mercoledì 4 Dicembre 2024

Tutta colpa dei babà!

E’ sera e il pronto soccorso come sempre è affollato. Alla signora Agnese è stato assegnato un codice giallo; lamenta infatti intensi dolori addominali e diarrea, inoltre in triage è stata rilevata una ipotensione importante 70/50 e appare disidratata. “Saranno stati i babà che ho mangiato ieri, anche mia figlia non sta bene e hai i miei stessi sintomi, e poi sono stanca sono appena arrivata da Latina” Viene visitata rapidamente.

Agnese è una donna di 74 anni con una storia clinica di ipertensione arteriosa. Quando viaggia in treno non ama usare la toilette per cui beve poco per evitare di andarci; purtroppo in serata aveva cominciato ad accusare intensi dolori ai quadranti inferiori addominali e diarrea con evacuazione di feci normocromiche. A parte un episodio di vomito non lamenta altri sintomi, in particolare nega dolore toracico o dispnea.
La pressione anche in sala visita rimane bassa, la paziente é apiretica  e la saturazione di ossigeno 92%. ” E’ disidratata e ipoperfusa, i valori bassi di saturazione dipenderanno da quello, la ricontrollo più tardi”, pensa il medico che sta visitando Agnese.
L’esame fisico è indifferente Frequenza cardiaca e respiratoria sono in limiti di norma, l’addome in particolare è del tutto trattabile. Non sono presenti edemi. Esegue l’ECG
Si notano  atipie della ripolarizzazione in sede infero-laterale: agli ematici di routine viene così aggiunta una troponina.
Dopo 500 cc di fisiologica e 1 fiala di metoclopramide la paziente sta molto meglio, adesso è completamente asintomatica, le scariche diarroiche terminate, la pressione è risalita a 105/60 e la saturazione al 95%
Arrivano gli esami tra i quali spicca una troponina di 0,395 ng/ml ( v.n. <0,006)
Ripete il tracciato
Adesso le atipie della ripolarizzazione sono più evidenti.
In accordo con il cardiologo si decide di tenere la paziente sotto controllo monitor e ripetere la troponina e l’elettrocardiogramma dopo 6 ore e di somministrare ASA e fondaparinux 2,5 mg .

A sei ore quindi l’elettrocardiogramma non mostra sostanziali variazioni, ma la troponina è salita a 3.097 ng/ml.
A questo punto il cardiologo esegue l’ecocardiogramma.
Qual è il problema della signora Agnese?

Ventricolo destro severamente dilatato e ipocinetico.Atrio destro dilatato. Insufficienza tricuspidale di grado moderato-severo con PAP stimata di 58 mm Hg. Ventricolo sinistro con normale cinesi globale e segmentaria. FE stimata 60%. Assente versamento pericardico. Lieve insufficienza mitro-aortica

Viene eseguita così la TAC del Torace che conferma il sospetto diagnostico. E’ presente un quadro di embolia polmonare a carico delle principali arterie polmonari bilateralmente.

La paziente sempre asintomatica durante la degenza in PS viene ricoverata nell’area semintensiva del dipartimento medico.

Questo caso clinico credo sia spunto di più di una riflessione.
Sono convinto che molti di voi avranno intuito la diagnosi sin dalle prime righe del post, ma la realtà è, ahimè, spesso diversa come abbiamo modo di verificare ogni giorno.
Quando visitiamo un paziente ci facciamo un’ idea e questa prima impressione di cui cerchiamo conferme con l’esame fisico e i test radiologici e di laboratorio ci accompagna sino alla fine del nostro iter diagnostico. A volte c’è qualcosa che stona con il nostro ragionamento. ma non sempre è sufficiente a farci cambiare strada. In questo caso la transitoria ipossiemia ha svolto questo ruolo. La presentazione però è stata veramente fuorviante e anche se con il senno di poi siamo tutti i bravi, molti di noi, credo, avrebbe seguito lo stesso percorso clinico.

Dei tanti esami che avremmo potuto fare l’unico che ci avrebbe aiutati, a mio modo di vedere, sarebbe stato il  R.U.S.H. exam permettendoci di  identificare la dilatazione delle cavità destre del cuore  e la dilatazione della vena cava inferiore. Ma quanti di noi avrebbero preso la sonda in mano per una paziente con diarrea e ipotensione in cui anche un famigliare presentava sintomi analoghi?
Credo che ci siano ancora altri spunti di discussione e mi aspetto che siate  voi a suggerirli

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

8 Commenti

  1. Per fortuna aveva la PAO bassa, così è stato fatto l’ECG…e via di seguito…Napoleone diceva che preferiva avere generali fortunati piuttosto che generali bravi…io spero di essere sempre fortunato!!!
    Se l’ECG non fosse stato alterato, io non avrei fatto la troponina e via di conseguenza…

