Anche da noi la pratica di farsi tatuare il corpo è andata via via diffondendosi. Dopo un’iniziale preoccupazione riguardo alla possibilità che questa pratica fosse un veicolo di infezione, è andata affermandosi l’idea che, fatte salve le dovute precauzioni igieniche, il sottoporsi ad un tatuaggio fosse privo di rischi per la salute. Ma è proprio così?
E’ stato recentemente pubblicato sul New England un’ articolo che fa riferimento a un piccola epidemia di casi di infezione da Mycobacterium chelonae a Rochester, vicino a New York:
Outbreak of Mycobacterium chelonae Infection Associated with Tattoo Ink.
Lo studio
Nel periodo compreso tra ottobre e dicembre 2011 si sono riscontrati 19 casi di rush cutaneo in soggetti che si erano sottoposti nelle 3 settimane precedenti ad un tatuaggio eseguito in un unico centro.
E’ stato cosi condotto uno studio con l’obiettivo di identificarne le cause ed il modo di trasmissione con lo scopo di poter così prevenire nuovi episodi di infezione.
All’uopo i pazienti sono stati sottoposti a:
– intervista strutturata
– biopsia cutanea con successivo esame istopatologico, ricerca batteri alcol acido resistenti, coltura microbiologica e antibiogramma, DNA sequencing, pulsed-field gel electrophoresis (PFGE)
– coltura dell’inchiostro e degli ingredienti usati per la preparazione e confezionamento dello stesso.
– analisi microbiologica dell’acqua e dei rubinetti del centro tatuaggi in questione.
Risultati
-19 pazienti sono stati colpiti da un rush cutaneo con le caratteristiche della reazione granulomatosa (13 uomini e 6 donne con età media di 35 anni).
– In 17 di essi venne eseguita una biopsia cutanea che dimostrò alterazioni patologiche in tutti i campioni. In 14 venne isolato il Micobacterium chelonae
– Il PGFE fu in grado di identificare lo stesso pattern in 11 soggetti e in 1 su tre dei flaconi di inchiostro premiscelato non aperti.
– Nessun micobatterio invece fu isolato dall’acqua o i rubinetti del negozio ove i tatuaggi erano stati praticati
– 18 pazienti trattati con antibiotico terapia appropriata sono migliorati
Conclusioni
Gli autori concludono che in questa miniepedemia la fonte di infezione è stata rappresentata dalle confezioni sigillate di inchiostro e non dalla scarsa igiene o successiva contaminazione nel centro tatuaggi.
Questo dato, a dispetto di quanto comunemente creduto, era già noto e segnalato in precedenti studi sebbene non si riferisse ai micobatteri: Microbial status and product labelling of 58 original tattoo inks
Due sono gli aspetti importanti segnalati dai redattori dell’articolo:
– il primo che con il crescere della pratica del tatuaggio anche infezioni meno comuni come le micobatteriosi aumenteranno di frequenza e quindi, in queste circostanze, sarà sempre bene tenere presente anche questa eziologia quale fonte di infezione.
– il secondo è che, nonostante ovviamente la scarsa igiene rappresenti un grave rischio per la salute, questo come altri studi sottolineano l’importanza di controlli non solo dove il tatuaggio viene praticato ma anche dove l’inchiostro viene prodotto e diluito.
Riflessioni personali
Certamente questo non è studio cruciale per chi lavora in pronto soccorso o nel campo dell’emergenza. Sempre più spesso però potremmo trovarci in situazioni simili, segnalare gli eventi avversi è non solo doveroso ma anche una possibilità per prevenirli.
Volendo concludere con una battuta, se stiamo male dopo aver mangiato della mortadella non sempre è colpa del salumiere…
Nota
Le immagini non si riferiscono allo studio in oggetto ma sono state reperite sul web.