Tutti noi siamo cresciuti con il mito curativo della mela, con l’idea che l’assunzione quotidiana del frutto proibito ci avrebbe reso giovani e belli per sempre e soprattutto lontano dai medici e dagli ospedali.
Personalmente, non sono mai stato sfiorato dall’idea che una tale affermazione potesse essere erronea. Come tutte le notizia apprese in età infantile dai nonni, sono vere per assioma, e non mi sono mai posto effettivamente il perchè di tale affermazione: bastava vedere la pubblicità di un noto dentrificio come rinforzo positivo oppure rivolgersi a informatici per sentirsi i(n)-salute
La scoperta che un articolo di JAMA Inter Med (http://www-ncbi-nlm-nih-gov.offcampus.dam.unito.it/pubmed/?term=25822137) ne dovesse cercare conferma mi ha un pò infastidito. Il risultato lo ritenevo scontato, la ricerca superflua.
La letteratura ha già dimostrato che il consumo di mele si associa a calo ponderale, miglioramento della salute cardiovascolare, prevenzione del degrado cognitivo, effetti antitumorali, riduzione dei sintomi nei pazienti asmatici. Tuttavia, effettivamente, la letteratura non ha mai dimostrato la validità del famoso adagio tramandato da decenni. Biancaneve o Eva sarebbero stati fautrici della necessità di approfondire la veridicità di tale assunto.
Vediamo nel dettaglio lo studio.
Lo scopo era esaminare la relazione esistente fra l’assunzione di mele e la capacità di tenersi lontano dai medici: mangiare mele si traduce in un minor utilizzo delle strutture sanitarie e quindi in una riduzione della spesa sanitaria nazionale?
L’outcome primario era rappresentato dal non ricorrere a pià di una visita medica all’anno; gli outcomes secondari erano l’assenza di ricorso ad altri servizi medici (ricoveri ospedalieri – visite presso centro di salute mentale – prescrizioni farmacologiche nell’ultimo mese).
Attraverso i dati della NHANES survey, sono stati analizzati i dati sanitari di 8399 pazienti con note abitudini alimentari, suddivisi in daily apple – eaters e non daily – apple eaters a seconda del consumo o meno giornaliero di una mela di almeno 7 centimetri di diametro o di almeno 149 grammi di mela crudo.
Il 9% della popolazione in esame consumava almeno una mela al giorno: si distinguevano dal resto della popolazione per una minore abitudine al fumo ed una maggior tasso di istruzione. Tale popolazione non presentava una minor frequenza di visite mediche rispetto alla popolazione di non consumatori di mele e non vi erano differenze in termini di ricoveri ospedalieri o visite presso centri di salute mentale; oltretutto non vi era relazione dose risposta fra il consumo di mele e il non ricorso a servizi sanitari. I consumatori di mele presentavano tuttavia un significativo minor ricorso alle prescrizioni di farmaci.
In conclusione gli autori mettono in discussione la veridicità del vecchio adagio “una mela al giorno toglie il medico di torno” . Tuttavia in base ai risultati, si potrebbe affermare che una mela al giorno non tenga lontano il medico ma possa tenere lontano il farmacista. Considerando la spesa per il consulo di una mela al giorno ed il risparmio sulle prescrizioni farmaceutiche, una politica di promozione di consumo giornaliero di una mela determinerebbe un risparmo medio di almeno 81 dollari annuale per ogni cittadino. A livello nazionale negli Stati Uniti la stima del risparmio sarebbe di 19.000 milioni di dollari.
Conclusioni personali:
lo studio presenta numerosi limiti, non ultimo la sua natura retrospettiva ed la modalità di raccolta delle informazioni relative alle abitudini alimentari e sanitarie della popolazione americana.
I miei commenti sono duplici: il fastidio per un assioma infantile in parte rovinata da una parte e la assoluta assurdità di alcuni rami della ricerca clinica dall’altra.
Ora scusate ma vado a prescrivere in DEA un pò di Golden Delicious al posto del ketoprofene. E progetto un studio prospettico caso controllo sul proverbio “vai a dormire con la sete e ti risvegli con la salute” nei pazienti ultraottantenni.