mercoledì 22 Gennaio 2025

Vertigini in PS: il nodo irrisolto?

Chi lavora in Pronto Soccorso sa che dal punto di vista diagnostico il sintomo vertigine è un po’ come il vaso di Pandora: contiene un sacco di guai, così variegati fra loro, che la sola idea di passarli al setaccio tutti è alquanto frustrante. È per questo motivo che ricerco, con rinnovata speranza, studi chiarificatrici sul tema. E’ stato pubblicato da poco uno studio dal titolo: ED patients with vertigo: can we identify clinical factors associated with acute stroke?

Si tratta di uno studio retrospettivo, basato sui dati desunti dalle cartelle cliniche, di pazienti rintracciati per avere eseguito una RMN per vertigine. La RMN era eseguita al momento della visita in PS o entro due settimane da quest’ultima.

L’outcome primario era rappresentato dalle cause centrali di vertigine tra cui anche l’ictus. E’ stata considerata come diagnosi definitiva quella posta dal neurologo.

Complessivamente sono stati identificati 131 pazienti. In 12 di questi è stata posta la diagnosi di ictus. Si tratta di pazienti in cui l’obiettività in PS non permetteva di porre una diagnosi certa di causa centrale. Nessuno pertanto, si presume, presentava deficit neurologici grossolani.

Dei fattori di rischio che generalmente destano allarme, come la presenza di aritmie o storia cardiovascolare precedente, nessuno correlava con la diagnosi d’ischemia cerebrale.

Solo due fattori erano associati alla diagnosi di ictus: l’instabilità nella marcia (OR 9.3) e la presenza di “segni neurologici sfumati” (OR 8.7).
Questi ultimi erano i seguenti: deficit focali lievi o dubbi, instabilità della marcia, Romberg positivo e dismetria. Penso che un deficit sfumato debba suscitare un’attenzione elevata quanto uno conclamato, ma, probabilmente, questa distinzione, sta ad indicare che la capacità di discriminazione da parte dei medici di PS è comprensibilmente più difficoltosa. Il fatto che vi fosse una correlazione con un Romberg alterato è anch’essa peculiare poiché il test valuta sostanzialmente l’apparato vestibolare e i cordoni posteriori ma non il cervelletto.

Colpisce la bassa incidenza di ictus (9%), soprattutto perché si tratta di una popolazione selezionata ed il fatto che i pazienti sono stati sottoposti a RMN indica che vi era un elevato indice di sospetto.

Devo essere franco: questo studio non cambierà la nostra pratica clinica. Conferma il fatto che, sebbene con una bassa frequenza, la vertigine isolata possa essere causata da una ischemia cerebrale, come già eccellentemente illustrato in un recente post. Lo studio ha il grande pregio, involontario, di ritrarre un quadro esemplificativo della complessità del problema e dell’incertezza della sua gestione in Pronto Soccorso.
Mette in luce, infatti, i tre principali nodi:

– Qualità del sintomo
– Esame fisico
– Diagnostica strumentale

Qualità del sintomo

La qualità del sintomo non è un modo affidabile per discriminare le vertigini centrali da quelle periferiche benché questo sia quello che è generalmente insegnato.
Come desumibile dalle Tabelle 1 e 2 i pazienti possono lamentare contemporaneamente più qualità del sintomo, con buona pace per l’inquadramento convenzionale delle vertigini che pretende l’attribuzione dei pazienti ad una di quattro categorie sintomatologiche ideologicamente confezionate: vertigine, disequilibrio, pre-sincope, aspecifica (Drachman 1972).
Basare le proprie indagini sulla qualità è spesso di poco aiuto anche perché i pazienti sono incoerenti nel riportare le caratteristiche del disturbo anche nel contesto di una stessa visita.

Altri aspetti su cui non fare affidamento, comunemente considerati caratteristici di un problema periferico, sono il peggioramento del sintomo con il movimento e l’associazione con sintomi uditivi. Tutte le vertigini, anche quelle centrali, peggiorano con il movimento. La presenza d’ipoacusia, in aggiunta, correla con gli eventi ischemici (ovvero quando occorre un insulto ischemico all’apparato cocleare).

