Sindrome compartimentale – questa sconosciuta
Definizione
I gruppi muscolari degli arti umani sono divisi in compartimenti, separati da resistenti membrane fasciali indistensibili. Una sindrome compartimentale (ACS – acute compartment syndrome) compare quando una aumentata pressione dentro un compartimento miofasciale compromette la circolazione e conduce ad una ischemia tessutale, determinando un danno ed una perdita di funzione dei tessuti (muscoli e nervi) dentro quello spazio.
La sindrome compartimentale si può manifestare acutamente, spesso dopo un trauma, o, più raramente, come forma cronica (in atleti). La forma acuta rappresenta una vera devastante emergenza chirurgica tempo dipendente, che conduce ad una significativa mortalità, morbidità e disabilità se non rapidamente identificata e trattata.

Mohamed tutto troppo

La storia di Mohamed è la storia di un rider troppo invisibile, rimasto troppo a lungo sdraiato a terra sul suo braccio destro. Per troppo tempo nessuno si è accorto della sua assenza. Troppo gonfio sembrava essere il suo avambraccio e la sua mano destra all’arrivo in Pronto Soccorso. Troppo edema e tuttavia nessun dolore, a sottolineare forse un danno tessutale troppo grosso per essere contenuto da quelle fasce muscolari. Il tutto accompagnato ad un quesito amletiano, forse troppo grosso per poter rispondere con certezza: tagliare o non tagliare?

Patofisiologia
Il sentiero finale comune della sindrome compartimentale è la anossia cellulare dovuta alla ischemia locale determinata dalla riduzione del flusso sanguineo determinato dall’incremento della pressione compartimentale, flusso che non può soddisfare le richieste metaboliche del tessuto in questione. Il danno che si viene a creare determina ulteriore edema che contribuisce al crearsi di un pericoloso circolo vizioso. La necrosi può verificarsi rapidamente: uno studio suggerisce che in un terzo dei casi si sviluppa necrosi a partire già dalla terza ora successiva al trauma, diventando irreversibile oltre la 12° ora.

La pressione fasciale responsabile della compromissione della perfusione locale è solitamente e generalmente un valore prossimo alla pressione diastolica del soggetto in esame.
Fattori di rischio

Qualsiasi processo patologico che determini edema ed incrementa il volume dei fluidi dentro un compartimento o che comprima o riduca la sua capacità di espansione, in sostanza che determini un incremento della pressione dentro un compartimento muscolare che supera la pressione di perfusione di quel tessuto compromette la funzionalità del microcircolo e può, pertanto, determinare l’instaurarsi di una sindrome compartimentale; le fasce sono strutture relativamente indistensibili che circondano il muscolo. La figura sottostante riporta i principali compartimenti muscolari.

La sindrome compartimentale si può verificare in qualsiasi distretto anatomico definito da membrane fasciali. I siti più frequenti sono la gamba (compartimento anteriore tibiale) e l’avambraccio (compartimento volare), meno frequentemente il piede (compartimento interosseo e calcaneale), la mano (compartimento interesso), la coscia (compartimento anteriore), la regione glutea, il braccio (compartimento anteriore); tuttavia è importante ricordare come anche il torace, l’addome e l’orbita possono esserne interessati.
Fattori di rischio per tale condizione sono:
- Traumi severi: soprattutto crush injury, traumi penetranti, fratture delle ossa lunga (in particolare modo la diafisi tibiale, radio distale; ricordati che una frattura esposta non esclude una sindrome compartimentale) ma anche ustioni, morsi, punture e bendaggi/stecce/ingessature costrittivi. L’ACS si manifesta solitamente entro le 24-48 ore dall’incidente ma la sua comparsa può verificarsi anche fino ad alcuni giorni di distanza;
- Ischemia prolungata a livello delle estremità con riperfusione (danno ischemia riperfusione)
- Rabdomiolisi / prolungata compressione degli arti
- Prolungata immobilizzazione
- Fluid resuscitation massiva
- Miositi / mionecrosi / danno da stravaso di terapia endovenosa o sostanze voluttuarie / infezione dei tessuti molli / emorragie

La ACS è maggiormente comune al di sotto dei 35 anni e maggiormente nella popolazione di sesso maschile, dovuto alle strutture fasciali più robuste, alla presenza di una aumentata massa muscolare e spesso al coinvolgimento in incidenti ad alta dinamica.
Quadro clinico
L’esame fisico ha scarsa accuratezza per la identificazione di una sindrome compartimentale acuta: qualsiasi compartimento muscolare dolente e teso può rappresentare una sindrome compartimentale.

Nei pazienti a rischio è spesso fondamentale una valutazione mirata seriata, anche perchè i riscontri iniziali sono spesso subdoli. La diagnosi ovviamente è ancora più complicata nei pazienti con alterato stato mentale, nei pazienti severamente traumatizzati e negli anziani, dove i pazienti possono non essere in grado di riferire i sintomi o la presentazione può essere misinterpretata.

