Lunedì pomeriggio, sono in camera medica, entra Mario, un simpatico 60 enne con discrete condizioni generali ma francamente obeso e con una bruttissima riacutizzazione di bpco. Immediatamente io e la mia collega ci guardiamo negli occhi e già sappiamo cosa fare; uno “prende la vena” l’altro prepara i farmaci….la vena…zero vene! Mario è piuttosto avaro di vene! Provo a pungere a destra, ma niente, sinistra peggio…Mario capisce la situazione e sorridendo mi dice…”Sono abituato!” Il medico, vedendoci in difficoltà ci chiede…”Se volete metto un cvc!” Al che, noi pensiamo…tra il dire ( il medico mette un cvc ) e il fare (lo pungo io 5 volte) c’è di mezzo l’accesso venoso eco-guidato! “Facciamo ancora un tentativo con l’ecografo”, rispondiamo quasi in coro io e la mia collega! Questi devices molto sviluppati negli ultimi anni, possono essere posizionati da parte di un infermiere, (formato e addestrato) essendo attualmente un professionista dell’assistenza senza alcun mansionario a cui far riferimento. Le complicanze, infatti, possono essere controllate e trattate a livello infermieristico. Sicuramente gli infermieri vedono questa possibilità con diverse opinioni, derivanti spesso da barriere culturali, ma la letteratura, cosa dice?
LO STUDIO È stato pubblicato recentemente su Annals of Emergency Medicine, una revisione sistematica che valuta la guida ecografica come aiuto per l’incannulazione venosa periferica, sia nei bambini sia negli adulti dei diversi ambiti di cura (Pronto Soccorso, terapia intensiva e sala operatoria. ) Nella revisione, sono stati inclusi studi randomizzati che valutano il rischio di fallimento, il numero di tentativi ed il tempo della procedura. Per l’infermiere l’inserimento di cateteri venosi periferici è un’attività routinaria ma talvolta la manovra non avviene al primo tentativo. Glia autori ci dicono che i tassi di successo al primo tentativo in adulti vanno da 76% 1 al 91% . Nella popolazione pediatrica, dal 53% al 75,6%. Quando sono necessari più tentativi di incannulamento, nei pazienti aumenta il dolore e l’ansia. Inoltre il tempo supplementare speso cercando di proteggere l’accesso venoso, fa aumentare i costi, ed allungare lo stazionamento in PS del paziente. Gli autori vogliono determinare se l’uso dell’ecografia riduce il fallimento dell’incannulazione venosa periferica, il tempo di esecuzione della procedura, e il numero di tentativi necessari per la riuscita.
RISULTATI I risultati più interessanti sono per la popolazione pediatrica, in quanto la guida ecografica ha dimostrato una riduzione significativa dei tentativi di incannulazione e dei tempi di procedura (sia in PS che in sala operatoria). L’incannulazione venosa periferica eco-guidata può funzionare meglio nella popolazione pediatrica perché i tassi di fallimento con il metodo tradizionale sono molto maggiori nei bambini rispetto agli adulti. Nella popolazione adulta il cvp (catetere venoso periferico) eco-guidato può comunque essere un supporto nei pazienti con scarso patrimonio venoso. Sono stati confrontati i tassi di infezione dell’incannulamento venoso periferico eco-guidato rispetto al metodo tradizionale; i tassi di infezione erano bassi per entrambi i metodi, e non vi era alcuna differenza statisticamente significativa tra loro. Per quanto riguarda le complicanze gli studi analizzati non hanno trovato differenze significative tra entrambe le procedure (inserimento tradizionale e eco-guidato). Le complicanze più comuni era la sviluppo di ematomi. Infine, soprattutto nella popolazione pediatrica, il cvp eco-guidato diminuisce in modo significativo i numero di tentativi ed il tempo della procedura. Dato il disagio che questa procedura causa nei bambini, questo risultato ha un notevole significato clinico. Tuttavia, sono presenti in letteratura pochi studi per arrivare ad una conclusione definitiva.
COMMENTO PERSONALE: Tutti gli infermieri sanno che, trovare un accesso venoso può essere particolarmente difficile in alcuni pazienti. Questa revisione, dimostra come, molti soggetti con patrimonio venoso periferico esaurito o non sicuro, possono giovarsi dell’incannulamento venoso eco-guidato, tecnica attuabile con relativa facilità. Quello che ahimè non è facile è la sfida da compiere dal punto di vista culturale, che dia l’immagine dell’infermiere, come un vero professionista dell’assistenza.
