“Carlo c’è di nuovo la signora Rita..” Quando i pazienti vengono chiamati per nome dall’infermiere di triage non è mai un buon segno. Di solito o sono pazienti cronici o soggetti ansiosi o peggio pazienti di cui abbiamo capito poco che ritornano per improbabili controlli . La signora Rita è una paziente portatrice di una protesi meccanica aortica che ha subito un’estrazione dentaria e che, sospeso il warfarin, è in trattamento con enoxaparina; purtroppo nonostante i nostri sforzi e quelli dei dentisti,continua a sanguinare . Il sanguinamento non è copioso , ma certo tale da mettere in agitazione la paziente: da qui i numerosi passaggi in DEA
Quello che abitualmente facciamo quando un paziente in terapia anticoagulante deve sottoporsi ad un intervento chirurgico o a una procedura invasiva è sospendere il warfarin e passare alla eparina a basso perso molecolare in genere 5 giorni prima della procedura, quello che gli anglosassoni chiamano “bridging”. Ma questo modo di procedere è suffragato da evidenze scientifiche e va attuato anche per le procedure cosiddette minori come le estrazioni dentarie, l’intervento di catarata, la colonscopia e nei portatori di protesi meccaniche aortiche?
Si è recentemente tenuto a Orlando U.S.A. il meeting annuale dell’American Heart Association e questo tema è stato dibattuto in una delle sessioni: dal titolo “Bridging” anticoagulation may not be necessary in vast majority of patients. Il relatore, Dr Samuel Z Goldhaber, ha messo in guardia dicendo che sebbene questa prassi sia generalmente utilizzata dalla maggior parte dei medici, non trova fondamento in nessun studio controllato e randomizzato; anzi uno dei pochi studi disponibili pubblicato nel 2008 su: Archives of Internal Medicine sottolineava che la sospensione periprocedurale dell’anticoagulante per un periodo uguale o inferiore ai 5 giorni era un comportamento sicuro nei pazienti con rischio tromboembolico basso o intermedio e che , per contro, il “bridging” era gravato da una pesante incidenza di sanguinamenti. e delle complicanze ad essi correlate.
Esistono poi interventi e procedure nei quali non è necessario sospendere l’anticoagulante e che non andrebbero sottoposti al “bridging” Quali sono?
- intervento di cataratta
- detartrasi ed estrazioni dentarie semplici
- colonscopia
- portatori di protesi meccaniche aortiche in assenza di atri fattori di rischio
Questa strategia è condivisa da dentisti , oculisti ed endoscopisti? L’autore sostiene di si, personalmente ho qualche dubbio. In genere nessun chirurgo ama operare un paziente in TAO anche per procedure minori, almeno alle nostre latitudini per quello che è la mia esperienza.
Aggiungendo un commento personale credo sia ragionevole affermare che la gestione di questi pazienti è sempre problematica e non solo quando si tratta di emorragie minori. La valutazione del rapporto rischio trombotico/emorragico è spesso empirica e troppo spesso influenzata da esperienze personali.
Attendendo i risultati del “Bridging study” per non dover dire ancora: “c’è la signora Rita…e adesso che faccio?”
Sull’argomento potete leggere anche:
Emorragia gengivale in un paziente in TAO