mercoledì 15 Gennaio 2025

Trombolisi in TAC

Solita Storia

La solita storia.
Preallerta preospedaliera.
Trovarsi Pronti.
Rapida valutazione neurologica per obiettivare il deficit.
Richiedere gli esami ematici ed etichettare le provette.
Consegnarle rapidamente al “trasportino” per rapido invio in laboratorio.
Tempestivo confronto con i parenti per oggettivare l’ora dell’insorgenza del deficit neurologico e determinare la sua MRS (Modified Rankin Scale).
Chiamare per sollecitare l’esecuzione della TAC.
Coinvolgimento precoce del neurologo.
Ritornare dalla radiologia. Monitorizzazione completa multiparametrica e Controllo attento della Pressione.
Iniziare la terapia.

Questo lo abbiamo capito

immagine creata con intelligenza artificiale ChatGPT

Perchè si lo abbiamo ormai capito. Il tempo è tutto. Il tempo prende tutto e dà tutto. Fortunato è l’uomo che ha tempo di aspettare. E noi non siamo quelli uomini perchè il tempo è cervello.

Posso perdere una battaglia, ma non perderò mai un minuto
Bonaparte N

Ogni secondo in più di ritardo sono milioni di connessioni sinaptiche e reti neurali in meno. Allora come possiamo fare prima e meglio?

Lo ho chiesto a lui. Che mi ha fatto capire che dobbiamo sempre prenderci il tempo di migliorarci.

Lui chi è?

Si chiama Andrea N. Scende in DEA con lo spirito ancora adolescenziale di voler cambiare il mondo o anche solo le cose. A volte, ma non sempre, si limita solo al rankin di un paziente. Dimostra meno anni di quelli che è in realtà ha. La prima volta che lo ho visto avevo lo zainetto sulle spalle, un passo dinoccolato e sembrava passasse lì per caso o per hobby. Pensavo fosse lo specializzando di neurologia e ho aspettato che arrivasse lo strutturato, fino a quando ho notato che aveva già iniziato il trombolitico. Mi sono chiesto dove lo avesse iniziato e questo post è una risposta ad una domanda serbata per anni. L’ultima volta gli ho fatto un ultima domanda: una sua foto da allegare a questo post. Mi ha mandato la seguente.

Foto di Zhivko Minkov su Unsplash

Io ne ho trovata una che lo ritrae davanti, al lavoro, concentrato, attivo e pronto a fare la differenza.

Foto di Andy Holmes su Unsplash

Questo post è tutto suo. Come tutto suo è il mio enorme riconoscimento e felicità per averlo avuto come consulente. Buon umore, sorriso, educazione, sensibilità e gentilezza d’animo. Competenza, Voglia di confrontarsi ed insegnare. Presenza Costante. A voi il suo post, a lui il mio più sentito Grazie.

Carlo ha bisogno di lui

Il signor Carlo ha 76 anni, è in ottima salute, conduce una vita attiva ed è completamente indipendente nelle sue attività quotidiane. Oggi, però, è arrivato in pronto soccorso alle 15.30, accusando difficoltà nel parlare e un’improvvisa debolezza del lato destro del corpo, sintomi iniziati intorno alle 14:45 mentre parlava con la moglie. Senza preavviso, ha smesso di parlare e si è accasciato.

Già dal triage, la diagnosi è facilmente sospetta: probabilmente si tratta di un ictus. L’urgentista certifica una grave afasia, una deviazione dello sguardo verso sinistra e un’emiplegia destra. Il tempo stringe, e subito viene avvisato il neurologo di guardia. Quando si tratta di ictus ischemico, la rapidità è fondamentale. Non a caso si dice “Time is brain”. Soprattutto oggi, nell’era delle terapie riperfusive della fase acuta, come la trombolisi endovenosa e la trombectomia meccanica.

L’arrivo del Neurologo

Arrivo in DEA e visito rapidamente il sig. Carlo: afasia globale, deviazione dello sguardo, emiplegia destra. Un quadro tipico per sospetta occlusione dell’arteria cerebrale media sinistra. La strada è chiara: TC cerebrale, angio-TC e TC perfusionale. Nel frattempo, raccogliamo informazioni su eventuali terapie anticoagulanti e altre condizioni mediche. Se il quadro radiologico confermerà un ictus ischemico, somministreremo il trombolitico e, se necessario, lo invieremo a trombectomia meccanica. Le possibilità di ricanalizzare l’arteria chiusa e l’entità della penombra ischemica determineranno le sue probabilità di recupero.

