martedì 5 Novembre 2024

Versamento Pleurico Cronico di NDD

ECG definitivo

  • “… e poi ti lascio in consegna il signor Giacomo che ho diuretizzato tutta la notte. In anamnesi ha uno scompenso cardiaco e versamenti pleurici cronici di ndd. E’ stato studiato ma …”…
  • “Ehi aspetta un attimo, questo ECG lo conosco, è il signore della scintigrafia miocardica di questa estate!”
  • “Come?”

La scorsa Estate aveva varcato la soglia del nostro PS il signor Giacomo, un simpatico diabetico 81enne, che da qualche settimana accusava astenia. La figlia continuava raccontando che per febbre, tosse e dolore alla schiena aveva eseguito da privato, circa 15 giorni prima, un radiogramma del torace che aveva mostrato un versamento pleurico bi-basilare e che avevano praticato, su consiglio dello pneumologo consultato,  terapia antibiotica e steroidea domiciliare che era riuscita a dare i suoi frutti (il radiogramma di controllo mostrava soltanto una minima falda di versamento alla base di dx).

Nonostante il miglioramento clinico lui stava ancora male e cercava risposte.

La risposta chiara e definitiva fu data pochi secondi dopo dall’elettrocardiogramma (ricordo mi colpì moltissimo al punto da fotografarlo e metterlo nella mia collezione) che mostrava una estesa necrosi anteriore. Pochi istanti dopo fu eseguito un ecocardiogramma che confermò la presenza di un vasto aneurisma dell’apice ventricolare con pareti ventricolari assottigliate e discinetiche (la discinesia in ecocardiografia è uno gradino peggio dell’acinesia). La troponinemia a 0 e 3 h risultò negativa. Il signor Giacomo aveva avuto un grosso infarto anteriore passato inosservato almeno un mese prima.

Parlai a lungo con il cardiologo se ricoverare o no il paziente e la soluzione che adottammo fu quella di impostare una terapia domiciliare congrua e rivederlo a tre giorni per rivalutazione clinica ed esecuzione di scintigrafia miocardica. Se quest’ultima avesse mostrato tessuto vitale il cardiologo stesso lo avrebbe direttamente ricoverato per la coronarografia…

La scintigrafia miocardica ovviamente risultò negativa ed il paziente, come da protocollo, era stato perso ai controlli ambulatoriali.

Da Agosto a Gennaio non seppi più nulla.

Cosa era successo nei 6 mesi di latitanza?

Ricoveri e ricoveri per versamento pleurico recidivante associato a febbre ed infiltrati polmonari. TC e toracentesi a tonnellate e persino una pleurodesi (sinistra se non erro). Citologici, istologici, colturali, autoimmunità e marker neoplastici erano sempre risultati negativi. La diagnosi finale era “Pleurite aspecifica”. Nessuna terapia era stata mai prescritta.

Questo è il radiogramma del torace.

Rx torace def

  • “E’ stato studiato molto bene, che ne pensi?”
  • “Così su due piedi? Boh no so… La posso dire una cavolata? La sindrome di DRESSLER”
  • “La DRESSLER?!?!?”

Nel 1958 Dressler descrisse in 44 pazienti una sindrome caratterizzata da febbre, dolore toracico, pericardite, pleurite e polmonite che insorgeva nelle 4 settimane successive un infarto miocardico acuto. Altri report di tale sindrome era però già avvenuti sempre a suo nome già a partire dal 1955. Ai tempi di questi lavori il trattamento dell’infarto del miocardio era semplicemente l’osservazione della storia naturale della malattia e le comuni tecniche di rivascolarizzazione erano essenzialmente fantascienza.

La SINDROME è legata allo sviluppo, in seguito all’esposizione o al rilascio di antigeni cardiaci, di una reazione infiammatoria localizzata o in grado di coinvolgere, attraverso meccanismi di molecur mimicry, le pleure e la sinovia. Il tempo di latenza, come già accennato, è circa 3-4 settimane.

Sebbene fosse più comunemente associata al grosso infarto anteriore non riperfuso, è importante sottolineare che il grado di danno miocardico non correla con la gravità della sindrome e che sembra esserci un andamento stagionale nella sindrome che potrebbe suggerire un possibile innesco (o compartecipazione) virale.

Il termine “postcardiac injury syndrome” (la definizione in atto più diffusa), abbreviata PCIS, fu introdotta da Stelzner e colleghi nel 1983 al fine di includere con un unico nome una quadro clinico analogo che sussegue agli interventi di cardiochirurgia, a traumi penetranti del torace o al posizionamento di cateteri elettrostimolatori.

