Consegna della domenica pomeriggio : “c’è poi Amilcare, ha 80 anni , iperteso, senza altri problemi rilevanti di salute; era in chiesa ed ha avuto una sincope… ho chiesto il D dimero che è risultato positivo e adesso sta aspettando di fare la TAC del torace, non vorrei avesse una TEP. Hai letto l’articolo del New England su sincope ed embolia polmonare?”
Certo che l’ho letto. Sia nella FOAM, che sulla stampa non specializzata, non si parla d’altro che dello studio PESIT
Lo studio in estrema sintesi
- 2584 pazienti con un primo episodio sincopale sono stati valutati in 11 dipartimenti di emergenza italiani
- Il 72% di questi pazienti sono stati dimessi sulla base di una valutazione clinica in pronto soccorso.
- 717 pazienti sono stati ricoverati in ospedale per:
- trauma relativi a cadute
- gravi condizioni coesistenti
- impossibilità di individuare una spiegazione per la sincope
- alta probabilità di sincope cardiaca in base al punteggio EGSYS
- Di questi pazienti ammessi al ospedale, un altro 157 sono stati esclusi per le seguenti ragioni:
- 118 sono stati sottoposti a terapia anticoagulante
- 82 avevano fibrillazione atriale
- 35 avevano sincopi ricorrenti
- 4 rifiutato di partecipare
- 36 per altri motivi
- i residui 560 pazienti ricoverati sono stati poi tutti valutati per embolia polmonare utilizzando un algoritmo che prevedeva l’uso del D Dimero e dello score di Wells semplificato
- Sulla base di questo algoritmo, di questi 560 pazienti 230 sono stati considerati eligibili per la TAC o la scintigrafia polmonare
- L’embolia polmonare fu diagnosticata in 97 (42,2%) su 230 con una prevalenza del 17,3%
Le conclusioni degli autori sono state che nei pazienti ospedalizzati per un primo episodio sincopale quasi 1/6 aveva l’embolia polmonare
Ovviamente a prima vista questi dati sono piuttosto impressionanti e ci dovrebbero indurre ad essere molto più liberali nel sospettare l’embolia polmonare in pazienti ricoverati per sincope. E’ però pericoloso, come dicono gli anglosassoni giudicare il libro dalla sua copertina, l’equivalente del nostro l’abito non fa il monaco.
Diverse sono le osservazioni da fare a questo lavoro e alle sue possibili implicazioni cliniche, anche mutuate dai diversi post pubblicati sull’argomento.
Cominciamo:
- lo studio riguarda una popolazione anziana età media 80 anni ricoverata in ospedale e non i pazienti che afferiscono in pronto soccorso. Infatti se consideriamo tutti i casi di sincope valutati in DEA le parcentuali cambiano in modo considerevole, non 97/230 (42.2%) ma 97/2427 (3.9%)
- In diversi osservano che in un numero considerevole di pazienti erano presenti segni e sintomi sospetti per malattia tromboembolica già in pronto soccorso, una diagnosi in quella sede avrebbe inciso sull’analisi statistica come sostenuto da Ryan Radecki
- La diagnostica per immagini è stata eseguita sino a 48 ore dall’ammissione in ospedale. In pazienti immobilizzati un tempo suffciente per dare origine a complicanze tronboemboliche
- Nello studio di Prandoni e collaboratori la ricerca della causa della sincope non era obbligatoria, ma lasciata al giudizio dei ricercatori, questo potrebbe avere sottostimato cause di sincope diverse dall’embolia polmonare
- Come enfatizzato da molti, il cut-off del D Dimero non è stato aggiustato per l’età, in questo modo è possibile che una quota considerevole ( circa un 20%) abbia eseguito una diagnostica per immagini non necessaria – link.
- Possiamo considerare il riscontro di trombi all’interno di vasi arteriosi polmonari segmentari o subsegmentari come causa di una sincope? Dobbiamo di conseguenza trattarli? Riguardo a questo punto sappiamo che più che il numero o la quantità di trombi sia importante la loro localizzazione – link Questo collegamento pare quanto meno azzardato.