Lo stroke Tour

Questo è il percorso tipico per un paziente con ictus: riconoscimento dei sintomi, invio in radiologia, rientro in sala emergenza, somministrazione del trombolitico, e se indicato, trombectomia meccanica. In media, in Italia, passano circa 60 minuti dal triage alla fibrinolisi sistemica (il cosiddetto door-to-needle, DTN). Questi tempi sono costantemente monitorati dai centri aderenti al progetto ANGELS stroke, che supporta il miglioramento delle reti stroke (https://it.angels-initiative.com/). 60 minuti: sono tanti? Sono pochi?

Alice: "Per quanto tempo è per sempre?" 
Bianconiglio: "A volte, solo un secondo.”

Possiamo fare meglio?

In realtà la domanda è un’altra: come ridurre questi 60 minuti? Per prima cosa è necessario ottimizzare la collaborazione tra i diversi attori del percorso stroke: medici urgentisti, infermieri, radiologi, neurologi. Ogni DEA ha i suoi protocolli, e un percorso ben rodato può abbattere fino a 15-20 minuti il DTN (Neurology 2012;79:306–313). Un guadagno che, sebbene sembri minimo, è cruciale. Quanto pesa questo quarto d’ora? Quantifichiamo. Ogni minuto trascorso senza ricanalizzazione si traduce nella morte di circa 1,9 milioni di neuroni, 14 miliardi di sinapsi e 12 chilometri di fibre mieliniche (Stroke 2006;37:263-266). Ogni minuto. Preciso: con tutti i suoi limiti, questa è una stima. Sempre secondo questa stima, un ictus di cerebrale media non trattato e non ricanalizzato porta ad una perdita di 1,2 miliardi di neuroni, oltre 7.000 chilometri di fibre mieliniche e ad un invecchiamento dell’età cerebrale di 36 anni. Improvvisamente, il cervello del signor Carlo non ha più 76 anni, ma 112. Forse 15 minuti guadagnati non sono così pochi in fondo…potessimo guadagnarne altri 15… Vediamo se e come si può.

Possiamo fare di meglio?

Normalmente il paziente con ictus viene gestito in sala emergenza dove vengono effettuate le prime valutazioni cliniche e somministrati eventuali trattamenti di stabilizzazione. Segue il trasporto in radiologia per eseguire lo studio TC, poi il rientro in sala emergenza per l’eventuale somministrazione del trombolitico. Questo percorso – avanti/indietro – comporta ritardo. Più passaggi ci sono nel circuito, più saranno i potenziali intoppi.

Possiamo recuperare tempo prezioso evitando il rientro in sala emergenza. Perché non somministrare il trombolitico direttamente in sala TC? Questo eliminerebbe un passaggio superfluo e ridurrebbe il DTN.

In effetti, non serve aspettare il completamento di tutti gli esami radiologici: la sola TC basale è sufficiente per decidere se somministrare il trombolitico (Guidelines for the Early Management of Patients With Acute Ischemic Stroke: 2019 Update to the 2018 Guidelines for the Early Management of Acute Ischemic Stroke: A Guideline for Healthcare Professionals From the American Heart Association/American Stroke Association). Certo, è importante eseguire l’angio-TC per identificare eventuali occlusioni di grossi vasi, e la TC perfusionale può fornirci informazioni sull’entità del tessuto cerebrale ancora salvabile. Ma questi esami richiedono tempo per essere completati e interpretati. Entro la finestra temporale canonica, ossia 4.5 ore dall’esordio dei sintomi, possiamo iniziare la trombolisi subito dopo la TC basale, sul lettino della radiologia, procastinando il completamento degli altri accertamenti.

Perchè allora facciamo peggio normalmente?

Il meglio è nemico del bene
Saggezza Popolare

Perché allora, tradizionalmente, si esegue l’intero studio radiologico, includendo almeno l’angio-TC? Le ragioni sono diverse.

L’angio-TC è indispensabile per rilevare l’occlusione di una grande arteria intracranica e orientare il paziente verso una trombectomia. L’esame consente anche di visualizzare le occlusioni di vasi di medio calibro e di alcuni vasi distali, mentre le occlusioni dei piccoli vasi (le arterie perforanti, responsabili degli stroke lacunari) non sono invece identificabili. Inoltre, si ritiene che raccogliere più dati radiologici aumenti la sicurezza nel procedere con la trombolisi, anche se questo principio ha i suoi limiti.

La TC perfusionale, invece, aiuta a identificare l’area di ipoperfusione, stimarne l’estensione e valutare quanto tessuto cerebrale è ancora recuperabile (la penombra ischemica) rispetto a quello già danneggiato in modo irreversibile (il core ischemico).

Tuttavia, nessuno di questi elementi, singolarmente o combinati, dovrebbe far ritardare o evitare la somministrazione del trombolitico entro la finestra temporale standard di 4.5 ore, come indicato dalle attuali linee guida.

