Una polmonite…atipica: seconda parte
Ricapitolando per coloro che non avessero letto la prima parte. Arrigo è un paziente di 60 anni che si presenta in pronto soccorso a causa di una severa insufficienza respiratoria. accompagnata da lieve stato febbrile. La radiografia del torace dimostra la presenza di addensamenti polmonari multipli e il quadro clinico compatibile con un ARDS. Dopo 24 ore di osservazione e terapia con merropenem, considerato sufficientemente stabile viene trasferito presso l’area critica del dipartimento di medicina
Il medico che lo accoglie indaga riguardo eventuali comportamenti a rischio. Il paziente afferma di essere omosessuale ed acconsente a sottoporsi al test per la determinazione degli anticorpi anti HIV.
Viene intanto deciso di eseguire una TC del torace e di inziare una terapia con Bactrim endovena nell’ipotesi di un’infezione da Pneumocisti.
Il test HIV risulta positivo.
La conta dei CD4 è 54 cell/mmc.
E’ stato sottoposto a lavaggio broncoalveolare e la ricerca dello Pneumocisti ha dato esito positivo. L’andamento clinico è stato di un lento progressivo miglioramento e nei prossimi giorni verrà trasferito presso centro infettivologico di riferimento.
Una polmonite da Pneumcistys non si vede tutti i giorni, cosi che questo può essere un momento per rivedere l’argomento.
Quali sono i test che possiamo eseguire on un paziente con sospetta polmonite da pneumocisti jiroveci, dal 2002 infatti non si chiama più pneumocisti carinii.
Questo quanto ho trovato su DynaMed
– esame con immunofluorescenza dello sputo indotto, sensibilità 55,5%, specificità 94% se paragonati al BAL Meta-analysis of diagnostic procedures for Pneumocystis carinii pneumonia in HIV-1-infected patients.
– lavaggio bronchiale mediante broncosopia ha una sensibilità del 90%, andrebbe eseguito in caso di negatività dell’esame dell’escreato
– biopsia polmonare
– dosaggio del 1,3-beta-D-glucan plasmatico, un test eseguito per la diagnosi di micosi invasive nel paziente immunocompromesso, può risultare positiva nei pazienti con polmonite da pneumocisti Ann Intern Med 2007
– dosaggio della S-adenosilmetionina plasmatica Lancet 2003
Il materiale ottenuto mediante espettorato indotto lavaggio broncoalveolare o biopsia polmonare può essere colorato in diversi modi Giemsa or Diff-Quik, Gomori Methenamine Silver stains, Toluidine Blue, Calcofluor White or Direct Fluorescent Antibody Stains.
L’immunofluorescenza diretta con anticorpi monoclonali del BAL ha un potere diagnostico del Grocott methenamine-silver nitrate sulla biopsia polmonare Mayo Clinic Proceedings 1996
Diagnostica per immagini
La radiografia del torace può essere negativa, vaga o mostrare infiltrati bilaterali con pattern granulare
La scintigrafia polmonare con gallio può risultare positiva
Commento finale
La diagnosi in questo caso non era semplice ma come spesso accade l’anamnesi ha aiutato a mettere in atto i giusti comportamenti e richiedere il test adeguato.
Personalmente non conoscevo i test ematici menzionati sopra, ma credo che nella quasi totalità dei casi la diagnosi venga fatta attraverso l’esame del lavaggio broncoalveolare.
Un aspetto che forse vale la pena di enfatizzare: l’infezione da pneumocisti è una delle poche situazioni in cui una polmonite può accompagnarsi ad una radiografia del torace completamente negativa. Ovviamente non era questo il caso.
Complimenti a Marco che aveva da subito trovato la soluzione.
Per chi volesse approfondire
– Guidelines for prevention and treatment of opportunistic infections in HIV-infected adults and adolescents: recommendations from CDC, the National Institutes of Health, and the HIV Medicine Association of the Infectious Diseases Society of America.
– Evolving health effects of Pneumocystis: one hundred years of progress in diagnosis and treatment.
Parbleu! Qualche tempo fa parlando di sindromi interstizio-alveolari asimmetriche (come sarebbe apparsa questa polmonite se fosse stata effettuata l’ecografia) niente meno che @ultrasoundpod raccomandavano di mettere in conto la polmonite da Pneumocystis https://twitter.com/ultrasoundpod/status/227650726669721600 #FOAMed !!!!!
Mattia,
condivido la tua passione per l’ecografia ed invidio la tua competenza. Nel caso specifico però penso che l’anamnesi ancora una volta abbia rappresentato la chiave per arrivare alla diagnosi.
Per dare qualche dato in piu’ a Mattia; in Area Critica e’ stata eseguita un’ecografia polmonare (passione condivisa) che ha evidenziato un importante impegno interstiziale bilaterale e la presenza di plurimi, sfumati addensamenti subpleurici nei campi medio-basali di dx (evidenziabili meglio con sonda lineare)
Come ha detto Carlo pero’ l’anamnesi e’ stata la chiave per arrivare alla diagnosi
In effetti un bel caso! Emblematico poichè ci ricorda che l’HIV non è una entità nosografica remota… e che l’evoluzione della sua epidemiologia rende attualmente più frequente la sua diffusione in persone che sfuggono alle tradizionali (e spesso ghettizzanti e ghettizzate) categorie a rischio: in Italia la diffusione del virus avviene nella maggior parte dei casi in soggetti adulti eterosessuali di sesso maschile che scoprono tardivamente in fase di AIDS conclamato la propria positività (soggetti late presenters con diagnosi concomitante di sieropositività in AIDS…) Il test HIV probabilmente dovrebbe essere proposto più attivamente in ogni setting medico, dal PS allo studio del medico di medicina generale per identificare precocemente soggetti HIV positivi prima che giungano ad un quadro immuno-virologico compromesso come il paziente del caso clinico: ad oggi sono possibili anche test rapidi affidabili ed utilizzabili in modo estemporaneo in PS su sangue o addirittura su saliva: se negativi escludono con certezza la diagnosi, se positivi da confermare con test di secondo livello (Western Blot). Purtroppo l’HIV ha ancora un’aura che esula dallo stretto ambito clinico e molti colleghi mi dicono di sentirsi in difficoltà nel proporre questo test ai pazienti.
Grazie delle ulteriori informazioni. E complimenti per l’eccellente gestione. Scusate la mia ossessione con l’ecografia. Lungi dal volere dire che l’ecografia avrebbe permesso la diagnosi eziologica. L’anamnesi è e rimane una passo fondamentale per la diagnosi. Quando iniziai come docente a tenere alcuni corsi interni di ecografia toracica esordivo sempre affermando che l’ecografia toracica richiedeva una integrazione della clinica e dell’anamnesi per portare ad una diagnosi. Sicuramente è così ma la diagnosi sempre più frequentemente è possibile con la sola ecografia.. Una cosa che mi preme sempre ricordare è che non tutte le sindromi interstizio alveolari sono uguali: questo perchè nella divulgazione spesso giunge il messaggio che le linee B nei pazienti medici equivalgono all’edema polmonare cardiogeno. Molto interessante peraltro la gestione non invasiva del paziente che condivido pienamente: credo che sia per motivi logistici che culturali in Europa la soglia di intubazione sia più alta che nel mondo anglosassone.