rispettivamente, il tasso di casi positivi nelle varie regioni d’Italia il 4 giugno 2020 e l’evoluzione del parametro in alcuni giorni di aprile e maggio.
Come possiamo vedere, la probabilità pre-test varia sia nel corso del tempo che nelle varie zone, cosa di cui dobbiamo tener conto nelle nostre valutazioni. Inoltre, la stima che abbiamo ottenuto è probabilmente sottostimata, in quanto tra i “casi testati” ci sono anche i numerosi pazienti asintomatici sottoposti al tampone, per esempio, in previsione di un ricovero ospedaliero.
Il limite principale di questa strategia è che si basa sul presupposto che tutti i pazienti siano uguali, un assunto chiaramente falso. Qualsiasi probabilità pre-test deve essere il più possibile “modellata” sulle caratteristiche di chi abbiamo davanti, possibilmente sulla base di elementi ricavabili dall’anamnesi e dall’esame obiettivo.
Strategia 2: differenziare COVID-19 e non-COVID-19
Sono stati pubblicati due lavori principali volti a individuare i fattori che possono contribuire a discriminare, tra i pazienti sospetti, coloro che effettivamente presentano la patologia (l’outcome di riferimento è la positività del tampone naso-orofaringeo) (1, 2). Nella tabella 3 sono riportati i risultati.
Come abbiamo imparato durante l’epidemia, alcuni elementi come il contatto con pazienti affetti, la linfopenia, l’associarsi di disturbi gastrointestinali sono piuttosto caratteristici dei pazienti COVID-19 e devono aumentare il nostro sospetto sulla potenziale presenza della malattia. A partire da questi dati, sarebbe utile uno strumento che ci permettesse di combinare questi elementi insieme, permettendoci di formulare delle predizioni ad hoc, un po’ come succede con lo score di Wells per l’embolia polmonare.
Strategia 3: un profilo di rischio “su misura”
A questo proposito, ci viene in aiuto il report del primo (a mia conoscenza) di questi strumenti (un lavoro precedente, disponibile su MedRXiv, presenta eccessivi limiti metodologici) (3).
Gli autori dello studio si sono posti come obiettivo quello di definire uno score per stimare la probabilità di un soggetto di essere affetto da COVID-19 all’arrivo in ospedale, ovvero di avere un tampone naso/orofaringeo positivo.
Lo studio si articola nelle due fasi di derivazione e di validazione. Nella prima sono stati arruolati 103 pazienti con una prevalenza di malattia del 48,5% con un’età mediana di 53 anni. Mediante l’impiego della regressione logistica sono stati individuati 5 variabili predittive della diagnosi, riportate nella tabella 4. Utilizzando i coefficienti di regressione ottenuti dalla regressione logistica, è stato associato a ciascuna variabile predittiva un punteggio.
Lo score è stato dunque applicato alla popolazione di derivazione dimostrando un notevole capacità di discriminare tra pazienti con tampone negativo e tampone positivo (AUROC 0,89) e una buona calibrazione, ovvero una buona capacità di stimare il rischio.
Questo studio è molto interessante perché a mia conoscenza è il primo che affronta il problema di una corretta stratificazione diagnostica nei pazienti con COVID-19. Gli Autori hanno tutta la mia ammirazione per essere riusciti a portare avanti un progetto di questo tipo nel corso di settimane veramente impegnative!
Ci sono però alcuni limiti che non possono essere taciuti: l’impiego del solo tampone come standard di riferimento per la diagnosi è subottimale, considerando le stime di sensibilità presenti in letteratura; un’alternativa sarebbe potuta essere quella di impiegare la diagnosi alla dimissione, in modo tale da intercettare anche i pazienti con tamponi negativi ma con quadro clinico e/o di imaging altamente suggestivo.
Ma il limite più grande, in parte da correlare al fatto che i risultati vengono presentati come una lettera a una rivista, è la presentazione dei risultati, decisamente sintetica. Sarebbe stato utile la suddivisione almeno in 3 gruppi di rischio: basso, intermedio (zona grigia) e alto, con le relative probabilità pre-test di malattia. Qualcosa di simile è stato fatto indicando che per punteggi superiori a 5 il potere predittivo positivo è pari al 100%, ovvero la diagnosi di COVID-19 è certa. Allo stesso modo, viene segnalato che la soglia di -3 ha un potere predittivo negativo del 100%, indicando che per valori inferiori la diagnosi può essere esclusa. Inoltre sarebbe stato interessante sapere quanti pazienti ricadevano nelle singole classi di rischio.
