giovedì 10 Ottobre 2024

Tornerà in ritmo?

downloadUno studio italiano di qualche anno fa (Santini 2004) indicava che la fibrillazione atriale quale causa dell’1,5% degli accessi di Pronto Soccorso. Non è poco, considerando che nella maggior parte dei casi si trattata di pazienti piuttosto impegnativi. Non si può escludere per altro che da allora l’impatto sia ancora aumentato, stando ai risultati di un recente lavoro canadese che registrava un aumento del 30% degli accessi in DEA per fibrillazione atriale tra il 2002 e il 2010 (Atzema 2013).

Parallelamente, il numero dei ricoveri ospedalieri per fibrillazione atriale è diminuito, segno del fatto che sempre più spesso questa condizione viene gestita interamente nel Dipartimento d’Emergenza. Su questo blog sono già stati affrontati in passato alcuni dei problemi più rilevanti che si presentano al Medico d’Urgenza quali l’indicazione alla cardioversione, la modalità di cardioversione da preferire, il timing del trattamento e la scelta farmacologica nel caso si punti a controllare la frequenza.

La cardioversione elettrica, seguita dalla dimissione diretta dal Pronto Soccorso, si è dimostrata una strategia efficace e sicura (von Besser 2011, 1). Per definire correttamente il bilancio tra rischi e benefici, soprattutto nei pazienti più fragili, sarebbe utile conoscere quali caratteristiche cliniche si correlino più strettamente al fallimento della procedura: in letteratura dati a riguardo sono però scarsi e per questo è benvenuto lo studio di Gronberg e colleghi, che a partire da un’ ampia casistica, tenta di riempire questa lacuna (2).

Lo studio

High_voltage_warning.svgQuello di cui ci andremo ad occupare è uno studio osservazionale, retrospettivo, multicentrico i cui obiettivi principali sono quelli di stimare il tasso di successo della cardioversione elettrica, l’incidenza di recidive aritmiche a 30 giorni e di individuare eventuali fattori clinici correlati. La popolazione è costituita da pazienti adulti sottoposti a cardioversione elettrica per fibrillazione atriale o flutter insorto da meno di 48 ore. Sono stati arruolati complessivamente 2.868 soggetti (età media circa 62 anni), per un totale di 6906 procedure eseguite.

La cardioversione elettrica è risultata efficace nel 94,2% dei casi mentre il 17,3% andava incontro a recidive del disturbo entro 30 giorni. L’analisi multivariata portava a identificare alcune variabili predittive dell’esito, riassunte nella tabella seguente.

tabella 1

Tab. 1. Caratteristiche cliniche correlate con il fallimento della cardioversione elettrica. Valori maggiori di 1 indicano un aumentato rischio di fallimento. Fra tutti questi parametri risulta difficile comprendere perché la durata inferiore a 12 ore possa influire negativamente sul successo della procedura.

Altri fattori anamnestici correlati ad aumentato rischio di recidiva a 30 giorni sono la presenza di patologia vascolare nota, scompenso cardiaco, insufficienza renale cronica e il sesso femminile.

I limiti principali dello studio riguardano la sua natura retrospettiva e il rischio che, facendo riferimento solo alle recidive sintomatiche di cardiopalmo che hanno condotto i pazienti nuovamente, si possano di “perdere” pazienti con episodi asintomatici di aritmia, portando a una sottostima della complicanza.

Altre evidenze di letteratura

Per quanto riguarda le percentuali di successo riportate nello studio, queste appaiono in linea con precedenti rilevazioni, sintetizzate nella tabella seguente.

Tabella 2

Tab. 2. tassi di successo della cardiovresione elettrica in Pronto soccorso presenti in letteratura. Per un approfondimento, si veda la citazione 1.

Mentre esistono diversi studi che hanno valutato i fattori prognostici per il successo della cardioversione nei pazienti con aritmia persistente, a mio conoscenza solo uno studio ha affrontato la questione nel paziente con FA parossistica in DEA (3). Si tratta di uno studio monocentrico di dimensioni più piccole rispetto a quello di Gronberg, dal quale emergevano tre parametri che si correlavano con l’esito della cardioversione elettrica, tutti negativamente: la precedente somministrazione di farmaci per ridurre la frequenza cardiaca (OR 0,39 (C.I. 95% 0,21 – 0,74)), un precedente tentativo di cardioversione farmacologica (OR 0,28 (I.C. 95% 0,15 – 0,53)) e un punteggio CHADS2  > 0 (OR 0,43 (I.C. 95% 0,23 – 0,83)).

In conclusione

NumeriIn conclusione, questo lavoro sembra confermare un’impressione diffusa  che una storia aritmologica più complessa, come testimoniato da precedenti episodi di FA parossistica, dall’uso di beta-bloccanti e di terapia cronica anti-aritmica, possano essere fattori predittivi di fallimento della cardioversione elettrica in DEA, sebbene questa presenti comunque nel complesso un’efficacia più che soddisfacente.

Bibliografia

  1. Cohn BG, Keim SM, Yealy DM. Is Emergency Department cardioversion of recent-onset atrial fibrillatrion safe and effective? J Emerg Med2013; 45: 117-127. Link
  2. Gronberg T, Hartikainen JEK, Nuotio I, Biancari F, Vasankari T, Nikkinen M, Ylitalo A, Airaksinen KEJ. Can we predict the failure of electrical cardioversion of acute atrial fibrillation ? The FinCV Study. Pacing Clin Electrophysiol 2015; 38:368-375. Link
  3. Blecher GE, Stiell IG, Rowe BH, Lang E, Brison RJ, Perry JJ, Clement CM, Borgundvaag B, Langhan T, Magee K, Stenstrom R, Birnie D, Wells GA. Use of rate control medication before cardioversion of recent-onset atrial fibrillation or flutter in the emergency department is associated with reduced success rates. Can J Emerg Med 2012; 14(3): 169 – 177. Link
Paolo Balzaretti
Paolo Balzaretti
Dirigente Medico presso il Dipartimento di Emergenza A.O. “Ordine Mauriziano” di Torino Specialista in Medicina Interna I miei interessi scientifici riguardano la ricerca bibliografica, la valutazione critica della letteratura e le possibilità di applicazione dell’evidenza nella pratica clinica Sono su Twitter:@P_Balzaretti

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