Sia in pazienti cardiochirurgici che ischemici la presenza della sindrome è sempre associata allo sviluppo di anticorpi antimiocardio ad alto titolo. Il ruolo degli anticorpi anti-cuore, tutt’oggi dubbio, potrebbe anche essere semplicemente un epifenomeno della sindrome senza necessariamente un ruolo patogenetico. In uno studio di 20 pazienti chirurgici furono saggiati gli anticorpi anticuore nel pre e nel post-operatorio. Tutti i pazienti, che erano siero-negativi prima dell’intervento, diventarono siero-positivi a 2 settimane dal post-operatorio. Solo 3 pazienti però svilupparono la PCIS (13).

Non credo sia superfluo ricordare che la PCIS vada distinta dalla pericardite epistenocardica che insorge in seguito ad infarto acuto transmurale entro 3 giorni dall’insulto miocardico. Sebbene siano due condizioni distinte e separate, la percentuale di insorgenza di PCIS è più alta nei pazienti con pericardite epistenocardica rispetto ai controlli.

Teoricamente qualsiasi procedura cardiaca invasiva (anche il cateterismo di Swan Ganz od il posizionamento di un elettrodo stimolatore di un PM) od il posizionamento di un sondino nasogastrico può provocare un minimo danno miocardico o pericardico (irritazione e/o lacerazione). Sono presenti in letteratura casi di PCIS successivi semplicemente al posizionamento senza complicanze procedurali di elettrodi di PM (Bajaj BPS, Evans KE, Thomas P. Postpericardiotomy syndrome following temporary and permanent transvenous pacing. Postgrad Med J 1999;75:357–8) o stent coronarici (Hearne C, Forjuoh SN. Postcardiac Injury Syndrome After Coronary Angioplasty and Stenting. JABFP January–February 2003 Vol. 16 No. 1).

La reale ed attuale incidenza della PCIS è sconosciuta.

Quando Dressler descrisse per la prima volta la sindrome riscontrò una incidenza del 3-4%. Articoli successivi indicarono una incidenza di meno del 1% degli infarti miocardici. In pazienti che sviluppavano pericardite nei giorni successivi all’infarto del miocardio l’incidenza saliva fino al 15%. Recentemente l’incidenza della sindrome in seguito ad infarto del miocardio è inferiore allo 0.5%. Molti autori attribuiscono ciò al ruolo della trombolisi ed alla rivascolarizzazione precoce con conseguente minore danno del tessuto miocardico e minore esposizione (sia quantitativa che temporale) di antigeni cardiaci.

In un piccolo articolino dal titolo “Is Dressler syndrome dead?” pubblicato nel 2004 su Chest, gli autori Bendjelid e Pugin affermano tristemente che anche nell’era della riperfusione un significativo numero di pazienti sviluppa infarti miocardici estesi che vanno incontro a rivascolarizzazione inefficace o tardiva. L’analisi di questa popolazione mostra come l’incidenza della sindrome risulti essere di gran lunga più bassa rispetto a quello che ci si aspetterebbe. Gli autori concludono che, sebbene sia confermato il ruolo della rivascolarizzazione come fattore protettivo, al giorno d’oggi vi è probabilmente un altro fattore protettivo non ancora perfettamente identificato che potrebbe essere legato all’azione immunomodulatrice della terapia anti-ischemica convenzionale data da ACEi e Beta-bloccanti.

La sindrome tipica esordisce entro 4 settimane dal danno miocardico ed è caratterizzata da dolore di tipo pleuritico (91%), febbre (66%), sfregamenti pericardici (63%), dispnea (57%), versamenti pleurici ed infiltrati polmonari (rispettivamente 83 e 76%).

Le manifestazioni della sindrome tendono ad essere ricorrenti e sono descritte molteplici recrudescenze alla sospensione della terapia steroidea (che insieme ai FANS risulta essere l’unico trattamento). In pazienti cardiochirurgici la sindrome è stata descritta anche a distanza di circa un anno dal danno miocardico (5).

Nello studio originale di Stelzner il sintomo più comune era rappresentato dal dolore pleuritico. Gli unici 3 pazienti in cui il dolore pleuritico non fu registrato erano in età pediatrica (età < 4 anni) e quindi incapaci di riferirlo. Il radiogramma del torace era anormale nel 94% dei pazienti. Il versamento pleurico era presente nel 83% del campione. Tredici di 35 pazienti avevano versamento pleurico sinistro isolato, undici bilaterale. Una polmonite era presente in 26/35 pazienti.

