Paziente di circa 60 anni giunge in PS con mezzi propri dopo esplosione in ambiente chiuso di bottiglia di alcool etilico mentre tentava di accendere il camino. Varca la soglia del PS terrorizzato ed estremamente sofferente.
Ci troviamo in un ospedale di provincia di piccole dimensioni, con ambulanza medicalizzata fino alle ore 20.00, sono le 19.45. Ad una valutazione iniziale sembra riportare ustioni di 2/3°grado ad entrambe le mani e avambracci, ustioni perlopiù di 2° al volto e al collo (superficie ustionata stimata 13.5% secondo la Regola del nove). Lieve tumefazione delle labbra con qualche deposito carbonaceo, vibrisse nasali, sopracciglia e capelli bruciati, porzione anteriore del collo arrossata con vescicole e zone disepitelizzate, parla senza difficoltà, non sono presenti segni di ustione ad una prima valutazione del cavo orale.
I parametri emodinamici e respiratori sono normali. Si procede come di regola ad ottenere accessi venosi, somministrare analgesici, lavare le zone ustionate, coprire il paziente per evitare dispersione di calore, idratare. Il paziente presenta 2 criteri di centralizzazione ad un Centro Ustionati (Burn Center Referral Criteria, America Burn Association), i due più vicini si trovano ad un’ora circa, l’ambulanza che dovrà trasportarlo arriverà, salvo imprevisti nell’arco di mezz’ora. Come ci si orienta circa la protezione delle vie aeree? Il paziente riporta lesioni da ustione lieve-moderata al volto e al collo, con verosimile inalazione, in assenza di evidente attuale interessamento delle vie aeree.
Vediamo le evidenze… I reperti clinici di sospetta lesione da inalazione cui si fa riferimento sono quelli proposti dall’ATLS® :ustioni al volto e/o al collo, bruciacchiature delle sopracciglia e delle vibrisse nasali , depositi carbonacei orali e nasali e sputo carbonaceo, alterazioni acute infiammatorie dell’orofaringe incluso l’eritema, raucedine, anamnesi di alterazione dello stato di coscienza e/o confinamento in un ambiente chiuso sede dell’incendio, esplosione con ustioni al capo e al tronco, livelli di carbossiemoglobina >10%.
Secondo l’ATLS®, uno solo di questi reperti impone il sospetto di lesione da inalazione e il trasferimento presso un centro specializzato, inoltre, se i tempi di trasferimento dovessero essere prolungati, è consigliata l’intubazione orotracheale prima del trasporto.
Le linee guida dell’America Burn Association suggeriscono un approccio un pò più conservative, ovvero di non intubare in maniera preventiva, in vista di un trasferimento, sulla sola diagnosi di possibile lesione da inalazione, ma di provvedere immediatamente in caso di progressione dell’edema durante il trasporto [1].
Le indicazioni all’ intubazione precoce sono da considerarsi: superficie ustionata estesa >40% della TBSA; pazienti sintomatici per lesione da inalazione; ustioni del volto, cavo orale e orofaringe che mettono in pericolo le vie aeree [2].
Il danno alle vie aeree può essere diretto a carico delle strutture sopraglottiche e/o sottoglottiche con o senza danno al parenchima polmonare, derivare dall’inalazione di gas tossici e conseguire all’edema massivo del volto/collo dopo rianimazione volemica con picco entro le 48 ore (Resuscitation Morbidity)[2].
La rianimazione volemica intensiva (2-4 ml/kg/TBSA) è indicata per ustioni >20% della superficie corporea negli adulti, >10% nei bambini.
In ustioni lievi-moderate con estensione contenuta un eccesso di liquidi non risulta necessario e potrebbe avere, di contro, effetti negativi sulle vie aeree. Un recente editoriale, pubblicato su Anaesthesia [3], partendo da un caso clinico alquanto affine a quello descritto all’inizio, tratta della valutazione della sicurezza delle vie aeree in pazienti con ustione lieve-moderata e possibile danno da inalazione, in vista di trasferimento a centri specializzati.