Un’eccellente review di questi aspetti è stata pubblicata nel 2011.

Newman-Toker propone una classificazione innovativa delle vertigini basata su un criterio temporale di durata del sintomo, che di per sé è oggettivo, e la presenza di trigger e segni rivelatori, che penso semplificherebbe di molto l’approccio alle vertigini in PS.

Esame fisico

Ci si aspetta che le ischemie del circolo posteriore presentino segni neurologici palesi:

– atassia
– disartria
– disfagia
– diplopia

Inoltre, caratteristicamente, si dovrebbero riscontrare segni sensitivi e motori incrociati: alterazioni dei nervi cranici dal lato della lesione e deficit motori o sensitivi dell’emisoma controlaterale.

Tuttavia, ischemie parcellari del cervelletto, possono avere una presentazione subdola, con una clinica sovrapponibile a quella di una patologia periferica (neurite, labirintite). Dopo la pubblicazione di una piccola casistica del 1995 da cui emergeva che il 25% dei pazienti anziani con vertigine isolata risultavano affetti da un infarto cerebellare, altri studi più solidi hanno confermato questa possibilità con percentuali varabili dall’11% sino al 75% in pazienti ad alto rischio.
Da qui il ricorrente timore che le vertigini isolate celino una patologia ischemica.

Il motivo anatomico di una possibile presentazione subdola è che si tratta d’ischemie periferiche del territorio dell’arteria cerebellare postero inferiore.
La vertigine è dovuta a un interessamento della porzione flocculo-nodulare (vestibolo-cerebello) in cui risiede la radice dell’VIII NC ed è peraltro in contiguità con il nucleo vestibolare omolaterale. Piccoli insulti ischemici di quest’area sono esenti da deficit neurologici evidenti.

Tuttavia, in assenza di segni focali evidenti, la valutazione della vertigine qualora il disturbo persista da almeno 24h, dovrebbe basarsi su tre elementi:

  1. la valutazione dei riflessi oculo-vestibolari (VOR)
  2. il nistagmo
  3. la presenza di strabismo verticale

Sono tutti aspetti indagabili a letto del paziente.

Nessuno di questi test è consuetamente eseguito in PS. Neppure il nistagmo è accuratamente indagato, come emerge dallo studio riportato, e, quando riscontrato, riceve descrizioni sommarie o incomplete. Infatti, nella pratica quotidiana, la valutazione della vertigine sembra basarsi essenzialmente sulla ricerca di deficit neurologici focali e sulle caratteristiche riportate del sintomo.

Nel 2009 è stato pubblicato uno studio in cui la combinazione di queste tre valutazioni (HINTs Battery) si è dimostrata capace di diagnosticare la presenza di lesioni centrali con una accuratezza superiore alla RMN DWI. La sensibilità è stata del 100% e la specificità del 96%. NLR di 0.0.

Nonostante la sua riportata efficacia diagnostica non ha trovato ancora molta diffusione e penso il problema sia la sua riproducibilità da parte di medici non esperti nel campo come me.
Di seguito un breve video su come effettuare la HINTs battery e sul significato dei tre test che la compongono.


Alcuni dei video del nistagmo e la dimostrazione dell’esecuzione dell’head impulse test sono stati presi da youtube 

TC/RMN

Emerge dallo studio, ancora una volta, quanto poco sia utile l’esecuzione di una TC nella diagnostica della vertigine isolata. Questo argomento è stato già affrontato in questo blog e consiglio di leggere il post.
Sono personalmente contrario all’impiego della TAC nella valutazione diagnostica della vertigine in assenza di segni di allarme.
La sensibilità dell’indagine per l’evento ischemico acuto è bassa e lo è ancora meno se ci limitiamo a considerare l’ispezione della fossa cranica posteriore.
Dai dati della letteratura la sensibilità della TC è del 16% (con una specificità del 98%; PLR 8; NLR 0.86). Assumendo una probabilità clinica, per ischemia cerebellare, del 25% (pazienti anziani), nei pazienti che si presentano con una vertigine isolata, una TC negativa comporta una probabilità clinica post test sostanzialmente invariata (23%).
È generalmente opposta l’obiezione che una TC negativa permette di escludere la presenza di emorragie. Sebbene esistano sporadici report di emorragie che si presentano con un quadro di vertigine isolata e, persino, di vertigine posizionale parossistica, sono eventi veramente rari che non giustificano l’uso sistematico della TC.