Una silhouette cardiaca aumentata era presente nel 50% dei pazienti. Il liquido pleurico era ematico o sieroematico nel 70% dei pazienti. Questo studio dimostrò come il coinvolgimento polmonare nella sindrome era assolutamente comune.

Quando il versamento pleurico è monolaterale è localizzato molto più frequentemente a sinistra. L’analisi macroscopica del liquido pleurico mostra solitamente un aspetto siero-ematico (francamente ematico nel 30% dei casi) mentre il chimico-fisico un quadro di essudato con normale pH e normale livello di glucosio. L’analisi “conta-cellule” mostra la presenza di polimorfonucleati se acuto o monocitosi in presenza di cronicizzazione del versamento.

dressler

Vorrei che attenzionaste le didascalie di questi radiogrammi del torace del lavoro di Stelzner, già citato. Due pazienti con PCIS con versamento pleurico ed infiltrati polmonari ma senza evidenza ecocardiografica di versamento pericardico.

La PCIS dovrebbe essere considerata in tutti i pazienti febbrili e con dolore toracico che sviluppano un versamento pleurico in seguito a trauma cardiaco. Dato che non esistono test specifici per la diagnosi, questa dovrebbe essere essenzialmente una diagnosi di esclusione. Un report suggerisce che la diagnosi dovrebbe essere stabilità dimostrando la presenza nel versamento pleurico di un alto titolo di anticorpi anti-miocardio e bassi livelli di complemento (14).

L’anticoagulazione è sconsigliata (non ci sono però raccomandazioni EBM a tal riguardo) poiché i pazienti affetti da questa sindrome sono a rischio di sviluppare emopericardio e tamponamento.

Il trattamento è essenzialmente anti-infiammatorio e verte sull’utilizzo di steroide (a cui sembrerebbe avere una risposta drammatica) ed anti-infiammatori (ibuprofene). La colchicina al pari delle pericarditi acute sembra avere ruolo nelle forme resistenti o nella profilassi (prima di un intervento chirurgico). I dosaggi dei farmaci purtroppo non sono testati in studi randomizzati controllati e si utilizzano di prassi gli stessi dosaggi utilizzati nella pericardite.

Ma alla fine il signor Giacomo aveva la sindrome di Dressler o no? Direi che poco importa ai fini del post.

Un paio di considerazioni però le vorrei fare:

  • È un paziente con un versamento pleurico cronico di tipo essudativo
  • Gli esami esibiti escludevano praticamente tutte le cause più o meno comuni di versamento pleurico
  • In alcuni referti TC era presente un fugace versamento pericardico
  • Le TC mostravano infiltrati polmonari (sono evidenti anche nel radiogramma)
  • Il paziente ha avuto un infarto anteriore esteso non riperfuso
  • In seguito all’IMA non è stata praticata se non tardivamente terapia anti-ischemica con ACEi, betabloccante ed aspirina (non ha sicuramente giovato dell’azione immunomodulatrice di questi farmaci)
  • Vi è stato un transitorio miglioramento durante quelle settimane in cui, su consiglio dello pneumologo, aveva praticato terapia steroidea

Questi il suo ecocardiogramma e la sua ecotorace…

…ai posteri l’ardua sentenza…

Raggiunto il compenso emodinamico, il migliore che potevamo ottenere, il ragazzotto è stato rinviato al domicilio dopo essere stato inserito nella lista dei pre-ricoveri della Medicina con la diagnosi di “Sospetta Sindrome di Dressler” concordando con l’internista di procrastinare di qualche giorno l’inizio della terapia steroidea.

1.Dressler W. The post-myocardial-infarction syndrome: a report on forty-four cases. AMA Arch Intern Med 1959; 103:28–42

2. Stelzner TJ, King TE Jr, Antony VB, et al. The pleuropulmonary manifestations of the postcardiac injury syndrome. Chest 1983; 84:383–387

3. Engle MA, McCabe JC, Ebert PA, et al. The postpericardiotomy syndrome and antiheart antibodies.

Circulation 1974; 49:401–406

4. Engle MA. Pericardiotomy and allied syndromes. In: Reddy PS, ed. Pericardial disease. New York, NY: Raven Press, 1982; 313

5. Urschel HC Jr, Razzuk MA, Gardner M. Coronary artery by- pass occlusion secondary to post-cardiotomy syndrome. Ann Thorac Surg 1976;22:528–531

6. Bendjelid K, Pugin J. Is Dressler Syndrome Dead. CHEST 2004; 126:1680–1682

7. Spodick DH. “Decreased Recognition of the Post-Myocardial Infarction (Dressler) Syndrome in the Postinfarct Setting. Does It Masquerade as “Idiopathic Pericarditis” Following Silent Infarcts?”. Chest 2004

8. Hearne C, Forjuoh SN. Postcardiac Injury Syndrome After Coronary Angioplasty and Stenting. JABFP January–February 2003 Vol. 16 No. 1

9. Bajaj BPS, Evans KE, Thomas P. Postpericardiotomy syndrome following temporary and permanent transvenous pacing. Postgrad Med J 1999;75:357–8.

