giovedì 21 Settembre 2023

Un dolore toracico resistente alla terapia

In genere quando si presentano persone giovani in pronto soccorso con dolore toracico non traumatico non ci preoccupiamo più di tanto. Al massimo,a meno che non abbiano stigmate marfanoidi, possono avere uno pneumotorace , una pleurite o una pericardite ed il dolore in genere è facilmente controllato da FANS o al massimo dagli oppioidi. Ma non è sempre così.


In una fredda mattinata d’inverno di alcuni anni fa ho visitato in pronto
soccorso una giovane ragazza nigeriana. La paziente non parla italiano e si esprime in un inglese, almeno per me , difficilmnte comprensibile. Riesco a  capire che ha un intenso dolore toracico, tosse e febbre.  “Avrà una pleurite”, penso. Dopo averla visitata senza però riscontrare nulla di particolare eccetto una modesta riduzione del murmure vescicolare alle basi polmonari, inizio a somministrare del paracetamolo e la mando a fare la radiografia del torace. La lastra è negativa e la paziente è sempre più sofferente, passo quindi al ketoralac ma anche questo non è sufficiente ad alleviare il dolore e così le somministro della morfina con iniziale parziale beneficio.Ma come mai soffre così tanto? All’improvviso l’illuminazione, non avrà la drepanocitosi e quella che gli anglosassoni chiamano “acute chest syndrome”?. La reinterrogo e lei, con estremo candore, ammette che effettivamente quella è la malattia di cui soffre. Come sempre è sull’anamnesi che cadiamo e sbagliamo di più, ma non è di questo di cui vi voglio parlare.

Sta per essere pubblicato sugli Annals of Emergency Medicine nella rubrica Systematic Review Snapshot una revisione sistematica sul trattamento del dolore acuto nei pazienti affetti da drepanocitosi: What Is the Best Pharmacologic Treatment for Sickle Cell Disease Pain Crises?. La revisione fa riferimento ad una Cochrane pubblicata nel 2006 ed aggiornata nel 2009 Pain management for sickle cell disease in children and adults
Sono stati considerati 9 trials 6 contro placebo la maggior parte , 7 su 9, considerati di alta qualità secondo la Oxford Quality Scale.

I farmaci presi in considerazione sono stati :

  • antinfimmatori non steroidei
  • oppiacei
  • corticosteroidi
Tre studi hanno paragonato ketoralac e il placebo , in uno di essi l’infusione continua di Ketoralac determinava una netta riduzione del dolore misurato su una scala analogica rispetto al placebo ed inoltre era in grado di ridurre l’uso di oppioidi  del 30% e la durata della degenza ospedaliera di oltre la metà. Due altri studi sugli adulti con un follow up a 4 e 6 ore mancavano di confermare gli stessi risultati
L’uso dello steroide sia in dosa singola che multipla era in grado quando associato agli oppioidi, di ridurre il dolore , l’uso degli stessi e la degenza ospedaliera.
Nei bambini la morfina orale aveva la stessa efficacia di quella parenterale.
Quali sono state le conclusioni dei revisori ?
I dati non sono conclusivi e sono necessari ulteriori studi.
Il ketoralac, con tuttle le limitazioni su esposte, deve esser considerato nella terapia in quanto in grado di permetter un “risparmio” degli oppioidi sebbene il protocollo dei cinque giorni sia da considerare poco pratico in PS.

Considerazioni finali.
Come in altre situazioni cliniche la gestione del dolore in questi pazienti richiede più interventi terapeutici.
Il protocollo in cui viene utilizzato il ketoralac prevede l’infusione di 150 mg il primo giorno e 120 mg nei 4 giorni successivi mentre la dose massima consigliata dai produttori è di 90 mg, il che mette questo tipo di protocollo antalgico decisamente off label.
Una difficoltà ancora maggiore si ha quando ci si trova di fronte a pazienti in stato di gravidanza, come evidenziato da una Cochrane nel 2009 in cui non è stato trovato alcuno studio randomizzato che coinvolgesse questa categoria di pazienti.
Tornando al caso specifico è probabile che alcuni elementi dell’esame fisico come subittero ed epatosplenomegalia ,che difficilmente mancano in questi pazienti avrebbero dovuto farmi  pensare prima alla diagnosi.
Come sempre aspettando i vostri commenti.

Carlo D'Apuzzo
Carlo D'Apuzzo
Ideatore e coordinatore di questo blog | Medico d'urgenza in quiescenza | Former consultant in Acute Medicine | Specialista in medicina interna indirizzo medicina d’urgenza e in malattie dell’apparato respiratorio | #FOAMed supporter

4 Commenti

  1. Morale: per i pazienti provenienti da aree esotiche bisognerebbe sempre avere a disposizione un Tropicalista…(magari esperto in terapia del dolore nell’urgenza…) ;-)) Invece molto spesso questo non è preso in considerazione…

  2. Ho imparato da questo post che non è solo il dolore addominale ma anche quello toracico che in un soggetto africano deve far pensare all’anemia falciforme. In senso lato qualsiasi episodio di dolore ischemico. Posso chiedere come si presentava? Come un dolore continuo trafittivo?
    Mi stupisce comunque che una persona con questa condizione non sia stata istruita sui problemi che ne possono derivare, soprattutto per prevenire tutte le situazioni precipitanti. Mi sembra di ricordare di aver letto di molte cause in pronto soccorso negli USA per chirurghi che erano intervenuti nell’ottica di un addome acuto sbagliando diagnosi.

  3. Tony,
    grazie del tuo intervento. Il dolore era di tipo pleuritico che si accentuava quindi con gli atti respiratori.

    PG,
    anche se è vero che l’anemia falciforme predispone i pazienti alle infezioni non è di per sé una malattia infettiva, un ematologo o un genetista credo siano gli specialisti di riferimento. Per la diagnosi differenziale dovremmo sapercela cavare da soli.

  4. Perché non ci facciamo affiancare da un collega marocchino (beninteso della regione del paese da cui proviene il paziente), nigeriano, rumeno, afroanericano specialisti in “connazionali-che-vivono-all’estero”… ogni volta che imbattiamo in questi pazienti con questi requisiti di provenienza geografica o etnica? Naturalmente tutti i costi a carico di chi ha bisogno di essere affiancato, dato che ci pagano per fare i medici d’urgenza e non i vigili urbani che smistano il traffico tra specialisti. Per quello basterebbero i distributori di biglietti anticode della posta…

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