I segni e sintomi generalmente compaiono in maniera stepwise, sebbene l’ordine e le tempistiche della comparsa delle diverse caratteristiche cliniche non sono specifiche. Le caratteristiche cliniche più importanti sono:
- Intenso precoce dolore a livello del compartimento interessato: tipicamente il dolore è “out of proportion” rispetto all’apparente danno; spesso il paziente lo riferisce come un bruciore estremamente intenso e profondo che peggiora con il movimento passivo muscolare nel compartimento interessato; il dolore può essere assente negli stadi tardivi della patologia;
- Compartimento interessato edematoso, teso, dolente e duro, sempre da valutare rispetto al controlaterale;
- Reperti neurovascolari (deficit motori e sensitivi, tipicamente compaiono prima i secondi) specifiche del segmento corporeo interessato (debolezza muscolare fino alla paralisi, ipoestesia ed alterazioni della sensibilità e della motilità, pallore ed assenza di polsi arteriosi); possibile il riscontro delle classiche 5 P tipiche della insufficienza arteriosa (pain, pallor, pulselessness, paresihesias, poikolothermia). I deficit motori sono riscontri tardivi, spesso associati a danno nervoso e muscolare irreversibile;
- Rapida evoluzione del quadro clinico con progressione e peggioramento in poche ore, con aumento rapido e disproporzionato del diametro e delle dimensioni delle estremità interessata.
Una sindrome compartimentale non trattata adeguatamente può condurre a contratture muscolari, deficit della sensibilità, sindrome algiche croniche, debolezza muscolare fino a complete paralisi, infezioni con un rischio tangibile di amputazioni, rabdomiolisi, insufficienza renale, disabilità permanente e morte. La rabdomiolisi che occorre con la ischemia muscolare può determinare mioglobinuria ed insufficienza renale acuta richiedente dialisi. La mortalità associata alla sindrome compartimentale acuta è circa del 15%. Il più importante determinante di un cattivo outcome è rappresentato dalla mancata o ritardata diagnosi.
Il laboratorio – questo inutile?

La Sindrome Compartimentale Acuta è diagnosticata sulla base di riscontri clinici in paziente a rischio con una conferma non necessaria ma assolutamente consigliata tramite la misurazione della pressione intrafasciale. I valori degli esami ematici non sono utilizzati per la diagnosi.
Tuttavia importanti caratteri (diagnostici e) prognostici sono rappresentati dalla evidenza di rabdomiolisi (CK > 30.000 Unità) con iperpotassiemia, acidosi metabolica e di danno renale acuto (Acute Kidney Injury – AKI).
Misure iniziali di contenimento

Il tentativo iniziale risiede nel normalizzare la perfusione delle estremità e scaricare la pressione esterna sul compartimento: qualsiasi medicazione, gesso, bendaggio deve essere rimosso; in caso di ustioni circonferenziali deve essere eseguita una escaratomia; in caso di frattura scomposta è necessaria la riduzione per cercare di ridurre l’edema; la estremità interessata deve essere posizionato ad altezza cuore per evitare riduzioni gravitazioni del flusso arterioso o aumenti della pressione da edema da stasi. Bisogna cercare di evitare l’ipossia e l’ipotensione perchè queste accentuano l’ischemia locale. Se gli analgesici non sono necessari significa che il danno tessutale spesso è irreversibile. E’ necessario evitare l’analgesia con blocchi anestetici loco-regionali per l’impossibilità al monitoraggio dei sintomi dei pazienti.

Misura la pressione intrafasciale (PIF)

Dato l’inacuratezza della diagnosi clinica di sindrome compartimentale, la misurazione della pressione intrafasciale può diventare fondamentale per una sua corretta identificazione. Tale misurazione è di semplice attuazione senza comportare complicanze maggiori.