10. Nomura Y, Yoshinaga M, Haraguchi T, et al.

Relationship between the degree of injury at operation and the change in antimyosin antibody titer in the postpericardiotomy syndrome. Pediatr Cardiol 1994; 15:116.

11. De Scheerder I, De Buyzere M, Robbrecht J, et al. Postoperative immunological response against
contractile proteins after coronary bypass surgery. Br Heart J 1986; 56:440.

12. Engle MA, Zabriskie JB, Senterfit LB, et al. Viral illness and the postpericardiotomy syndrome. A prospective study in children. Circulation 1980; 62:1151.

13. Hoffman M, Fried M, Jabareen F, et al. Anti-heart antibodies in postpericardiotomy syndrome: cause or epiphenomenon? A prospective, longitudinal pilot study. Autoimmunity 2002; 35:241.

14. Kim S, Sahn SA. Postcardiac injury syndrome. An immunologic pleural fluid analysis. Chest 1996; 109:570.

15. Bartels C, Hönig R, Burger G, et al. The significance of anticardiolipin antibodies and anti-heart muscle antibodies for the diagnosis of postpericardiotomy syndrome. Eur Heart J 1994; 15:1494.

16. Krishnan MN, Luqman N, Nair R, et al. Recurrent postcardiac injury syndrome mimicking cardiac perforation following transvenous pacing: An unusual presentation. Pacing Clin Electrophysiol 2006; 29:1312.

Mauro Cardillo
Mauro Cardillo
Dirigente medico presso il Pronto Soccorso dell’Istituto Fondazione San Raffaele G.Giglio di Cefalù Specialista in Medicina Interna Accreditamento EAE in ecocardiografia Appassionato di cardiologia, elettrocardiografia, ecocardiografia ed ecografia toracica. @mausebass

7 Commenti

  1. Be’, la Sy di Dressler è molto bella…suppongo fosse già stata esclusa la TBC, visti tutti gli esami eseguiti… La conoscevo, ma non in forma così importante.

  2. Ciao ragazzi e grazie dei commenti. Rispondo prima alla seconda domanda ho cercato in tutti i modi di sapere come è finita al paziente ma ancora non ho notizie, vi terrò informati, magari su FB. Per quanto riguarda la prima domanda, concordo con The Tropicalist che la pleurite tubercolare sia la principale rivale diagnostica della Dressler nel paziente in esame. La diagnosi è molto spesso difficile dato che il numero di micobatteri nel liquido pleurico è praticamente nullo. Solitamente è necessaria la biopsia pleurica per dimostrare la presenza del bacillo. Il paziente in questione ha eseguito una biopsia pleurica che non è stata dirimente. Credo (non ho la documentazione clinica con me) che il sospetto clinico principale fosse un mesotelioma e non credo che sia stata effettuata una accurata ricerca sul campione dei micobatteri.

  3. Ciao Mauro, grazie per il bel caso…!a proposito della TBC, aldiLa’ della ricerca mirata del bacillo, se fosse stata questa la causa il versamento non avrebbe risposto ad antibiotici generici (eccetto minima risposta ai chinoloni che da soli pero’ fanno poco….) e allo steroide che alla lunga immunodeprime. Io ho visto qualche caso di Dressler, prevalentemente dopo interventi di bypass Aoc, per quasi tutti e’ stato necessario lo steroide e qualcuno e’ recidivato anche dopo diverse settimane di terapia, sarebbe utile sapere bene dosaggi e tempi di scalaggio. Ciao!

  4. Grazie Mauro per il bel caso! Vorrei commentare la diagnosi differenziale con la TBC dicendo che, anche in assenza della ricerca mirata del bacillo, che va fatta per correttezza e completezza metodologica, la risposta del versamento ad antibiotico (la TBC risponde un po’ ai chinoloni, ma da soli non ce la fanno…) e al cortisone possono aiutare a orientarsi verso qualcosa di diverso. Ciao!

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