Inoltre, l’esecuzione e l’interpretazione di angio-TC e TC perfusionale richiedono più tempo rispetto alla semplice TC basale, poiché sono necessarie ricostruzioni vascolari e l’analisi delle mappe perfusionali, operazioni che inevitabilmente comportano un ulteriore dispendio di tempo.

Foto di Maximalfocus su Unsplash

Facile a dirsi, ma a farsi?

Ecco come dovrebbe funzionare in pratica:

  1. Il neurologo, l’infermiere del DEA, l’urgentista, il radiologo ed il tecnico radiologo devono essere a conoscenza della possibilità di effettuare il trattamento in sala TC.
  2. Il paziente accede in sala TC con due accessi venosi periferici e monitor portatile, parametri vitali già disponibili.
  3. L’infermiere porta con sé il farmaco trombolitico ed il kit per la preparazione, inclusa la pompa infusionale.
  4. Il paziente viene sottoposto a studio TC encefalo basale. Le immagini vengono interpretate dal radiologo e dal neurologo e, se permissive, il neurologo dispone per la preparazione del trombolitico in sala radiologica; lo studio radiologico viene transitoriamente interrotto.
  5. Appena pronto il bolo di trombolitico, questo viene somministrato (dal neurologo) sul lettino della sala TC, nel mentre l’infermiere completa la preparazione del restante farmaco. Al termine del bolo, si avvia la restante infusione di 60 minuti tramite la pompa infusionale.
  6. Se indicato, lo studio radiologico riprende con l’angio-TC e la TC perfusionale.

Questo semplice e coordinato approccio è in grado, da solo, di ridurre ulteriormente il DTN di 10-20 minuti, a seconda dei centri. Diciamo che si possono recuperare altri 15 minuti, e sappiamo bene che ad ogni 15 minuti di riduzione del DTN aumentano le probabilità di un buon outcome clinico, mentre si riducono mortalità e disabilità (JAMA 2013;309:2480-2488).

Si precisa che il percorso e le azioni che portano alla somministrazione del trombolitico in sala TC possono differire da ospedale a ospedale e devono riflettere le necessità di ogni singolo centro, anche secondo le risorse disponibili.

E Carlo?

Re Carlo tornava dalla TAC
lo accoglie la sala emergenza con il trombolitico in corso.
Al sol della calda sala emergenza
lampeggia l'armatura del Neurologo vincitor.

E così il Sig. Carlo riceve il suo trombolitico sul lettino della sala TC alle ore 15.56, ossia 26 minuti dopo il suo accesso in DEA. La successiva angio-TC confermerà l’occlusione della cerebrale media di sinistra e verrà trasferito in sala angiografica per la trombectomia meccanica. Andrà bene: la combinazione delle due terapie ha permesso di ricanalizzare l’arteria, e a tre mesi Carlo ha recuperato un’ottima autonomia.

Concludiamo

Alcune precisazioni prima di concludere.

E’ importante sottolineare che la somministrazione del trombolitico direttamente in sala TC è particolarmente indicata nei casi di ictus con sintomi “classici”, in cui la clinica non pone particolari dubbi sulla sua genesi (come afasia con deficit motorio destro; emianattenzione con deficit motorio sinistro; deficit motorio o sensitivo-motorio puro di un emilato) ed all’interno della finestra temporale standard di trattamento.

Nei casi in cui il quadro clinico sia incerto (ad esempio, distinguere tra afasia e stato confusionale), completare l’esame con l’angio-TC e la TC perfusionale può fornire informazioni cruciali per guidare la decisione sulla somministrazione del trombolitico.

Nella finestra temporale estesa (tra le 4.5 e le 9 ore dall’esordio dei sintomi), è necessario eseguire lo studio perfusionale per confermare la presenza di tessuto cerebrale ancora recuperabile (penombra ischemica), secondo parametri specifici. Questo rende più complessa la somministrazione in sala TC, poiché è richiesta prima l’interpretazione delle mappe perfusionali.

Tuttavia, un numero rilevante di ictus ischemici può essere trattato con trombolisi direttamente in sala TC, con una significativa riduzione del tempo DTN e un miglioramento dell’outcome clinico.

Andrea.naldi@aslcittaditorino.it

Ed io?

Ed io mi chiedo e sprono gli urgentisti di tutto il mondo a sviluppare la stessa sensibilità e la stessa competenza presente in questo post. Per gestire questi pazienti insieme e per sapere iniziare il trattamento con il trombolitico insieme al neurologo in sala TAC. Ed alla prossima chiamata notturna per poterlo già somministrare, con la necessaria e doverosa stessa maestria, in autonomia, in caso di suo ritardo.