La letteratura riporta differenti metodi di misurazione: il manometro ad ago, il metodo Whitesides, lo Stryker device, la tecnica con catetere wick o slit, il STC (solid-state transducer intracompartimental catheter) device. Il modo probabilmente più semplice per tale misurazione è rappresentato da un ago 18 Gauge attaccato ad un trasduttore di pressione (come quello della linea arteriosa).
Qualsiasi tecnica sia usata, l’accuratezza dipende non tanto dal tipo ma dalla appropriata calibratura del device di misurazione e dal corretto posizionamento (nel compartimento fasciale interessato, entro 5 cm dal sito di lesione o dal punto di maggior edema) nei tessuti lesi dell’ago o del sensore di pressione.
Nel caso di sospetto clinico è fondamentale non solo un semplice valore assoluto ma un monitoraggio periodico della PIF.
La normale pressione in un compartimento tessutale in un adulto è 8 – 10 mmHg, in un bambino 10 – 15 mmHg; tuttavia le caratteristiche cliniche della sindrome compartimentale dipendono anche dalle pressioni sistemiche del paziente. Approssimativamente, il dolore si sviluppa se le pressioni tessutali raggiungono i 20 – 30 mmHg; la riduzione del flusso capillare si manifesta quando la pressione nei tessuti inizia a pareggiare quella media.
In letteratura c’è stato e c’è un interessante dibattito sulla soglia critica per eseguire la fasciotomia in una sospetta ACS e sulla necessità di utilizzare un valore assoluto o un valore differenziale fra la pressione del compartimento in oggetto e le pressioni sistemiche del paziente. E’ infatti vero come una stessa pressione compartimentale determini differenti conseguenze in pazienti diversi ed in siti diversi.
Per fornire un numero, la letteratura suggerisce che una differenza di 30 mmHg o minore fra la pressione diastolica del paziente e la pressione fasciale sia la soglia per diagnosticare una sindrome compartimentale acuta.

E’ comunque fondamentale enfatizzare l’importanza di controlli seriati e del trend di tali valori: un trend in riduzione giustifica un atteggiamento conservativo; un valore basso misurato precocemente in un paziente ad alto rischio non esclude una eventuale successiva comparsa della sindrome. Alcuni autori suggeriscono un monitoraggio della PIF in continuo.
IL Più IMPORTANTE ASPETTO PER LA DIAGNOSI è MANTENERE UN ALTO INDICE DI SOSPETTO FRA I PAZIENTI A RISCHIO.

Fra Moglie e Marito bisogna mettere il dito
La sindrome compartimentale rimane in quella terra un pò di nessuno. Non è spesso dell’ortopedico ma neanche del chirurgo vascolare e non del tutto del chirurgo plastico, con l’urgentista che chiede e spesso non sa a chi dare ascolto. Come se poi i pazienti non fossero di tutti e tutti dentro l’ospedale non fossero lì se non per i pazienti. Ma Mohamed, l’afghano, segnato da una vita difficile, non può permettersi scelte diverse da una sola: la migliore.

Eseguire la fasciotomia
La fasciotomia a livello del compartimento interessato è l’unico intervento realmente terapeutico: una sua esecuzione precoce (entro le 4 ore idealmente dalla insorgenza dei sintomi) può salvare l’arto interessato.

Tuttavia Sindrome compartimentale non significa automaticamente fasciotomia. Il timing della sua esecuzione è importante: una sua precoce esecuzione quando indicata si correlano migliori esiti. Esiste una relazione dinamica fra pressioni compartimentali, pressioni del paziente e timing: una pressione fasciale maggiore causa danni più severi e più velocemente al contrario di pressioni compartimentali minori che hanno una finestra terapeutica maggiore.
In sintesi tuttavia possiamo affermare la fasciotomia non è necessaria ma diventa controproducente se eseguita in un tessuto muscolare ormai non vitale.

Le indicazioni sono:
- Alto sospetto clinico
- Un valore soglia di pressione intrafasciale (PIF) 30 mmHg (per alcuni autori 20 mmHg come indicatore assoluto) inferiore rispetto alla pressione diastolica
Le controindicazioni sono:
- Una sindrome compartimentale tardiva stabilita non è verosimile che tragga beneficio da una fasciotomia. Il danno testuale diventa irreversibile fra le 4 e le 8 ore dal momento dell’insorgenza della ischemia tessutale. L’esecuzione della fasciotomia dopo le sei ore aumenta il tasso di infezioni e di amputazioni.In questi casi il compartimento non deve esser aperto e di deve lasciare formare tessuto cicatriziale.
Non finisce tutto qui
Come al solito l’atto chirurgico è solo il primo che precede una gestione medica del paziente, di una sua corretta Resuscitation, di una sua corretta gestione medica e di un suo corretta management delle complicanze (in primis la rabdomiolisi).
L’ossigenoterapia iperbarica (HBO) è stata descritta come potenziale trattamento adiuvante: promuove la vasocostrizione iperossica che può ridurre edema e migliorare l’ossigenazione tessutale e migliorare la sopravvivenza del tessuto ancora vitale.
E Mohamed?
Mohamed ci insegna come siamo costantemente ignoranti e che l’unica arma a nostra disposizione per offrire il migliore dei trattamenti possibili sia l’umiltà e la voglia: l’umiltà di ammetterlo e la voglia di rimediare.

Bibliografia
- www.uptodate.com
- Long B et al. “Evaluation and Management of Acute Compartment Syndrome in the Emergency Department”. J Emerg Med. 2019 Apr;56(4):386-397
- McMillan TE et al. “Diagnosing acute compartment syndrome-where have we got to?”. Int Orthop. 2019 Nov;43(11):2429-2435