Possibili implicazioni della mancata considerazione della probabilità pre-test nella valutazione del paziente con sospetto COVID-19
Quali sono le possibili conseguenze di non prendere in considerazione la probabilità pre-test? Per rispondere a questo quesito prenderemo in considerazione due situazioni “estreme”, legate a un’eccessiva sotto- o sovrastima del rischio.
Alcuni problemi possono emergere qualora si decida di utilizzare esami molto sensibili per escludere con ulteriore certezza la malattia in pazienti che presentano una probabilità pre-test già molto bassa. Nella tabella 5 è riportato un’esempio che si basa sulla stima della probabiltà pre-test in Italia il 4 giugno 2020 e i valori di accuratezza diagnostica per la TC torace ad alta risoluzione riportati da Kim e colleghi (4).
Data la bassa specificità, il numero di falsi positivi sarà elevato, costituendo il 99% di tutti gli esami positivi (6262 su 6318 nel nostro caso). Siamo incappati nella cosiddetta fallacia della frequenza iniziale (Base rate fallacy). Una potenziale conseguenza potrebbe essere che un paziente a basso rischio venga considerato “grigio” e collocato in area di trattamento inadeguata. Inoltre, ipotesi diagnostiche alternative potrebbe essere scartate prematuramente.
Al contrario, anche riporre un’eccessiva fiducia in esami diagnostici poco sensibili, come si è rivelata essere la PCR su tampone oro/rinofaringeo, per escludere la malattia in pazienti con probabilità pre-test rilevanti potrebbe avere conseguenze negative. Come prima, facciamo un esempio. Immaginiamo di avere un paziente con una probabilità pre-test piuttosto alta (circa 80%) in quanto leucopenico, con PCR elevata, febbre e tosse da 10 giorni. Supponiamo che venga sottoposto alla RT-PCR su campione oro/nasofaringeo, la cui sensibilità può essere stimata pari a circa il 70% (come riportato anche recentemente dal NEJM). La specificità la poniamo al 100%, ipotizzando che in pazienti con sintomi suggestivi, un tampone positivo sia diagnostico per COVID-19.
In questo caso, sempre applicando il teorema di Bayes, in caso di tampone negativo, otterremo una probabilità post-test del 54%, sicuramente troppo alta per escludere la malattia. Ricoverare il paziente a un’area di trattamento “pulita” potrebbe avere delle ripercussioni negative sia sugli altri pazienti ricoverati che sul personale curante.
Per mitigare le conseguenze di queste situazioni, la gestione dei pazienti con tampone negativo dovrebbe comunque basarsi sulla massima aderenza alle procedure di contenimento delle infezioni ospedaliere (con igiene frequente della mani, utilizzo dei DPI appropriati, mantenimento di un distanziamento quanto più possibile adeguato, sanificazione ambientale), al miglioramento della performance nell’esecuzione dei tamponi (5) e all’integrazione di eventuali ulteriori strategie diagnostiche (ripetizione del tampone, esecuzione di diversi tamponi contemporaneamente, il ricorso all’imaging).
Biblografia
- Mao B, Liu Y, Chai Y-H, et al. Assessing risk factors for SARS-CoV-2 infection in patients presenting with symptoms in Shanghai, China: a multicentre, observational cohort study. Lancet Digital Health 2020; 2: e323–30. Link
- Sun Y, Koh V, Marimuthu K, et al. Epidemiological and Clinical Predictors of COVID-19. Clin Infect Dis 2020 Mar 25;ciaa322. doi: 10.1093/cid/ciaa322. Online ahead of print. Link
- Borghetti A, Ciccullo A, Paratore M, et al. Derivation and validation of a scoring system to assess pre-test probability of being COVID-19 positive. J Infect 2020 May 27;S0163-4453(20)30321-2. doi: 10.1016/j.jinf.2020.05.044. Online ahead of print. Link
- Kim H, Hong H, Yoon SH. Diagnostic Performance of CT and Reverse Transcriptase-Polymerase Chain Reaction for Coronavirus Disease 2019: A Meta-Analysis. Radiology 2020 Apr 17;201343. doi: 10.1148/radiol.2020201343. Online ahead of print. Link
- West CP, Montori VM, Sampathkumar P. COVID-19 Testing: The Threat of False-Negative Results. Mayo Clin Proc 2020;95(6):1127-1129. doi: 10.1016/j.mayocp.2020.04.004. Epub 2020 Apr 11. Link