Il magnesio solfato è un gran farmaco. Può essere utilizzato in diverse situazioni cliniche: dall’asma severo alla torsione di punta, dall’eclampsia al trattamento di alcune forme di avvelenamento causate dalla puntura di alcuni tipi di medusa come la Chironex fleckeri o Carukia barnesi che è responsabile della Irukandji syndrome. Queste due ultime situazioni cliniche, a dire il vero, difficilmente riscontrabili a meno di non andare in Australia o in Nuova Zelanda.
Tra le altre possibili opzioni terapeutiche, il solfato di magnesio è stato utilizzato come neuroprotettore nei pazienti con emorragia subaracnoidea, nella profilassi della cosiddetta sindrome ischemica ritardata che compare entro due settimane dall’evento emorragico. Si caratterizza per:
– comparsa di deficit neurologici focali
– peggioramento di più di due punti della scala di Glasgow
– comparsa di un infarto cerebrale non in relazione ad altre cause o al trattamento dell’aneurisma.
Alla sindrome ischemica si deve gran parte della morbidità e della mortalità per emorragia subaracnoidea che da ragione di un 27-44% di decessi ad 1 mese e di una quota pari al 10% di pazienti non più in grado di vivere autonomamente.
I primi dati, sebbene alcuni costituiti da piccoli campioni di pazienti, sembravano deporre per un suo effetto favorevole.
In una revisione Cochrane del 2008 Calcium antagonists for aneurysmal subarachnoid haemorrhage, veniva sottolineato che il solfato di magnesio era un farmaco promettente, ma che era necessaria una maggiore evidenza prima che potesse essere considerato un trattamento standard in questa popolazione di pazienti.
Il presupposto teorico del suo utilizzo derivava dalla sua capacità di agire come vasodilatatore non interferendo con i canali del calcio e non entrando quindi in competizione con l’altro farmaco abitualmente usato con questo scopo: la nimodipina.
E’ stato così condotto uno studio randomizzato in doppio cieco: Magnesium for aneurysmal subarachnoid haemorrhage (MASH-2): a randomised placebo-controlled trial, appena pubblicato on line su Lancet
Lo studio
1204 pazienti ricoverati in ospedale tra l’aprile 2004 e settembre 2011 a causa di un’emorragia subaracnoidea su base aneurismatica, di età superiore a 18 anni, sono stati randomizzati, entro 4 giorni dall’evento emorragico, a ricevere una dose fissa di solfato di magnesio endovena pari a 64 mmol die o placebo.
Il solfato di magnesio è stato somministrato in infusione endovenosa continua per 20 giorni o sino alla dimissione o al decesso, se avvenuti più precocemente
A tutti i pazienti veniva inoltre somministrata nimodipina alla dose di 360 mg die per os.
Criteri di esclusione sono stati:
– età inferiore a 18 anni
– insufficienza renale ( valori di creatininemia superiori a 150 μmol/L)
– peso < 50 kg
– morte imminente
Lo studio è stato condotto in 8 centri, 6 in Olanda. 1 in Chile e 1 in Scozia.
Gli autori, inoltre, hanno incorporato il loro studio in una metanalisi aggiornata di precedenti trials per complessivi 2047 pazienti in 7 studi.
Obiettivi
Obiettivi primari dello studio sono stati la dipendenza ( definita come una scala di Rankin modificata pari a 4 0 5) o la morte, a tre mesi dall’evento emorragico.
Risultati
In 158 pazienti su 604 del gruppo magnesio solfato ebbero un outcome sfavorevole (26,2%) rispetto ai 151 su 596 del gruppo placebo (25,3%). Un’ analisi dei sottogruppi ha inoltre evidenziato che i risultati erano indipendenti da: età, sesso, tipo di presentazione all’ingresso ( buona o cattiva), diversi metodi di trattamento dell’aneurisma, la somministrazione addizionale o meno di magnesio all’arrivo per correggere l’ipomagnesemia.
Conclusioni
L’uso di solfato di magnesio nei pazienti con emorragia subaracnoidea conseguente alla rottura di un aneurisma non migliora l’outcome e quindi il suo uso routinario non è raccomandato.
Limitazioni
Come sottolineato dall’editoriale di accompagnamento, lo studio ha alcune limitazioni; in particolare non ha considerato la severità radiologica, e quella sistemica generale entrambi riconosciuti come determinanti dal punto di vista prognostico, ma sopratutto non ha analizzato come il solfato di magnesio possa realmente influire sulla sindrome neurologica ritardata.
Pur con queste osservazioni, gli autori dell’editoriale concordano con le conclusioni dell’articolo.
Commento
Come medico di pronto soccorso di un ospedale senza neurochirurgia, l’esperienza di questi pazienti si limita alla fase diagnostica ed alle prime cure. Sono ovviamente molto interessato a sentire esperienze ed opinioni di chi si occupa di questi pazienti con maggiore continuità.
Ciao Carlo ,io ti volevo chiedere ,visto che non ho esperienza con il solfato di magnesio,è un farmaco tranquillo?? Ha effetti avversi ??oltre alla torsione di punta in quale altre situazioni può essere somministrato con tranquillità ?? Grazie per il tuo grande contributo in questo blog per noi essenziale ciao a presto.
Ciao Massimo e grazie del tuo commento. Come puoi leggere nella scheda tecnica del farmaco http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Magnesio_Solfato.asp#axzz39yPON0jc igli effetti collaterali più imporatnti sono la bradicardia e l’ipotensione; per questo motivo è bene somministralo lentamente in alcuni minuti e non a bolo. Come puoi leggere all’inizio del post può essere utilizzato in diverse altre situazioni cliniche oltre alla torsione di punta, sebbene alcune come l’asma, nonostante incluso in diverse linee guida internazionali, non siano menzionate in scheda tecnica.
Graziee complimenti per il blog molto interessante e importantissimo per noi dell emergenza sanitaria.grazie per esserci!
Grazie degli apprezzamenti e di contribuire alla discussione sul blog.