  2. Onestamente questa è una diagnosi che sono convinto mi sarebbe sfuggita. Il primo ECG mi avrebbe insospettito per le alterazioni della ripolarizzazione e sopratutto (se non vedo male) per quel ST sopra in V1 con un aspetto tipo BBDX incompleto seguito da una T bifasica. Il secondo ed il terzo ECG sono in effetti suggestivi di sovraccarico destro (letti evidentemente con il senno di poi). Mi auguro proprio che qualora mi fosse capitato un caso analogo avrei messo mano alla sonda il che mi avrebbe svelato l’arcano. 
    L’evoluzione degli ECG mi fa pensare che l’evento embolico è veramente acuto. Mi chiedo tuttavia se vi sia una relazione con i sintomi della paziente o se si tratti di una diagnosi incidentale nel contesto di un altro problema. 
    Penso che incappare in presentazioni insolite non debba far deviare da un approccio rigoroso e “restrittivo” nella ricerca delle tromboembolie. Leggevo non molto tempo fa che in una rivisitazione retrospettiva di casi sino all’1% delle EP si presentavano con un evento comiziale e già allora mi sono augurato che sulla base di queste informazioni nessuno mettesse nella diagnostica differenziale delle crisi epilettiche l’embolia polmonare. Quest’ultima penso richieda, al di là del caso presentato, un impegno collettivo ad una riduzione dell’intensità di diagnosi (brillante a questo proposito questo articolo “The Diagnosis and Treatment – of Pulmonary Embolism: A Metaphor for Medicine in the Evidence-Based Medicine Era”
    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22473672).
    Per tornare invece al caso della signora, per mia curiosità, è stata proposta la trombolisi?

  3. Mattia,
    grazie del tuo commento.
    Le presentazioni anomale sono tutt’altro che infrequenti o almeno di queste ci ricordiamo più spesso. Sono d’accordo che embolia polmonare e dissezione aortica rappresentano delle “ossessioni” per il medico che opera in urgenza e forse tendiamo a cercarle più del necessario anche se , almeno,per la TEP ì dati di letteratura ci dicono che la diagnosi vine ancora mancata troppe volte.
    Nel nostro lavoro abbiamo imparato e siamo abituati a cercare una causa sola che dia ragione dei sintomi e dei segni presentati dal paziente. Non sempre è cosi. In questo caso , la sintomatologia gastroenterica nulla aveva a che fare con la diagnosi finale ed è è stata molto fuorviante.
    La paziente non è stata sottoposta a trombolisi anche se probabilmente rientrava nell’algoritmo proposto da AHA su Circulation http://circ.ahajournals.org/content/123/16/1788/F2.expansion.html
    La trombolisi superato lo stato di shock credo che venga praticata non troppo di frequente anche tenendo conto che sebbene riduca i casi di ipertensione polmonare non ha un vero impatto sulla mortalità a breve termine e ovviamente non è priva di rischi. A questo riguardo segnalo questa interessante discussione su questo argomento su Broome Docs http://broomedocs.com/2012/06/clinical-case-057-big-pe-now-what/

  4. Sindromi “tipiche” con presentazioni “a-tipiche” vs sindromi “a-tipiche” con presentazione “tipiche”, “trappole & trabocchetti”, “bandiere rosse” che sventolano per pochi “fotogrammi”: a chi sarebbe venuto in mente di mettersi a calcolare uno score di Wells o Ginevra per i “babà”? E’ vero che il ragionamento “euristico” a volte dovrebbe essere non disdegnato, ma quanto paga nel computo finale della “casistica” personale? Siamo sempre ai confini del probabile, mai del certo… e questo lo “sperimentiamo” tutti i giorni, ma non per questo ci mettiamo a “giocare il cielo a dadi”… anzi!
    Ancora grazie per questi “case reports”… paradigmatici ed estremamente utili!
    Cordialmente