La RMN (DWI) sarebbe l’opzione di scelta anche se non sempre è disponibile in PS. A 24h la sensibilità sarebbe dell’80% e la specificità del 97% permettendo in caso di negatività di ridurre considerevolmente la probabilità di un evento ischemico.

Credo che la TC andrebbe effettuata solo in caso di:

-vertigine con cefalea di nuova insorgenza.
-pazienti anziani in cui l’esame fisico è difficilmente eseguibile per limitazioni fisiche o l’impossibilità di collaborare.

Dott. Mattia Quarta
Pronto Soccorso
Azienda Ospedaliera di Padova
Account twitter: @squartadoc

Mattia Quarta
Mattia Quarta
Dott. Mattia Quarta Direttore di Pronto Soccorso Ospedale di Camposampiero Padova Specialista in Medicina Interna con Indirizzo d'urgenza Appassionato di ecografia d'urgenza. Supporter di FOAM @squartadoc | + Mattia Quarta

13 Commenti

  1. Complimenti a Mattia per questo post che, a mio modesto parere, credo possa essere veramente un riferimento sia teorico che pratico a chi cerca di approcciarsi al “vaso di Pandora” della vertigine in pronto soccorso. Sappiamo infatti tutti bene che la vertigine è un campo minato, un territorio di nessuno, dove talora il ricorso agli specialisti d’organo non solo non risolve, ma può complicare il percorso diagnostico- terapeutico. Qualche dubbio mi viene sulla applicazione della HINTs battery in pronto soccorso; penso però che, come per le manovre diagnostiche e terapeutiche della vertigine posizionale, si debba solo superare una certa barriera culturale, l’idea che certe procedure siano si sola competenza specialistica. Ancora una volta poi emerge come l’esecuzione di alcuni test, quali la TC, a volte non aiuti: perché come spesso enfatizzato in questo blog: less is more!

  2. Grazie Carlo! Condivido i tuoi dubbi: pur utilizzando questi test con assiduità non sempre sono sicuro dei risultati. Credo che l’head impulse test rappresenti il punto di criticità soprattutto quando è negativo: esistono delle saccadi di recupero che non sono molto evidenti e possono sfuggire. In quel caso il test può essere interpretato come falsamente negativo. Per questa eventualità ancora una volta mi è venuta in soccorso FOAM nelle vesti di EMICRIT che ha avuto la brillante idea di utilizzare lo smartphone per registrare il test e successivamente rallentarlo per analizzarlo con precisione. http://emcrit.org/procedures/iphone-hit/

    • Francesco, grazie dei complimenti che ovviamente vanno estesi a tutti gli autori del blog e non solo al suo ideatore. Un blog però non sarebbe niente senza i commenti di chi lo legge, mii aspetto presto di leggere i tuoi.

  3. Ciao! Una curiosità: voi date importanza alla vertigine che rimane invariata chiudendo gli occhi rispetto a quella che migliora? In teoria una periferica dovrebbe rispondere al test venendo meno la discordanza fra afferente visive e vestibolari, mentre quella centrale no. Grazie per un eventuale risposta.
    Complimenti per l’articolo!

    • Carlo grazie innanzitutto per il commento e scusa la latenza.
      Spero di interpretare bene la tua domanda. Come hai detto in teoria avrebbe senso. Allo stato delle mie conoscenze attuale non mi risulta che questo sia un criterio di differenziazione la cui affidabilità sia stata verificata. In realtà questo vale per buona parte dei test che vengono solitamente considerati nella valutazione della vertigine. Per questo la HINT battery ha, pur con dei limiti, un valore innovativo, considerando la sua apparente efficienza diagnostica.
      Credo che il maggior limite dei test che si basano sulle percezioni riportate dal paziente sia insito alla soggettività delle stesse e all’incostanza e incapacità dei pazienti nel descrivere le propie sensazioni. Io personalmente tendo a non basare la mia valutazione su nessuna caratteristica soggettiva della vertigine.

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