Il primo dato interessante citato nell’articolo viene fuori dallo UK National Burn Injury Database (NBID, http.//ibidb.org): il 17% di 1029 pazienti ricoverati presso TI di centri per ustionati tra il 2003 e il 2012 è stato estubato dopo zero giorni di ventilazione, il 49% entro 1 giorno di ventilazione.
Gli autori affermano che questi dati rendono evidente che i criteri attuali di valutazione hanno una bassa specificità nel predire la reale compromissione delle vie aeree, di conseguenza, accade spesso che l’intubazione venga eseguita preventivamente in vista del trasferimento, nel dubbio che ci possa essere un’evoluzione sfavorevole.
Vari studi, infatti, mostrano che, nonostante i reperti clinici già citati aumentino la possibilità di coinvolgimento delle vie aeree, essi siano inaffidabili e poco predittivi della severità delle lesioni [4-8].
La radiografia in proiezione laterale del collo non è utile a valutare l’edema della glottide; l’incremento di carbossiemoglobina aumenta il rischio di danno da ustione ma la sua assenza non lo esclude.
La broncoscopia è stata utilizzata a lungo per identificare il danno da inalazione, ma risulta “eccesiva”, considerando che nella fisiopatologia dell’ustione delle vie aeree l’edema consegue a lesione del cavo orale e/o delle strutture sopraglottiche (la laringe protegge le vie aeree sottoglottiche), ed in molti casi alla somministrazione aggressiva di fluidi (picco a 8-36 ore, fino a 4 gg).
La fibroscopia per via nasale sarebbe il metodo meno invasivo, più ripetibile, in grado di identificare chi debba immediatamente essere intubato, chi possa aspettare e necessitare di rivalutazione più o meno ravvicinata (presenza di edema iniziale o iperemia o secrezioni oppure aspetto del tutto normale, rispettivamente) [7]. Le evidenze a supporto dell’utilizzo della fibroscopia di routine delle prime vie aeree sono sicuramente limitate ma incoraggianti. In una serie di 11 pazienti, la fibroscopia eseguita all’inizio e dopo 2 ore aveva consentito di evitare l’intubazione, sia in pazienti che avessero già segni di compromissione delle alte vie aeree, sia in coloro che mostravano segni clinici predittivi di evolutività [4].
Misure di supporto da adottare sono: mantenere il paziente in posizione verticale e limitare la somministrazione di liquidi al solo supporto, compatibilmente con l’estensione della superficie utionata. L’editoriale si conclude dicendo che i dati esistenti (NBID e [9-10]) suggerirebbero un approccio non invasivo alle vie aeree di pazienti con ustioni solo lievi-moderate al volto senza distress respiratorio alla valutazione iniziale. La valutazione delle prime vie aeree va ripetuta periodicamente, se possibile con fibroscopia, in alternativa con esami seriati dell’orofaringe e del pattern ventilatorio, comunicando verbalmente con il paziente ed interagendo con il centro di riferimento per concordare la migliore strategia da adottare, in vista del trasferimento (ndr. intervalli di rivalutazione, tempo di attesa prima di procedere al trasporto etc).
Terminando il caso clinico di cui sopra: per la presenza di due/tre criteri si sospetta lesione da inalazione e considerando che il tempo dell’arrivo al Centro Ustionati di riferimento non sarebbe stato inferiore alle 1.5 ore (nella realtà l’attesa del mezzo di trasporto è durata 4 ore, per un totale di 5 ore circa dalla valutazione iniziale alla centralizzazione), si è deciso per un’intubazione tracheale “preventiva”.
Alla luce di quanto detto, ci si sarebbe potuti orientare su un approccio conservativo, rivalutando periodicamente il paziente in Pronto Soccorso (in modo da avere più risorse disponibili, in caso di peggioramento) per un tempo da decidere in accordo con la struttura ricevente, prima di operare il trasferimento.