  5. Grazie a te Carlo per avere condiviso ancora i casi clinici che incontri, soprattutto per la passione educativa con cui li presenti. 
    Il tuo blog è di grande ispirazione e lo seguo con assiduità, immaginando lo sforzo che  comporti. Mi scuserai se occupo ancora un po’ di spazio ma sono mosso da un sincero amore per il confronto.
    Ho personalmente una forte convinzione del fatto che la TEP non sia una patologia sottostimata. Al contrario. Se i dati cui fai riferimento sono le numerose serie autoptiche che nei decenni hanno evidenziato le stesse percentuali di TEP mancate direi che esse vanno interpretate con la dovuta cautela. Già negli anni 70 è emerso che il riscontro autoptico di TEP fosse estremamente frequente anche quando la causa di morte era chiaramente un’altra. Molti degli studi autoptici sono stati condotti su pazienti già ospedalizzati che sono una popolazione a rischio alto a priori e non sono rappresentativi della popolazione che afferisce ai DEA. Che le embolie polmonari massive e submassive siano talora ancora scambiate per altro penso sia vero anche in relazione alla loro presentazione proteiforme. Tuttavia il riscontro delle TEP nel loro insieme appare in costante aumento dopo l’introduzione della angioTC. Questo senza che si possa dimostrare una proporzionale riduzione della mortalità, mentre si riscontra un prevedibile incremento delle complicanze emorragiche.
    Peraltro sembra oggi più evidente  che il percorso diagnostico per la TEP non sia causa di danno più frequentemente di quanto non sia lecito pensare (Acad Emerg Med. 2012 Jun;19(6):618-25). Il mito dell’embolia polmonare sempre sfuggente e spesso letale va secondo me ridimensionato.
    Riguardo al caso della paziente: se si tratti di una TEP massiva o di una submassiva incredibilmente dipenderebbe dal raggiungimento o meno di 15 minuti di Pas<90 con buona pace del concetto di shock. Sempre che non si usi anche il criterio aggiuntivo del calo di 40 mmHg Della PAS. Ma facciamo il caso si tratti di una submassiva come quello esposto da Casey Parker (che in effetti avevo letto). Non ti pare strano, e vorrei sapere la tua opinione, che si discuta con tanto fervore sulla bontà  della trombolisi quando non abbiamo evidenza, per gli attuali standard, dell'efficacia dell'anticoagulazione? Paradossalmente sulla base di studi sicuramente più corposi ma estremamente contraddittori i sistemi sanitari di mezzo mondo hanno creato le stroke unit! 
    Nel caso dell’ictus é accettato che la trombolisi forse migliori la funzione (e non la la mortalità) mentre nella TEP submassiva la stessa considerazione non vale.

  6. Mattia,
    il blog ha questo scopo: confrontare idee e opinioni, quindi ben venga una discussione così interessante sugli aspetti “negativi” dell’anticoagulazione nell’embolia polmonare acuta.
    Onestamente non ho mai pensato all’embolia polmonare in questa maniera. La terapia anticoagulante in realtà non è una vera cura ma piuttosto una profilassi; impedisce l’accrescersi del trombo mentre l’organismo si preoccupa col tempo di lisarlo spontaneamente.La domanda che ti faccio viene quindi di conseguenza: allo stato attuale delle conoscenze è etico prospettare uno studio che metta a confronto anche solo in pazienti con embolia polmonare senza compromissione emodinamica la terapia anticoagulante e il placebo?. Onestamente credo di no. La terapia anticoagulante nella TEP è un assioma da sempre dato per scontato ma forse come dici tu meritevole di essere riconsiderato. Un argomento interessante e stimolante che mi ripropongo di approfondire in futuro. Riguardo al discorso trombolisi il deficit funzionale residuo nell’ictus è così invalidante da meritare un trattamento aggressivo e non privo di rischi. Si può applicare lo stesso ragionamento all’ipertensione polmonare secondaria all’embolia polmonare acuta. Forse no, ma una considerazione credo comunque vada fatta, valutando ovviamente l’indicazione caso per caso.

  7. Scusa per la latenza nella risposta e grazie ancora per i commenti. Sicuramente l’anticoagulazione serve in prevenzione di futuri eventi. Emerge tuttavia il fatto che questo trattamento non faccia che posporre altri episodi, particolarmente nelle TEP idiopatiche poiché i fattori di rischio sottostanti non sono modificabili. Ci sono solo due studi che hanno verificato anti coagulazione vs non trattamento. Uno vale la pena di citarlo perché è un gioiello della storia della medicina ma non ha un reale valore scientifico (Barret & Jordan). Il secondo del 1994 (Nielson) anch’esso con scarso potere statistico ma che tuttavia favorirebbe il non trattamento. La rimozione in acuto del coagulo, va da sé, si ottiene solo con la trombolisi. Questo è in effetti ciò che mi sento di offrire ai pazienti con TEP submassive purché il bilancio fra rischio e beneficio sia, nel limite del possibile, a favore di quest’ultimo e il paziente abbia inteso e sottoscritto che il vantaggio sarà solo funzionale. Io penso sia etico, per il mio modo di vedere e senza alcuna presunzione che questa sia una verità assoluta e da tutti condivisibile, offrire al paziente con afasia e deficit del facciale completi la possibilità di parlare quanto a quello con TEP submassiva di fare il giro del quartiere senza annaspare. 

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