Mario ha 80 anni e vive in una casa di riposo. Dal mattino ha iniziato ad avere febbre con brivido e malessere generale per cui è stato inviato in pronto soccorso. Al suo arrivo, la pressione è 100/60, la temperatura corporea 38,3°C e la saturazione 90%.la frequenza cardiaca 90 min e quella respiratoria 20. La cute e le mucose disidratate. “Non mi piace,secondo me è settico” dice l’infermiera che lo ha accettato in triage, “lo metto in area rossa…” E’ sufficiente l’impressione clinica per iniziare un trattamento aggressivo di un paziente come questo o è meglio aspettare gli esami di laboratorio per vedere se vengano rispettati i criteri diagnostici di una SIRS?
E’ un fatto assodato che un rapido riconoscimento di una sepsi ne migliori la sopravvivenza attraverso un inizio precoce della terapia. I criteri diagnostici abitualmente utilizzati per la diagnosi prevedono tra l’altro l’uso della conta dei leucociti, il che richiede comunque del tempo e potrebbe quindi ritardare l’inizio di un adeguato trattamento. E’ stato pubblicato su European Journal of Emergency Medicine uno studio mirato a verificare l’ipotesi che la sola impressione clinica al letto del paziente possa guidarci verso una diagnosi affidabile e un precoce trattamento The value of the clinical impression in recognizing and treating sepsis patients in the emergency department.
Lo studio
E’ stato condotto uno studio prospettico osservazionale nel periodo compreso tra giugno e agosto 2010 presso il dipartimento di emergenza dell’ospedale di Groningen in Olanda su pazienti di età superiore o uguale ai 18 anni presentatisi con il sospetto di infezione o sepsi,con l’obiettivo di valutare se uno score basato sull’impressione clinica eseguito da diversi operatori sanitari:
– rappresentasse un buon predittore della severità della sepsi
– correlasse con il trattamento effettuato in pronto soccorso
– consentisse una concordanza diagnostica tra infermieri, specializzandi (residents) e medici strutturati ( attending physicians).
In ogni paziente valutato in una fascia oraria compresa tra le 8 e le 23 in cui fosse presente almeno uno dei criteri riconducibili a una diagnosi di SIRS gli operatori sopracitati assegnavano, in maniera indipendente, un punteggio di impressione clinica della gravità della sepsi. Il punteggio dello score variava da 1 ( paziente non ammalato ) a 10 ( estremamente ammalato). Successivamente i medici raccoglievamo l’anamnesi ed eseguivano l’esame obiettivo e venivano eseguiti ulteriori test in base al quadro clinico, tra cui la conta leucocitaria, rappresentando quest’ultima insieme a frequenza cardiaca e respiratoria e pressione arteriosa il 4° segno utile alla diagnosi di SIRS. Vennero inoltre registrati il tempo e la quantità di somministrazione di antibiotici, liquidi e ossigeno.
Risultati
Sono stati inclusi 123 pazienti con sepsi e 11 pazienti con sospetta infezione con almeno un criterio diagnostico per la SIRS.
– Gli score dei diversi operatori aumentavano progressivamente in modo significativo nei pazienti con infezione senza sepsi, nella sepsi lieve e in quella severa.
– La concordanza tra i diversi operatori andava da moderata a buona, quest’ultima raggiunta quando venivano comparati attendigs e residents.
– Lo score sull’impressione clinica concordava poi con il timing della somministrazione di antibiotici, (R = – 0.33, P =0.001), della quantità di liquidi (R= 0.61–0.64, Pr0.001), e di ossigeno (R= 0.58–0.63, Pr0.001).
Conclusioni
Gli autori concludono che l’impressione clinica derivata da un semplice score correla con la gravità della sepsi e vi è inoltre concordanza tra i diversi operatori sanitari che hanno valutato il paziente, conseguentemente anche il trattamento viene influenzato positivamente dall’utilizzo di questo score.
Limitazioni
Esistono ovviamente alcune limitazioni sottolineate nell’articolo stesso.
– Sono stati studiati solo pazienti con sospetto di infezione e non altri magari con presentazioni diverse che alla fine risultano essere affetti da questo quadro clinico.
– In alcuni casi lo score assegnato al paziente non si basava solo sui parametri vitali e impressione clinica ma anche su qualche dato aggiuntivo fornito ad esempio dai medici di famiglia.
– I singoli operatori non hanno ricevuto una formazione specifica e quindi una parte non secondaria della loro valutazione può dipendere dalla loro esperienza personale.
Commento personale
Sono convinto che la maggioranza di noi commenterebbe questo lavoro come la scoperta dell’acqua calda. Sappiamo bene che nel nostro lavoro quotidiano siamo in grado di elaborare informazioni che spesso non sono dei meri dati numerici. L’occhio clinico o impressione clinica che dir si voglia è una realtà “scientifica”, tantè che viene equiparata ai validati score pre-test dell’embolia polmonare. Un’ abilità che si affina con il tempo e di cui siamo dotati in maniera differente e che cambia, inutile negarlo, a seconda della nostra performance del momento. Non deve stupire poi che vi sia una maggiore concordanza tra medici strutturati e specializzandi piuttosto che tra queste categorie di operatori e gli infermieri, in quanto i primi condividono percorsi logici ed un’educazione scientifica comuni. Questo non vuol dire però che siano più bravi nell’identificare un paziente critico. Conosco un OSS che ha salvato più vite di tanti medici , semplicemente segnalando quando un paziente era,o stava per diventare instabile, un “dono” che non tutti hanno. Pregio di questo lavoro comunque è quello di aver cercato di mettere in numeri quanto tutti quanti noi sapevano o davamo per scontato.