Vincenzo Peloponneso, Infermiere Pronto Soccorso – Cuneo account Twitter: @vinpel
Vincenzo,
complimenti davvero. Il post ha battuto tutti i record del blog per quanto riguarda interesse e gradimento. Certamente è la spia di quanto l’argomento coinvolga gli infermieri e non solo. Nella realtà dove lavoro prevale ancora un certo scetticismo vecchia scuola. Veramente interessato a sentire le opinioni di tutti quelli che operano sul campo.
grazie a te, che dai a noi infermieri la possibilità di scrivere, leggere, e confrontarsi su temi infermieristici!
Ciao,
raccolgo l’invito del Dott. D’Apuzzo ed esprimo la mia opinione.
Premetto che sono circa 4 anni che mi occupo di ecografia infermieristica, non soltanto per gli accessi vascolari periferici, ma in quell’ambito l’ecografo è diventato, per me, uno strumento indispensabile in caso di cosiddette “vene difficili”! Sinceramente, se ripenso a quando questo strumento non era disponibile mi vengono in mente i pazienti… che sono stati letteralmente ridotti “come un colabrodo”,con tutta la sofferenza che questo ha comportato (e che ancora, molte volte, comporta). E’ vero che la tecnica è relativamente facile, ma…è una nuova tecnica…e per impadronirsene gli infermieri devono,prima di tutto, concepire un approccio all’incannulamento venoso a cui non si è abituati, poi bisogna…studiare… ed addestrarsi…senza scoraggiarsi! Secondo la mia esperienza, i primi fallimenti (e, soprattutto all’inizio, i fallimenti ci sono!)portano le persone ad abbandonare la tecnica, senza lasciarsi il tempo di “metterci su la mano”. Ed è qui che tocca a noi! Noi che ci crediamo ed abbiamo acquisito la competenza e che, con il nostro operato, giorno dopo giorno, dimostriamo che…è davvero utile e ci si può riuscire! Credo che solo così si possa debellare quello scetticismo di cui parla il Dott. D’Apuzzo: dando l’esempio! Nella mia realtà, è vero che sono 4 anni che porto avanti il discorso, ma ora i miei colleghi, sebbene siano tutti formati da tempo, cominciano ad avere voglia di impadronirsi della tecnica, chiedono chiarimenti, informazioni, assistenza e, quando si trovano in difficoltà “pensano all’ecografo” (e credo che questo sia lo “scalino” più alto da fare!). Buon lavoro a tutti,
Ciao
Anche io utilizzo l’ecografia poco più di 3 anni, il tutto ebbe inizio quando al pronto soccorso arrivò un paziente su cui non riuscì a reperire accesso venoso.
Il medico di guardia mi disse che con l’ecografo avrebbe potuto dirmi dove si trovasse il vaso.
Ci provammo ma con scarso beneficio…alla fine venne il rianimatore, il quale ebbe difficoltà anche con il reperimento della centrale.
Nonostante lo scarso esito alla prima occasione ci riprovai, ci persi un po di tempo, cercando pure di impostare l’ecografo al meglio, questa volta fu positivo il risultato, incannulai al primo colpo!!!
Felicità e soddisfazione a 1000!!
Inizia a perfezionare la tecnica da autodidatta, poi qualche lettura su internet.
Ora dopo 3 anni uso l’ecografia, pere reperire un accesso venoso, prelievo arterioso e per molto altro, che misto ad emogas e score clinici mi permettono di eseguire un triage di buona qualità e mi da maggiore sicurezza nell’attribuzione del codice colore più corretto!
Adesso sto per intraprendere , grazie ad un collega esperto impiantatore di PIC, un percorso di formazione per acquisire appunto le competenze per impiantare anche io PIC.
Cari colleghi infermieri la nostra professione è in forse ascesa, le nostre competenze aumentano e di conseguenza deve necessariamente aumentare la qualità dell’assistenza che dobbiamo erogare.
Non arrendetevi se si fallisce in qualsiasi cosa ai primi tentativi!!!
Salvo da Palermo