La montagna da anni è la mia passione. Le notti in Pronto Soccorso devo dire che hanno molte similitudini con una lunga e dura gita in montagna. Zaino pronto, cartina, acqua a volontà, cibo e snack da sgranocchiare, guscio impermeabile, piumino, guanti e cappello in caso di intemperie, luce frontale per la notte… Camice indossato, vari “bignami” della medicina nella tasca destra, fonendo nella tasca sx, penne e righello cardiologico nel taschino, caffe a volontà, ecografo in sala e già acceso, ventilatorino libero. E via si inizia! Nella prima parte della gita così come nelle prime ore della notte si va a testa bassa: da una parte si macinano metri di dislivello dall’altra si visitano i pazienti della solitamente lunga lista d’attesa.
Siamo in una normale serata di Gennaio di un Pronto Soccorso di una delle città più anziane d’Italia e nel bel mezzo dell’epidemia influenzale mi accingo ad iniziare il mio turno aprendo uno dopo l’altro i codici gialli in attesa.
La similitudine qui non può che essere con quelle escursioni un po’ hard, quelle che, in fondo, mi piacciono di più, quelle con grandi dislivelli, ambiente selvaggio, mete quasi sconosciute…
Tra una BPCO riacutizzata, un dolore toracico atipico a seguito di eccessi tussivi dopo sindrome influenzale e una colica renale, Donato, infermiere di Triage quella sera, mi fa presente che in attesa tra i codici verdi c’è un Signore di circa 55 anni con una forte cefalea (cefalgico noto) e febbre (TA 38,2°C) che desidererebbe un farmaco mentre aspetta il suo turno.
Dopo essermi sincerato di eventuali allergie e delle poche ma importanti notizie anamnestiche date al momento della registrazione, chiedo a Donato di somministrare paracetamolo 1000mg per os.
Passata circa un’ora Donato mi avverte che ha rivalutato il paziente in codice giallo vista la scarsa risposta al farmaco e la comparsa di annebbiamento visivo.
Ecco, il meteo aveva dato stabile, alta pressione, nessuna perturbazione almeno nei 3 giorni successivi e invece, si iniziano a scorgere minacciose nuvole dietro alle cime…
Bruno è un uomo di 56 anni, con un fisico longilineo e sportivo. Entra in sala con la mano a “visiera” di berretto vista l’intensa fotofobia. E’ molto sofferente. Mi riferisce comparsa di emicrania dx dalla mattina. Il dolore parte dalla regione cervicale posteriore e arriva fino all’occhio dx. E’ un dolore gravativo, non pulsante. Ha fotofobia e annebbiamento visivo bilaterale. Non ha calo del visus. Non ha nausea. Mi riferisce che soffre di emicrania da tempo simile a quella odierna ma mai così intensa.
Chiedo ulteriori notizie anamnestiche a Bruno: porta gli occhiali da una vita per una miopia, ha una rinite allergica trattata con decongestionanti nasali a base di xilometazolina da dieci anni con utilizzo quotidiano (a suo dire “Dottore non riesco a respirare col naso se non mi spruzzo il farmaco”).
Per l’emicrania assume saltuariamente metimazolo gocce (“almeno 20, a volte 40 se no non mi fanno nulla!”) sempre con beneficio.
L’esame obiettivo: niente di significativo all’esame del torace, dell’apparato cardiovascolare e dell’addome. L’esame neurologico non mostra rigor nucalis, né deficit ai 4 arti o ai nervi cranici, deambulazione è normale, Bruno ha intensa fotofobia e le pupille sono anisocicliche e anisocoriche. Mentre la pupilla destra ha una midriasi media fissa non responsiva allo stimolo luminoso sia diretto che controlaterale, la pupilla sinistra, invece, presenta normale risposta alla luce. I movimenti oculari sono conservati ma con dolorabilità oculare destra nello sguardo verso sinistra. La muscolatura paravertebrale cervicale non si presenta contratta e alla palpazione del tratto cervicale si evoca modesto dolore.
Cerco di intuire il comportamento di quelle nuvole, i loro movimenti, ascolto il vento e i suoi cambiamenti durante la giornata, percepisco le variazioni di temperatura. C’è qualcosa che non mi convince in quel “cielo” ma non riesco ad intuire cosa sia. Non penso, comunque sia pericoloso proseguire. Vado avanti.
Finita la visita mi implora di somministrargli la sua amata “Novalgina” gocce (metimazolo) che con quella sicuramente gli sarebbe passato il dolore.
Da amante della montagna quando vado con qualcuno che conosce il sentiero mi fido e mi faccio guidare.
Mi lascio guidare: somministro al paziente 20 gocce di metimazolo e, in attesa che lo chiamino per eseguire la TC cerebrale smdc, posiziono una garza oculare sull’occhio destro e lo faccio accomodare in una sala buia in modo da attenuare l’intensa fotofobia.
