mercoledì 27 Settembre 2023

Trasfusioni e infarto

“Scusi dottore non mi può fare ancora una trasfusione? Sa, sono cardiopatico..” Questa domanda mi è stata posta nella stessa giornata da due pazienti che erano in pronto soccorso a causa di un’ anemia acuta. I motivi erano diversi ma da entrambi traspariva l’idea che immagazzinare qualche globulo rosso in più nell’organismo sarebbe stato loro di  aiuto, proprio perché l’organo nobile per eccellenza, il cuore, ne avrebbe beneficiato.

Chi ha qualche anno sulle spalle è cresciuto con questa stessa convinzione:meglio abbondare nei pazienti con cardiopatia ischemica soprattutto nella fase acuta. Ma è proprio giusto cosi?
E’ stato da poco pubblicato su Archives of Internal Medicine una metanalisi che sembrerebbe dire proprio il contrario:Association of Blood Transfusion With Increased Mortality in Myocardial Infarction: A Meta-analysis and Diversity-Adjusted Study Sequential Analysis.

L’utilizzo di farmaci antiaggreganti e anticoagulanti nella fase acuta dell’infarto contribuisce sicuramente allo sviluppo di un anemia che potrebbe risultare potenzialmente pericolosa mettendo ancora più a rischio il trasporto di ossigeno ai tessuti, in particolare al tessuto miocardico ischemico. Il trattamento trasfusionale, correggendo l’anemia avrebbe il razionale di opporsi a questo ulteriore insulto ischemico. L’anemia è infatti considerata, in queste condizioni, un fattore prognostico sfavorevole. D’altra parte però una inappropriata terapia trasfusionale sarebbe in grado di causare un sovraccarico di circolo e un aumento della trombogenicità.
Alcuni studi avevano postulato che una pratica trasfusionale liberale era associata a un outcome peggiore. A questo era stato obiettato che la popolazione di pazienti che più facilmente erano sottoposti a trasfusione era rappresentata da anziani e con maggiori comorbidità ,e che questi potevano essere fattori confondenti.

La metanalisi
E’ stata condotta una ricerca sistematica di articoli in lingua inglese pubblicati tra il 1 gennaio 1966 e il 31 marzo 2012 utilizzando MEDLINE, EMBASE, CINAHL, Scopus,Web of Science e Cochrane Central Register of Controlled Trials databases,  mettendo a confronto il trattamento trasfusionale contro l’assenza di trattamento e una strategia trasfusionale liberale contro una più restrittiva.
Dei 729 articoli identificati da due revisori indipendenti, 10 sono stati inclusi nella valutazione. Di questi 1 solo era uno studio randomizzato, i restanti invece erano studi osservazionali.
Per ogni studio è stato analizzato il titolo, il periodo di follow-up, la strategia trasfusionale e la mortalità.

Obiettivo
Obiettivo dello studio valutare il potenziale rischio/benefico della terapia trasfusionale nei pazienti con infarto miocardico acuto

Risultati
Nei pazienti con infarto miocardico sottoposti a terapia trasfusionale  è stato evidenziato un aumento di mortalità per ogni causa rispetto a quelli non trasfusi 18.2% vs 10.2%, un risk ratio di 2.91; 95% CI, 2.46-3.44; P .001 e con un aumento del rischio assoluto del 12% e un NNH ( number needed to harm) per quanto riguarda gli effetti dannosi di  8 (95% CI, 6-17)
La mortalità inoltre risultava aumentata indipendentemente da:
– il livello di partenza dell’emoglobina
– il nadir di emoglobina raggiunto
– le modificazioni del livello emoglobinico durante la degenza ospedaliera
I pazienti trasfusi avevano anche un’aumentata probabilità di essere vittime successivamente  di un altro infarto: risk ratio, 2.04; 95% CI, 1.06-3.93; P=.03

Conclusioni
I revisori concludono che il trattamento trasfusionale di per se o una pratica liberale rispetto ad una più conservativa nei pazienti con infarto miocardico sono associati ad un aumento di mortalità per qualsiais causa e che in attesa di studi randomizzati di maggiori dimensioni nella pratica clinica ci si dovrebbe attenere a queste conclusioni.

Limitazioni
Per stessa ammissione degli autori  questa metanalisi ha in sè alcune limitazioni, prima fra tutte la presenza di un unico studio randomizzato, peraltro anche di piccole dimensioni. Questi dati rendono le osservazioni degli autori piuttosto limitate. La terapia trasfusionale poi può essere un indicatore surrogato di altri parametri che potrebbero più di questa influire sull’outcome finale come ad esempio le comorbdiità e le infezioni

Commento personale
E’ innegabile che questa metanalisi, proprio per le sue caratteristiche, rappresenti un punto di partenza e di riflessione più che un indicazione certa e conclusiva. Con questa premessa è altrettanto innegabile che questi dati, insieme ad altri recentemente pubblicati, come ad esempio  il vantaggio offerto da una strategia trasfusionale conservativa nei pazienti con sanguinamento gastroenterico acuto, ci inducano a essere più accorti nella somministrazione di emazie in questa categoria di pazienti. Less is more è il titolo della rubrica degli Archives in cui è stata pubblicata questa metanalisi ma anche un nuovo modo di pensare e di intendere il nostro modo di praticare la medicina, a mio giudizio assolutamente sensato e probabilmente vincente.

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

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