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Davide Tizzani
Davide Tizzani
Specialista in Medicina Interna, ma specializzando ancora nell'anima. Esperto di Niente. Interessato a Tutto. Appassionato delle tre E: ecg, ega, ecografia. @DavideTizzani |

3 Commenti

  1. Capitato più volte di farlo (corrente partita da lg americane) anche se non sono a favore della perfusion in tutti i casi (salvo posti particolari per casistica): in uno stroke senza occlusione di grosso vaso, ma senza segni precoci cosa aggiunge se l’esordio è noto?
    Molti software tendono a sovradimensionate il core: volendo essere sovietici se non sono presenti segni precoci e lo studio dei collaterali in fase tardiva è buono si ottiene de facto quasi un indice surrogato; la perfusion dovrebbe essere o uno studio di nicchia in casi particolari oppure usata per far casistica in un contesto di ampio respiro.
    Considerando un quadro tipico con esordio noto fra la tc basale ed il completamento angio alla fine con le moderne macchine il tempo intercorrente è veramente minimo, se l’angio è negativa è finita la fiera. Diverso in casi selezionati in cui va fatto il completamento perfusion

    • Cara Gaia,
      grazie per il tuo intervento, condivido molti punti e provo a dare il mio contributo.
      Le linee guida indicano che l’uso della TC perfusionale non è obbligatorio in finestra temporale classica, quando i dati clinici sono sufficienti a considerare ischemica l’origine del sintomo. Tuttavia, in presenza di incertezza sulla natura dei sintomi (come il caso di un’afasia che potrebbe essere scambiata per uno stato confusionale nell’anziano), le linee guida segnalano la possibilità di integrare l’indagine con angio-TC o TC perfusionale (sempre riferendosi al percorso per la trombolisi endovenosa). Sono quindi assolutamente d’accordo sul non ritardare una trombolisi nei casi clinicamente e radiologicamente non incerti per eseguire uno studio perfusionale in finestra temporale standard.
      Se invece allarghiamo lo sguardo all’utilità della TC perfusionale in generale, il quadro diventa più sfaccettato. L’angio-TC e la perfusione, pur con modalità diverse, informano sulla presenza e sulla qualità dei circoli collaterali. Tuttavia, una perfusione ben eseguita è in grado di fornire informazioni visive immediate, spesso in modo più rapido rispetto all’angio-TC. Un’angio-TC oggi richiede di analizzare non solo i grossi vasi intracranici ed extracranici, ma anche i vasi più distali (M2, M3, M4, e così via), cosa che richiede maggiore tempo e attenzione. Questa distinzione può rendere la perfusionale particolarmente utile in fase acuta, poiché può permette di individuare rapidamente aree di ipoperfusione e quindi di guidare l’operatore nella ricerca di potenziali occlusioni vascolari.
      Tuttavia, rispetto ad un’angio-TC, il valore diagnostico della perfusionale dipende ancora molto dall’expertise disponibile nei singoli centri, e, nelle nostre realtà dove perlopiù non vi sono neuroradiologi dedicati, si rischia di non avere la competenza necessaria per interpretare correttamente l’esame. Proprio per questo motivo è fondamentale investire nella creazione di esperienza in questo campo, e l’unico modo per farlo è eseguire un numero sufficiente di studi perfusionali, rendendo così questa tecnica utile nelle diverse situazioni ed accessibile a tutti gli operatori. Nel contesto attuale dell’organizzazione di molti dei nostri ospedali, questo strumento può quindi rappresentare un notevole supporto per chi deve interpretare il quadro clinico-radiologico.
      Non dimenticherei inoltre che l’esame è utile anche in altri contesti vascolari acuti, come le stenosi carotidee (ipoperfusione emodinamica vs embolica artero-arteriosa) e l’identificazione di multiple aree di ipoperfusione simultanee, indipendentemente dalla finestra temporale. Peraltro la metodica, essendo relativamente “nuova” in ambito stroke, è in evoluzione: con il tempo avremo sicuramente miglioramenti che renderanno il suo utilizzo più mirato. Ribadisco però un concetto cruciale, ossia che serve esperienza: eseguire e interpretare l’esame su pochi casi senza formazione sufficiente rischia di limitarne il potenziale. Per ora, eviterei di relegare la perfusionale a una pratica di nicchia, considerando i vantaggi che può portare in diverse situazioni, anche se ci vorrà tempo per stabilirne con chiarezza l’impatto.
      Un saluto,
      Andrea

  2. Buongiorno, una domanda.
    Prima di avviare trombotico in tac aspettate risultato emocromo per HB e plts?
    Grazie
    Elena Miotello

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