Gli ematici e la TC smdc sono completamente inespressivi e il paziente ha sempre un dolore molto intenso.
Rivaluto il paziente: noto la comparsa di una velatura all’occhio destro. La pupilla diventa isociclica ma sempre in midriasi media.
A questo punto non fidandomi più tiro fuori la mia cartina sospettando che la mia guida non conosca bene l’itinerario e che quindi sia necessario cambiare qualcosa.
Proseguo con i pazienti in attesa e lascio Bruno nella sala buia accanto alla mia. All’ulteriore rivalutazione il dolore è diminuito ma molto poco; Bruno chiede di poter essere dimesso e di poter tornare a casa per dormire: ha solo bisogno di quello. Convinco Bruno a rimanere e a provare ancora un’alternativa.
Ecco avevo ragione, ecco il sentiero giusto! Ricordo di aver letto una recensione di questa gita che parlava proprio di questa variante/scorciatoia che evitava un lungo traverso esposto.
Ricordavo di aver letto su EMPILLS ( https://www.empillsblog.com/cefalea-prova-blocco-del-ganglio-sfenopalatino/ ) un interessantissimo post di Carlo D’Apuzzo sul blocco del ganglio sfeno palatino. Quale miglior momento per provare questa tecnica? Certo di una riuscita magistrale della manovra e del risultato inserisco il tampone imbevuto di lidocaina 2% nella narice destra del paziente.
Riscontro qualche difficoltà nell’avanzare come se il condotto fosse ostruito!! Il paziente avverte dolore dopo circa 2-3 cm dall’inserimento al che decido di fermarmi e lasciare il tampone in quella posizione per il tempo indicato.
Torno dopo circa 10 minuti: il paziente è tale e quale a prima.
Ecco bene ora mi sento come un’alpinista colto da una bufera di neve a 4000 metri.
E ora che faccio? Nella sala accanto c’è Marco esperto Collega, pneumologo di nascita, Medico d’Urgenza di vocazione. Chiedo l’aiuto da casa.
Illustro il caso al collega e tutto ciò che ho pensato e fatto. Dopo una serie di idee più o meno strampalate decidiamo di affidarci alla diagnosi differenziale che ci fornisce UpToDate sulla midriasi. Mentre leggiamo e ci confrontiamo appare di colpo la vetta della montagna, la nebbia si dirada, le nuvole lasciano spazio ad un raggio di sole: GLAUCOMA ACUTO AD ANGOLO CHIUSO!
Comunico al paziente la possibile diagnosi e la necessità di rimanere con noi per la notte per eseguire la terapia del caso e la consulenza oculistica la mattina successiva.
Ma la montagna insegna che finchè non la si è discesa non si puo dire di averla salita.
Chiedo a Tonino di preparare Mannitolo 18% 250ml ev e somministrare Acetazolamide 500mg per os. Dopo circa 30 minuti il paziente è asintomatico e si è addormentato.
Finalmente siamo arrivati al Rifugio. Ora ci aspetta la birra di rito e il briefing sulla gita!
DISCUSSIONE
Questo caso clinico mi è stato molto utile per andare a rispolverare un pò il libro di anatomia e di fisiologia. Di seguito vi riporto un breve e spero utile excursus.
COME VIENE PRODOTTO L’UMORE ACQUEO?
L’umore acqueo viene prodotto dall’epitelio bistratificato dei processi ciliari al volume di 2,0-3,5 microlitri al minuto e riversato nella camera posteriore dietro l’iride; passa quindi attraverso il forame pupillare ed arriva in camera anteriore da cui viene allontanato a livello dell’angolo camerulare (irido-corneale), attraversando il sistema trabecolare per arrivare ad un canale circonferenziale (su 360°) posto nello spessore sclerale a ridosso delle strutture angolari: il canale di Schlemm. Dal canale di Schlemm l’umore acqueo viene avviato, attraverso dei collettori radiali o vene acquose, verso le vene episclerali e ciliari anteriori (via trabecolare o convenzionale).
Esiste anche una via accessoria o uveo-sclerale per cui l’umore acqueo viene eliminato percolando attraverso la radice iridea, la banda ciliare e la faccia anteriore del corpo ciliare, attraverso gli spazi interstiziali connettivali e di lì nello spazio sovracoroideale e attraverso la sclera: tale via accessoria provvede in condizioni fisiologiche al 5- 20% del deflusso acqueo totale.
Le principali strutture di produzione e deflusso dell’umore acqueo possiedono una innervazione autonoma per cui meccanismi adrenergici e colinergici hanno un ruolo importante sia per la normale fisiologia dell’idrodinamica sia in termini di fisiopatologia e di approccio terapeutico al glaucoma.
La produzione dell’acqueo a livello dei processi ciliari avviene con due meccanismi: ultrafiltrazione per effetto della pressione idrostatica e secrezione attiva energia-dipendente (80-90% della produzione totale).
COME DEFLUISCE?
