“Dottore metto su la GIK?” Questa domanda mi veniva rivolta spesso parecchi anni fa nei pazienti con infarto miocardico acuto, quando ancora non era chiaro se fosse meglio trattarli con la trombolisi o l’angioplastica primaria, ma si credeva che questa combinazione costituita da glucosio, potassio e insulina, preservasse il cuore da aritmie e potesse ridurre l’estensione del danno miocardico. Studi successivi hanno confutato la sua utilità nell’uso ospedaliero, ma esiste ancora un suo ruolo se usata precocemente nella fase dell’emergenza preospedaliera?
E’ stato recentemente pubblicato uno studio su JAMA che ha voluto approfondire questo tema : Out of Hospital Administration of Intravenous Glucose- Insulin-Potassium in Parients with Acute Coronary Syndrome: The Immediate Randomized controlled Trial con l’obiettivo di verificare se l’uso precoce della GIK in sede preospedaliera fosse di una qualche utilità nell’impedire la progressione della sindrome coronarica acuta verso l’infarto manifesto nelle prime 24 ore dall’insorgenza dei sintomi. Obiettivi secondari erano rappresentati dalla sopravvivenza a 30 giorni e da un end point combinato costituito da arresto cardiaco e mortalità intraospedalieri.
Lo studio
Dal dicembre 2006 al luglio 2011, in 13 città americane e 36 servizi di emergenza territoriale, 911 pazienti (871 arruolati) con un’alta probabilità di sindrome coronarica acuta, sono stati randomizzati se ricevere la GIK o la sola glucosata per 12 ore continuative. I paramedici erano aiutati nella diagnosi da un software elettrocardiografico precedentemente validato: Predictive Instrument (ACI-TIPI) and Thrombolytic Predictive Instrument (TPI) decision support.
La GIK era costituita da una soluzione glucosata al 30% con 50 UI /Ldi insulina e 80 mEq/L di potassio somministrata ev attraverso una pompa infusionale portatile alla velocità 1,5 ml/Kg/h ( circa 100 l/h per un paziente di 70 kg) per 12 ore. Il placebo era costituito da una soluzione glucosata di aspetto identico alla GIK.
Risultati
– Non vi è stata differenza significativa nella progressione verso l’infarto tra i pazienti trattati con la GIK e quelli a cui è stato somministrato il placebo
– La mortalità a 30 giorni è stata sovrapponibile
– L’end point composito arresto cardiaco e morte introspedaliera è risultato invece significativamente inferiore nei pazienti che avevano ricevuto la GIK endovena rispetto al placebo
– Gli eventi avversi sono risultati il 6,8% nel gruppo GIK e 8,9% in quello placebo, differenza ccomunque non statisticamente significativa (P=0,26)
Conclusioni
Gli autori concludono che sebbene non si sia stata dimostrata una riduzione della mortalità a 30 giorni e della progressione verso l’infarto, quando viene considerato l’end point combinato arresto cardiaco e morte intraospedalieria i pazienti trattati con la GIK avevano un migliore outcome.
Come sempre un commento finale: non penso che questo studio, che rappresenta un tentativo di trasferire nella clinica quanto rilevato in laboratorio, cambierà la nostro modo di comportarci. Nonostante poi le rassicurazioni degli autori riguardo alla sicurezza e soprattutto sulla innocuità nei pazienti diabetici, qualche dubbio personalmente mi rimane in particolare per quanto riguarda l’infusione per tempi prolungati di soluzioni ipertoniche di glucosio in vene periferiche.”Annacquare” il trattamento utilizzando soluzione assai meno ipertoniche, come si era soliti fare un tempo, sicuramente renderebbe la terapia più accettabile per i pazienti ma metterebbe ancora più in dubbio la sua già discussa efficacia.
Buona sera, sono un infermiere, mi é capitato di dover mettere una GIK al 5% senza potassio, per trattare un iperkaliemia non grave, visto l’argomento trattato mi chiedevo se esiste una indicazione di ció a cui ho assistito, in letteratura non ho trovato nulla. Grazie
Marco, grazie del tuo commento. Il meccanismo che sta alla base della capacità dell’infusione di glucosio endovena di abbassare i livelli plasmatici di potassio è mediato dall’insulina, la cui secrezione viene stimolata dall’infusione di glucosio stessa. Questo consente il passaggio di potassio dal compartimento extracellulare a quello intracellulare con conseguente ipopotassiemia. In genere questo effetto è piuttosto blando e per questo, nel trattamento dell’iperkaliemia, al glucosio viene aggiunta insulina.