Credo che molti di noi da tempo si siano posti questa domanda: perché non usare l’anticoagulante anche nei pazienti con scompenso cardiaco in ritmo sinusale? In fondo il rallentamento di circolo che si viene a determinare nel cuore di questi pazienti non dovrebbe favorire lo sviluppo di trombi? Che dire poi degli episodi di fibrillazione atriale asintomatica tutt’altro che infrequenti nei soggetti con una bassa frazione di eiezione ventricolare sinistra? La tendenza attuale è quella di non iniziare un trattamento anticoagulante in queste circostanze anche se i dati in letteratura sono stati al riguardo abbastanza contraddittori.
E’ stato appena pubblicato sul New England un lavoro che dovrebbe darci finalmente delle risposte a queste domande. Diamoci un’occhiata
Lo studio dal titolo Warfarin and Aspirin in Patients with Heart Failure and Sinus Rhythm aveva l’obiettivo di mettere a confronto warfarin e aspirina nei pazienti in ritmo sinusale e con una frazione di eiezione ventricolare sinistra ridotta. L’obiettivo era quello di valutare un outcome combinato costituito da ictus ischemico, emorragia cerebrale e morte per ogni causa
Lo studio
Nel periodo compreso tra ottobre 2002 e gennaio 2010 sono stati randomizzati in doppio cieco in 168 centri di 11 paesi 2305 pazienti (età media 61anni) affetti da insufficienza cardiaca ( frazione di eiezione ventricolare sinistra media pari al 25%), nel ricevere warfarin con un INR target compreso tra 2 e 3,5 e aspirina alla dose di 325 mg al dì. Il massimo periodo di follow up è stato 6 anni , quello minimo 1 anno. Gli ecocardiogrammi eseguiti sono stati rivalutati indipendentemente in due laboratori di ecocardiografia di New York e St. Louis
Risultati
Si sono verificati complessivamente 622 eventi primari – 531 decessi (85,4%), 84 ictus ischemici (13,5%) e 7 emorragie cerebrali (1,1%). La quota di eventi primari per 100 paziente/anni è stata 7,47 nel gruppo warfarin e 7,93 in quello dell’aspirina ; una differenza non statisticamente significativa.
Analizzando i dati nel tempo Il warfarin, si presentava, rispetto agli outcome primari, lievemente più vantaggioso quando venivano considerati gli eventi oltre il 4° anno di follow up, ma anche questo dato aveva scarso potere statistico.
La quota di ictus ischemici risultava poi minore nel gruppo sottoposto a trattamento anticoagulante mentre le complicanze emorragiche risultarono inferiori in quello trattato con antiaggreganti
Conclusioni
Non ci sono differenze per gli outcome considerati tra l’utilizzo del warfarin e l’aspirina nei pazienti con insufficienza cardiaca in ritmo sinusale. Una riduzione degli ictus ischemici nel braccio wrafarin è contrastato da un incremento degli eventi emorragici cerebrali, ragione per cui il trattamento va individualizzato
Commento
A mio avviso,da questo studio viene fuori come dato significativo che la mortalità nello scompenso cardiaco viene solo parzialmente influenzata dagli eventi embolici e questo , sebbene confermi precedenti più piccoli studi , un pochino sorprende anche considerando che l’insufficienza cardiaca favorisce l’insorgenza della fibrillazione atriale e che quest’ultima spesso è asintomatica.
Stupisce meno che il warfarin riduca più dell’aspirina gli eventi ischemici a fronte di un maggior rischio emorragico. Questo vantaggio è troppo piccolo per giustificarne l’uso in tutti i pazienti
Potranno i nuovi anticoagulanti rappresentare un vantaggio rispetto al warfarin? Non vi è dubbio che verranno testati anche in questa classe di pazienti prima o poi. Una migliore aderenza alla terapia potrebbe favorirli ma quale sarà la contropartita in termini di emorragie cerebrali.? Vedremo. Per il momento dovremmo sforzarci di individualizzare il più possibile i trattamenti soppesando i vantaggi e soprattutto i rischi.
In attesa dei vostri pensieri
Rimetto in discussione gli scores: nella fibrillazione atriale il Chads (ed il Cha2ds2vasc poi) guidano la scelta del tipo di trattamento. La presenza di un evento ischemico cerebrale sposta nettamente verso l’anticoagulante l’indicazione terapeutica.
Non so se esiste uno score simile per l’insufficienza cardiaca… Certamente la presenza anamnestica di un evento cerebrovascolare credo possa anche in questo caso rappresentare un elemento fondamentale verso l’indicazione all’anticoagulante.
Carmelo,
sono completamente d’accordo
Caro Dott. D’Apuzzo, per quanto riguarda la “contropartita in termini di emorragie cerebrali” bisogna considerare un punto molto importante, ovvero se i nuovi anticoagulanti sono antagonizzabili, e in che tempi. Chiaramente in urgenza in rianimazione neurochirurgica si prova tutto, dalla variante “economica” (vasopressina + acido ciclocapronico) fino al fattore IV attivato, ma senza garanzia che un simile paziente possa essere salvato. Tutto sommato l’eparina (chiaramente qui off topic) e il warfarin sono i migliori anticoagulanti (per quanto spesso la rapida risalita di PTT e quick dopo antagonizzazione sia solo un Valore di laboratorio, in sala operatoria spesso sanguina ancora…). Altrimenti,
… L’esperienza con aspirina e clopidogrel in urgenza neurochirurgica e’ tutt’altro che esaltante.
Gricelda,
grazie dei tuoi commenti. In generale i farmaci più “vecchi” proprio perché più conosciuti sono, per quanto riguarda gli effetti collaterali, più sicuri. Vedremo, pur con le chiare limitazioni cui hai giustamente accennato, cosa sapranno dirci i nuovi nei prossimi anni.