Nel paziente ustionato, infatti, evitare intubazioni superflue è particolarmente rilevante, per i rischi correlati alla manovra stessa e alla ventilazione invasiva [3].
Una delle peculiarità della gestione di questo tipo di pazienti è probabilmente la limitata esperienza di un PS periferico in merito, cosa che può condizionare l’atteggiamento del medico d’emergenza, del rianimatore o di chi venga coinvolto, nel decidere per quella che sembra la scelta più sicura, pensando che l’attesa potrebbe poi avere conseguenza disastrose.
1. Saffle J. American Burn Association Practice Guidelines for Burn Care. Journal of Burn Care and Rehabilitation 2001; 22: S23–26.
2. Cancio L. Initial Assessment and Fluid Resuscitation of Burn. Patients Surg Clin N Am 94 (2014) 741–754 http://dx.doi.org/10.1016/j.suc.2014.05.003
3. Oscier C, Emerson B, Handy JM. New perspectives in airway management in acutely burned patients. Anaesthesia 2014; 69: 105–10. doi:10.1111/anae.12565
4. Muehlberger T, Kunar D, Munster A, Couch M. Efficacy of fiberoptic laryngoscopy in the diagnosis of inhalation injuries. Archives of Otolaryngology Head and Neck Surgery 1998; 124: 1003–7.PMID: 9738810
5. Moylan JA, Chan CK. Inhalation injury– an increasing problem. Annals of Surgery 1978; 188: 34–7.PMID: 666374
6. Clark WR, Bonaventura M, Myers W. Smoke inhalation and airway management at a regional burn unit: 1974-1983. Part I: Diagnosis and consequences of smoke inhalation. Journal of Burn Care and Rehabilitation 1989; 10: 52–62.
7. Ikonomidis C, Lang F, Radu A, Berger MM. Standardizing the diagnosis of inhalation injury using a descriptive score based on mucosal injury criteria. Burns 2012; 38: 513–9.doi:10.1016/j.burns.2011.11.009
8. Madnani DD, Steele NP, de Vries E. Factors that predict the need for intubation in patients with smoke inhalation injury. Ear Nose and Throat Journal 2006; 85: 278–80.PMID: 16696366
9. Bartlett Rh. Acute management of the upper airway in facial burns and smoke inhalation. Archives of Surgery 1976; 111: 744–9.PMID: 938221
10. Eastman AL, Arnoldo BA, Hunt JL, Purdue GF. Pre-burn center management of the burned airway: do we know enough? Journal of Burn Care Research 2010; 31: 701–5.doi: 10.1097/BCR.0b013e3181eebe4f.
Complimenti, davvero ben fatto!
Grazie mille!!!
Buonasera, sono uno studente e avrei una domanda da porvi.
Per quanto riguarda il supporto volemico in paziente pediatrico di peso inferiore ai 30kg non si usa, invece che la formula di Parkland (4ml x Kg x %TBSA), la formula di Carvajal ossia (2000cc x BSA) + (5000cc x TBSA) sempre 50% nelle prime 8h e 50% nelle successive 16h?
Grazie!
Ciao Federico,
ti confesso che non conoscevo questa formula e non ho trovato granchè in Pubmed a riguardo.
Nell’articolo citato nel post (riferimento n°2), si legge che nel paziente pediatrico con peso10 kG può essere necessario anggiungere glucosata tra i fluidi infusi).
Ecco, spero di essere stata di aiuto, nonostante la risposta non strettamente mirata al quesito.
Imma
Gentilissima Concetta,
ti chiedevo infatti perchè ho trovato questa formula sull’ “Oh. Manuale di Terapia Intensiva” preparando un esame e volevo appunto capire quanto fosse in realtà attuata piuttosto che una di quelle cose astratte che spesso si leggono sui libri!
Grazie mille ancora,
Federico