Considerazioni personali
Noi tutti siamo alla ricerca di schemi e semplificazioni che rendano il nostro lavoro più fluido e veloce, sempre nell’interesse del paziente. Talora questo però non è un bene. Penso sia assai rischioso inserire la TAC o la scintigrafia polmonare di routine nel workup dei pazienti con sincope e non credo faccia il bene dei nostri pazienti. Un uso oculato del ragionamento clinico e del buon senso vale molto più di tanti test.
Il quick take pubblicato sul New England a corollario dell’articolo trovo sia, in questo senso, pericoloso e fuorviante .
Sottoscrivo appieno quindi le parole che ha scritto Rory Spiegel su EMCrit/EMnerd sull’argomento: “We have chased the ghost of Pulmonary Embolism far beyond the reaches of good clinical practice. And this quixotic quest has left a path of over-diagnosis and unnecessary treatments in its wake. At some point someone has to stop this madness. I offer that time is here and now.”
Inseguire la diagnosi di embolia polmonare ad ogni costo, non solo non è utile, ma può essere dannoso.
Caro Carlo, Rory Spiegel e tu avete detto già tutto.
Grazie
Grazie a te Francesco, del feedback positivo.
Penso che trovare un D Dimero aumentato e’ molto piu’frequente di quanto si pensi . L’aumento di quanto diventa significativo? Vale la regola del valore max normale triplicato ? Oppure e’ il nostro istinto a farci desistere o ad approfondire l’indagine! Non mi sembrano soluzioni esaustive e non so trovarne altre.
Aurelia, grazie del tuo commento. Per quanto mi è dato di sapere il D Dimero è positivo quando supera la soglia di normalità, che dovrebbe essere diversa nel paziente adulto ed in quello anziano. Personalmente credo che sia molto più rilevante stabilire quando effettuare il test che non discutere sul suo cut-off.
Caro Carlo, grazie per questo articolo oserei direi doveroso! Conosco alcuni degli autori di questo studio, e guardando il periodo in cui sono stati reclutati i pazienti qualcuna di quelle “embolie sincopate” la devo aver ricoverata anch’io. Penso che il punto fondamentale nell’interpretare i risultati sia considerare che si tratta già in partenza di una popolazione di anziani con una sincope ad alto rischio, tale da far propendere il medico di PS per il ricovero, scelta non comune nella gestione della sincope. Impossibile pertanto generalizzare alla popolazione che vediamo nei nostri PS. Tuttavia pur non volendo fare l’avvocato del diavolo, dopo aver letto l’articolo mi sento di dire che gli autori in primis non esprimono nessun messaggio relativo alla gestione in PS. Lo stesso non si può dire dei “media” del mondo sanitario che, NEJM e Medscape in testa, hanno preferito titoli di stampo sensazionalistico degni dei quotidiani nazionali. L’ho personalmente trovato inquietante, ed un segno tangibile dell’importanza della FOAMed nel propugnare un’analisi critica di quanto proposto dalla letteratura.
Giacomo, grazie del tuo commento e delle tue osservazioni su cui concordo pienamente. Come hai sottolineato è importante tenere a mente che lo studio non è stato condotto in pS, ma, lo sai, generalizzare è la cosa che sappiamo fare meglio.
Personalmente penso che l’ Ecografo sia di gran lunga superiore rispetto ai vari score.
Sarebbe stato interessante chiedere un’ Ecocardio prima di ogni TAC e sono sicuro che si sarebbero risparmiati un sacco di ulteriori esami.
Un ulteriore punto interessante che alla fine è anche il fine ultimo è: quali trattiamo? un embolia submassiva come viene gestita?
Un saluto e grazie del contributo
Ivan, grazie del commento.
L’ecografo è sicuramente importante, ma credo sia solo uno degli strumenti a nostra disposizione. Non vi è dubbio che in questi frangenti aiuti, ma non dimentichiamoci peròil setting in cui lo studio è stato eseguito che non è il pronto soccorso.