Il deflusso dell’umore acqueo avviene passivamente per effetto di un gradiente pressorio attraverso due vie: la via trabecolare o anteriore o convenzionale, che prevede il passaggio attraverso il trabecolato corneo- sclerale che occupa la doccia compresa tra la faccia interna della cornea e lo sperone sclerale, a livello dell’angolo irido-corneale.
Attraverso il trabecolato l’umore acqueo raggiunge il canale di Schlemm e di lì attraverso collettori radiali detti vene acquose raggiunge le vene episclerali e la circolazione generale.
La seconda via o deflusso posteriore o uveo-sclerale o accessoria prevede il passaggio attraverso la banda ciliare e la radice dell’iride penetrando nello stroma del corpo ciliare e fluendo lungo gli spazi interstiziali connettivali fino allo spazio sovracoroideale e di lì attraverso la sclera o direttamente per diffusione o lungo gli spazi perivascolari fino allo spazio peribulbare. Tale via da alcuni indicata come l’analogo del drenaggio linfatico che esiste in altri distretti, provvede al 5-20% del deflusso totale.
RECETTORI IMPLICATI
Esistono a livello del trabecolato dei recettori beta adrenergici, in particolare beta due, la cui stimolazione (per esempio ad opera dell’epinefrina) causa aumento della facilità di deflusso probabilmente mediata dall’attivazione del sistema c-AMP/adenilociclasi. Tale aumento può essere inibito dal trattamento con beta- bloccanti che però non provocano di per sé un aumento delle resistenze: ciò starebbe ad indicare una assenza di tono beta adrenergico basale.
L’azione colinergica a livello del trabecolato è principalmente mediata dalla contrazione del muscolo ciliare (e dello sfintere irideo) con aumento meccanico delle dimensioni dei pori trabecolari e parallela riduzione delle resistenze.
I recettori alfa-1 sono localizzati a livello dei vasi, del muscolo dilatatore dell’iride provocando midriasi; l’ossimetazolina stimola per l’appunto proprio questi ultimi.
QUALI SONO LE CAUSE DI CHIUSURA DELL’ANGOLO IRIDO CORNEALE E QUINDI DELL’INSORGENZA DEL GLAUCOMA ACUTO?
Sostanzialmente le cause possono essere riassunte in due categorie:
- blocco pupillare (maggior parte dei casi): dove l’umore acqueo ha difficoltà a passare da camera posteriore a camera anteriore accumulandosi nella prima con aumento delle pressioni e spinta anteriore dell’ iride (iride a bombee) e conseguente chiusura dell’angolo irido corneale
- “affollamento” dell’angolo e iride a plateau (più raro) che si manifesta durante la dilatazione della pupilla (utilizzo di farmaci che provocano midriasi sia topici che sistemici soprattutto alfa adrenergici e anticolinergici; http://www.farmacovigilanza.org/corsi/110430-05.asp ) .
CONCLUSIONI
Un breve incipit etimologico: la parola glaucoma deriva dal termine greco glaukos che significa ceruleo, segno caratteristico della patologia.
Il caso risulta particolarmente interessante per la la causa iatrogena che ha scatenato il glaucoma in Bruno. L’unico dato anamnestico che abbiamo è un utilizzo, mi permetto di dire, sconsiderato (e aggiungo di non così infrequente riscontro) di un decongestinante nasale ad azione vasocostrittrice. La xilometazolina è un derivato dell’imidazolo ed è un agente simpaticomimetico che agisce sui recettori alfa-adrenergici nella mucosa nasale.
E’ nota ed è riportata sul foglietto illustrativo la controindicazione all’utilizzo di tali farmaci in presenza di glaucoma ad angolo chiuso. Il Tintinalli annovera tra le cause scatenanti l’attacco acuto di glaucoma ad angolo chiuso l’uso di parasimpaticolitici e/o simpaticomimetici per uso sia sistemico che topico.
In letteratura vengono riportati alcuni casi di glaucoma ad angolo chiuso (addirittura bilaterali) provocati da abuso di cocaina ma non vi sono casi descritti riguardanti l’abuso di simpaticomimetici per uso topico.
Qual’è la vostra esperienza?
“Chi più in alto sale, più lontano vede. Chi più lontano vede, più a lungo sogna.”
W.Bonatti
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
http://www.farmacovigilanza.org/corsi/reazioni_avverse_da_vasocostrittori_nasali.htm
http://www.farmacovigilanza.org/corsi/110430-05.asp
https://www.uptodate.com/contents/angle-closure-glaucoma
Lachkar Y, Bouassida W. Drug-induced acute angle closure
glaucoma. Curr Opin Ophthalmol 2007;18:129-33.
Razeghinejad MR, Myers JS, Katz LJ. Iatrogenic glaucoma secondary to medications. Am J Med 2011;124:20-5.
Quigley HA. Glaucoma. Lancet 2011; 377:1367.
Tintinalli’s Emergency Medicine. A comprehensive study guide. J.Tintinalli. 8th Edition